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Il giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni

1. Premessa

Nel 2018 la Corte ha reso 6 pronunce in sede di giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni e Province autonome (sentenze nn. 2, 28 – 3 conflitti –, 36, 146; ordinanze nn. 48 e 165).

La sentenza n. 2 ha disposto la riunione di un giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale e un giudizio per conflitto di attribuzione tra enti “in considerazione dell’omogeneità delle questioni proposte”.

2. I soggetti del conflitto

Degli 8 conflitti decisi nel 2018, 7 (sentenze nn. 2, 28 – 3 conflitti –, 36, 146; ordinanza n. 48) sono stati promossi contro lo Stato da Regioni.

In particolare hanno proposto ricorso le seguenti Regioni ordinarie: Marche (sentenza n. 2), Emilia-Romagna (sentenza n. 28), Veneto (sentenza n. 36), Campania (ordinanza n. 48), Puglia (sentenza n. 146)

Il conflitto deciso con l’ordinanza n. 165 è stato proposto dalla Stato contro il Veneto.

3. Il ricorso e la costituzione in giudizio delle parti

Ai sensi dell’art. 39, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, le Regioni possono proporre ricorso per conflitto di attribuzione quando esse lamentino non una qualsiasi lesione, ma una lesione di una propria competenza costituzionale.

Nella sentenza n. 28 è stato ribadito che “qualora ciò non si verifichi, e tuttavia si prospetti l’illegittimo uso di un potere statale che determini conseguenze avvertite come negative dalle Regioni, ma non tali da alterare la ripartizione delle competenze indicata da norme della Costituzione (o, comunque, da norme di rango costituzionale come gli statuti di autonomia speciale), i rimedi dovranno eventualmente essere ricercati dagli interessati presso istanze giurisdizionali diverse da quella costituzionale” (sentenze; nello stesso senso, sentenze n. 263 del 2014, n. 52 del 2013, n. 90 del 2011, n. 235 del 2008, n. 380 del 2007, n. 95 del 2003 e n. 467 del 1997).

Ai sensi dell’art. 39, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per regolamento di competenza deve indicare come sorge il conflitto di attribuzione e specificare l'atto dal quale sarebbe stata invasa la sfera di competenza, nonché le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono violate.

Nella sentenza n. 2 – che ha deciso un conflitto promosso dalla Regione Marche nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’annullamento, previa dichiarazione di non spettanza allo Stato, della sentenza non definitiva del Consiglio di Stato, sezione quinta, 23 agosto 2016, n. 3678, con la quale è stata ritenuta illegittima, e quindi annullata, la delibera del Consiglio regionale della Regione Marche di indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate ai sensi dell’art. 133 Cost. per una modifica circoscrizionale, costituente il presupposto della «legge-provvedimento» reg. Marche n. 15 del 2014 – sono state ritenute non fondate una serie di eccezioni di inammissibilità prospettate dall’Avvocatura generale dello Stato. In primo luogo è stato ribadito che un conflitto avente ad oggetto una decisione giudiziaria “è ammissibile se è messa in questione l’esistenza stessa del potere giurisdizionale nei confronti del ricorrente (sentenze n. 252 del 2013 e n. 130 del 2009)”. È stato, poi, chiarito che il ricorso per conflitto è ammissibile in quanto pone “effettivamente una questione di riparto costituzionale delle competenze”, in quanto la ricorrente Regione Marche asserisce che l’annullamento di un presupposto della legge di variazione circoscrizionale da parte del giudice amministrativo – e non da parte della Corte costituzionale, all’esito del giudizio di legittimità costituzionale – lede le sue competenze legislative e amministrative (artt. 117, quarto comma, 118, secondo comma, 133, secondo

93 comma, e 134 Cost.). Infine, è stato ribadito che “anche questioni di giurisdizione, già prospettate come tali di fronte alla Corte di cassazione, possono essere oggetto di un conflitto di attribuzione: ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione (art. 362 del codice di procedura civile) e ricorso per conflitto sono due rimedi distinti, operanti su piani diversi, e non si può escludere che siano attivati entrambi, di fronte ad una pronuncia giudiziaria alla quale siano contemporaneamente imputabili l’erronea applicazione delle norme sulla giurisdizione e l’invasività in sfere d’attribuzione costituzionale (sentenze n. 52 del 2016, n. 259 del 2009 e n. 150 del 1981)”.

La sentenza n. 36 ha, tra l’altro, dichiarato l’inammissibilità delle censure avanzate dalla ricorrente in riferimento agli artt. 114 e 119 Cost. in quanto le “disposizioni sono indicate esclusivamente nell’epigrafe e nelle conclusioni del ricorso, senza essere mai richiamate o sviluppate nel corpo dell’atto”.

4. L’interesse al ricorso

Nella sentenza n. 36, nel rigettare un’eccezione formulata dall’Avvocatura generale dello Stato, è stato chiarito che “nei giudizi per conflitto di attribuzione, l’adesione della ricorrente all’intesa non pregiudica, di regola, l’interesse a ricorrere, stante l’indisponibilità delle attribuzioni costituzionali di cui si controverte in tali giudizi (sentenze n. 130 del 2014, n. 275 del 2011, n. 95 del 2003)”.

La sentenza n. 146, nel decidere su un’apposita richiesta dell’Avvocatura generale dello Stato, ha chiarito che la rinuncia della società Petroceltic Italia srl al permesso di ricerca degli idrocarburi liquidi e gassosi – concesso con decreto 22 dicembre 2015 dal Ministero dello sviluppo economico e dichiarato «cessato per rinuncia della titolare» con decreto dello stesso Ministero 4 aprile 2016 – “non è idonea a determinare né la cessazione della materia del contendere, né il sopravvenuto difetto di interesse della Regione Puglia alla decisione del conflitto. La lamentata lesione della competenza costituzionale regionale (cioè, l’avvenuta adozione del decreto senza il coinvolgimento regionale), infatti, non viene meno per la successiva rinuncia della società a quanto richiesto, e la sentenza di merito di questa Corte eliminerebbe l’incertezza sorta (per effetto del decreto) con riferimento ai rapporti Stato-regioni nella materia in questione, risultando dunque utile per la ricorrente”. È così ribadito quell’orientamento costante nell’affermare “l’irrilevanza [nei conflitti Stato-regioni] delle sopravvenienze di fatto, come l’esaurimento degli effetti dell’atto censurato: [i]nfatti, […] nei conflitti di attribuzione sussiste comunque – anche dopo l’esaurimento degli effetti dell’atto impugnato – un interesse all’accertamento, il quale trae origine dall’esigenza di porre fine […] ad una situazione di incertezza in ordine al riparto costituzionale delle attribuzioni (sentenza n. 9 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 260 del 2016) (sentenza n. 198 del 2017, riguardante proprio la materia degli idrocarburi; si vedano anche le sentenze n. 232 del 2014, n. 9 del 2013, n. 328 del 2010, n. 222 del 2006, n. 287 e n. 263 del 2005, n. 289 del 1993, n. 3 del 1962)”.

5. Il tono costituzionale del conflitto

Nel corso dell’anno non si sono registrate specifiche affermazioni sul punto.

6. L’oggetto del conflitto

6.1. Gli atti impugnati

I conflitti decisi nel 2018 hanno avuto a oggetto i seguenti atti: la sentenza non definitiva del Consiglio di Stato, sezione quinta, 23 agosto 2016, n. 3678, con la quale è stata ritenuta illegittima, e quindi annullata, la delibera del Consiglio regionale della Regione Marche di indizione del referendum consultivo delle popolazioni interessate ai sensi dell’art. 133 Cost. per una modifica circoscrizionale, costituente il presupposto della «legge-provvedimento» reg. Marche n. 15 del 2014 (sentenza n. 2); il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 novembre 2015, la nota della Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 1° febbraio 2016, prot. n. 0001528, e la nota del Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato per i rapporti finanziari con l’Unione europea del 1° aprile 2016 (sentenza n. 28); l’art. 5, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica del 12 settembre 2016, n. 194 (Regolamento recante norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti

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amministrativi, a norma dell’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124) (sentenza n. 36); la circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie del 29 gennaio 2015, n. 1, recante «Linee guida in materia di attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Articolo 1, commi da 418 a 430, della legge 23 dicembre 2014, n. 190» (ordinanza n. 48); il decreto 22 dicembre 2015, di conferimento del permesso di ricerca degli idrocarburi liquidi e gassosi B.R274.EL alla Società Petroceltic Italia S.r.l. (sentenza n. 146); la deliberazione della Giunta regionale del Veneto 13 marzo 2018, n. 306/DRG, recante: «Indizione referendum consultivo sul progetto di legge n. 8 di iniziativa popolare relativo a “Suddivisione del Comune di Venezia nei due Comuni autonomi di Venezia e Mestre”. Indizione della consultazione referendaria per domenica 30 settembre 2018 ed approvazione del quesito referendario» (ordinanza n. 165).

Nelle sentenze nn. 36 e 146 – che hanno dichiarato inammissibili (nel primo caso solo parzialmente) i ricorsi presentati rispettivamente dalle Regioni Veneto e Puglia – è stato ricordato che la giurisprudenza costituzionale “è costante […] nel ritenere inammissibili ricorsi per conflitto intersoggettivo avverso atti meramente consequenziali (esecutivi, confermativi o meramente riproduttivi) di altri atti precedentemente non impugnati (ex plurimis, sentenze n. 260, n. 103 e n. 104 del 2016 e n. 144 del 2013). Ciò vale, a maggior ragione, nei confronti di atti riproduttivi di precedenti norme legislative: in tali casi ‘viene, infatti, a determinarsi la decadenza dall’esercizio dell’azione, dal momento che non può essere consentita, attraverso l’impugnazione dell’atto meramente consequenziale della norma non impugnata, la contestazione di quest’ultima, in ordine alla quale è già inutilmente spirato il termine fissato dalla legge’ (sentenze n. 77 del 2016 e n. 144 del 2013) (sentenza n. 36 del 2018)”. Nella medesima decisione è stato ritenuto inammissibile anche un secondo motivo del conflitto in quanto la lesione delle attribuzioni – derivanti dalla mancata acquisizione del parere regionale nel procedimento preordinato al rilascio del permesso di ricerca, oggetto del conflitto – “non deriva dal provvedimento oggetto del conflitto ma dalla normativa che lo disciplina, ossia dalla legge n. 239 del 2004, (…) mai contestata sotto questo questo profilo”.

6.2. I comportamenti censurati

Non si registrano decisioni o affermazioni sul punto.

7. Il parametro del giudizio

In sede di conflitto la Corte è stata chiamata a giudicare della denunciata violazione: di norme degli statuti delle Regioni ordinarie (ordinanza n. 165); di parametri contenuti nel titolo V, Parte II della Costituzione (sentenze nn. 2, 28, 36, 146; ordinanze nn. 48 e 165); di parametri extracompetenziali (sentenze nn. 2 e 28; ordinanza n. 48); del principio di leale collaborazione (sentenze nn. 28 e 36).

8. La riunione dei giudizi

Nel 2018 stato state registrate due ipotesi di riunioni di giudizi.

La sentenza n. 2 ha disposto la riunione di un giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale e un giudizio per conflitto di attribuzione tra enti “in considerazione dell’omogeneità delle questioni proposte”.

La sentenza n. 28 ha riunito i giudizi per essere congiuntamente esaminati e decisi con unica pronuncia in quanto i tre ricorsi concernevano “una serie di atti strettamente connessi tra loro, frutto di un’unica sequenza e fondati sul medesimo presupposto”.

9. Le decisioni della Corte

Delle 6 pronunce emesse in sede di giudizio per conflitto intersoggettivo, 4 sono state rese in forma di sentenza (sentenze nn. 2, 28, 36, 146) e 2 in forma di ordinanza (ordinanze nn. 48 e 165).Fondamentale è la distinzione tra le decisioni processuali (o di rito) e le decisioni sostanziali (o di merito).

95 Delle citate pronunce, 1 reca solo un dispositivo di merito (sentenza n. 2), 4 solo dispositivi processuali (sentenze nn. 28 e 146, ordinanze nn. 48 e 165), 1 ha definito il conflitto sia in merito che in rito (sentenze nn. 36).

9.1. Le decisioni processuali

9.1.1. Le decisioni di improcedibilità

Non si sono registrate pronunce contenenti dichiarazioni di improcedibilità 9.1.2. Le decisioni di inammissibilità

Ad una decisione di inammissibilità del conflitto si è giunti nelle sentenze nn. 28, 36, 146.

La sentenza n. 28 ha dichiarato inammissibili i conflitti promossi dalla Regione Emilia-Romagna, nei confronti dello Stato, avverso plurimi atti relativi alla discarica abusiva “Razzaboni”, sita nel comune di San Giovanni in Persiceto [BO] adottati a seguito di condanna della Corte di giustizia per violazione da parte dello Stato italiano di obblighi comunitari e conseguente irrogazione di sanzione pecuniaria. Le questioni prospettate, infatti, si risolvevano “nella mera denunzia di una errata interpretazione della disciplina legale della materia”, che “avrebbe dovuto essere fatta valere nelle appropriate sedi giurisdizionali e non in sede di conflitto di attribuzione (sentenze n. 263 del 2014, n. 52 del 2013, n. 90 del 2011, n. 235 del 2008 e n. 380 del 2007)”.

La sentenza n. 36 ha dichiarato parzialmente inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Veneto, nei confronti dello Stato, in relazione all’art. 5, comma 1, del d.P.R. 12 settembre 2016, n. 194 (Regolamento recante norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, a norma dell’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124). La disposizione regolamentare, infatti, è stata ritenuta meramente riproduttiva della legge di delegificazione n. 124 del 2015, avverso la quale la Regione avrebbe dovuto rivolgere le relative censure.

Con la sentenza n. 146 è stato dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Puglia contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al decreto 22 dicembre 2015 del Ministero dello sviluppo economico di conferimento del permesso di ricerca di idrocarburi alla Società Petroceltic Italia srl. Tale atto è stato ritenuto “meramente esecutivo di precedenti norme non impugnate”.

9.1.3. L’estinzione del giudizio

2 decisioni (ordinanze nn. 48 e 165) hanno pronunciato l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 25,

comma 5, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, per intervenuta rinuncia al ricorso, seguita dall’accettazione della controparte costituita.

9.1.4. Le decisioni di cessazione della materia del contendere

Non si sono registrate pronunce contenenti dichiarazioni di cessazione della materia del contendere. 9.2. Le decisioni di merito

Delle 2 decisioni che hanno pronunciato sul merito del conflitto, la sentenza n. 2 ha accolto il ricorso mentre la sentenza n. 36 ha registrato l’opposto esito di rigetto.

9.2.1. Le decisioni di accoglimento

La sentenza n. 2 ha accolto il ricorso presentato dalla Regione Marche dichiarando che non spettava allo Stato, e, per esso, al Consiglio di Stato, annullare, dopo l’entrata in vigore della legge reg. Marche n. 15 del 2014, gli atti del procedimento referendario che ne costituiscono il presupposto, e ha annullato, per l’effetto, la sentenza non definitiva del Consiglio di Stato, sezione quinta, 23 agosto 2016, n. 3678.

9.2.2. Le decisioni di rigetto

La sentenza n. 36, nel respingere parzialmente il ricorso proposto dalla Regione Veneto nei confronti dello Stato, ha affermato che spettava allo Stato adottare l’art. 5, comma 2, del d.P.R. n. 194 del 2016 che – nel disciplinare le modalità di coinvolgimento degli enti territoriali in relazione ad alcuni procedimenti

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amministrativi sottoposti a riduzione dei termini di conclusione – prevede, in caso di mancato rispetto dei termini, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo le modalità determinate previa intesa in Conferenza unificata anziché in Conferenza Stato-Regioni.

10. La correzione di errore materiale

Non si sono registrate pronunce di correzione di errori contenuti in precedenti decisioni rese in sede di conflitto tra enti.

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Capitolo IV

Il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato