2.2.3 La Riforma Renz
2.2.3.1. L’ OFFERTA DI CONCILIAZIONE
Tra le novità introdotte dalla Riforma, si segnala l'introduzione di una nuova procedura
conciliativa, rubricata «Offerta di conciliazione» (art. 6 del d. lgs. n. 23 del 2015), che si aggiunge ai diversi strumenti conciliativi e deflattivi del contenzioso presenti nel nostro ordinamento giuslavoristico197, ma
che probabilmente sortirà risultati più incisivi rispetto a questi ultimi, dal momento che, da una parte, si iscrive in un quadro sanzionatorio drasticamente ridimensionato, sì che l’eventuale esito positivo del contenzioso giudiziale non dovrebbe garantire un vantaggio significativo al lavoratore; per altro verso, e soprattutto, il nuovo istituto è espressamente incentivato dalla totale defiscalizzazione delle somme oggetto dell’accordo conciliativo198.
All’introduzione del nuovo istituto conciliativo fa da contrappunto l’abrogazione, per i lavoratori nuovi assunti, del preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione in caso di licenziamento (rectius, di 197 C. CESTER, I licenziamenti nel jobs act, in WP C.S.D.L.E. "Massimo
D'Antona", IT – 273/2015, p. 9
198 A. GARILLI, Nuova disciplina dei licenziamenti e tecniche di prevenzione del
conflitto, in WP CSDLE “Massimo D'Antona”, IT – 245/2015, p. 13 s.; F.
AMENDOLA, Offerta di conciliazione, in F. CARINCI - C. CESTER (a cura di), Il licenziamento all’indomani del d.lgs. n. 23/2015, ADAPT Labour Studies e-Book series, n. 46/2015, p. 162 s.; L. G. BERTONCELLO, La nuova conciliazione in caso di licenziamento, in Contratto a tutele crescenti e NASPI: Decreti legislativi 4 marzo 2015, n. 22 e n. 23, a cura di L. FIORILLO e A.
PERULLI, Torino, Giappichelli, 2015, p. 153; V. FILÌ, Tutele risarcitoria e
indennitaria: profili quantificatori, previdenziali e fiscali, in E. GHERA, E.
GAROFALO (a cura di), Le tutele per i licenziamenti e per la disoccupazione
involontaria nel Jobs Act 2, Commento ai decreti legislativi 4 marzo 2015, nn. 22 e 23, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 , 2015, p. 210 s.; M.
progetto di licenziamento) per ragioni oggettive, disposto dall’art. 7 della legge n. 604 del 1966 così come modificato dalla legge n. 92 del 2012199.
Passando ad un esame del nuovo istituto, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento e in una delle cosiddette sedi protette di cui all’art. 2113, comma 4, c.c. e all’art. 76 del d.lgs. n. 276 del 2003 (commissioni di certificazione), una somma non imponibile né sotto il profilo contributivo, né sotto il profilo fiscale, di misura dimezzata rispetto ai valori sopra visti dell’indennità per licenziamento illegittimo, e cioè una mensilità per ogni anno di servizio, con previsione di valori minimi (quattro mensilità) e massimi (diciotto mensilità). La conciliazione si perfeziona con l’accettazione da parte del lavoratore di un assegno circolare, consegnatogli brevi manu dal datore di lavoro e determina l’estinzione del rapporto di lavoro e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento, anche se già proposta 200.
In sede interpretativa è stato sollevato qualche dubbio relativo all'ambito di applicazione oggettivo, cioè all'individuazione delle tipologie di licenziamento riguardo le quali è possibile la conciliazione. In particolare, si è affermato che il legislatore è stato mosso dall’intenzione di «evitare il giudizio» e «non certo di aggirare norme cogenti a tutela di fattispecie di licenziamento nulle o 199 C. CESTER, I licenziamenti nel jobs act, cit, p. 12
inefficaci», fattispecie che, dunque, dovrebbero essere escluse dalla procedura di conciliazione in discussione201. L'argomentazione non
considera il fatto che solo l'accertamento giudiziale può qualificare il licenziamento come nullo o discriminatorio e la conciliazione lo precede e necessariamente ne prescinde, dal momento che la finalità dell'istituto è quella di evitare che il giudizio stesso venga ad esistenza202. Dunque, per l’applicazione dell’art. 6, sarà sufficiente la
presenza di un licenziamento, a prescindere da come l’abbia qualificato il datore di lavoro o da come si ipotizzi che lo qualificherà il giudice203. Sennonché, la scelta normativa è chiara: tutte le possibili
controversie sulla illegittimità del licenziamento possono risolversi attraverso l’offerta di conciliazione, si tratti di questioni oggettive o disciplinari, o di nullità, e la finalità è di uniformare il meccanismo. L’obiettivo di ridurre il contenzioso è certamente condivisibile, ma in questo provvedimento suscita qualche perplessità il fatto che l’intervento del giudice venga caricato di una valenza in qualche modo negativa, come sembrerebbe ricavarsi dall’incipit della norma circa la sua finalità «di evitare il giudizio»: una formula nella quale non compare neppure il consueto riferimento all’alea del giudizio medesimo e che è stata percepita come sostanzialmente “punitiva” nei confronti dell’amministrazione della giustizia204.
201 L.G. BERTONCELLO, La nuova conciliazione, cit., p. 157 202 C. CESTER, I licenziamenti nel jobs act, cit, p. 14
203 A. GARILLI, Nuova disciplina dei licenziamenti, cit., p. 12; F. AMENDOLA,
Offerta di conciliazione, cit., p. 164
L’aspetto più significativo del nuovo istituto conciliativo consiste nell’esenzione fiscale totale che viene garantita alla somma offerta dal datore di lavoro, con ovvie ricadute sulla finanza pubblica, tanto che il legislatore si preoccupa in questa stessa sede di stabilire la copertura finanziaria per il minor gettito fiscale prevedibile, e, nell’ultimo comma, regola, adattandole allo scopo, le procedure di monitoraggio già introdotte dalla legge n. 92 del 2012. Tutto questo rende evidente il coinvolgimento di interessi superiori a quelli delle parti private protagoniste dell’accordo conciliativo. Ciò vale soprattutto per quanto concerne l’oggetto stesso della conciliazione fiscalmente esente, che deve riguardare esclusivamente la questione del licenziamento e non altre possibili questioni controverse fra le parti205.
Il fatto che la rinunzia si leghi all’esenzione fiscale del suo corrispettivo in denaro integra l’opportunità di un controllo incisivo, che fa sorgere la questione del ruolo da assegnare ai soggetti conciliatori: se un controllo principalmente formale, oppure, viceversa,un controllo sostanziale sulla correttezza dell’esenzione fiscale sulla determinazione dell’anzianità e del parametro retributivo. Nonostante il silenzio normativo, la seconda soluzione appare preferibile, anche se restano da definire i poteri che dovrebbero spettare agli organismi conciliativi per assolvere a quella funzione di
205 F. AMENDOLA, Offerta di conciliazione, cit., p. 167 s.; L. G. BERTONCELLO, La nuova conciliazione, cit., p. 158; A. GARILLI, Nuova
controllo206. Dopodiché, si dovrebbero stabilire le conseguenze del
mancato controllo, stante l'opzione tra qualificare la conciliazione come viziata, al punto da non produrre più gli effetti previsti dalla legge, e ritenere solo che l’amministrazione finanziaria possa recuperare l’imposta illegittimamente non versata.
L’art. 6 non disciplina in dettaglio la procedura, ma si occupa solo del meccanismo della sua attivazione e degli effetti. Quanto ai tempi, la norma prevede che il datore di lavoro debba
formulare la sua offerta entro i termini dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento. In realtà, la norma deve essere letta in modo coerente con il vincolo di adire le sedi protette, che possono avere dei tempi di risposta più lunghi rispetto al termine di impugnazione, pertanto si ritiene che entro il termine di sessanta giorni debbano perfezionarsi solo gli atti che vengono compiuti interamente e solo dal datore di lavoro. Naturalmente l’offerta potrà essere formulata anche se il lavoratore non ha ancora impugnato il licenziamento. Ma è chiaro che se ciò inducesse il lavoratore stesso a non impugnarlo, una eventuale revoca dell’offerta, fraudolentemente disposta magari alla scadenza del sessantesimo giorno, non può ritenersi ammissibile, tanto da doversi ritenere l’offerta stessa «irrevocabile e immodificabile»207.
206 C. CESTER, I licenziamenti nel jobs act , cit., p. 17 207 V. FILÌ, Tutele risarcitoria e indennitaria, cit. p. 211.