A Padova operò a partire dalla seconda metà degli anni '70 un'organiz- zazione terroristica, chiamata Collettivi politici veneti per il potere opera- io, che usava diverse sigle per rivendicare gli episodi delittuosi compiuti. Organizzata secondo una struttura verticale, formata da vari livelli gerar- chicamente collegati tra loro, e da una orizzontale a cui afferivano alcuni mezzi di comunicazione, non direttamente coinvolti nell'attività dei Cpv, di cui il più noto, perché ancora attivo anche se dall'etere è passato al web, era Radio Sherwood. I Cpv avevano nelle varie compagine studentesche-o- peraie della città una base di reclutamento. Le azioni compiute dall'orga- nizzazione andavano dall'incendio di auto, all'uso di molotov e ai pestaggi di varie persone identificate come “nemiche” fino ad arrivare all'uso di armi da fuoco come nel caso dell'attentato al professore universitario An- gelo Ventura. Gran parte degli eventi violenti avvenuti in città nella se- conda metà degli anni '70 possono essere ricondotti principalmente ai Col- lettivi politici veneti (Cpv), nella loro articolazione padovana. I Cpv costi- tuirono una delle molteplici articolazioni dell'Aoo in Italia ed ebbero
esclusivamente base in Veneto dove, almeno a Padova, “monopolizzarono” l'attività eversiva. Di fatto non si registrò, nel periodo di attività dei Cpv, attentati riconducibili ad altre organizzazioni sovversi- ve. I Cpv erano presenti anche in altre città come Venezia e Vicenza ma fu nella città del Santo che concentrarono maggiormente le loro forze.
La conclusione della conferenza di Rosolina e l'espulsione di Negri da Po non comportò la rapida fine del movimento che anzi cercò di rivitaliz- zarsi e di continuare a esistere. Il tentativo si rivelò fallimentare sia a cau- sa della pessima situazione economica del gruppo (non si riusciva neanche ad assicurare l'uscita del giornale) che della sua frammentarietà, stretto com'era tra la scelta di seguire Negri o continuare sulla linea di Piperno. Anche sulla provincia di Padova si ripercosse la frattura nazionale e il Co- mitato politico di Este-Monselice tento di mantenere in vita Po rimanendo quindi all'interno della scia di Piperno. La parabola discendente di Po na- zionale si sentì anche a livello padovano, dove il tentativo di proseguire l'esperienza di Potere operaio si rivelò fallimentare. Verso la metà del 1974 il Comitato politico di Este-Monselice, preso atto dell'infruttuosità del ten- tativo, si sciolse e i suoi membri confluirono in gran parte nella nuova or- ganizzazione denominata Collettivi politici veneti.408 I Cpv, anche se sa- rebbero finiti per diventare la colonna veneta dell'Autonomia, non erano fin dalla nascita un'emanazione della nuova organizzazione ma un'evolu- zione di Po. La loro struttura e il modo in cui erano organizzati rispec- chiavano in gran parte le teorie organizzative, già descritte, di Po finendo per confluire nell'Autonomia perché condividevano con questa un impian- to strutturale simile dato dalla presenza di un livello pubblico e un altro occulto dell'organizzazione.
Ma da dove nasceva l'esigenza di fondare una nuova organizzazione ri- voluzionaria? Dalla I Circolare della Commissione Politica dei Collettivi Politici
Padovani si poteva ricavare che da
una situazione nazionale che vede antichi, ormai, i miti dell'unità della sinistra “extraparlamentare”, che vede questa sinistra sclerotizzarsi sotto gli attacchi del Generale Crisi , che vede un proliferare di partitini...409
si sentiva l'esigenza di
408Centro Studi Ettore Luccini (CSEL), fondo (f.) Naccarato, busta (b.) 1, sentenza Corte d'Assise di Padova 30 gennaio 1986, pp. 435, 440-1.
un processo d'organizzazione che coinvolge un strato di militanti che, rifiutata l'i- potesi “di gruppo” e da una critica irreversibile e in positivo della formidabile esperienza dell'autonomia organizzata pubblica in questi anni , ROMPE faticosa- mente con stantie divisioni al suo interno su una prassi politica rivoluzionaria.410
Poiché
esiste un preoccupante divario tra il livello politico /organizzativo di questo per- sonale politico e le esperienze, le ipotesi, le direttive politiche, la struttura strategi- ca della Sinistra Combattente411
dove bisognava «determinare un corretto rapporto politico tra questi due aspetti» dove la condizione era:
la sintesi continua tra teoria e pratica perché non si dà teoria comunista senza un continuo riferimento alle prassi e viceversa.412
E la conseguenza era che
da un'analisi teorica dei problemi sul tappeto in generale per questa fase storica, i Collettivi Politici nascono e si sviluppano su un'ipotesi politica d'organizzazione e di linea per un periodo di transizione. Compito centrale è costruire nuclei com- battenti comunisti omogenei su tutti i problemi attinenti una linea di condotta ri- voluzionaria; per dirla con un vecchio bolscevico, il problema è la formazione di un blocco d'acciaio, granitico.413
Stabiliti i compiti veniva giustificata l'esistenza dei collettivi e data inol- tre
una prospettiva di lungo periodo al nostro lavoro, che non sia l'improvvisare giorno per giorno in un'ipocrita esaltazione della spontaneità organizzativa oppu- re creder che, rappezzare con un po' di ideologia una “forma” organizzata, nata sulla spinta delle lotte anni '60, possa risolvere i problemi, le difficoltà per la mes- sa a punto di un progetto strategico d'organizzazione, per il partito armato degli operai comunisti.414
Il contenuto della circolare mostrava una continuità quasi “genetica” tra il nuovo gruppo e le teorie di Potere Operaio. I Cpv volevano formare il partito armato degli operai che doveva affiancare, guidandola, la classe nella lunga lotta contro lo stato. Proprio la grandezza dell'obiettivo finale, il rovesciamento dell'apparato statale, esigeva l'inserimento dello sponta- neismo operaio all'interno di una cornice d'azione ben definita dove veni- va ribadita l'importanza del legame tra teoria rivoluzionaria e attività pra- 410Ivi, pp. 588-9.
411Ivi, p. 589. 412Ibidem. 413Ibidem.
tica, in un rapporto di “duplice crescita”, senza il quale nessuna delle due parti avrebbe potuto evolvere. L'organizzazione quindi si sarebbe mossa sul duplice terreno della teoria e della pratica, dove il concreto terreno del- la massa avrebbe offerto una copertura per l'attività del gruppo ma anche una possibilità di verifica dell'efficacia delle sue azioni.