1 INTRODUZIONE
1.2 La Verona di fine secolo
1.2.3 L’attività giornalistica
Anche se fino al ‟66 il governo asburgico non nega la libertà di stampa, a Verona come nel resto del Veneto l‟attività giornalistica viene fortemente limitata dalla severa censura austriaca, tant‟è che solo dopo l‟annessione la situazione muta radicalmente con la pubblicazione di numerosissimi nuovi quotidiani e periodici. Il Sormani Moretti39 quantifica per difetto in 341 il numero dei periodici veronesi pubblicati nel periodo 1710- 1897, dei quali 253 vedono la luce nel periodo successivo al 1866, in concomitanza col nuovo fervore di iniziative politiche e culturali che percorrono la società (proliferano soprattutto i giornali politici di ispirazione liberale), e nonostante varie difficoltà di ordine generale, tra le quali l‟elevato tasso di analfabetismo:
38 Cfr. Appendice B5. 39
L. Sormani Moretti, La provincia di Verona. Monografia statistica, economica, amministrativa, cit., parte III, p. 287.
32 In Italia si stampa anche troppo, non molto però si legge e pochissimi poi sono
i libri che si comprano. Persino dei numerosissimi giornali la lettura è, in proporzione, limitata assai e lo spaccio ancora di più. Per antica consuetudine, la diffusione d‟ogni singolo giornale di provincia resta circoscritta al breve spazio della provincia stessa o delle immediatamente prossime, qualora gli orari postali e le coincidenze ferroviarie, per avventura favorevoli, offrano modo ad alcun diario di giungere primo in date località colle novelle più fresche e coi più recenti telegrammi. Queste fortunate combinazioni e l‟accorta scelta, secondo le convenienze locali dell‟ora di pubblicazione […] insieme a talune altre singolari circostanze, possono, sapute cogliere, decidere della espansione, conseguente importanza, meno incerta vita d‟un giornale, indipendentemente anche dalla bandiera spiegata o dalle opinioni enunciate e difese40.
Tra i 341 fogli, il Sormani Moretti include i 64 giornali con limitato numero di uscite (strenne, guide, almanacchi, lunari) e ben 101 numeri unici. Spesso si tratta di supplementi d‟intrattenimento per celebrare qualche evento socialmente rilevante, come il matrimonio tra persone di spicco dell‟ambiente letterario o giornalistico41, o un episodio di grande impatto politico, come il passaggio di Garibaldi a Verona, e in seguito la sua morte.
Nel corso del 1886, in particolare, vedono la luce numerosi fogli umoristici, dei quali cinque (numeri unici) escono nel giro di un mese, plausibilmente connessi alle locali competizioni politiche e amministrative:
Quasi tutti i fogli veneti, che si definiscono umoristici, usano uno scanzonato linguaggio, talora dialettale, ospitano vignette e caricature, ma hanno un atteggiamento politico anticonformista e antigovernativo, supplendo almeno con la violenza verbale alla difficile situazione degli oppositori […] e hanno scarse possibilità di riuscita finché il suffragio resta ristretto, l‟economia agricola, l‟analfabetismo imponente42
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La proliferazione di periodici è favorita dall‟esistenza, a Verona, di due grandi editori e stampatori: Gaetano Franchini, che opera soprattutto in ambito locale, e Giuseppe Civelli, che estende la sua rete di stamperie all‟intero territorio nazionale. Non
40 Ibidem, pp. 287-288.
41 Ad esempio, le nozze tra il direttore della “Ronda” Pier Emilio Francesconi ed Ercolina Bariola sono all‟origine del supplemento “Ronda Album” dell‟11 novembre 1885.
42 S. Cella, Profilo storico del giornalismo nelle Venezie, cit., p. 19. Questo testo offre una sintesi storica e uno schedario dei periodici veneti, riservando uno spazio piuttosto esiguo ai periodici veronesi (schedati alle pp. 133-140).
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mancano vari editori minori quasi sempre abbinati a tipografie, quali Annichini, Drucker e Tedeschi, Münster, Gatti, Merlo, Noris, Pozzati, Zuppini.
A Verona, come nelle altre città del nuovo Regno, la distribuzione dei giornali avviene attraverso vari canali, primo fra tutti gli abbonamenti, mentre per i quotidiani bisogna aggiungere le edicole e gli strilloni. Il taglio spigliato impresso alle notizie grazie a Dario Papa, che egli prende a prestito dal giornalismo americano (conosciuto durante un viaggio a New York nei primi anni Ottanta, in compagnia dell‟amico Ferdinando Fontana), enfatizza l‟elemento sensazionalistico sfruttato dai pungolisti43
per attirare l‟attenzione dei clienti sulle piazze. L‟istituzione dell‟edicola infatti è piuttosto tarda: le prime due compaiono a Milano nel 1861, una in Piazza della Scala e l‟altra dietro l‟abside del Duomo. Il celebre caricaturista meneghino Camillo Cima indica due ulteriori canali di vendita, quello dei
posteggianti, vale a dire i rivenditori che su un banchetto o un tavolino, o
magari una sedia, piantano la loro bottega nelle ore in cui i giornali son ricercati, che di solito vanno dalle due alle sette pomeridiane, o su una piazza, o sull‟angolo di una via, o nel vano di un negozio qualunque. Se ne vedono persino sui parapetti dei ponti, e sulle scalinate delle chiese, e, che è tutto dire, sui davanzali delle finestrelle da cantina; si può ritenere che ogni sporgenza è per loro una base d‟operazione44
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A questo, Cima aggiunge la tipologia secondaria dei
rivenditori più minuti e tutt‟affatto ambulanti, i quali corrono le strade, vociando la loro merce, affrettati sulle prime per arrivare in tempo a servir una data client alea nei punti più lontani della città, i portinai, i caffè, le osterie, e ve ne ha parecchi che ritardano fino a notte inoltrata, per offrire la loro merce ai nottambuli, e a chi sente il bisogno di un giornale, solo al momento di rincasare per andare a letto45.
Né manca la categoria degli avventizi, i più disorganizzati e osteggiati dalla questura per le grida notturne, nella disperata ricerca di procacciarsi la quota per acquistare almeno una dozzina di giornali da rivendere. Nelle città di piccole dimensioni come la Verona di fine secolo, a questi canali vanno aggiunti quello del passaggio del
43 Nei primi decenni dell‟Unità, “Il Pungolo” di Milano è l‟unico giornale ad essere strillato, da cui la definizione di “pungolista” attribuita ai venditori di giornali.
44 Pinzo [pseudonimo di Camillo Cima], I rivenditori di giornali, in AA. VV., Il ventre di Milano.
Fisiologia della capitale morale per cura di una società di letterati, vol. 2, Milano, Aliprandi, 1888, pp.
118-126. 45 Ivi.
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giornale dal direttore ai suoi collaboratori, amici e conoscenti, e quello del negozio di libri, spesso direttamente collegato a una tipografia o a una casa editrice. È probabile che, all‟interno della libreria, il potenziale cliente compili un‟apposita cedola indicando indirizzo e dati anagrafici, assicurandosi in questo modo l‟invio di una copia al recapito segnalato: dal momento in cui riceve il primo numero del giornale, a meno che non lo restituisca al mittente, il firmatario viene automaticamente iscritto nel registro degli abbonati e dunque vincolato al pagamento della quota per sei mesi o un anno. Tale prassi è confermata dai numerosi solleciti presenti nei periodici scaligeri, che non esitano talvolta a pubblicare in prima pagina, dopo vane e ripetute esortazioni, i nomi dei morosi46.
Altri espedienti per accattivarsi il favore dei lettori sono l‟opportunità di abbonamento cumulativo a due giornali a un prezzo vantaggioso (come nel caso della “Cronaca Rosa” e di “Cuore e Critica”), oppure la promessa di un abbonamento gratuito per chi procuri cinque nuovi iscritti, o ancora la possibilità di prezzi scontati sulle nuove pubblicazioni grazie a particolari accordi stipulati con le case editrici. In quell‟epoca, alla figura del direttore si affianca quasi sempre quella del gerente responsabile su cui ricadono le responsabilità giudiziarie della testata, anche se progressivamente il gerente verrà deresponsabilizzato, poiché gli obblighi legali verranno demandati al direttore e ai redattori.
A Verona, i due maggiori quotidiani politici47, “L‟Arena” e “L‟Adige”, vengono fondati a soli tre giorni di distanza l‟uno dall‟altro (rispettivamente, 12 e 15 ottobre 1866), riscuotendo immediatamente un immenso successo. “L‟Arena”, il più avanzato socialmente e politicamente, si distingue in quegli anni per gli atteggiamenti progressisti e anticlericali, che sono tra le insegne della Sinistra, mentre “L‟Adige” si definisce come foglio d‟opposizione. I due quotidiani tuttavia si scambiano spesso le parti e le protezioni politiche, almeno fino alla fondazione della “Nuova Arena” (1873) di Alessandro
46 Cito un esempio dalla “Cronaca Rosa” (n. 3 del 28 novembre 1880): “Chi non si è messo ancora in regola coll‟Amministrazione è pregato di farlo entro la settimana a scanso d‟interruzioni nell‟invio del periodico. Si ritengono abbonati tutti coloro che non respinsero il primo e secondo numero e si pregano gentilmente a voler rimetterci il loro abbonamento in settimana”.
47 Nel ventennio 1866-86 vedono la luce a Verona numerosi altri quotidiani politici, tra i quali “La Gazzetta di Verona” (1866-1867), “Il Messaggere” (1866), il “Giornale di Verona” (1868-1878), “Il Corriere Veronese” (1870-71), “Il Corriere del Mattino” (1870), “Il Progresso” (1876), “L‟Araldo Veronese”, “La Nuova Arena” (1873-74 e 1882-86), “La Sveglia” (1878-79), “Il Veronese” (1876), il “Corriere di Verona” (1883-86), “Verona fedele” (1886-1919). Alcuni hanno tuttavia una durata molto breve.
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Pandian, che costringe “L‟Arena” ad assestarsi su posizioni di conservatorismo moderato, e “L‟Adige” a definirsi come organo della democrazia.
Queste testate non presentano l‟impostazione classica del modello „gazzetta‟, poiché si stanno progressivamente trasformando in organi di opinione, relegando in secondo piano lo scopo informativo, tuttavia sempre aggiornato grazie alle corrispondenze dalle altre regioni italiane, espediente che offre il vantaggio non secondario di evitare ai lettori la tentazione di acquistare altri periodici e quindi di limitare la concorrenza. Tale evoluzione è confermata dallo spazio maggiore concesso alla cronaca locale, agli articoli di costume, alle appendici, alla cronaca nera e giudiziaria, oltre che dalle modificazioni nelle titolazioni e nel crescente rilievo della pubblicità. Parallelamente alla diminuzione del tasso di analfabetismo, la conseguenza di questo rinnovamento contenutistico e tecnico è l‟aumento graduale del numero dei lettori: a ciò è connessa anche un‟evoluzione di tipo linguistico, che vede entrambi i quotidiani abbandonare progressivamente l‟italiano aulico per riscoprire le radici locali48
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Dario Papa, direttore dell‟“Arena” dal 1874 all‟80 e nuovamente nell‟83, riconosce con lucidità il ruolo esclusivo dei giornali nel dare spazio ai giovani e voce alle realtà locali, spesso relegate ai margini del dibattito politico e sociale di più ampio respiro avanzato dalle testate maggiori:
La nostra vita pubblica – nata e creata ad immagine e similitudine di quella francese – volge già troppo per se stessa al centro o ai centri (tutto ci viene di là, tutto vorrebbe andar là) perché non si tenti con ogni mezzo – da chi desidera che gli interessi e la coltura e l‟affetto della patria piccina non sieno travolti da codesta vertigine centralizzatrice – di opporvi un argine. E uno di questi argini è appunto il giornale che, fatto bene, appassioni gli animi agli interessi ed ai piaceri locali, implicitamente combatta la deplorevole smania della gioventù di andar cercando avventure e fortuna nei grossi centri, e giorno per giorno tenga accesa anche nei centri minori, e nel modo più ad essi conforme, la fiaccola dell‟affetto alla patria più grande e al progresso, la cui strada maestra ha – nel giornale – una scorciatoia che più presto conduce alla meta49.
A Verona, dagli anni Settanta dell‟Ottocento, vedono inoltre la luce molti giornali settimanali letterari, come i già citati “La Ronda”, “La Cronaca Rosa”, “Il Pensiero”, “La
48 Sul cambiamento linguistico nei due fogli politici veronesi, v. F. Sboarina, Dialettalismi e regionalismi
nella stampa quotidiana veronese del secondo Ottocento, in M. Cortelazzo (a cura di), Guida ai dialetti veneti, Padova, Cleup, 1992, pp. 119-156.
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Tavolozza”, “La Mezzaluna”, “Il Campanello”; altri con finalità educative, didattiche e divulgative, come “L‟Alba” (1869-72) e “La Scienza per tutti” (1871-72), ma anche giornali umoristici con intenti di satira politica e di costume, quali “El Negro” (1885-86), “Bertoldo” (1899-1900) e soprattutto il longevo “Can de la Scala” (1889-1915). È utile ricordare inoltre le riviste specialistiche di agricoltura (“La Valpolicella”, 1868-70; “L‟Agricoltore Veronese”, 1883-91; il “Bollettino Agrario Veronese”, 1891-93; la “Verona Agricola”, 1896-99), di diritto e di giurisprudenza (“La Rivista”, 1872-74), oltre alla stampa di impronta cattolica (“Verona fedele”, 1878) e radical-socialista (“Verona del Popolo”, 1890-95, e “Il Riscatto del Lavoro”, 1895-96).
Dallo studio dei periodici scaligeri, dunque, emerge “una città ottocentesca ricca di fermenti e di iniziative”50 che, nonostante le chiusure e i ritardi accumulati nel corso dell‟Ottocento, cerca attraverso i giornali di intervenire nel dibattito culturale nazionale guardando soprattutto alla vicina Milano, uno dei maggiori centri culturali dell‟Italia di fine secolo.