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L’origine del feuilleton in Francia

2 IL ROMANZO D’APPENDICE IN TRE QUOTIDIANI POLITICI VERONESI:

2.1 L’origine del feuilleton in Francia

È noto che il romanzo d‟appendice deriva il suo nome dalla sezione della pagina di giornale in cui, nel corso del XIX secolo e fino agli inizi del XX, vengono pubblicate a puntate opere di carattere narrativo. Ogni puntata numerata in ordine progressivo costituisce dunque un‟appendice, termine che, per estensione, giunge in seguito a indicare l‟intero romanzo, traducendo in tal modo il francese roman-feuilleton – o più semplicemente, feuilleton. Feuillet indica infatti, in un quaderno o in un libro, “ciascuna parte di un foglio di carta piegata in modo da formare due pagine”1

. Il romanzo d‟appendice dunque nasce come romanzo popolare e ibrido, dal momento che condivide le caratteristiche sia del libro, avendo una lunghezza e una struttura particolari, sia del giornale, che gli impone il taglio a puntate e l‟attenzione a un determinato pubblico di lettori.

Tale tipologia narrativa viene annoverata nei manuali scolastici di letteratura francese quale genere letterario derivato dal romanzo storico, e anche le storie della letteratura inglese tra cui quella di Mario Praz trattano il romanzo a puntate, reso celebre da Dickens e strettamente connesso al feuilleton. Al contrario, nelle storie della letteratura italiana non vi è quasi traccia del romanzo d‟appendice, in primo luogo in quanto si tratta di un genere d‟importazione, ma anche perché solo nell‟ultimo trentennio del Novecento i critici italiani hanno studiato gli scrittori italiani che hanno coltivato questo genere conferendogli dignità letteraria. Va precisato tuttavia che oggi la critica italiana si occupa del romanzo d‟appendice non in quanto evoluzione del romanzo tradizionalmente inteso, ma come riflesso della storia delle idee e del costume in quel periodo di grandi trasformazioni sociologiche e psicologiche che è il XIX secolo.

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L‟origine del feuilleton risale al lontano 1800, quando l‟otto Pluvioso dell‟anno VIII, in pieno Direttorio, viene autorizzata la pubblicazione del “Feuilleton du Journal des Débats” di Geoffroy, un supplemento di quattro pagine aggiunto all‟edizione in-folio del giornale, e consacrato alla critica letteraria; si tratta, inizialmente, di uno strumento per bandire l‟argomento politico, incoraggiando la discussione di notizie innocue. A partire dagli anni Trenta in questo rez-de-chaussée del giornale la critica letteraria viene progressivamente sostituita da racconti di viaggi, novelle, e talvolta romanzi.

È opportuno ricordare che il romanzo a puntate – non connesso ai giornali – era già nato negli anni Venti del XIX secolo in Inghilterra, dove manifestava esigenze di rinnovamento sociale e spesso si avvaleva di procedimenti drammatici, come testimoniano ad esempio i Pickwick Papers (1836) di Charles Dickens. L‟idea di pubblicare romanzi a puntate nei giornali, invece, viene concepita per la prima volta da Émile de Girardin e Armand Dutacq, direttori di due testate rivali, rispettivamente “La Presse” e “Le Droit”, nate lo stesso giorno, entrambe le quali alla pubblicazione abbinano un feuilleton, fin dal primo numero del 1 luglio 1836. Il successo è immediato perché la scelta di riservare la quarta pagina alle inserzioni pubblicitarie – come già faceva il “Times” inglese – consente la vendita delle riviste a un prezzo molto competitivo: l‟abbonamento costa quaranta franchi, invece degli ottanta franchi dei maggiori periodici in circolazione, i quali, di conseguenza, già a partire dall‟agosto dello stesso anno intraprendono la pubblicazione di romanzi d‟appendice. In questo modo inizia una guerra commerciale che dura circa un decennio e che segna il momento d‟oro del feuilleton, nato dunque dalla fusione della spinta falsamente culturale con quella autenticamente commerciale.

Il primo feuilleton importante, benché costituito di sole dodici puntate, è La

zitella. Scene della vita di provincia di Balzac, pubblicato sulla “Presse” a partire dal 23

ottobre 1836. Per il suo nuovo giornale, Girardin si assicura la collaborazione di personalità illustri del mondo letterario tra le quali anche Hugo, Lamartine, Tocqueville. I giornali francesi tradizionali, come il “Journal des Débats” e il “Constitutionnel”, accolgono nelle loro appendici solo scrittori di chiara fama, pur nella diversità delle scelte editoriali: ad esempio, il “Siècle” privilegia le traduzioni di romanzi stranieri (inglesi, tedeschi, spagnoli, svedesi) e talvolta francesi, purché già pubblicati altrove, mentre la “Presse” accorda la preferenza alla letteratura straniera, in particolare americana,

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pubblicando tra gli altri La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe2, e selezionando in ogni caso romanzi di valore letterario superiore rispetto a quelli del “Siècle”.

Yvonne Knibiehler e Roger Ripoll3 hanno osservato che, in questo periodo iniziale, i due periodici non si propongono ancora di conquistare il pubblico attraverso il

feuilleton, la cui fisionomia non ha peraltro caratteri ben definiti, a parte un vago sfondo

storico. Soltanto un decennio più tardi la struttura interna e la veste tipografica del

feuilleton vengono fissate da criteri canonici, grazie alla nascita della Bibliothèque des Romans Nouveaux del “Constitutionnel”, che a partire dal 17 maggio 1846 pubblica

mediamente venticinque romanzi d‟appendice ogni mese. Pochi anni dopo, intorno al 1850, ha inizio la parabola discendente di questo genere narrativo, che torna ad essere sostituito – proprio come alla sua origine – da racconti di viaggio, biografie, monografie di carattere storico, e che ormai viene accusato sempre più frequentemente di fomentare le idee socialiste – ciò vale soprattutto per i romanzi di Sue – cercando effetti facili e abbassando, di conseguenza, la qualità letteraria, quando la legge Riancey (1850), che sarà soppressa due anni dopo la sua promulgazione, impone una tassa di 5 centesimi a ogni giornale che pubblichi un‟appendice. Il suo effetto però è relativo4

– contrariamente a quanto sostiene tradizionalmente la critica – poiché il bollo non impedisce ai grandi giornali di continuare a pubblicare regolarmente i feuilletons, che ormai hanno non solo favorito la riduzione del prezzo dell‟abbonamento, ma anche avvicinato il pubblico al giornale triplicando tra il 1836 e il 1850 il numero degli abbonati. Come scriveva un critico, Girardin “ha fatto una cosa che richiederà un rigo nella storia e che avrà serie conseguenze sull‟avvenire del governo rappresentante della Francia: ha rivoluzionato il giornalismo. Ha sconvolto non soltanto la stampa politica, ma anche la libreria, la letteratura. Si tratta di un effetto immenso prodotto da un piccolo pensiero: la

speculazione”5.

2 Questo romanzo era stato pubblicato a puntate per la prima volta in un giornale di Washington di impronta abolizionista, il “National Era”, tra il 1851 e il 1852.

3 Yvonne Knibiehler-Roger Ripoll, Les premiers pas du Feuilleton: Chronique Historique, Nouvelle,

Roman, in “Europe, Le Roman Feuilleton”, Juin 1974, pp. 7-19.

4 Cfr. L. Queffélec, Le roman-feuilleton français au XIXe siècle , Paris, Presses Universitaires de France,

1989, p. 37. 5

Citato in A. Bianchini, La luce a gas e il feuilleton: due invenzioni dell‟Ottocento, Napoli, Liguori, 1988, p. 19.

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In effetti, in Francia così come nei Paesi europei in cui viene importato, Italia compresa, il romanzo d‟appendice conosce una fortuna vastissima che attraversa senza difficoltà tutti gli strati della popolazione dalla classe dirigente ai proletari: nel 1843 a rimanere sconvolti per la morte di Louve, uno dei personaggi principali dei Misteri di

Parigi di Sue, non sono soltanto il Presidente del Consiglio e il ministro Duchâtel, ma

anche contesse, banchieri, proletari, elemosinieri. “I giorni in cui mancava il feuilleton, su Parigi gravava come una depressione intellettuale” 6

, scrive un testimone della vita parigina ottocentesca.

Gli antecedenti del feuilleton sono stati individuati dalla critica nei tales of terror, i romanzi neri inglesi di cui Il castello di Otranto (1764) di Horace Walpole costituisce il capostipite, insieme al Monaco (1796) di M. G. Lewis e ai romanzi di Mrs. Radcliffe che, a fine Settecento, assegnano al protagonista la fisionomia del ribelle, mentre le vicende sono generalmente ambientate nei Paesi in cui risuona ancora l‟eco dei misfatti dell‟Inquisizione, ossia la Spagna e l‟Italia. È da questa congerie di romanzi, in cui l‟elemento nero e quello erotico si presentano sapientemente fusi, che traggono origine il

Frankestein (1818) di Mary Shelley o le vicende della manzoniana Monaca di Monza.

Tra i più noti autori francesi di feuilleton ricordiamo Frédéric Soulié, l‟autore delle

Memorie del diavolo, il romanzo nero che, contestualizzato nel clima politico francese

contemporaneo, dipinge il primo quadro coerente della società francese; Dumas padre, che diventa appendicista nel 1844 con I tre moschettieri, e il celeberrimo Eugène Sue, i cui Misteri di Parigi (1843), veicolando tesi e istanze sociali, inaugurano la fortunata serie dei Misteri di tutte le maggiori città europee. E ancora, oltre a Balzac e a George Sand, che Angela Bianchini definisce “feuilletonisti riluttanti” – dato il loro cedimento alla moda dell‟appendice per lucro, o semplicemente per vena narrativa –, Paul Féval, inviato dal direttore del “Courrier Français” nel 1844 a Londra, a scrivere I misteri di

Londra, esemplato curiosamente su una pubblicazione inglese illustrata, The Misteries of London, per controbattere il successo di Sue.

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Charles Simond, La vie parisienne à travers le XIXe siècle, Paris de 1800 à 1900 d‟après les estampes e le

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