Un sistema di flexicurity come quello realizzato nei paesi del Nord Europa non è mai stato introdotto in Italia, né avrebbe potuto esserlo, per i motivi sinteticamente richiamati supra.
La resistenza degli attori sociali e politici ad abbandonare le norme che realizzavano la stabilità del rapporto di lavoro è stata corroborata dall'assenza di efficaci strumenti di tutela e di accompagnamento sul mercato del lavoro, sia in termini di sussidi alla disoccupazione, sia in termini di supporto al reinserimento e l'insufficiente implementazione di questi sostegni nel sistema di welfare ha perpetuato, finchè è stato possibile, le spinte al mantenimento dello status quo.
Oltre alle condizioni di natura culturale e sociale, bisogna considerare l'elevato costo richiesto per la messa in funzione di tali strumenti e, mentre le nazioni indicate come modello di realizzazione della
flexicurity hanno costruito il loro poderoso sistema di ammortizzatori
sociali in un periodo di stabilità e buoni ritmi e livelli produttivi152, in
Italia si dovrebbe compiere tale operazione in un momento di grave crisi economica e con risorse decrescenti, in cui anche gli altri paesi 152 F. TROS, La flexecurity in Europa può sopravvivere a una doppia crisi?, In Dir.
europei hanno dovuto ridimensionare la durata e quantità se non l’ambito di applicazione degli ammortizzatori sociali.
Pertanto l'introduzione del nuovo modello in Italia si è sostanziato nell'esito compromissorio che è stato definito flexicurity at the margin, realizzazione di una flessibilità periferica153, cioè erosione nelle zone
“di confine” della stabilità del rapporto di lavoro (moltiplicazione di tipologie contrattuali c.d. atipiche, a tempo determinato e scarsamente tutelate) e conservazione del suo “centro” cioè del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che ha mantenuto negli anni il suo corredo di tutele riguardanti il recesso unilaterale di parte datoriale. In un contesto come quello italiano, resiliente a retro-cedere su una tematica come quella della liberalizzazione in uscita, tra sopravvissuta cultura di classe e memoria di una situazione di disoccupazione, il sistema della flexicurity at the margin era l'unico realizzabile e si è espresso pienamente fino ad essere esacerbato nelle sue peculiarità.154
Gli interventi legislativi che hanno svolto questa funzione sono stati la legge 24 giugno 1997, n. 196 (conoscouta anche come “pacchetto Treu”) e il d. lgs. 276/2003 (c.d. Riforma Biagi) che hanno introdotto nel panorama giuslavoristico italiano figure contrattuali “flessibili”, diverse dal rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato 153 F. CARINCI, “Provaci ancora, Sam”: ripartendo dall'art.18 dello Statuto, in
WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona", IT – 138/2012, p. 25
154 G. LOY (a cura di), Diritto del lavoro e crisi economica. Misure contro
l’emergenza ed evoluzione legislativa in Italia, Spagna e Francia, Ediesse,
rispetto alla durata e al modo in cui il rapporto si atteggiava (la riforma Treu aveva regolato il il lavoro interinale, precedentemente vietato dalla legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e successivamente sono stati introdotti l'istituto del tirocinio formativo, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, il contratto a progetto, la somministrazione, l'apprendistato, il contratto di lavoro ripartito, il contratto di lavoro intermittente, il lavoro accessorio e il lavoro occasionale) ma senza alterare la disciplina del recesso.
Chiaramente, l'articolo 18, carico della sua fortissima valenza simbolica, era stato al centro del dibattito, destinatario di critiche provenienti da fronti contrapposti155 e dell'attenzione della Corte
Costituzionale, secondo la quale l’articolo non avrebbe potuto considerarsi “a contenuto costituzionalmente vincolato”, perché «l’eventuale abrogazione della c.d. tutela reale avrebbe il solo effetto di espungere uno dei modi per realizzare la garanzia del diritto al lavoro, che risulta ricondotta, nelle discipline che attualmente vigono sia per la tutela reale che per quella obbligatoria, al criterio di fondo della necessaria giustificazione del licenziamento»156.
Non sono mancati nemmeno i tentativi di abolizione157, il d.d.l.
presentato al Senato il 15 novembre 2001, n. 848158, e, piu
155 T. TREU, Flessibilità e tutele nella riforma del lavoro, in WP C.S.D.L.E.
"Massimo D'Antona" IT – 155/2012 (pubblicato su Giorn. Dir. Lav. Rel. Ind.,
1/2013)
156 Corte Cost., 7 febbraio 2000, n. 46 in Foro it., I, 699, 2000 157 F. CARINCI, “Provaci ancora, Sam”, cit., p. 6
158 M. GRANDI, Licenziamento e reintegrazione, riflessioni storico- critiche, cit., p. xx
recentemente, l’art. 31 del Collegato Lavoro licenziato dalla Camera il 3 marzo 2010, entrambi falliti, fino a quando la questione, per via della crisi economica, non è passata sotto il controllo delle istituzioni comunitarie.
Nell' estate 2011, infatti, si assiste ad uno snodo di cruciale importanza, quando le le indicazioni europee si sono trasformate in prescrizioni scritte in una lettera inviata al Primo Ministro italiano, allora Silvio Berlusconi, da parte del Presidente della Banca Centrale Europea in carica, Jean Claude Trichet, e Mario Draghi.
Constato un debito pubblico considerato fuori controllo, come testimoniato dalle difficili condizioni in cui versavano i titoli di Stato sui mercati, si riteneva essenziale un recupero di fiducia presso gli investitori, da ottenere tramite l'adozione di misure ulteriori rispetto a quelle già assunte, comprensive di un più deciso decentramento del sistema contrattuale, sul cammino tracciato dall’accordo del 28 giugno 2011 e di “una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi”159.
159 “A thorough review of the rules regulating the hiring and dismissal of
employees should be adopted in conjunction with the establishment of an unemployment insurance system and a set of active labour market policies capable of easing the reallocation of resources towards the more competitive firms and sectors”, Lettera inviata da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi al
Benché non si menzioni espressamente l'articolo 18, il senso della lettera e la direzione indicata sono espliciti, come fu recepito dal Governo che, attraverso il documento “dei 39 punti” redatto in risposta alla richiesta di chiarimenti dell'Unione Europea, prometteva il varo di “una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti a tempo indeterminato”160.
A questo punto, quello sull'articolo 18, che altrimenti sarebbe rimasto “un classico tira e molla del nostro confronto politico-sindacale161” è
divenuto il principale ambito di intervento legislativo del periodo immediatamente successivo.
Primo effetto della lettera di agosto, infatti, è stato la veloce introduzione della legge Fornero, che il Premier Monti voleva fosse approvata prima che si tenesse il Consiglio Europeo del 28 giugno 2012162, affinché fosse possibile negoziare da una posizione più forte la
realizzazione dello “scudo europeo”.
160 La domanda n. 19 dice: Per quanto riguarda le previste “nuove norme di licenziamento per ragioni economiche nei contratti di lavoro a tempo indefinito”, interesserebbero la legge che regola licenziamenti individuali o collettivi? Quali parti della legge il governo sta pensando di rivedere o correggere, e in quale modo? In quali modi concreti la nuova legislazione contribuirà ad affrontare la segmentazione del mondo del lavoro tra lavoratori a tempo indefinito protetti e lavoratori precari? E a questo proposito, esistono piani volti a ridurre l’alto numero (46) delle tipologie di contratto di lavoro oggi esistenti?
161 F. CARINCI, “Provaci ancora, Sam”: ripartendo dall'art.18 dello Statuto, in
WP C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona".IT – 138/2012, p. 4
162 “Devo arrivare al Consiglio europeo del 28 giugno con la riforma del mercato del lavoro, altrimenti l'Italia perde punti”. Così si era espresso Mario Monti sabato 16 giugno 2012, ospite de “La Repubblica delle idee”.