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Il filone dei “misteri”

2 IL ROMANZO D’APPENDICE IN TRE QUOTIDIANI POLITICI VERONESI:

2.4 Il romanzo d’appendice in Italia

2.4.2 Il filone dei “misteri”

Parallelamente alla proliferazione della letteratura rusticale, in Italia si iniziano a pubblicare le traduzioni dei Misteri di Parigi di Eugène Sue, la prima delle quali risale al 1848 (Capolago, Tipografia Elvetica)25. L‟ebreo errante, sempre di Sue, risulta tradotto dal dottor Ariodante Genovini presso l‟editore fiorentino Jacopo Grazzini nel 1847. Nel 1846, due anni dopo l‟edizione originale, compare a Livorno la traduzione del Conte di

Montecristo di Dumas padre, mentre per Ponson du Terrail bisognerà attendere il 1873,

quando l‟editore milanese Barbini pubblica la traduzione del Fabbro del convento. Altri autori molto tradotti sono Montépin, Feuillet, Ohnet, d‟Ennery26

.

È naturalmente sulla scia della lezione di Sue che Francesco Mastriani crea il suo capolavoro I misteri di Napoli (1869-70)27. Se da un lato per comprendere Mastriani è necessario comprendere Sue e Dickens – cioè per la cultura europea i grandi nomi del romanzo sociale –, dall‟altro, per quanto riguarda l‟area italiana, si attesta da parte di molti critici di secondo Ottocento non solo una forte ostilità nei confronti di Sue e del suo romanzo, ma addirittura un‟avversione a riconoscere l‟esistenza del romanzo stesso. La “popolarità” del genere viene infatti associata a tutto quanto è volgare, destinato alla “piazza”, in contrapposizione al romanzo storico, come testimonia in quegli anni un saggio di Salvator Viale pubblicato nelle colonne del giornale fiorentino “Scaramuccia” nel 1854:

Ora poi che in Parigi i gazzettieri hanno alzato e raddoppiato il prezzo ai romanzi, inserendoli un po‟ per giorno nell‟appendici, l‟osteria, la scarperia, la bottega del barbiere, del lustratore di scarpe, del sarto hanno un lettore pagato da ogni lavorante a un soldo al giorno. […] Per mezzo dei giornali commerciali, letterari, industriali e politici s‟è trovato il modo di vendere al minuto, e introdurre quotidianamente e quasi per contrabbando nell‟interno delle più chiuse e costumate famiglie i più pericolosi romanzi, e questi passano

25

Da allora e fino al 1910, se ne stamperanno sedici edizioni.

26 Per un catalogo dei feuilletons circolanti in Italia, cfr. L. Baligioni (a cura di), Il diavolo a Parigi :

feuilletons e romanzi popolari dell'Ottocento francese nelle collezioni della biblioteca dell'Università popolare di Firenze, con il contributo di N. Labanca e le presentazioni di E. Ghidetti, M. Pierre e S.

Mecatti, Firenze, s. n., 1995. 27

Tra le ristampe più recenti, F. Mastriani, I misteri di Napoli, con introduzione di G. Luti, La Spezia, Melita, 1992.

99 franchi dal salotto al gabinetto, dall‟anticamera al portone, dal piano nobile al

mezzanino.28

Nonostante questo e altri anatemi, l‟appendice riesce tuttavia molto presto ad affondare salde radici nella Toscana liberale dove ad esempio il “Lampione”, fondato a Firenze nel 1848 da Carlo Lorenzini29, pubblica sin dal primo numero un romanzo, I fiori

sempiterni e il cholèra di Pio Bandiera, che riscuote un notevole successo grazie

all‟ambientazione risorgimentale. In questa regione, nel corso di un quarantennio si moltiplicano inoltre i Misteri toscani: I Misteri di Livorno, romanzo originale di Cesare Monteverde (1853-54), I Misteri di Firenze, scene moderne di Angelo Panzani, I Misteri

di Firenze. Scene sociali (1857, interrotto al primo volume) di Carlo Collodi. Nei contesti

urbani la ricezione del romanzo contemporaneo appare invece più difficoltosa, benché molti autori riconoscano in maniera esplicita Sue come uno dei capiscuola del romanzo moderno. Tuttavia, come osserva Enrico Ghidetti,

Il modello di Sue giunge nelle province italiane sull‟onda del successo francese, ma praticamente sterilizzato di significati politici e sociali, ché anche l‟attenzione dei lettori più avveduti indugia sul realismo della rappresentazione e sull‟utilità sociale immediata del libro, piuttosto che sugli aspetti più drammatici e sconvolgenti, e quindi potenzialmente gravi di conseguenze, di quella discesa negli inferi della vita cittadina, perché la più arretrata e arcaica società italiana non appare in grado di recepire la novità dell‟atto di accusa formulato nel libro nei confronti della civiltà industriale e urbana.30

Ciò però non impedisce una filiazione di misteri il cui legame di parentela con l‟archetipo francese si riduce al solo titolo. A riconoscerlo, tra gli altri, è proprio l‟autore dei Misteri di Napoli:

Erano recentemente venuti alla luce i Misteri di Parigi del Sue, opera che aveva cattivato le simpatie di tutta Europa, e che in piccolo spazio di tempo ebbe l‟onore di numerose ristampe e traduzioni. La smania d‟imitare le cose francesi, funesta debolezza in Europa tutta e massime in Italia, fe‟ piovere

Misteri da tutte le parti. Ogni paese, ogni borgata ebbe un Eugenio Sue, tanto

che i Misteri vennero in parodia, giacché ci sono gli speculatori nelle lettere

28 Parte del lungo saggio di Viale, Intorno alle cagioni e agli effetti morali della moderna letteratura

romanzesca, è riportata in A. Bianchini, La luce a gas e il feuilleton, cit., pp. 168-169.

29 Anche Pinocchio uscì a puntate dal luglio 1881 al gennaio 1883, con il titolo Storia di un burattino (che poi diventò Le avventure di Pinocchio), sul “Giornale per i bambini”.

30 E. Ghidetti, Per una storia del romanzo popolare in Italia: i “misteri” di Toscana, in M. Vichi Giorgetti (a cura di), Narrativa popolare in Italia tra Otto e Novecento, in “Accademie e Biblioteche d‟Italia”, LII (1984), 2, p. 120. L‟articolo è stato ripubblicato in E. Ghidetti, Il sogno della ragione, Roma, Editori Riuniti, 1987.

100 siccome nel commercio, e sono quelli appunto che sacrificano alla loro

cupidigia il gusto, la morale pubblica e la riputazione degli autori. Nella stessa Francia ci furono, dopo i Misteri di Eugenio Sue, i Veri misteri di Parigi di Vidocq, quelli di Londra, di Vienna, di Berlino, ecc., scritti da penne francesi: insomma la maggior parte dei romanzieri si dettero a scavare nelle fogne della società per mettere in evidenza tutto ciò che nei diversi centri di civili popolazioni è di più laido e nefando.

Tra tutta questa colluvie di Misteri non si parlò per qualche tempo che solo dei

Misteri di Parigi del Sue e un po‟ di quelli di Londra del Féval; e dico per

qualche tempo, giacché di poi furono appena ricordati sotto qualche forma drammatica in cui vennero più o meno trasformati. Parea che un simile genere di novellare fosse stato del tutto discacciato da un gusto più severo […]. Poco appresso il 1860, il risorgimento italiano risuscitò un titolo che sembrava dormire sotto li sbadigli d‟una generazione assopita dalla cessata tirannide.31

In effetti, per tutta la metà dell‟Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento, la narrativa italiana sforna instancabilmente in feuilleton o in volume Misteri di ogni tipo, oltre ai già citati Misteri toscani: I Misteri di Venezia, anonimo (1857), I Misteri di

Milano di Alessandro Sauli (1857), I Misteri di Roma e I Misteri di Torino, entrambi

anonimi e pubblicati nel 1861, I Misteri di Genova di Anton Giulio Barrili (1867), I

Misteri di Firenze. Narrazione storica di Egisto Maccanti (1884), la trilogia Torino misteriosa di Carolina Invernizio. Non mancano nemmeno i misteri “storici”: I Misteri della vita intima dei Borboni (1860-62), Pietro Leopoldo o i Misteri dei conventi in Toscana. Racconto storico di Antiodo Agnolucci (1877), Margherita d‟Orleans ovvero i misteri di Palazzo Pitti di Lorenzo Antonini (1885), oppure quelli inscritti nel filone

sociale, come Il Materialista ovvero i Misteri della scienza di Francesco Mastriani (1863), Paolina, Mistero del Coperto dei Figini di Igino Ugo Tarchetti (1865, in volume l‟anno successivo), e vari romanzi della prolifica Invernizio, tra i quali I Misteri delle

soffitte (1901), I Misteri delle cantine (1902), Raffaella o i Misteri del vecchio mercato

(1905). Alla tipologia eroico-romantica appartengono anche L‟ebreo di Verona dell‟abate Antonio Bresciani (1850-51), Beppe Arpia del fiorentino Paolo Emiliani-Giudici (1851),

Tommaso. Scene della vita torinese del giornalista G. A. Cesana (1860), Clelia o il governo dei preti di Giuseppe Garibaldi (1861), La plebe di Vittorio Bersezio (1867-69), La figlia di Maso. Scene garganiche di Antonio Maselli (1898), La folla di Paolo Valera

(1901), Claudia Particella o l‟amante del cardinale di Benito Mussolini (1910), I Beati

Paoli di Luigi Natoli (1909-10).

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Una delle città che pare non avere Misteri è invece Verona: a quanto mi risulta, non esistono romanzi ambientati nella città scaligera e scritti nel secondo Ottocento. Più precisamente, Arturo Pomello nella sua Verona sconosciuta32 (1889) aveva osato

raccontare pubblicamente postriboli, luoghi di corruzione e malavita della città, ma si trattava di un lavoro a metà strada tra la divulgazione storica, i bozzetti di costume, e uno studio di tipo socio-antropologico. Il primo dei due volumi in cui è divisa l‟opera, infatti, presenta un excursus sulle vicende principali della storia della città, con annotazioni relative alla storia del costume e del malcostume, dalle origini al 1866, mentre il secondo volume riprende con la cronaca per poi soffermarsi sui temi della povertà, della prostituzione, delle condizioni igieniche e sanitarie di abitazioni e vicoli, del malcostume in generale, della malavita, riconoscendo come causa di questi mali la borghesia, “questo terzo stato trionfante nel proprio egoismo e che crepa beatamente d‟indigestione nei suoi retrobottega”33

.

Molti romanzieri tentano dunque la “via italiana” ai Mystères, agli aspetti segreti della città, ma è “una via più cauta e borghese, abbastanza diversa, nonostante le apparenze, da quella battuta da Sue”34. In generale, è possibile affermare che i temi del capolavoro dello scrittore francese, a contatto con la varia e mutevole realtà italiana, vengono rimaneggiati e spesso stravolti per confluire in una narrativa tipicamente italiana che, priva di un‟autentica ispirazione, aderisce alla contemporaneità in forma quasi angosciosa, pur mantenendo l‟eredità del romanzo storico. Tanto più che dai titoli dei romanzi sopra citati si ricava spesso la tendenza alla commistione del genere storico- municipale con quello sociale, ancora poco praticato in Italia, almeno prima della Scapigliatura lombarda. Unica eccezione, come riconosce Benedetto Croce, è quella di Francesco Mastriani:

C‟era invece allora in Napoli un romanziere d‟appendici, che è non solo importante per la conoscenza dei costumi e della psicologia del popolo e della

32 A. Pomello, I misteri di Verona (ristampa a cura di A. Contò), cit.. Precisiamo che il titolo I Misteri di

Verona è stato attribuito dal curatore, in quanto l‟edizione originale del 1889, divisa in due tomi, si

intitolava Verona sconosciuta. L‟uscita del secondo volume fu annunciata nella “Cronaca Rosa”, III, 1 (3 febbraio 1889): “Della Verona sconosciuta di A. Pomello è imminente il suo secondo volume Verona

qual'è. Basta leggere l'antefax di questo libro per far rizzare i capelli”.

33 A. Pomello, Verona sconosciuta, vol. II, p. 7. 34

R. Reim, L'Italia dei misteri. Storie di vita e malavita nei romanzi d'appendice, Roma, Editori riuniti, 1989, p. 18.

102 piccola borghesia partenopea, ma rimane il più notabile romanziere del genere

che l‟Italia abbia dato.35

Nello stadio iniziale della sua produzione letteraria, lo scrittore napoletano prende a modello la struttura gotica del feuilleton, facendo ricorso al repertorio tematico tipico dell‟epoca (furti, delitti, agnizioni, guarigioni taumaturgiche) utilizzato in particolare da Paul Féval. La successiva fase dei Misteri vede invece prevalere la volontà di indagare nel ventre formicolante di Napoli la miseria, i delitti, la malattia, i manicomi, attraverso uno stile icastico che dipinge la città con una prospettiva assolutamente inedita, attingendo anche al gergo ladresco e dei bassifondi. Il romanzo dunque, più che sviluppo narrativo, risulta inventario delle varie classi sociali che animano Napoli.

In un saggio pubblicato sulla prestigiosa “Revue de Paris” nel 1894, il critico francese George Herelle definisce Mastriani “un romanziere socialista”, in un‟epoca in cui questo termine allude ad anarchico e sovvertitore della tradizione. Domenico Rea invece ha paragonato l‟autore dei Misteri di Napoli a Giuseppe Verdi per la furia compositiva e per le drammatiche tematiche popolari, sottolineando al contrario la diversa sorte riservata alle due personalità per quanto concerne il riconoscimento da parte dei posteri36. Mastriani appare infatti un narratore particolare e tagliato fuori dai principali movimenti dell‟epoca, la Scapigliatura e il Verismo; scrittore realista, insomma, e antecedente diretto di Matilde Serao, “letto da tutta Napoli all‟infuori della gente letterata”, come osserva Croce.

Quello di Mastriani rimane tuttavia un caso particolare, non solo per le peculiarità del romanzo ma anche perché molteplici ragioni di carattere storico, politico, sociale e linguistico rendono il Nord e il Sud della penisola due aree estremamente diverse e lontane. Un noto critico napoletano di fine Ottocento osserva:

È un fatto curioso sì ma bene assodato, checché ne dica la geografia, che certi paesi d‟Italia non sono in Italia […]. Come da noi si narra piacevolmente del famoso monsignor Perrelli (il filosofo napoletano, secondo dice Dickens) il quale si raccomandava al suo architetto che badasse bene a fargli una casa con tutte e quattro le facciate a mezzogiorno, così in un tempo non lontano l‟Italia non aveva altra facciata che a settentrione. Non esisteva il mezzogiorno ed

35

B. Croce, La letteratura della Nuova Italia, vol. IV, Bari, Laterza, 1954, p. 319. 36 D. Rea, Dal Ventre di Napoli uscì un feuilleton, in “Tuttolibri”, 11 aprile 1981, pp. 4-5.

103 anche oggi qualche volta s‟ha da durare non poca fatica per persuadere alla

gente che esista.37