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Gli scrittori veronesi e la Scapigliatura milanese

1 INTRODUZIONE

1.2 La Verona di fine secolo

1.2.4 Gli scrittori veronesi e la Scapigliatura milanese

I poeti e i romanzieri veronesi attivi nel giornalismo scaligero che, per ragioni politiche o di carattere professionale, soggiornano a Milano, hanno l‟opportunità di entrare in contatto con i maggiori rappresentanti della Scapigliatura, tra i quali Igino Ugo Tarchetti, Emilio Praga, Arrigo Boito. Da questo sodalizio umano e culturale nascono nuovi stimoli professionali51 – che vengono trasmessi anche ai colleghi rimasti a Verona – e profondi rapporti d‟amicizia testimoniati dagli epistolari conservati presso la Biblioteca Civica della città52.

Mi sembra opportuno soffermarmi sui due autori che entrano in più stretto e duraturo contatto con gli scrittori scapigliati: Gaetano Patuzzi e Vittorio Betteloni, precisando tuttavia che nessuno dei due sposa in toto la poetica scapigliata, ma parte della produzione letteraria di entrambi – soprattutto quella di Betteloni – manifesta ascendenze

bohémiennes. Se Patuzzi, costantemente alla ricerca di un proprio tratto distintivo ma

50 C. Gallo, La penna e la spada, cit., p. 18.

51 Cfr. il regesto degli interventi pubblicati dai maggiori scrittori veronesi nei periodici milanesi e quello delle recensioni di cui sono oggetti negli stessi (Appendici A4 e A5).

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troppo incline a seguire le mode letterarie, non riesce a guadagnarsi un ruolo di rilievo nella letteratura contemporanea, diverso è il caso di Betteloni che traendo spunti da varie correnti culturali cerca di concepire una poetica originale trovando una collocazione, seppure non di primo piano, nel panorama letterario nazionale.

1.2.4.1 Gaetano Leone Patuzzi

L‟autore scaligero che vive nel capoluogo lombardo per più lungo tempo – dal ‟60 al ‟71 – è Gaetano Patuzzi53

, costretto a lasciare la città natale per la sua adesione agli ideali risorgimentali. A Milano, Patuzzi lavora come impiegato contabile negli uffici della Società Francese che gestisce le ferrovie del Lombardo-Veneto. Dopo un iniziale periodo di estraneità all‟ambiente culturale meneghino, a partire dal febbraio ‟63 inizia a collaborare con alcune riviste54 grazie alle quali entra in contatto con i più autorevoli letterati contemporanei fungendo dunque da tramite con gli amici rimasti a Verona, che lo scrittore aiuterà trovando l‟opportunità di pubblicare i loro scritti. Nel corso del soggiorno milanese, il nome di Patuzzi diventa celebre anche grazie alla collaborazione con le principali riviste contemporanee 55 come “L‟Alleanza”, “L‟Emporio Pittoresco”, la “Gazzetta di Milano”, “L‟Illustrazione popolare”, “L‟Illustrazione universale”, “Il Secolo”, la “Strenna italiana”, mentre dopo il ‟71 i suoi lavori vengono stampati in periodici quali il “Fanfulla della Domenica”, la “Gazzetta letteraria”, l‟“Illustrazione italiana”, “Il Monitore della moda”, la “Perseveranza”, la “Rivista minima”. Lo scrittore veronese risulta inoltre oggetto di numerose recensioni nelle stesse riviste, oltre che nella “Cronaca grigia”, nel “Pungolo”, nel “Figaro” e nel “Corriere della Sera”. Nell‟Almanacco della “Nuova Italia” viene pubblicato anche un suo profilo biografico.

Accolto con simpatia e rispetto nel salotto della contessa Maffei, Patuzzi viene presentato al dottor Giuseppe Ganz, direttore del collegio Calchi-Taeggi, di cui viene nominato prefetto nel luglio dello stesso anno, mentre nel ‟68 diventa professore di italiano, incarico che manterrà fino alla partenza da Milano. Nella città lombarda, Patuzzi

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Per ulteriori ragguagli biografici e per l‟attività di Patuzzi a Verona, v. § 2.6.2.1. Cfr. anche E. Luciani, voce Patuzzi Gaetano Lionello, in G. F. Viviani (a cura di), Dizionario biografico dei Veronesi, cit., vol. 2, p. 621.

54 Cfr. Appendice A.

55 Cfr. G. Farinelli, La pubblicistica nel periodo della Scapigliatura: regesto per soggetti dei giornali e

delle riviste esistenti a Milano e relativi al primo ventennio dello Stato unitario: 1860-1880, Milano, IPL,

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conosce Emilio Praga, Arrigo Boito, Ugo Tarchetti, Salvatore Farina e Bernardo Zendrini, con i quali intratterrà cordiali rapporti anche dopo il ritorno a Verona. Il carteggio conservato presso la Biblioteca veronese comprende numerose lettere e cartoline postali inviate a Patuzzi dagli amici milanesi, primi fra tutti Arrigo Boito, Igino Ugo Tarchetti, Ferdinando Fontana, Salvatore Farina, Angelo Sommaruga56. Ecco che cosa scrive Bernardo Zendrini:

Godo infinitamente che tu abbia raggiunto il tuo scopo così vivremo vicini e ci vedremo più spesso. […] Alla Maffei non ho mandato che un saggio del libro, tempo fa. Il libro non ti mando perché v‟è tartassato troppo suo marito. Ricordami a lei e anche a Praga e a Boito57.

In una successiva lettera, Zendrini rievoca l‟ambiente scapigliato milanese frequentato insieme a Patuzzi:

A Milano ho passato una quindicina di giorni deliziosi fra vecchi e nuovi amici. Ho parlato una volta alla simpatica signora Appia e col tramite di lei mi sia trovato parecchie sere in galleria e s‟è parlato molto di te e del povero Tarchetti. […] Ho riveduto la Maffei, anzi ho terminato l‟anno nelle sue sale; ho riveduto Praga che m‟ha letto alcune liriche nuove: s‟è corretto un po‟ da quelle sue stravaganze, ma torna con troppa insistenza forse sui vecchi temi: il focolare, Boito, il suo bambino. Ho parlato a Camerini, a Treves e al vecchio Maggi, che, a sentirlo, va matto per le cose serie. E tu come ti trovi a Verona? hai trovato compensi a quanto Milano ti offriva di caro e geniale? Vedrai, m‟immagino spesso il nostro Vittorio [Betteloni]: è vero che egli prende moglie? Mi dicono che in una rivista napoletana, Imbriani dà una grande pettinata a Zanella: l‟hai letta? Peccato che non valga il suo ricco ingegno che a negare e demolire. E con il suo libro sul Faust ha dato ai nostri demoliti ottima compagnia. Da Milano ho portato molti libri nuovi, tra i quali i Rossi e i

Neri di Barrili. C‟è delle belle pagine e delle buone considerazioni, ma Genova

è città troppo piccola per poter vedersi attorno la trama di un romanzo dal gusto dell‟Ebreo errante e dei Misteri di Parigi. I rossi e i neri! Colori che ormai si perdono e si sbiadiscono nel monotono bigio della vita moderna. Nel romanzo di Barrili i Rossi e i Neri lasciano il tempo che trovano: l‟intento sociale manca di base e non è compensato da ricchezza di poesia e di pensieri58.

Nonostante nel carteggio di Patuzzi non compaia alcuna missiva da parte di Emilio Praga, il rapporto di amicizia con il poeta scapigliato è più volte citato nelle lettere

56 Mi limito ora a selezionare i nomi che ricorrono più frequentemente nei periodici scaligeri, riportando in Appendice A2 il completo e lungo elenco dei corrispondenti.

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Lettera di Zendrini a Patuzzi (Padova, 3 dicembre 1871). 58 Lettera di Zendrini a Patuzzi (Padova, 19 gennaio 1872).

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di altri corrispondenti, ad esempio quelle con cui Vincenzo Riccardi chiede a Patuzzi di consegnare per suo conto alcuni volumi a Praga59, o di salutare da parte sua “gli amici e in ispecial modo Boito, Praga e Airaghi”60

, o ancora chiede notizie degli amici scapigliati (“Che fa Praga? E Boito continua a martellare i perseveranti?”)61

. L‟epistolario contiene invece sei lettere di Arrigo Boito62

(in realtà una è indirizzata alla vedova di Patuzzi nel terzo anniversario della morte dello scrittore veronese) e altrettante di Tarchetti, queste ultime inviate tra il ‟66 e il ‟69. Le missive scritte dall‟autore del Mefistofele rivelano un profondo rapporto di amicizia testimoniato, oltre che dall‟uso del tu colloquiale, dagli argomenti di discussione sia letterari che di svago (ad esempio un soggiorno a Bosco Chiesanuova) e dall‟affettuosa affermazione di Boito secondo cui Patuzzi è “fra i più vecchi amici ch‟io m‟abbia e tieni perciò un posto d‟elezione nella mia memoria e ne‟ miei affetti”63

.

Un legame d‟affetto ancora più solido appare quello tra Patuzzi e Tarchetti, il quale non esita a rimproverare ripetutamente all‟amico il ritardo con cui risponde alle sue lettere chiamandolo “biricchino”64

e ricordandogli:

Pensa com‟io fui e sono sempre innamorato di te, talché se fossi una donna le tue amanti ne diventerebbero furiosamente gelose.

Tu sai il bene che ti volli e voglio e t‟incocci a non iscrivermi!65

Anche il rapporto con Farina – documentato da ben ventitré fra lettere e cartoline postali inviate tra il 1866 e il 1885 – comprende argomenti di carattere privato, come la richiesta di ospitalità a Verona, oltre a numerose notazioni di carattere letterario, osservazioni critiche e accordi riguardanti i lavori in corso di pubblicazione, che invece diventano il contenuto pressoché esclusivo delle corrispondenze epistolari con Fontana e Sommaruga66.

59 Lettera di Riccardi a Patuzzi (Lecce, 7 agosto 1865). 60 Lettera di Riccardi a Patuzzi (Lecce, 18 dicembre 1865). 61

Lettera di Riccardi a Patuzzi (Lecce, 2 aprile 1866).

62 Le missive del compositore padovano pongono un problema di datazione, perché Boito segue la consuetudine di non indicare l‟anno in cui scrive, ma solo il mese e il giorno (e talvolta il luogo).

63 Lettera di Arrigo Boito a Patuzzi del 2 agosto. 64

Lettera di Tarchetti a Patuzzi del 23 maggio 1869. 65 Ivi.

66 È interessante notare come il ruolo di Sommaruga nella realtà editoriale della fin de siècle venga sottolineato nell‟articolo firmato da I...D...S..., In libreria, pubblicato nella “Nuova Arena” in prima pagina (n. 79 del 1884): “Tre anni or sono, i Fr. Treves e il Brigola di Milano, lo Zanichelli di Bologna e Casanova di Torino, potevansi quasi dire i soli editori in Italia che ci dessero dai tre ai quattro volumi di scrittori italiani; e tali volumi si aspettavano con ansia, ed apparivano come raggio di sole tra la sciagurata congerie

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In realtà, le tre lettere inviate a Patuzzi dall‟“Angiolino” sono tutte spedite tra l‟ottobre ‟82 e il maggio ‟83, quando cioè Sommaruga si trova a Roma a dirigere la “Cronaca Bizantina” (1881-85), il quindicinale considerato

espressione di una fase di trapasso della nostra cultura letteraria, in cui sono già presente in nuce alcuni caratteri della letteratura e della cultura dei decenni successivi: quali la scarsa e superficiale penetrazione del positivismo nella cultura italiana, i limiti dell‟esperienza verista, il particolare sviluppo che il decadentismo ebbe nel nostro paese, i primi segni della crescente importanza dell‟organizzazione editoriale nei rapporti fra scrittore e pubblico67

.

Le missive inviate da Sommaruga concernono la pubblicazione di alcuni volumi (tra cui la raccolta di novelle Perché, edita nell‟83), ma non contengono traccia di un‟eventuale collaborazione con il periodico romano, a differenza delle lettere scritte da Farina in cui il direttore della “Rivista Minima” (di cui egli è a capo tra il ‟79 e l‟83) sollecita lo scrittore veronese ad inviargli novelle e recensioni bibliografiche, invito che Patuzzi accetta di buon grado. Se si pensa che il periodico fondato da Antonio Ghislanzoni è “portavoce della corrente più moderata e conservatrice”68

che auspica addirittura la nascita di una letteratura italiana esente da influenze straniere, appare evidente come Gaetano Patuzzi non segua un orientamento letterario esplicitamente scapigliato – la sua poesia riceve tra l‟altro l‟apprezzamento da parte di Aleardi –, ma

di traduzioni francesi edite dal Sonzogno. Ma tali editori come molto bene facevano alla patria letteratura nel curare la stampa di opere italiane, altrettanto male facevano nel non incoraggiare i giovani scrittori, gli autori nuovi; nel non accettare la stampa di scrittori che non fossero omai noti ai cultori della letteratura. [...] Nel 1881 un nuovo astro sorge nel firmamento degli editori, un astro che riparerà al male finora fatto. Il Sommaruga nel 1881 fonda a Roma la Cronaca Bizantina, si accaparra la collaborazione degli scrittori in voga, ma nello stesso tempo apre le colonne del giornale ad autori giovani, avidi di lanciarsi nel campo letterario, fino allora loro inesorabilmente chiuso dalla speculazione degli stampatori. Si fa editore, a poco a poco stampa volumi con rara eleganza, con copertine figurate, con fregi bizantini da far svenir di gioia qualche bibliomane, ne cura la pubblicità, e in breve tempo diviene la calamita che attrae tutti gli scrittori italiani alla capitale. Il Panzacchi, il Nencioni, il Carducci, il Guerrini, disertano dallo Zanichelli, il Faldella dal Casanova; il Barrili, il Castelnuovo, il Verga, e perfino il fido De-Amicis abbandonano i F.lli Treves, il fido De-Amicis, di cui questi ultimi hanno stampate, ristampate ed illustrate tutte le opere; sarebbe proprio il caso loro di esclamare: etiam tu, Brute, fili mi! Tutto assorbe il Sommaruga e trasforma in libri uno più attraente dell'altro, che non più cola pigrizia degli altri editori; ma ogni quindici giorni, ogni settimana riversa in gran copia, con febbrile attività nelle vetrine dei librai. Il buono del Sommaruga è che accanto ai vecchi scrittori, mette autori nuovi, gli incoraggia, pone in mostra; questi pieni di speranza lavorano, lavorano, e se le prime prove qualche volta non sono riuscite, spalleggiati dell'editore non si perdono di animo; ma proseguono la via e raggiungono la sospirata meta. Certamente, a mio giudizio, senza il Sommaruga ora non leggeremmo con piacere tanti scritti di autori nuovi, per esso saliti in fama”.

67 A. Storti Abate, “Cronaca Bizantina”. Angelo Sommaruga precorritore della moderna industria

culturale, in AA.VV., Letteratura e società, Palermo, Palumbo, 1980, vol. 2, p. 475.

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aspiri probabilmente a inserirsi nel dibattito culturale contemporaneo garantendosi parallelamente una stabile situazione economica.

Già all‟inizio del Novecento, Gioachino Brognoligo aveva evidenziato come l‟elemento bohémien nella produzione letteraria di Patuzzi apparisse estemporaneo e contingente, vincolato al soggiorno milanese e di conseguenza incapace di orientare i lavori successivi69:

la borghese occupazione d‟insegnante, che continuò nell‟Istituto Tecnico di Verona quando poté ritornare in questa città, non gli impedì di accostarsi con la scapigliatura, stringendo particolarmente amicizia col Boito: quel che ne derivò, è sensibile non tanto nelle prose quanto nei versi del Patuzzi; si può inoltre pensare che lo studio da lui dato alle scienze occulte sia una risoluzione, spontanea e logica in chi aveva anche dato orecchio al positivismo e si dichiarava “molto innamorato della scienza” benché “nello stesso tempo molto ignorante”, di quell‟insoddisfatto senso del mistero che gli doveva essere stato attaccato da alcuni degli scapigliati; fatto è che all‟occultismo egli si accostò con intenzioni di critico, non di fedele, tanto da condannare lo spiritismo come moderna forma di superstizione […]70

.

Nonostante esuli dalle relazioni con la Bohème milanese, mi sembra utile infine segnalare che il professore veronese è destinatario di nove lettere scritte da Giosuè Carducci tra il ‟75 e l‟86, a testimonianza della celebrità e del prestigio mantenuto anche in seguito al ritorno a Verona71. Attorno alla casa di Patuzzi a Verona, infatti, si raduna un circolo letterario che raccoglie, tra gli altri, Vittorio Betteloni, Giuseppe Fraccaroli,

69 Il nome di Patuzzi, seppur presente in vari testi di letteratura italiana, (A. De Gubernatis, Dizionario

biografico degli scrittori contemporanei, Firenze, Le Monnier, 1879, p. 79; T. Rovito, Dizionario dei Letterati e Giornalisti contemporanei. Parte prima, Napoli, Melfi & Joele, 1907, p. 192; G. Mazzoni, Storia letteraria d‟Italia. L‟Ottocento, vol. 2, Milano, Vallardi, 1913, p. 1302; B. Croce, La Letteratura della Nuova Italia. Saggi critici, vol. 5, Bari, Laterza, 1957, pp. 112-113; G. Prezzolini, Repertorio bibliografico della Storia e della Critica della Letteratura italiana dal 1902 al 1932, vol. 2, Roma, Edizioni

Roma, 1937-1939, p. 744; E. Cecchi e N. Sapegno (a cura di), Storia della Letteratura italiana, vol. 8,

Dall‟Ottocento al Novecento, Milano, Garzanti, 1968, pp. 538-545; C. Muscetta (a cura di), Letteratura italiana. Storia e testi, vol. 8, Il Secondo Ottocento, t. 2, Bari, Laterza, 1975, pp. 398-399 e 402) non

compare nei manuali dedicati alla Scapigliatura (con l‟eccezione del regesto di G. Farinelli, La pubblicistica

nel periodo della Scapigliatura, cit., p. 1498).

70 G. Brognoligo, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del secolo XIX. La cultura

veneta, in “La Critica. Rivista di letteratura, storia e filosofia”, XXIV (1926), III, p. 164.

71

Gli autografi delle lettere di Carducci a Patuzzi, inizialmente in possesso della vedova, risultano essere in seguito state donate alla Biblioteca Civica di Verona, come è indicato nei volumi dell‟Edizione Nazionale che ne contengono la trascrizione. In realtà è stato appurato che tale materiale non è mai pervenuto alla Biblioteca veronese, e pertanto risulta irreperibile. La trascrizione delle nove lettere di Carducci e una parte del regesto di quelle di Patuzzi sono leggibili in A. Brambilla (a cura di), Carducci – gli amici veronesi

(Vittorio Betteloni, Gaetano Lionello Patuzzi, Giuseppe Biadego, Giuseppe Fraccaroli). Carteggi (ottobre 1875 – dicembre 1906), Modena, Mucchi, 2005, pp. 157-174.

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Giuseppe Biadego, Carlo Faccioli, Girolamo Rovetta, e anche il Carducci nei periodi in cui si trova nella città scaligera.

1.2.4.2 Vittorio Betteloni

Benché non sia protagonista di un soggiorno duraturo nel capoluogo lombardo come quello dell‟amico Patuzzi, Vittorio Betteloni72

entra in contatto con la Bohème milanese grazie sia alle brevi visite compiute nella metropoli73 sia alla mediazione del professore veronese, senza tuttavia instaurare con gli scapigliati i profondi legami di amicizia di cui è protagonista il suo concittadino. Il carteggio conservato presso la Biblioteca Civica di Verona74, infatti, annovera i nomi dei maggiori esponenti della Scapigliatura, o personalità vicine a questo movimento, primi fra tutti Ugo Tarchetti e Salvatore Farina. La quantità inferiore di lettere ricevute75 (rispetto a Gaetano Patuzzi), il tono generalmente sostenuto delle missive (frequente è il ricorso al pronome di cortesia di seconda persona plurale) e la delimitazione degli argomenti di discussione all‟ambito professionale rivelano, per Betteloni, un rapporto molto più superficiale di quello riscontrato per Patuzzi.

Tarchetti, ad esempio, invia al poeta veronese il manoscritto del sonetto Ell‟era

così fragile e piccina, senza data né lettera di accompagnamento (o perlomeno esse

risultano irreperibili nel carteggio conservato nella Biblioteca scaligera), in cui alcune lezioni appaiono lievemente differenti dalla stesura definitiva che sarà pubblicata in

Disiecta (1879). Farina si rivolge a Betteloni con un formale „voi‟ per ringraziarlo delle

poesie inviate alla “Rivista Minima” ed esortarlo a mantenere attiva tale collaborazione. Così Betteloni scrive a Patuzzi da Verona in una lettera del 5 marzo 1866:

72 Ulteriori notizie sul poeta veronese sono fornite nel § 4.4.1. Per il suo ruolo nel giornalismo milanese, cfr. Appendice A.

73 Cfr. G. Biadego, Vittorio Betteloni. Discorso commemorativo tenuto il 9 giugno 1912 nella Sala

Maggiore della Gran Guardia Vecchia per incarico dell‟Accademia di Scienze Lettere di Verona, in Id., Letteratura e patria negli anni della dominazione austriaca, Città di Castello, Lapi, 1913, p. 345. Per i

rapporti milanesi di Betteloni, cfr. anche G. Brognoligo, Vittorio Betteloni. Note biografiche e critiche

desunte dal suo carteggio (a cura e con introduzione di A. Alberti), Bologna, Zanichelli, 1938.

74 Cfr. Appendice A3.

75 Biadego attribuisce questo aspetto al fatto che “il Betteloni non avesse l‟avvertenza di conservare tutte le lettere che riceveva”, ipotizzando “anche che fosse sua abitudine di scriverne poche” (G. Biadego,

Carteggio di Vittorio Betteloni, in Id., Letteratura e patria negli anni della dominazione austriaca, cit., p.

43 Il mio ideale sarebbe congiungersi con Praga, Boito e Zendrini e formare noi

cinque come una nuova fede. Per quanto paiano strani i lavori dei due primi, io scopro in essi una vera stoffa di poeti, e noi che abbiamo attinto alle fonti del classicismo non per seguire ciecamente, ma per sapere invece avvedutamente allontanarcene, dobbiamo stringerci tutti la mano e muovere campioni intrepidi incontro al nuovo avvenire76.

In realtà, tale alleanza non trova attuazione a causa della «incolmabile distanza che correva tra il suo realismo “borghese” e moderato, e il gusto scapigliato per lo scabroso, l‟orrido, il deforme»77

. Se è vero che la raccolta di Betteloni più vicina ai risultati della Scapigliatura è l‟ultima, Crisantemi (1903), è opportuno ricordare il fallimento cui è destinato ogni tentativo di incanalare la produzione betteloniana in una specifica scuola:

A lungo l‟acribia degli studiosi si è esercitata soprattutto nello sforzo di inquadrare ed etichettare lo sfuggente realismo betteloniano: in un ininterrotto gioco incrociato di correzioni e rettifiche, smentite e puntualizzazioni, si è potuto parlare di romanticismo realista e di realismo antiromantico, di verismo scapigliato ma anche di classicismo moderno, oppure di verismo borghese e forse protocrepuscolare, se non persino di segreti «presagi decadenti». Fatte salve le proposte più eccentriche, la poesia betteloniana consente in effetti di legittimare molte differenti ipotesi di apparentamento o affiliazione: col risultato però che ciascuna proposta di catalogazione finisce per apparire inevitabilmente relativa, non risolutrice. Una tradizione critica più recente e tecnicamente attrezzata ha preferito puntare l‟attenzione sull‟aspetto linguistico dei versi betteloniani: mettendone sotto verifica la proverbiale prosaicità, il programmatico impegno a «scriver come si parla», è stato possibile restituirne il ruolo di primo piano giocato, al di là di alcune indubbie contraddizioni, nel percorso di svecchiamento della lingua poetica italiana a cavallo tra Otto e Novecento78.

Sottolineando alcune analogie a livello tematico della poesia betteloniana con la Bohème milanese, anche Giorgio Cusatelli individua un preciso elemento di divergenza nel fatto che “a Vittorio Betteloni interessa egoisticamente la conquista di una appartata e tranquilla dimensione, la definizione di un suo autonomo microcosmo poetico”79. Già a metà Novecento, Massimo Bonfantini, curatore dell‟opera omnia betteloniana,

76 Lettera di Betteloni a Patuzzi, in G. Brognoligo, Vittorio Betteloni. Note biografiche e critiche desunte

dal suo carteggio, cit., p. 54.

77 S. Ghidinelli, Vittorio Betteloni. Un poeta senza pubblico, Milano, LED, 2007. 78 Ibidem, p. 18.

79

G. Cusatelli, Vittorio Betteloni, in Id., La poesia dagli Scapigliati ai Decadenti, in E. Cecchi e N. Sapegno (a cura di), Storia della Letteratura Italiana, vol. VIII, Dall‟Ottocento al Novecento, cit., p. 540.