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2 IL ROMANZO D’APPENDICE IN TRE QUOTIDIANI POLITICI VERONESI:

2.6 La narrativa d’appendice nell’“Arena”

2.6.2 La narrativa italiana

Per quanto riguarda gli scrittori italiani, essi firmano soprattutto racconti brevi e novelle anche di una singola puntata, sebbene non manchino alcuni romanzi costituiti da un ingente numero di episodi a significare, plausibilmente, che i vari direttori che si susseguono alla guida del giornale tendono ad affidare alla narrativa d‟oltralpe il delicato compito certamente commerciale, più che culturale, di aumentare progressivamente il numero di abbonati.

2.6.2.1 I romanzi italiani

Il primo romanzo italiano, che troviamo nel 1874, non nasce come feuilleton perché in realtà è un passo estratto dal Romanzo d‟un orfano (di cui non è stato possibile reperire alcuna notizia) del neodirettore Dario Papa, benché venga pubblicato nelle colonne dell‟“Arena” con il titolo Echi del Garda. Bozzetti semistorici129. Si tratta di un romanzo di formazione, avente per protagonista il giovane Rizzo, e come cronotopo la regione gardesana intorno alla metà del XIX secolo: sono evidenti i riferimenti autobiografici di Papa che, rimasto orfano da bambino, trascorse alcuni anni della giovinezza in collegio a Desenzano prima di seguire Garibaldi in Trentino nel ‟66 e di stabilirsi a Milano, dove divenne amico di Emilio Praga e di Tranquillo Cremona.

I romanzi d‟appendice italiani costituiti da un numero di episodi superiore a venti sono quindici: una decisa minoranza, se si pensa che i feuilletons di quella lunghezza sono complessivamente settantasei. Il genere prevalente è certamente quello storico, al quale infatti appartiene il romanzo dell‟autore più illustre e noto al pubblico veronese di

127 Pubblicato dal n. 159 del 12 giugno 1880 al n. 291 del 26 ottobre 1880, per 132 puntate. 128

Pubblicata dal n. 292 del 27 ottobre 1880 al n. 301 del 6 novembre 1880, per 9 puntate. 129 Pubblicato dal n. 264 del 2 ottobre 1874 al n. 287 del 25 ottobre 1874, per 22 puntate.

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fine Ottocento, La Maliarda130 di Gaetano Leone Patuzzi, sul quale perciò soffermiamo

ora la nostra attenzione.

Il veronese Patuzzi131 (1842-1909) aveva dovuto lasciare il paese natale di Bardolino (VR) a causa della sua adesione agli ideali risorgimentali, trasferendosi a Milano dove era rimasto per oltre un decennio, dal 1860 al 1871. Aveva fatto quindi ritorno a Verona con il bagaglio culturale acquisito nel capoluogo lombardo grazie alla frequentazione di intellettuali tra cui Giosuè Carducci, Arrigo Boito, Emilio Praga, Igino Ugo Tarchetti, Vittorio Betteloni. Professore di lettere prima a Milano e poi all‟Istituto Tecnico Commerciale di Verona, Patuzzi nel corso della sua carriera attraversò pressoché tutti i generi letterari, dalla poesia alla prosa, dai saggi critici ai manuali scolastici, ricevendo molti apprezzamenti sia dai lettori che dalla critica contemporanea anche fuori dai confini veneti, nonostante il suo ruolo di letterato sia stato sostanzialmente ridimensionato già a partire dagli anni Venti del Novecento132.

La trama della Maliarda, che si svolge durante la tormentata epoca dell‟Inquisizione in una cittadina tra le Alpi francesi e la Savoia, vede nel ruolo di protagonista Diana Léonard – da cui il titolo dell‟edizione in volume del 1885, riveduta e ampliata rispetto alla versione in appendice –, una giovane la cui ammaliante bellezza fa letteralmente perdere la testa a molti compaesani, ragione per cui viene accusata di stregoneria. Soltanto la razionalità del medico del villaggio la salverà dalla morte certa riservatagli dai suoi inquisitori.

È curiosa la modalità con cui, pochi giorni prima dell‟inizio della pubblicazione, un anonimo recensore presenta il nuovo feuilleton: dopo una lunga digressione sulla convivenza, nell‟età contemporanea, delle nuove tecnologie – “ferrovie, gaz, luce elettrica” – e delle antiche superstizioni popolari – “ignoranza, credenza cieca alle più stolte fole, a poteri soprannaturali di indole diabolica, a jettature, stregonerie, bestialità che non hanno nome” –, l‟autore giunge a lodare Patuzzi a livello letterario quanto civile,

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Pubblicato dal n. 210 del 1 agosto 1883 al n. 339 del 7-8 dicembre 1883, per 99 puntate; l‟edizione in volume fu stampata con il titolo Diana Léonard a Verona dalla tipografia Münster, nel 1885.

131 Per Patuzzi cfr. § 1.2.4.1.

132 Svalutandone soprattutto la produzione poetica, Gioachino Brognoligo lo definisce “scrittore facile e bonario”: G. Brognoligo, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del secolo XIX. La

cultura veneta, in “La Critica. Rivista di letteratura, storia e filosofia”, XXIV (1926), fasc. III, p. 166. Per

un profilo biografico invece v. E. Luciani, voce Patuzzi Gaetano Lionello, in AA.VV., Dizionario

biografico dei Veronesi, cit., vol. 2, p. 621. L‟unico lavoro patuzziano recentemente ristampato è il Piccolo dizionario del dialetto moderno della città di Verona (Giazza, Taucias gareida, 1998 e Bologna, Forni,

stampa 1980), mentre l‟ultimo studio sulla sua figura risale al 1937 (M. Maja, Gaetano Leone Patuzzi

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tanto più per la sua nazionalità poiché in quegli anni “tutta l‟Italia – a guisa di una fungaia – è coperta, rigurgita di romanzucciacci francesi diffusi da quel malaugurato [Sonzogno] che traffica sul corpo della patria”133

. La critica al testo si limita a questo: è necessario attendere l‟edizione in volume perché i principali giornali veronesi pubblichino recensioni più tecniche a quella che in seguito si intitolerà Diana Léonard. Mentre “L‟Arena” si limita a giudicarlo brevemente quale “romanzo storico, ma fatto coi criteri della critica sperimentale moderna”134, l‟accoglienza da parte del ceto intellettuale non è unanime,

come testimonia ad esempio una recensione apparsa nella “Nuova Antologia” di Firenze:

In mezzo a sì gran numero di romanzieri naturalisti, eccone uno che si stacca dalla folla per portarci in pieno secolo decimosettimo e presentarci un romanzo di costumi. Se lo scrittore s‟è illuso di destare l‟interesse e di accaparrarsi il favore del maggior numero di lettori, s‟è ingannato del tutto. Ma se egli ha avuto l‟intenzione di fare opera artistica e umanitaria, senza curarsi di consultare il vento che spira, noi possiamo assicurargli l‟applauso, se non dei più, certo dei migliori. […] Noi per quello appunto che può essere argomento di accusa presso molti, diamo lode al Patuzzi e lo ringraziamo della fatica ch‟egli deve aver sostenuta nel raccogliere gli infiniti materiali che gli servirono di base alla creazione artistica del suo romanzo.135

Anche la “Repubblica Letteraria” concorda nel ritenere un pregio anziché un difetto la storicità del romanzo:

Quella forte intelligenza del Patuzzi ha saputo gettarci addirittura nel secolo diciassettesimo, farci vivere nella vita di quel tempo […]. Anzi qualcuno lo rimproverò perché piuttosto che scrivere un romanzo in cui avesse riprodotto tipi dei nostri tempi e della nostra società, svolse un argomento tanto lontano e fuori dei nostri costumi che ha per teatro una cittaduzza ai piè delle Alpi francesi, tra la Savoia e la Svizzera, anziché in un paese più conosciuto.136

Non manca nemmeno l‟accusa di una sterile imitazione manzoniana: “come nei Promessi Sposi, il punto di partenza è la persecuzione amorosa di un aristocratico contro una popolana e quello di arrivo è l‟allontanamento degli sposi, finalmente felici, dal paese natio”137

. In realtà, La Maliarda presenta elementi di originalità e innovazione, sia a livello di intreccio che nell‟evoluzione morale che i personaggi conseguono nel corso

133 S. a., La maliarda, in “L‟Arena”, XVIII (1883), 202. 134 S. a., Patuzzi e le streghe, in “L‟Arena”, XX (1885), 40.

135 S. a., Diana Leonard. Romanzo di Patuzzi, in “Nuova Antologia”, 15 maggio 1885. 136 Bianchi, Diana Leonard, in “La Repubblica Letteraria”, 24 maggio 1885.

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G. Brognoligo, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del secolo XIX. La

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della narrazione, come riconoscono altri critici: “Patuzzi tende al nuovo, ma con quel senso onesto e serenità propria di un animo eletto”138; “c‟è [nel testo] una fusione

armonica della moderna indagine psicologica coll‟andamento del romanzo storico”139. Inoltre è possibile includere nel genere storico un feuilleton del veronese Gaetano Polver140 (militare e collaboratore del direttore della “Ronda” Pier Emilio Francesconi),

Un delitto legale. Episodio dell'inondazione di Verona nel 1882141, unitamente ad altri due romanzi entrambi anonimi e dei quali non abbiamo potuto reperire ulteriori notizie: Il

pirata che, come precisa il sottotitolo, è una Storia veneziana del XVII secolo142, e

L‟eldorado143, vicenda di alcuni emigranti italiani che intorno alla metà dell‟Ottocento

sono costretti a lasciare la patria per cercare fortuna oltreoceano. È possibile annoverare, pur appartenenti più precisamente al genere rusticale, anche due testi della scrittrice friulana Caterina Percoto che compaiono a puntate nelle Appendici dell‟“Arena” benché non siano nati come feuilletons, in quanto già pubblicati in volume144 nel 1858: La

coltrice nuziale145 e la breve novella La donna di Osopo146. Appartengono invece al filone giudiziario due romanzi ispirati a fatti realmente accaduti, dello scrittore romagnolo Oscar Pio147, Il delitto di Mergellina148 e La donna infame149.

Esulano dal genere storico per rientrare in quello sentimentale due romanzi del pubblicista napoletano Raffaele Parisi150, Mercedes151 e Alberto Merville152, oltre a quelli

138 S. a., s.t., in “Il Diritto”, 5 maggio 1879. 139

S. a., Il romanzo della stregoneria, in “L‟Italia”, 3-4 maggio 1885.

140 Gaetano Polver (Verona 1861 – Roma? 1942). Militare, storico e drammaturgo. Una sua caricatura appare sulla rivista veronese “Can de la Scala” (23 gennaio 1896, p. 2). Cfr. F. Vecchiato, voce Polver

Gaetano, in AA.VV., Dizionario biografico dei Veronesi, cit., vol. 2, pp. 662-663. Dopo la sua morte, non

si annovera alcuna ristampa delle sue opere.

141 Pubblicato dal n. 233 del 23-24 agosto 1894 al n. 293 del 20-21 ottobre 1894, per 46 puntate. Brognoligo, ritenendolo erroneamente pubblicato nell‟“Adige”, ne dice che “non manca di un certo rozzo vigore nella rappresentazione della vita popolare della città”: cfr. G. Brognoligo, Appunti per una Storia

della Cultura in Italia nella seconda metà del secolo diciannovesimo. La cultura veneta, in “La Critica.

Rivista di letteratura, storia e filosofia”, XXIV (1926), fasc. VI, p. 346.

142 Pubblicato dal n. 295 del 3 novembre 1874 al n. 24 del 6 gennaio 1875, per 66 puntate. 143 Pubblicato dal n. 210 del 6 agosto 1876 al n. 302 del 9 novembre 1876, per 90 puntate. 144

Caterina Percoto, Racconti, con introduzione di Niccolò Tommaseo, Firenze, Le Monnier, 1858. 145 Pubblicato dal n. 154 del 5 giugno 1883 al n. 177 del 28 luglio 1883, per 23 puntate.

146 Pubblicata dal n. 200 del 22 luglio 1883 al n. 202 del 24 luglio 1883, per 3 puntate.

147 Oscar Pio (Cesena 1836 - ?), collaboratore assiduo della “Illustrazione italiana” di Milano negli anni ‟70, oltre che autore di un racconto d‟appendice, Luce e ombre ovvero Napoli nel 1799, pubblicato nel “Pungolo” di Milano nel 1876.

148 Pubblicato dal n. 66 del 7-8 marzo 1887 al n. 232 del 21-22 agosto 1887, per 161 puntate. 149 Pubblicato dal n. 233 del 22-23 agosto 1887 al n. 360 del 28-29 dicembre 1887, per 114 puntate. 150 Parisi risulta autore di numerosi studi monografici di carattere storico e artistico pubblicati a Napoli tra il 1860 e il 1920.

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di due autori meno conosciuti, Passioni fatali153 di Luigi Pavia e Olbia154 di D‟Archiana155

. Infine, non mancano nelle Appendici del quotidiano veronese alcuni

feuilletons italiani caratterizzati dagli intrecci complessi e dai colpi di scena alla francese,

tra i quali Croce di platino156 di Parmenio Bettoli, La ruota maledetta157 di Vincenzo Miglietti e il romanzo anonimo Lo zoppo misterioso158.

Il genere dominante quindi risulta quello storico, seguito a breve dai generi sentimentale, rusticale e giudiziario. L‟“Arena” non propone alcun romanzo di ambiente scapigliato o verista benché non ignori completamente l‟esistenza delle due maggiori esperienze letterarie dell‟epoca, alle quali come vedremo riserva un‟accoglienza passiva, limitata alle recensioni e alle discussioni critiche.

Inoltre, se da un lato gli scrittori italiani selezionati dall‟“Arena” possono apparire oggi poco significativi, dall‟altro si tratta spesso di nomi noti e attivi nel giornalismo milanese – al quale “L‟Arena” non cessa mai di guardare – e probabilmente anche agli occhi dei lettori veronesi di fine Ottocento essi rappresentano alcune delle firme più conosciute e apprezzate.

Tra queste si considera Caterina Percoto159, scrittrice rivalutata dalla critica negli ultimi decenni e tradizionalmente considerata come una degli esponenti più significativi della “letteratura rusticale”, genere frequentato anche da Ippolito Nievo. Oltre che per la collaborazione con Niccolò Tommaseo – che scrisse una breve introduzione per

152 Pubblicato dal n. 18 del 18-19 gennaio 1884 al n. 61 del 1-2 marzo 1884, per 37 puntate.

153 Pubblicato dal n. 74 del 15-16 marzo 1894 al n. 204 del 25-26 luglio 1894, per 106 puntate. Luigi Pavia risulta autore di alcune poesie pubblicate nell‟“Emporio Pittoresco” (1876) e nella “Penna giovanile”di Milano (1878), mentre vengono recensiti il suo “romanzo intimo” Pan per focaccia in un numero della “Nuova Antologia” del 1879, e Le nozze d‟Irma nel “Secolo” del 1880.

154 Pubblicato dal n. 205 del 26-27 luglio 1894 al n. 232 del 21-22 agosto 1894, per 21 puntate. 155 D‟Archiana fu uno dei corrispondenti torinesi dell‟“Arena”.

156 Pubblicato dal n. 57 del 28 febbraio 1879 al n. 264 del 1 ottobre 1879, per 128 puntate. 157

Pubblicato dal n. 110 del 20-21 aprile 1886 al n. 254 del 12-13 settembre 1886, per 110 puntate. Parmenio Bettoli è un romanziere e drammaturgo alquanto noto a Milano, poiché, negli anni ‟70, vengono recensiti alcuni romanzi storici nella “Farfalla” e nell‟“Alfa” di Milano, e nel “Fanfulla”; varie opere teatrali nell‟“Arte drammatica”, nella “Gazzetta di Milano”, nella “Lombardia” e nella “Nuova Antologia”; mentre egli stesso recensisce un melodramma di Andrea Maffei e una commedia di Giuseppe Giacosa nel “Corriere della Sera” (1876), e pubblica un romanzo d‟appendice (La tragedia di via Tornabuoni. Schiarimenti

dell‟avv. Cav. Pier-Matteo Bolni) nel “Fanfulla” nel 1875. Cfr. G. Farinelli, La pubblicistica nel periodo della Scapigliatura: regesto per soggetti dei giornali e delle riviste esistenti a Milano e relativi al primo ventennio dello Stato unitario: 1860-1880, Milano, IPL, 1984.

158 Pubblicato dal n. 238 [240] del 29-30 agosto 1888 al n. 339 [340] del 9-10 dicembre 1888, per 90 puntate.

159 Tra i lavori recentemente ristampati: Novelle scelte (a cura di E. Feruglio e con prefazione di A. Arslan, Padova, Il Poligrafo, 2010); La schiarnete: un racconto friulano (a cura di A. Chemello, Padova, Il Poligrafo, 2009); Voci dai campi e dai monti (a cura di M. Lirussi, Trieste, Agenzia libraria editrice, 1996).

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l‟edizione dei suoi Racconti edita da Le Monnier – e con moltissime riviste dell‟epoca, dalla “Favilla” di Trieste a varie riviste pedagogiche milanesi e genovesi, attraverso le quali riuscì a inserirsi nel dibattito culturale del tempo, la Percoto, oggi unanimemente riconosciuta quale anello di congiunzione tra Romanticismo e Verismo, si distinse per un approccio nuovo alla realtà friulana dell‟Ottocento, ottenuto mediante l‟introduzione, inedita nel sistema letterario tradizionale, del linguaggio del corpo femminile e della narrazione del quotidiano attraverso la lingua degli umili per svolgere temi attuali e scottanti. I personaggi delle sue novelle sono quasi tutti donne, di varia estrazione sociale, che vivono in una realtà quotidiana caratterizzata dalla fatica e dai pregiudizi, ma ricca anche di sentimenti profondi. Sia nella Coltrice nuziale che nella Donna di Osopo, il linguaggio limpido e scabro infatti è denso di pietà per le protagoniste, costantemente in lotta con la fame e con la miseria. Eppure, come ha recentemente sottolineato Antonia Arslan160, le novelle percotiane mantengono un netto distacco sia dal sentimentalismo patetico di tanta pubblicistica del secondo Ottocento, quanto dal tradizionale “lieto fine” che non delude le attese dei lettori.

Ciò risulta evidente nella Donna di Osopo, che deve avere sorpreso i lettori con la “lineare essenzialità”161

che avvicina la novella a una cronaca medievale, più che ai complessi intrecci dei romanzi di Achard e Zaccone che precedono e seguono il racconto nelle Appendici dell‟“Arena”. Nulla di più lontano dagli altisonanti titoli nobiliari francesi di conti e marchesi, della percotiana Rosina che affida alla vicina le ultime mele per i suoi piccoli, prima di andare alla disperata quanto vana ricerca di qualche cosa da mangiare, conclusa con un finale doppiamente tragico.

Anche il nome dello scrittore che firma i due “drammi giudiziari” nelle colonne dell‟“Arena” nel 1887 doveva con ogni probabilità risultare ben noto al pubblico dei lettori. Oscar Pio, nato a Cesena nel 1836, autore di drammi storici che riscossero successo nei teatri popolari, fu redattore della “Illustrazione italiana” di Milano, oltre che feuilletonista per molti periodici italiani. Egli viene infatti annoverato nel Dizionario

biografico degli scrittori contemporanei, edito nel 1879 da Le Monnier162, sul quale non compare invece il nome del “celebre pubblicista napoletano” Raffaele Parisi. Alberto

Merville costituisce la prosecuzione di Mercedes, la cui vicenda, ambientata in Messico, è

160 A. Arslan, Caterina e le altre, prefazione a Caterina Percoto, Novelle scelte, cit.. 161

Ibidem, p. 10.

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imperniata sull‟amore infelice e sulla terribile vendetta di una donna bellissima, tradita e oltraggiata da un ufficiale francese. Differente appare il cronotopo degli altri due romanzi sentimentali a cui abbiamo già accennato, entrambi ambientati in Italia, e in particolare a Milano negli anni ‟70-‟80 dell‟Ottocento per quanto riguarda Passioni fatali.

2.6.2.2 Le novelle italiane

Come ho già anticipato, se tra i feuilletons pubblicati nell‟“Arena” prevalgono quelli francesi, i narratori italiani detengono la netta predominanza nell‟ambito delle novelle, delle quali firmano quasi i due terzi (36, su un totale di 59). Il genere dominante è indiscutibilmente quello patetico-sentimentale, molto frequente nella pubblicistica di secondo Ottocento. La firma più ricorrente è quella di un corrispondente fiorentino, Carlo Odoardo Tosi, il quale però si presenta quasi esclusivamente attraverso lo pseudonimo “Vieri”163

. I suoi numerosi racconti, tutti pubblicati tra il 1882 e il 1883, si distinguono per i titoli brevissimi spesso costituiti dai nomi dei protagonisti che vengono talvolta accompagnati da un aggettivo qualificativo in funzione caratterizzante: Jeda164, Sposi!165,

Il primo amore166, Nena167, Angiolino biondo168, Giulia169, Mammina170, Il primo

bacio171, Il sor Paolo172, Vento scellerato173. Una simile considerazione può essere estesa alle novelle di “Moriz”174

(Eppur l‟amavo175, Armando176, Iolanda177) pubblicate nel 1889, e ad altre di autori non identificabili: Povera Ida!178 di B. e Povero Guido!179 del

Dottor Lucillo. Ricordiamo ancora che la presenza di questi racconti non preclude la coesistenza, nello stesso numero dell‟“Arena”, della puntata del feuilleton in corso di

163 Lo pseudonimo viene sciolto sul n. 280 del 10 ottobre 1882. 164 Pubblicato sul n. 99 del 12 aprile 1882.

165 Pubblicato sul n. 106 del 19 aprile 1882. 166 Pubblicato sul n. 114 del 27 aprile 1882. 167

Pubblicato sul n. 292 del 22 ottobre 1882. 168 Pubblicato sul n. 100 del 12 aprile 1883. 169 Pubblicato sul n. 113 del 25 aprile 1883. 170

Pubblicato sul n. 118 del 30 aprile 1883. 171 Pubblicato sul n. 182 del 3 luglio 1883. 172 Pubblicato sul n. 95 del 7 aprile 1882. 173 Pubblicato sul n. 63 del 6 marzo 1882. 174

Moriz Maclay. Da vari articoli presenti nell‟ “Arena”, si evince che si tratta di un corrispondente romano, il quale spesso si occupa di questioni politiche.

175 Pubblicato sul n. 42 del 11-12 febbraio 1889. 176 Pubblicato sul n. 97 del 7-8 aprile 1889. 177 Pubblicato sul n. 104 del 14-15 aprile 1889. 178

Pubblicato sul n. 198 del 20 luglio 1883. 179 Pubblicato sul n. 111 del 24 aprile 1882.

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pubblicazione anche perché, generalmente, il racconto italiano occupa una colonna nella seconda o terza pagina del quotidiano, mentre all‟episodio del romanzo viene riservata la collocazione in appendice.

Per quanto dominante, il ruolo della novella sentimentale tuttavia non risulta esclusivo nelle colonne del quotidiano scaligero: oltre alla già citata Donna di Osopo di Caterina Percoto, molto significativa appare la novella Agostino180 di Fernando Fontana, poeta e giornalista milanese.

Fontana181 era certamente una personalità nota ai contemporanei, tanto che non solo fu annoverato nel Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, ma gli venne anche dedicato un ritratto in prima pagina corredato da un lungo profilo biobibliografico182 sulla più prestigiosa rivista letteraria veronese del secondo Ottocento, “La Ronda”, nella quale viene considerato come artista legato alla Scapigliatura sia per la produzione letteraria che per la stretta collaborazione con numerosi periodici milanesi183, in particolare con la “Farfalla” di Angelo Sommaruga, una delle riviste più care agli scrittori bohémiens. Brillante giornalista nonché poeta e drammaturgo in italiano e in dialetto, è riconosciuto come “una delle figure più caratteristiche dell‟ambiente letterario milanese della fine del secolo”184. Del resto, l‟autore di Agostino fu attivo anche in area

veronese come amico e collaboratore di Dario Papa – più volte direttore dell‟“Arena” – , con il quale scrisse il saggio giornalistico New York185, oltre che come autore di alcuni versi pubblicati sull‟“Arena” nel 1883.

Agostino, ovvero La storia di un suicida (lettera ad un amico) si presenta come

un‟epistola scritta da Milano in cui l‟autore, attraverso un lungo flashback, narra la storia dell‟amico, “onesto e povero giovane dall‟aria preoccupata, dal carattere mite e dolcissimo, dai gentilissimi sentimenti”, innamorato della bella Giulietta, una povera giovane che lavora come stiratrice e viene continuamente malmenata dalla vecchia zia Geltrude, “donnaccia rozza, dedita all‟ubbriachezza e ad ogni specie di malfare”. Dopo essere riuscito a liberare la sua amata dalle grinfie della zia, Agostino la sposa e diviene un “artista” che consacra tutti i suoi quadri al volto angelico di Giulietta. L‟idillio si

180

Pubblicato dal n. 216 del 13 agosto 1874 al n. 220 del 18 agosto 1874, per 4 puntate. 181 Fernando Fontana (Milano 1850 – Lugano 1919).

182 G. Benetti, Fernando Fontana, in “La Ronda”, II (1884), 39, pp. 306-308. 183 Cfr. G. Farinelli, La pubblicistica nel periodo della Scapigliatura, cit.

184 Cfr. il capitolo dedicato a Fontana in C. Muscetta – E. Sormani (a cura di), Poesia dell‟Ottocento, Torino, Einaudi, 1968, vol. II, p. 1787.

138

spezza quando lei si ammala e muore, seguita a breve dal marito distrutto dal dolore per