7.3. Le violenze all'interno dell'università
7.3.3. Ferimenti e aggressioni di professori
In alcuni casi le minacce lanciate contro i docenti universitari si concre- tizzarono e alcuni di loro vennero picchiati o feriti da colpiti da arma da fuoco. Petter e Longo vennero aggrediti nel marzo del '79 mentre Ventura ed Ezio Riondato (docente alla facoltà di Lettere e direttore della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo) furono feriti in agguati tesi da due gruppi diversi: Ventura fu vittima del Fronte comunista combattente mentre Rion- dato del Nucleo Combattente per il Comunismo. Riondato fu gambizzato una volta entrato nel Liviano quando un terrorista gli sparò sei colpi pri- ma di fuggire a bordo di una Lambretta guidata da un suo complice.511
Petter venne aggredito due volte: una prima nel maggio del '78 quando dopo lo strappo di un tat-ze-bao su di lui fu percosso, schiaffeggiato e pre- 509G. PETTER, I Giorni dell'ombra, pp. 57-8.
510CSEL, fondo Tosi, b. 17, f.16, sentenza del tribunale penale di Padova 26 luglio 1980, p. 81.
so a calci nello stinco mentre qualcuno gli tirò la barba512 e la seconda il 14 marzo del '79. Ecco come Petter raccontò le modalità dell'aggressione:
Rientravo a casa verso le 14, in bicicletta come sempre, dopo la mattinata trascor- sa in facoltà. Devo essere stato seguito e «segnalato» da altri, perché nel momento in cui svoltavo per entrare nel cortile di casa, in riviera Paleocapa 72, mi sono vo- lati addosso tre giovani mascherati, e mi hanno colpito due volte alla testa, facen- domi cadere dalla bicicletta. Poi hanno continuato a colpirmi sempre alla testa, con bastoni, chiavi inglesi e spranghe di ferro. Mi sono riparato con il braccio de- stro, poi mi sono rialzato, quando sono scappati, e sono andato verso casa.513
L'attentato venne rivendicato dai Proletari comunisti organizzati con una telefonata al Mattino di Padova con cui avvertivano che avevano «pu- nito noi il professor Guido Petter, abitante in via Paleocapa 72. È la rispo- sta alla funzione di controllo all'interno del corpo accademico. E della Fa- coltà di Psicologia in particolare. Inoltre per l'attività controrivoluzionaria e delatoria nei confronti delle avanguardie e del movimento.»514
La volta successiva toccò al preside di Lettere Oddone Longo subire un attentato da parte dei Collettivi. Il 21 marzo verso le 8:00 mentre stava an- dando a prendere un autobus per recarsi a lezione venne aggredito:
ho visto i due giovani con i passamontagna ― dice il professore mentre gli stanno medicando la ferita alla testa ― quando mi erano quasi addosso; ho subito capito; come sempre troppo tardi. Erano due, quello che ho visto io, con il solito ciclo- motore. Non mi sono accorto dell'età, né se ce ne fossero altri. Sono caduto a ter- ra, e mi hanno colpito.515
L'attentato fu rivendicato dalle Ronde armate proletarie che colpirono «il preside Oddone Longo, per la sua funzione antiproletaria all'interno dell'università.»516 Ambedue le aggressioni possono essere ricondotte ai Collettivi dato che le sigle usate per le rivendicazioni (Pco e Rap) erano quelle usate dall'organizzazione in caso di attentati contro cose e persone che non implicavano l'uso di armi da fuoco.
I Collettivi mirarono a creare una situazione d'instabilità generale che garantisse una sorta d'impunità per chi agiva all'interno dell'università fa- 512Ivi, p. 68.
513A. FEDERICI, Picchiato a sangue il professor Petter, Il gazzettino, 15 marzo 1979, p.1
514G. PETTER, I Giorni dell'ombra, p 179.
515A. FEDERICI, Pestato con spranghe a Padova il preside di «Lettere» Longo, Il gazzettino 22
marzo 1979, p. 1.
vorita anche dalla difficoltà di identificare i responsabili delle azioni. Adottando una sorta di “politica del terrore” in cui con la tenacità dell'a- zione si isolavano i singoli componenti della struttura accademica, annul- lando in questo modo la loro resistenza e creando una sorta di “zona d'im- punità”. Occupando e interrompendo aule ed esami mostrarono la loro capacità d'intervento e l'incapacità di reazione dell'autorità mentre l'”occu- pazione” delle assemblee studentesche permise loro di restituire un'imma- gine di università solidale con loro. Contando sulla coesione di gruppo riuscivano a imporre la loro visione di minoranza alla maggioranza che, magari preferiva restare in disparte o ai margini, piuttosto che intervenire e subire la reazione dei militanti della sinistra radicale. Chi invece prende- va apertamente posizione contro i Collettivi e le loro strutture di massa ve- niva attaccato e minacciato e alcuni di loro finirono per essere picchiati o presi a pistolettate. Ciò può anche essere letto come un modo per appro- priarsi di una porzione di territorio creando una situazione di paura, dove all'appoggio per una delle parti era preferibile l'indifferenza la quale ga- rantiva un terreno in cui agire quasi indisturbati.
All'interno di questa cornice di “violenza per terrorizzare” può essere inserito l'episodio dell'aula Ramazzini dove un'assemblea della lista “Uni- tà e sinistra” (FGCI, FGSI, MLS) fu interrotta dall'arrivo di un gruppo di autonomi che successivamente inseguì e picchiò diversi membri della lista. Nel corso di questa azione di pestaggio l'automobilista Paolo Springolo che stava passando lì per caso si fermò per prestare soccorso a uno degli aggrediti. L'automobilista accortosi che il pestaggio non era finito risalì in macchina, preso dalla paura, ma superato il semaforo di via San Massimo divenne una delle vittime degli autonomi che lo picchiarono ripetutamen- te spedendolo in ospedale.517 La violenza autonoma si indirizzava non solo contro avversari politici o appartenenti al sistema da abbattere ma an- che verso semplici passanti/civili. Il caso dell'automobilista picchiato face- va da monito per quanti pensavano di reagire a questa violenza diffusa e contribuiva a creare una situazione di tensione continua che toccava diver- si ambiti cittadini.
517CSEL, fondo Tosi, b. 17, f.16, sentenza del tribunale penale di Padova 26 luglio 1980, p. 86.