Nonostante ciò, il paradigma della flexicurity è stato inteso e recepito come se fosse solo l'allentamento dei vincoli sulla flessibilità in uscita a causare l'aumento della propensione delle imprese ad assumere144.
Tale assunto è ormai contestato dalle analisi scientifiche e le stesse istituzioni internazionali che inizialmente l'avevano supportato stanno modificando visibilmente le loro posizioni sul punto.
In occasione della Conferenza di alto livello sulla flexicurity promossa dalla Commissione europea il 14 novembre 2011, ormai nell'ambito di quella che viene definita “seconda fase della flexicurity”, improntata a una migliore gestione delle “transizioni economiche, la lotta alla disoccupazione e l’aumento della produttività del lavoro”145, lo stesso
segretario Andor ha puntualizzato che la flexicurity deve essere intesa e 143 F. BERGAMANTE, M. MAROCCO, Lo stato dei servizi pubblici per l'impiego
in Europa: tendenze, conferme e sorprese, Isfol Occasional paper, 13 Marzo
2014, Roma
144 K. AINGER, Labour Market Reforms and Economic Growth: The European
Experience in the Nineties, in WIFO Working papers, 232/2004, p. 78
145 Comunicazione della Commissione Europea, 3/3/2010, Europa 2020: Una
strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva [COM(2010)
attuata nel suo significato proprio e pieno, vale a dire non limitandosi a riformare le regole su licenziamenti e assunzioni, ma realizzando un sistema di politiche attive del mercato del lavoro, supportando l'occupazione e la formazione professionale146. Anche il Fondo
Monetario Internazionale, con la dichiarazione contenuta nel documento preparatorio della Conferenza congiunta con l’Organizzazione internazionale del Lavoro del settembre 2010147,
nell’esaminare le ragioni che hanno determinato l’enorme crescita della disoccupazione in alcuni Paesi, si pone, fra le prime cause, la caduta della domanda aggregata. Quest’ultima sarebbe stata innescata dalle crescenti disuguaglianze non solo all’interno di alcuni Paesi, ma anche tra i Paesi stessi, determinando un decremento dei consumi, quindi una crescita modesta, nonché un aumento dell’indebitamento 146 Stralci del discorso a cui mi riferisco “the concept of flexicurity has been based
on a notion that robust active labour market policies, lifelong learning investment and modern social security systems can ensure security of employment and income, even if contractual arrangements become more flexible and job transitions more frequent, as required by the rapidly evolving economic context”
“let me be clear on this. By flexicurity measures, I do not mean relaxation of -
in quotation marks - "firing and hiring" rules. And I do not mean either a simple extension of unemployment benefits in time. It is important not to mistake flexicurity for piecemeal or disjointed practices which did not seek to address the four components simultaneously. The question is to understand whether truly integrated flexicurity practices have developed in the EU, which economic conditions allowed for this, and how they have been governed…. does flexicurity, as conceived in 2007, continue to help Europe address the challenges it faces now and those we expect in the horizon of 2020?”
“we should discuss whether flexicurity is the only answer. Can it be an all-
encompassing solution or does it need to be supplemented by other measures in order to contribute to a higher level and higher quality of employment? Do the current four components need to be expanded with new elements? Does the structure of flexicurity need to be revisited, putting more accent on other policy instruments such as internal flexicurity, taxation or labour mobility? Or should flexicurity be seen only as part of a larger employment policy agenda for the post-crisis era?”
privato. Alla base di tutto il processo vi sarebbe anche l’indebolimento delle istituzioni del mercato del lavoro a protezione dei lavoratori indotto dalla globalizzazione. Questo sembra confermare l'opinione, che pure sembra ovvia, secondo la quale non possono essere le riforme del mercato del lavoro a “creare posti di lavoro”, essendo la domanda di lavoro strettamente connessa alla crescita economica e produttiva della nazione.
Anche gli studi che hanno correlato la crescita economica, l'occupazione e il livello di regolamentazione della disciplina lavoristica sono giunti a conclusioni analoghe.
Si ripropone qui uno dei più significativi, basato sull' EPL, ossia un indice elaborato dall'OCSE all'inizio degli anni novanta, volto a definire sinteticamente, tramite un valore numerico finito, il livello di protezione dell'impiego realizzato dalle nazioni, che rappresenta l’ultimo, in ordine di tempo, di una serie di tentativi volti a misurare i regimi di protezione dell’impiego e la rigidità degli ordinamenti che regolano il mercato del lavoro148.
Diversamente dai suoi predecessori, che avevano natura ordinale e realizzavano una classifica dei Paesi in base alla rigidità relativa del mercato del lavoro, il nuovo indice associa ad ogni Paese un indicatore
148 G. BERTOLA, Job Security, Employment and Wage, in European Economic
Review, n. 34, 1990; M. EMERSON, Regulation or Deregulation of the Labour Market: Policy Regimes for the Recruitment and Dismissal of Employees in Industrialised Countries, in European Economic Review, n. 32, 1988; D.
GRUBB, E W. WELLS, Employment Regulation and Patterns of Work in EC
di rigidità, avente natura cardinale. (valore compreso fra 0 e 6, crescente nella severità dell' EPL)
Questo consente di cogliere la variazione nel tempo dell' EPL per studiarne gli effetti sul sistema economico, consentendo di operare analisi di tipo dinamico.
L’indice è stato costruito aggregando 22 indicatori specifici;149
l’assegnazione di un valore agli indicatori specifici è immediata nel caso di grandezze misurabili – quali l’entità della liquidazione dovuta, la durata massima di un contratto, mentre, nel caso di grandezze non misurabili, il dato legislativo viene tradotto in numero secondo un criterio specificato; l'aggregazione degli indicatori specifici si realizza mediante una media ponderata degli stessi.
Bisogna considerare, nell'impiego di un indice siffatto che la nozione non si presta ad essere quantificata agevolmente, la sua definizione rappresenta una questione controversa e anche l' OECD ne fornisce una descrizione ampia, affermando che la protezione dell'impiego si riferisce alle norme che regolano l'entrata e l'uscita nel mercato del lavoro (employment protection refers both to regulations concerning
hiring (e.g. rules favouring the disadvantaged groups, conditions for using temporary or fix-term contracts, training requirements) and firing (e.g. redundancy procedures, mandated prenotification periods and severance payments, special requirements for collective dismissals
149 OECD, The OECD job study, evidence and explanations. Part I e II, 1994, Parigi
and short-time work scheme), facendo riferimento proprio grado di
stabilità del singolo rapporto.
L'indice, per quanto sia il miglior risultato finora ottenuto nel tentativo di quantificare una nozione come quella della rigidità dei regimi di protezione dell'impiego, e sia attualmente il più utilizzato dalla letteratura scientifica afferente al diritto del lavoro e alla sua evoluzione in relazione alle condizioni sociali ed economiche delle nazioni, non può non risentire della natura poco definibile della grandezza che descrive e presenta profili di criticità e margini di incertezza, dovuti alla discrezionalità della scelta sia dei pesi utilizzati nella ponderazione, sia dell'individuazione di determinati istituti quali fonti di rigidità sia della quantificazione del peso da attribuire agli indicatori non di per sé numericamente determinati.150
Tali profili non possono essere taciuti al momento di apprestarsi a basare affermazioni sul confronto e lo studio di questi indici, al fine di non attribuirvi un contenuto epistemologico maggiore del dovuto; tuttavia possono rivelarsi strumenti utili al fine di costruire un quadro di massima sull'andamento di determinate dinamiche tra diversi fattori economici e sociali.
In particolare in questa sede interessa provare a riscontrare se si possa rinvenire una qualche correlazione tra il suddetto EPL, il grado di
150 M. DEL CONTE, C. DEVILLANOVA, S. LIEBMAN, S. MORELLI,
Misurabilità dei regimi di protezione dell’ impiego, Università Commerciale
Luigi Bocconi, Econpubblica, Centre for Research on the Public Sector, Working Paper n. 96, November 2003
disoccupazione (espresso in termini percentuali rispetto alla popolazione attiva) e la crescita del paese (GDP, espresso in termini di tasso di crescita annuale) relativamente agli ultimi decenni in Italia e in Spagna. (Fonte: dati OCSE151)
ITALIA Anno
Tasso di
disoccupazione Indice EPL
Variazione GDP 1991 8,50% 2,76 1995 11,00% 2,76 2000 10,00% 2,76 2002 8,50% 2,76 2003 8,40% 2,76 2004 8,00% 2,76 2005 7,70% 2,76 2006 6,80% 2,76 2007 6,10% 2,76 2008 6,70% 2,76 -1,00% 2009 7,80% 2,76 -5,50% 2010 8,40% 2,76 1,70% 2011 8,40% 2,76 0,60% 2012 10,70% 2,76 -2,30% 2013 12,10% 2,68 -1,75% 2014 12,70% -0,27% 2015 11,90% 0,64%
SPAGNA
Anno Tasso di disoccupazione
Indice EPL Variazione GDP 1991 15,50% 3,50 1995 20,00% 2,35 2000 11,90% 2,35 2002 11,50% 2,35 2003 11,50% 2,35 2004 11,00% 2,35 2005 9,20% 2,35 2006 8,50% 2,35 2007 8,20% 2,35 2008 11,30% 2,35 1,10% 2009 17,90% 2,35 -3,60% 2010 19,90% 2,35 0,00% 2011 21,40% 2,20 -0,60% 2012 24,80% 2,20 -2,10% 2013 26,10% 2,05 -1,67% 2014 24,40% 2,05 1,36% 2015 22,10% 2,05 3,21%
In Italia il livello di stabilità del rapporto di lavoro appare quasi invariato, dal momento che non sono ancora disponibili dati posteriori alle riforme varate tra il 2014 e il 2015; in Spagna il calo drastico che si nota tra il 1991 il 1995 si colloca nel 1994 e va ascritto alla riforma del Governo Aznar, mentre quello più lieve verificatosi tra il 2010 e il 2011 si deve alla riforma promulgata dal Governo Zapatero.
Si nota che a fronte di una tendenziale stabilità dei livelli di protezione dell'impiego, vi siano state notevoli oscillazioni dei tassi di disoccupazione e dei tassi di crescita, nonché, conseguentemente, la mancanza di qualsivoglia miglioramento al variare dell'EPL in termini di livelli di occupazionali e andamento del GDP nazionale. Si nota, invece, chiaramente, il netto calo registrato tra 2008 e 2009 in
concomitanza con il picco della crisi economica che ha coinvolto l'eurozona in quegli anni.