2 IL ROMANZO D’APPENDICE IN TRE QUOTIDIANI POLITICI VERONESI:
2.5 L’evoluzione del feuilleton francese
2.5.4 Il feuilleton durante la Terza Repubblica (1875-1914)
La terza e ultima fase del feuilleton si caratterizza da un lato per l‟apice della sua diffusione, poiché durante la Terza Repubblica i giornali parigini e di provincia stampano ogni giorno due o tre appendici; dall‟altro, per la concorrenza di nuovi mezzi di comunicazione di massa (edizioni popolari, romanzi fotografici) che provoca la perdita del ruolo specifico del romanzo d‟appendice, il quale diventerà a fine secolo una moda fra le altre, e dunque come le altre sarà preceduta da campagne pubblicitarie e da presentazioni retoriche estremamente codificate simili a quelle riutilizzate nei quotidiani politici di Verona.
Tra il 1875 e il 1900 si registra la netta prevalenza del romanzo a tendenza sentimentale, imperniato sulla figura della vittima e completamente privo di quella dell‟eroe, mentre a partire dal 1900 torneranno al contrario in voga il genere fantastico, fantascientifico, poliziesco e storico, e con essi i personaggi eroici. Nell‟ultimo quarto di secolo i feuilletonisti più popolari sono Xavier de Montépin e Jules Mary85, entrambi segnati dall‟attraversamento di molteplici generi narrativi e dall‟influenza del naturalismo, ma più popolare il primo, apprezzato invece anche negli ambienti letterari il secondo.
Il genere dominante, come accennato sopra, è quello di costume: nuove frange popolari accedono alla lettura dei giornali, quindi anche la rappresentazione romanzesca degli umili si rinnova con l‟ingresso in scena del popolo operaio che pone fine all‟esclusività della presenza di ladri e mendicanti. Il tema politico viene introdotto con estrema cautela attraverso figure di borghesi e alti ufficiali, mentre una funzione rilevante è assegnata alla magistratura secondo un‟ossessione parossistica e tipicamente borghese per tutto quanto costituisca una minaccia all‟ordine. Lo stile è spesso patetico in quanto
85 Jules Mary (Launois-sur-Vence 1851 – Paris 1922), da non confondere con il feuilletonista Joseph Méry (1798-1866). Amico di Rimbaud, dopo una vita sregolata trascorsa a Parigi, scrisse i suoi romanzi soprattutto per il “Petit Moniteur”, raggiungendo un successo che gli guadagnò l‟appellativo di “Alexandre Dumas moderne” e “roi des feuilletonnistes”. Tra i suoi romanzi, ricordiamo La Fiancée de Jean-Claude (1880) e Les Amours parisiennes (1886).
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tale narrativa, non avendo più come protagonista una figura eroica ma al contrario una vittima che subisce l‟azione, e fondandosi sui concetti di lavoro, di famiglia e di patria, mira a suscitare la compassione dei lettori attirandosi in questo senso l‟etichetta di romanzo sentimentale.
Montépin e Mary scrivono anche qualche romanzo poliziesco, il cui rappresentante più insigne rimane però Boisgobey. Il romanzo storico non subisce significative innovazioni (rimane l‟ambientazione coloniale, mentre si inseriscono i riferimenti alle nuove scoperte scientifiche), e perciò si continuano a stampare i successi di Dumas padre, Féval, Sue, Soulié, Achard e Saunière.
Del resto, in questi anni, la popolazione francese attraversa un periodo denso di contraddizioni in cui le speranze nel progresso materiale e sociale, simboleggiate dalla Torre Eiffel e dall‟Esposizione Universale di Parigi, si alternano agli scandali – si pensi all‟Affare Dreyfus e allo scandalo del Canale di Panama. Ancora, è l‟epoca dipinta da Zola con la sua ottimistica fiducia nella scienza, mentre tale epoca appare quasi avvelenata dagli scrittori minori che condannano le idee zoliane. In questo gigantesco “culto della merce”86
, come Walter Benjamin definisce la Parigi ottocentesca, la legge del mercato trasforma la natura in fotografia, l‟architettura in costruzione tecnica, e la letteratura in feuilleton.
In seguito alla vendita del giornale anche a numero, e non più solo in abbonamento, nasce inoltre una sorta di contaminazione tra il fait divers, il fatto di cronaca strano ed eccezionale, e il romanzo d‟appendice, secondo un fenomeno molto importante che segnerà anche l‟Italia postunitaria. Se ai tempi di Sue si cercavano le origini della condizione sociale, ora si racconta invece la stranezza della condizione stessa. Tutto viene dunque proiettato sul presente, in una crescente accelerazione che si ripercuote sulla durata del feuilleton, ora limitata a due o tre mesi e ben lontana dai tour
de force di qualche decennio prima. In Italia, e in particolare a Verona, la situazione
appare ben diversa: mancando affaires di portata internazionale, si riversa nei romanzi d‟appendice l‟eco dei processi più clamorosi i cui atti spesso occupano intere pagine sia dell‟“Arena” che dell‟“Adige”, insieme ad altri scandali di ambito politico. Come osserva Ragone, probabilmente questa scelta esprime uno scarico di responsabilità del ceto politico radicale, che risarcisce il lettore (socialmente subalterno) attraverso il romanzo
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d‟appendice nel quale può proiettare le proprie frustrazioni. A differenza dei grandi giornali francesi, i due maggiori fogli politici veronesi continuano fino a fine secolo a pubblicare anche romanzi di durata quasi annuale, oltre che bi- o trimestrale.
Mentre nel feuilleton romantico-sociale, secondo le accuse di certa critica contemporanea che lo considera una risultanza della rivoluzione del 1848, “tutte le donne sono adultere, tutti gli uomini vili e feroci, [in] un incredibile accumularsi di delitti possibili e impossibili, di orrori inverosimili, di depravazioni senza nome”87, il romanzo borghese successivo al 1870 dipinge un‟immagine del mondo che capovolge la visione precedente. Pur tormentata dagli scandali, la Francia di fine secolo spera in un mondo migliore rispecchiandosi nel frattempo nelle appendici in cui agiscono classi conservatrici e reazionarie, ufficiali, giudici onesti, padroni modello, in un‟atmosfera tinta di antisemitismo. Il denaro assurge in questi romanzi a elemento moralizzante per le classi che sono in grado di utilizzarlo a buon fine, mentre viceversa la povertà appare spesso immorale o fautrice di immoralità. È la nostalgia dei valori perduti, nuovamente minacciati dall‟esperienza della Comune, a indurre la borghesia a compiacersi di vedersi, nei feuilletons, minacciata da forze nemiche, spesso ebrei, sovversivi o emarginati, ma sempre trionfante. La percezione di un pericolo in costante agguato è del resto alimentata dalla stessa struttura romanzesca, in cui si susseguono senza tregua scambi di persone, di ruoli, di ambienti, creando l‟impressione che la solidità borghese riceva continui attacchi. Si tratta di una società, nelle parole di Italo Calvino, “avida di conoscersi e di descriversi”88
, sia pure nei romanzi popolari la cui lingua e tenuta stilistica quasi sempre assai dignitosa – a differenza dei romanzi popolari italiani – permette che in Francia la paraletteratura possa talvolta confondersi con la letteratura.
È opportuno ricordare che anche quando mette in scena operai, cocottes, amanti, bigami, attrici, assassini e portatrici di pane, il romanzo non è mai opera di scrittori popolari – gli autori più letti provengono anzi da famiglie della borghesia reazionaria – né mai si configura come espressione spontanea della collettività. La qualifica di popolare viene infatti concessa solo a libri davvero diffusissimi, come i già ricordati Misteri di
Parigi e il ciclo di Rocambole. Inoltre, “tranne rare eccezioni – ricorda Yves Olivier-
Martin – il romanzo popolare non predica la rivoluzione sociale. E tuttavia esso si
87 M. Dubourg, Image de la bourgeoisie et idéologie bourgeoise, in “Europe, Le Roman Feuilleton”, Juin 1974, p. 81.
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considera il riflesso coscienzioso e imparziale delle preoccupazioni, delle miserie e delle aspirazioni delle classi popolari”89
. Come osserva giustamente Enrico Ghidetti90, Olivier- Martin appare eccessivamente ottimista nell‟affermare che le istanze sociali avanzate nel
feuilleton condussero verso la fine dell‟Ottocento ai primi tentativi di una giustizia
sociale: a smentirlo è l‟ininterrotta fortuna del romanzo d‟appendice fino al primo decennio del XX secolo.