1.4. Il centrosinistra (1958-60)
1.4.3. I governi Moro
In seguito ai risultati elettorali delle politiche del 1963 che videro un ar- retramento della Dc e del Psi a scapito di liberali e comunisti, Segni affidò a Moro l'incarico di formare un nuovo governo. Moro iniziò le trattative con i socialisti che terminarono il 16 giugno ma quando sembrava raggiun- to l'accordo tra i due partiti la corrente, in seno al Psi, di Lombardi pose il veto sul programma, adducendo come motivo la posizione non chiara sul tema della riforma urbanistica a cui il dirigente socialista teneva molto.116 Sfumata l'idea di formare un nuovo governo di centrosinistra e per evitare il ritorno alle urne, venne varato un governo balneare presieduto dal futu- ro presidente della Repubblica Giovanni Leone.
L'unità del Psi sembrava ricomposta durante il XXXV congresso, dove venne approvato una mozione a favore dell'entrata nel governo nonostan- te l'opposizione dei “carristi” (sostenitori dell'invasione sovietica dell'Un- gheria)117 e poterono così riprendere le trattative con la Dc. In dicembre Moro poté varare il nuovo governo che vedeva la diretta partecipazione dei socialisti ma questo causò la scissione del Psi. Nel gennaio del 1964 nacque il Partito socialista di unità proletaria (Psiup) a cui aderirono sette membri della direzione, trentacinque membri del Comitato centrale, venti- cinque deputati, dodici senatori e decine di migliaia di iscritti.118 Il nuovo partito si poneva decisamente a sinistra e costituiva una fonte d'indeboli- mento del potere contrattuale del Psi rispetto alla Dc che riduceva ancora di più le possibilità di influire efficacemente le politiche riformistiche del governo.
L'entrata in carica del governo Moro il cui programma prevedeva l'at- tuazione delle regioni, l'adozione della programmazione economica, la ri- forma sanitaria, scolastica e urbanistica mentre in politica estera si confer- mava la fedeltà atlantica119 avvenne quasi in contemporanea con l'adozio- ne delle prime misure anti-crisi e che avrebbero portato alla recessione del 1964. All'origine della congiuntura del 1963-64 c'era la crescita dei salari che, rimasta bassa bassa nel periodo 1953-61 (aumento medio del5,2%), 116Ivi, p. 328
117MAMMARELLA, L'Italia contemporanea, p. 294-95.
118Ivi, p. 296. 119Ivi, p. 295
subì un impennata nel 1962 (13,7%) e nel 1963 (+12,8%) portandoli a supe- rare la crescita della produttività.120 Nello stesso biennio si è registrato un aumento sia dell'indice dei prezzi al consumo (+4,7% nel 1962 e +7,5% nel 1963) che di quello dei prezzi all'ingrosso (+3,0% nel 1962 e +5,2 nel '63), che portarono a un amento dell'inflazione favorita anche dalla politica mo- netaria permissiva di Bankitalia.121 Gli aumenti salariali, scaricati sui prez- zi, portò a una riduzione dei profitti delle aziende e a un loro indebita- mento generato dal ricorso al sistema creditizio. Carli decise una stretta creditizia, entrata in vigore nel settembre del '63 e mantenuta per tutto il 1964, per contenere l'inflazione e il disavanzo della bilancia dei pagamenti che causò una recessione perché andò ad incidere sulla produzione indu- striale e la disoccupazione. Alle misure deflazionistiche della Banca d'Italia si aggiunsero quelle del governo Moro, che comportavano un aumento delle tasse e la concessione di un prestito di un miliardo di dollari da parte di Stati Uniti e Fondo monetario.
Il peggioramento della situazione economica e le possibili soluzioni portò a uno scontro all'interno del governo, ma più in generale tra la Dc e Psi che avrebbe messo a rischio la tenuta della coalizione di centrosinistra. Moro sfruttò la crisi per rinviare le riforme, adottando la “politica dei due tempi”. Per il capo del governo era necessario rinviare le riforme al mi- glioramento della situazione economica, gelando in questo modo le aspet- tative dei socialisti, che invece credevano che la continuazione della politi- ca riformistica fosse il miglior antidoto alla crisi economica. Le dirette conseguenza delle idee di Moro furono il rinviò della riforma urbanistica, dell'istituzione delle regioni e di altri punti programmatici. Uno scontro sui finanziamenti pubblici alla scuola privata provocarono le dimissioni di Moro che furono presentate il 26 giugno. In agosto sorse un nuovo gover- no di centrosinistra, sempre presieduto da Moro, che accantonato le rifor- me si concentrò sulle misure per combattere la crisi economica. Il secondo governo Moro durò dall'agosto del '64 al febbraio del '66. Fino alle elezio- ni politiche del '68 restò in carico un ulteriore governo presieduto da Moro che nonostante il miglioramento della situazione economico fu caratteriz- zato da un certo grado di immobilismo in campo riformistico.122 Il gover-
120Y. VOULGARIS, L'Italia del centro-sinistra 190-1968, p. 138.
121Ibidem.
no fece delle puntate in campo edilizio, con la legge Mancino (parte dei co- sti dell'urbanizzazione primaria e secondaria sarebbero dovuti ricadere sulle spalle dei proprietari), economico e scolastico ma il tentativo di rifor- ma universitario (istituzione del dottorato e di un doppio livello d'istru- zione universitario) fu travolto dalle manifestazioni studentesche.
Nel corso della legislatura (1963-68) alcuni episodi influenzarono le vi- cende dei partiti, specialmente quelli di sinistra. A Yalta (Crimea, Urss) il 21 agosto 1964 morì Togliatti che venne sostituito alla segreteria da Luigi Longo. La pubblicazione del suo testamento, in cui veniva criticata la poli- tica verso la Cina e si chiedeva maggiore autonomia per i partiti comunisti, mise in risalto la crescente autonomia del Pci rispetto all'Urss. In campo socialista si consumò la riunificazione del Psdi e del Psi dopo che sia il XX- XVI congresso del Psi e il XIV congresso nazionale del Psdi si erano espressi in tale direzione. Approvata la Carta ideologica in ottobre si ten- ne la cerimonia d'unificazione dei due partiti e la nascita del Partito socia- lista unificato (Psu). Tra gli esponenti del Psdi venne scelto il quinto presi- dente della Repubblica, perché nel dicembre del '64 in seguito alle dimis- sioni di Segni a causa di una malattia che lo rendeva incapace di svolgere le sue funzioni, si tennero le elezioni presidenziali dove al ventunesimo scrutinio venne eletto Saragat. Si trattava del primo socialista a ricoprire tale carica dalla nascita della Repubblica.
Alla presidenza Segni era legato un episodio dai tratti oscuri per la sto- ria della democrazia italiana. In occasione delle consultazioni per la for- mazione del nuovo governo dopo le dimissioni di Moro salì al Quirinale il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri il generale di corpo d'ar- mata Giovanni de Lorenzo. Nel 1967, grazie ad alcuni articoli comparsi sull'Espresso, si scoprì che de Lorenzo nel 1964 aveva elaborato un proget- to di colpo di stato da far scattare in caso di attacco contro le istituzioni della Repubblica.123 Il piano prevedeva l'arresto e la deportazione di tutti quelli che comparivano in una lista, il cui contenuto non è conosciuto, e l'occupazione di una serie di luoghi come prefetture, stazioni radiotelevisi- ve, sedi di partito e centrali telegrafiche e comunicazioni124 nel caso in cui il piano fosse scattato. Il nome in codice era “piano solo”, perché per il suo 123Ivi, p. 332.
espletamento era previsto l'impiego dei soli carabinieri la cui struttura era stata modernizzata e potenziata dal generale stesso. Allo stato attuale non si può stabilire se Segni sapesse del progetto di colpo di stato o se l'avesse avvallato.
Il centrosinistra si dimostrò un'occasione mancata nel panorama politi- co italiano. I governi degli anni '60 avevano le risorse economiche per supportare un vasto programma di riforme che avrebbero sicuramente giovato al paese. La strada scelta dalla Dc e sostanzialmente avvallata dai socialisti, per non tornare all'opposizione, è stata quella di rinviare le rifor- me adducendo come scuse le motivazioni più varie che andavano dalla crisi economica alle resistenze delle varie lobby (vicenda Sullo). La non scelta delle riforme mise in luce 1) gli intrecci tra il mondo politico e quello economico che sarebbe stato danneggiato dal cambiamento e 2) la Dc che non credeva veramente nel centrosinistra, visto solo come un modo per mantenere il potere.