2 IL ROMANZO D’APPENDICE IN TRE QUOTIDIANI POLITICI VERONESI:
2.4 Il romanzo d’appendice in Italia
2.4.3 Letteratura e giornalismo nella Milano postunitaria
Poiché non risulta possibile individuare in maniera netta le tappe dell‟affermazione del romanzo d‟appendice in Italia (e tanto meno tentare una periodizzazione corrispondente a quella operata da Jean Tortel sul feuilleton francese38), è necessario esaminare il rapporto tra letteratura e giornalismo nella “città più città d‟Italia”, per dirla con Verga: la Milano dell‟ultimo trentennio dell‟Ottocento dove, ancora prima che a Firenze e a Roma, nascono e si evolvono varie produzioni letterarie e paraletterarie che contribuiscono all‟alfabetizzazione delle masse popolari e alla differenziazione tra la figura del letterato e quella del giornalista39.
Nel capoluogo lombardo, subito dopo la proclamazione del Regno d‟Italia, entrano in scena Emilio Treves ed Edoardo Sonzogno, i due giovani editori che per lungo tempo gestiranno la produzione culturale milanese. Due anni prima, il “Pungolo” di Leone Fortis si è affermato come l‟organo di stampa più diffuso nell‟Italia settentrionale; nel 1863 viene fondato “Il Sole”, il primo giornale economico italiano, destinato “a un bell‟avvenire”, secondo il pronostico azzeccato di Dario Papa40
. In questo dinamico orizzonte culturale, Treves e Sonzogno diventano “i protagonisti attivi del rinnovamento editoriale post-risorgimentale”41 giungendo a sancire, attraverso operazioni strategiche sulla catena libro-rivista-giornale, “il successo di nuovi generi e tipi di fruizione, imponendo l‟egemonia della cultura milanese sull‟intera penisola”42
. La casa editrice Sonzogno lancia “L‟Emporio pittoresco”, “Il romanziere illustrato”, riservato esclusivamente ai romanzi, e nel 1866 il “Secolo”, che per molti anni rimane il quotidiano più diffuso in Italia grazie alla stampa di due feuilletons pubblicati alternati, ma senza
37 F. Verdinois, Profili Letterari Napoletani, Napoli, Morano, 1881, p. 76. 38
J. Tortel, Il Romanzo Popolare, cit., pp. 71-93. Cfr. il successivo paragrafo di questa tesi.
39 Sul rapporto tra tipografie e stampa periodica nelle varie province italiane dopo l‟Unità, v. anche il saggio di F. Cristiano, Industria tipografica e stampa periodica nell‟Italia unita, in “Nuovi annali della scuola speciale per archivisti e bibliotecari”, 7 (1993), pp. 379-421.
40 G. Rosa, La narrativa degli scapigliati, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 10. 41
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uscite regolari. Treves controbatte con “L‟Illustrazione popolare”, “Il giro del Mondo”, “Il giornale popolare dei viaggi” e l‟“Illustrazione Italiana” e, dopo il tentativo del “Corriere di Milano”, nel 1876 pubblica il primo numero del “Corriere della Sera”, affidato alla direzione di Eugenio Torelli Viollier, anch‟esso sin dall‟inizio fornitore di appendici francesi.
Nel panorama dell‟editoria italiana postunitaria spicca dunque il numero di periodici, biblioteche o collane di libri destinati alla varie classi sociali, in uno sforzo di alfabetizzazione collettivo e senza precedenti43. Se la casa editrice Treves si propone di fornire le letture destinate alla borghesia, Sonzogno si dedica ai nuovi ceti medi fondando la “Biblioteca del Popolo”, la “Universale”, la “Classica” e la “Romantica”. Tutte sono atte a formare una coscienza socialista e laica, ma la “Romantica” si distingue dalle altre “Biblioteche” in quanto raccoglie tutti i romanzi pubblicati in Appendice al “Secolo”, cioè tutti i feuilletons disponibili: Sue, Montépin, Féval, Richebourg, Ponson du Terrail. In particolare, la popolarità di quest‟ultimo autore emerge nella novella La gran rivale (1877) di Luigi Gualdo, in cui si dice a proposito di uno dei personaggi borghesi che “amava le donne, i cavalli prussiano-inglesi e i romanzi di Ponson du Terrail, del resto un buon diavolo”44
. Molte tipografie continueranno a stampare questi testi fino al secondo dopoguerra ma, come afferma Ghidetti, “la longevità dimostrata da questi libri è direttamente proporzionale al ritardo con il quale ha inizio l‟itinerario del romanzo popolare in Italia rispetto alla Francia”45
.
A proposito della contaminazione tra letteratura e giornalismo, Giovanni Ragone osserva:
Via via che ci si sposta più decisamente verso quelle politiche editoriali che puntano direttamente a un mercato di massa, la scena dei generi cambia, e cambia la composizione di classe dei fruitori […]. Partendo dal grosso blocco dell‟immaginario medio-basso, ci si rende conto di uno dei processi fondamentali di formazione della cultura industriale. In partenza si ha un‟opposizione “primitiva” tra generi urbani legati all‟opera e generi che orbitano intorno al canale (più colto) giornalistico. Ma con sempre maggiore intensità, durante gli anni ‟80, vengono inventate nuove formule di mediazione: l‟incorporazione dell‟immaginario romanzesco nel testo
43 Per un approfondimento specifico sulla letteratura italiana postunitaria indirizzata all‟educazione delle classi popolari, cfr. lo studio recentemente aggiornato di A. Chemello, La biblioteca del buon operaio.
Romanzi e precetti per il popolo nell‟Italia unita, Milano, Unicopli, 2009.
44
L. Gualdo, La Gran Rivale, in Id., Romanzi e novelle, a cura di C. Bo, Firenze, Sansoni, 1959, p. 8. 45 E. Ghidetti, Per una storia del romanzo popolare in Italia: i “misteri” di Toscana, cit., p. 113.
105 giornalistico, da un lato, e dall‟altro la tecnica della manipolazione degli
ambiti, e la conseguente popolarizzazione (costituzione in codice di “massa”) del gusto dei procedimenti della descrizione (che proprio da questo processo deriva un carattere parzialmente Kitsch e paternalista) come fattore fondamentale di unificazione del pubblico. […] La struttura della produzione del più grande editore milanese, Edoardo Sonzogno (che non a caso è anche editore musicale ed editore “industriale” di cataloghi commerciali e pubblicitari), conferma queste osservazioni. I due poli di partenza vengono saldati in un gioco di specchi che a partire dai generi più bassi e “popolari” (storie di omicidi, libri “pratici”, almanacchi popolari) innalza il consumo di massa immettendolo nella grande macchina narrativa, a sua volta inserita nel giornale (anche in questo caso modernizzato attraverso l‟illustrazione)46.
Come vedremo nel paragrafo successivo, la narrativa feuilletonistica francese pubblicata nei periodici italiani deve affrontare non solo la traduzione dalla lingua originale, ma anche decontestualizzazioni e altre trasformazioni più sottili che influenzano a loro volta sia la ricezione da parte dei lettori che la produzione appendicistica autoctona. Innanzitutto, l‟italiano che ritroviamo nelle traduzioni dei
feuilletons è una lingua, nelle parole di Giulio Cattaneo, “sciatta ma scorrevole, carica di
francesismi e di espressioni da libretto d‟opera”47
, benché in realtà non differisca molto dalla lingua utilizzata nei contemporanei romanzi italiani. Oltre a questa prima imprescindibile trasformazione, le appendici francesi inserite nei circuiti editoriali nostrani si caricano della realtà politica e sociale in cui vivono i lettori. È una realtà in cui l‟alto tasso di analfabetismo, la povertà, l‟arretratezza economica, uniti a un linguaggio narrativo ancora ibrido e indefinito ritardano le trasformazioni culturali in atto in Francia e in Inghilterra.
Eppure, nella letteratura italiana di metà Ottocento – si pensi all‟ode Il comunismo di Aleardo Aleardi –, in seguito alla rivoluzione parigina del ‟48 compare spesso il tema della paura del socialismo, tema che nel nostro Paese, dove lo sviluppo industriale, la nascita del proletariato urbano e la conseguente lotta di classe avvengono in ritardo rispetto alla Francia, sembra prevenire lo sviluppo storico effettivo:
si verifica insomma un effetto di dislocazione storica, per cui la curva dell‟evoluzione sovrastrutturale precede quella dell‟evoluzione strutturale; la
46 G. Ragone, La letteratura e il consumo: un profilo dei generi e dei modelli nell‟editoria italiana (1845-
1925), in A. A. Rosa (a cura di), Letteratura italiana, Einaudi, Torino, 1983, vol. II, Produzione e consumo,
pp. 730-731. 47
G. Cattaneo, Biblioteca domestica. I libri o i quasi libri degli italiani pre-moderni, Milano, Longanesi, 1983, p. 134.
106 cultura, pertanto, affronta il problema sociale e ne esamina le possibili
conseguenze, prima che esso sia effettivamente presente nella società italiana48.