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Giovani fra teppismo e politica

2.1. I giovani dei primi anni '60

2.1.1. Giovani fra teppismo e politica

Il riemergere dei giovani come categoria sociale a se stante fu anche conseguenza del boom economico che permise ai giovani di ricercare nuovi modi per emanciparsi dal mondo adulto. Gli strumenti messi a disposi- zione dall'industria del loisir (abbigliamento, mezzi di trasporto, musica e figure di riferimento) permisero loro di costruirsi una propria identità col- lettiva,125 in cui riconoscersi e che simboleggiava la loro diversità rispetto

al mondo adulto. I teddy boys che assursero alle cronache nazionali alla fine degli anni '50, con i loro atti di teppismo e la pratica di riunirsi in gruppi, erano la diretta conseguenza della crescita economica che stravol- gendo i tradizionali connotati del tessuto sociale stava mettendo in moto un processo emancipatorio che avrebbe reso il mondo giovanile totalmen- te distinto e incompatibile con quello adulto.

Emergeva una gioventù che, cercava di valorizzare la propria età repe- rendo nel cinema e nella musica dei modelli a cui ispirarsi per dimostrare al mondo di esistere non solo come fugace parentesi tra l'infanzia e l'età adulta. Il teppismo di fine anni '50 che si manifestava attraverso furti, atti vandalici e scontri tra bande era sintomo un disagio esistenziale e di una perdita di punti di riferimento che mostrava sia una presa di distanza dai valori dominanti, che l'incapacità di esprimerne di nuovi che costituissero un'alternativa.126 La reazione dei “matusa” (come i giovani soprannomina- vano gli adulti) non poteva che essere negativa e c'era chi proponeva di sculacciare i teppisti in piazza San Marco127 e chi invece li considerava in- dividualisti, utilitaristi, interessati alla tranquillità familiare e privi di grandi ideali.128 Cominciavano a incrinarsi anche le convinzioni morali in campo sessuale dove le regole, specialmente quelle derivanti dalla religio- ne cattolica, stavano diventando troppo strette per una gioventù sempre più dinamica e curiosa del mondo.

Il rapporto con la politica era difficile se non assente ma i fatti del luglio del '60 e di piazza Statuto dell'autunno del '62 mostrarono un'altra imma- gine: quella di una gioventù pronta a impegnarsi ma non attraverso i cana- li tradizionali della militanza politica. Agli scontri del luglio del '60 parte- ciparono anche manifestanti che si riconoscevano per le loro magliette a strisce. A Genova e a Roma scesero in piazza frotte di ragazzi riconoscibili per le loro magliette rigate orizzontalmente, quasi che fossero un simbolo di riconoscimento, che avvezzi alla lotta non si tirarono indietro usando generalmente come armi ciò che trovavano nelle piazze o nelle strade. La

lia nella crisi mondiale. L'ultimo ventennio, Giulio Einaudi editore, 1994, Torino, p. 737.

126Ivi, p. 747.

127A. MANGANO, Capelloni e cinesi. I giovani negli anni '60, in Il lungo decennio: l'Italia prima

del '68, a cura di C. ADAGIO R. CERRATO e S. URSO, Verona, Cierre, 1999, p. 37.

128A. CAVALLI e C. LECCARDI, Le culture giovanili, Le culture giovanili, in Storia dell'Italia re-

loro comparsa stupì i giornalisti, i leader politici e gli intellettuali che pen- savano di avere a che fare con giovani indifferenti e apatici.129 Questo ca- lar dei giovani nelle piazze fu effimero e poco dopo se ne persero le trac- ce.130 E come non si era riusciti a prevederne la comparsa non fu possibile conoscerne le direzioni in cui si dispersero.131 L'altra occasione in cui si manifestò una diversa militanza politica da parte dei giovani fu in occasio- ne degli scontri di piazza Statuto di Torino. Il 6 luglio del '62 dalla Fiat in sciopero per il rinnovo del contratto partì un corteo che aveva in piazza Statuto, dove c'era la sede della Uil, il punto d'arrivo. Ai manifestanti, che lanciavano pietre contro la sede e ingiuriavano i sindacalisti132 si unirono dei giovani meridionali, provenienti dalle vie limitrofe, che presero parte agli scontri dei tre giorni seguenti. La Uil era uno dei sindacati che aveva firmato l'accordo e la sua sede divenne il bersaglio del risentimento opera- io, a cui si univa quello degli immigrati meridionali che non riuscivano a integrarsi ne l tessuto cittadino.

I fatti del luglio del '60 e di piazza Statuto misero in luce la debolezza della sinistra tradizionale rispetto ai giovani e al mondo operaio: in tutti i due i fatti le richieste di moderazione dei sindacati vennero disattese dai manifestanti che scelsero la strada dello scontro laddove i sindacalisti cer- cavano di evitarlo. A piazza Statuto la difficoltà d'integrazione dei meri- dionali a Torino fece da catalizzatore per la partecipazione dei giovani che usando, quasi come scusa, lo sciopero operaio diedero libero sfogo alle loro frustrazioni di emarginati e disadattati. Quasi a simboleggiare la di- stanza tra la sinistra e la realtà degli immigrati, i comunisti, accusati di es- sere i registi degli scontri, presero le distanza dalla “teppa” scaricando la responsabilità degli scontri sui neofascisti.133 Si era all'iniziò di quello sco- stamento dalla sinistra tradizionale che avrebbe portato pochi anni dopo a 129D. GIACHETTI, Ribellismo giovanile e manifestazioni di violenza nell'Italia degli anni '60, in Il

decennio rosso. Contestazione sociale e conflitto politico in Germania e in Italia negli anni Sessanta e Settanta, a cura di C. CORNELISSEN B. MANTELLI PETRA TERHOEVEN, il Mulino,

Bologna, 2012, p. 53. 130Ivi, p. 54.

131A. MANGANO, Capelloni e cinesi. I giovani negli anni '60, in Il lungo decennio: l'Italia prima

del '68, p. 40.

132D. GIACHETTI, Ribellismo giovanile e manifestazioni di violenza nell'Italia degli anni '60, in Il

decennio rosso., p. 55.

ricercare in gruppi, movimenti e leader esterni al mondo sindacale-partiti- co i punti di riferimento per imbastire la lotta della classe operaia contro la classe padronale.