Si potrà ben immaginare che in un contesto tanto emergenziale i tempi di elaborazione della riforma sono stati estremamente ravvicinati: il disegno di legge è stato presentato al Senato 5 aprile 2012, approvato il 31 aprile e trasmesso alla Camera dei Deputati il giorno dopo, dove è stato annunciato il 4 giugno, approvato e diventato legge il 21 giugno163; le modalità della trattativa hanno risentito del
contingentamento temporale. Il Governo ha sempre rifiutato, al riguardo, l'impiego del termine “concertazione”, lasciando chiaramente intendere che seppure avesse inteso interloquire, non avrebbe accettato veti né condizionamenti tematici e temporali. Gli incontri formali sono stati rari e brevi e le parti hanno lamentato la genericità delle intenzioni ufficialmente comunicate dal Governo e l'eccessiva assertività delle dichiarazioni; gli scambi informali sono stati percepiti dalle parti come meno intensi rispetto al passato164.
Le istanze imprenditoriali si sono concentrate sull'obiettivo di abolire l'articolo 18, insieme alla proposta, che verrà accolta, di distinguere sul piano procedurale e delle sanzioni il licenziamento disciplinare da quello per motivo economico; lo schieramento sindacale, invece, ha presentato posizioni diversificate e frammentarie, perdendo capacità di incidenza.
163 http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/38455.htm
Le soluzioni raggiunte sono state ispirate all'obiettivo di trovare un bilanciamento tra innovazioni in tema di flessibilità in entrata e in uscita165, diversamente da quella che, come si è visto supra, dovrebbe
essere la nozione di flexicurity.
2.2.2.1 - ILNUOVOREGIMEDEILICENZIAMENTI
La riforma varata nel 2012 costituisce la prima vera rottura rispetto al paradigma della stabilità costruitosi in Italia nel secolo scorso, dato il drastico ridimensionamento dell'operatività della tutela reintegratoria, sopravvissuta, di fatto, nei soli casi in cui “è in gioco un valore assoluto della persona”, nei casi eccezionali in cui si mette a repentaglio ingiustamente l'onorabilità del lavoratore166.
La legge ha costruito un regime a struttura quadripartita: in caso di licenziamento discriminatorio (o nullo, intimato in forma orale), di cui al comma I del riformato articolo 18, si manteneva la sanzione della reintegra, supportata da un' indennità di ammontare non inferiore alle 5 mensilità (c.d. tutela reintegratoria forte); a detta di parte della dottrina, il fatto che fosse previsto un ammontare minimo, anche se il periodo di
165 Relazione governativa presentata al Consiglio dei Ministri del 23.3.2012, ove si insite sulla “forte e inscindibile connessione sistemica, in particolare fra le due parti sulla flessibilità in entrata e in uscita”.
166 AA. VV., La legge n. 92 del 2012 (Riforma Fornero): un'analisi ragionata, a cura di F. AMATO, R. SANLORENZO; AA. VV. Commentario alla Riforma
Fornero (Legge n. 92/2012 e Legge n. 134/2012) Licenziamenti e rito speciale, contratti, ammortizzatori e politiche attive, a cura di F. CARINCI e M.
mancate retribuzioni era inferiore ai cinque mesi, era indice del fatto che tale indennizzo avesse anche una componente risarcitoria.167
L'intervento della riforma, dunque, ha avuto ad oggetto non le cause legittimanti il licenziamento, bensì il profilo sanzionatorio, che fino a quando la sanzione corrispondeva in ogni caso alla reintegrazione non era distinto dall'analisi e dal giudizio sulle cause del licenziamento; ora invece, l'indagine nel giudice si articola in due momenti che seguono criteri e regole diversi: nell’analisi circa la legittimità del licenziamento, il giudice dovrà valutare se i fatti in questione integrano giusta causa o giustificato motivo, secondo i parametri finora seguiti dalla giurisprudenza e conservando margini di discrezionalità; una volta accertata l'illegittimità del licenziamento, invece, i criteri guida sono rigidi e tassativamente indicati dal legislatore168. In caso di
ingiustificato licenziamento c.d. disciplinare (mancato motivo soggettivo), nei soli casi di “insussistenza del fatto contestato”, oppure di condotta rientrante tra quelle previste dai contratti collettivi e codici disciplinari applicabili e punite con sanzione conservativa, si prevedeva la reintegra nel posto di lavoro e il pagamento di un'indennità non superiore alle 12 mensilità (tutela “reintegratoria attenuata”); “in tutti gli altri casi” in cui non ricorrevano gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, il comma V 167 O. MAZZOTTA, Manuale di diritto del lavoro, Padova, CEDAM, 2013, p. 734 168 M. D’ONGHIA, I vizi formali e procedurali del licenziamento, in Flessibilità e
tutele nel lavoro. Commentario della legge 28 giugno 2012, n. 92, p. 363 s.; F.
ROSSI, B. DE MOZZI, I licenziamenti inefficaci, in I licenziamenti dopo la
prevedeva a carico del datore una sanzione di natura economica, che si sostanziava in un'indennità “onnicomprensiva” di entità variabile tra le 12 e le 24 mensilità (tutela “risarcitoria forte”).
In caso di licenziamento intimato senza che fossero integrati i requisiti del giustificato motivo oggettivo, fosse questo attinente alla persona del lavoratore (inidoneità fisica o psichica del lavoratore), fosse invece economico, nei soli casi di “manifesta insussistenza del fatto” si prevedeva la possibilità per il giudice di comminare la stessa sanzione di cui al comma IV, mentre in tutte le “altre ipotesi” si applica la medesima sanzione prevista dal comma V.
Infine, per il licenziamento comminato senza rispettare il requisito di motivazione o della procedura conciliativa, si prevedeva il diritto del lavoratore ad un risarcimento di entità variabile tra le 6 e le 12 mensilità (tutela “risarcitoria attenuata”).
Nonostante la sua apparente simmetria, questa tutela a décalage è stato interpretato come risultato non di una visione organica e coerente, ma di una progressiva “ritirata”169 rispetto alla disattesa intenzione iniziale
di mantenere la tutela reale solo per il licenziamento illecito od orale, ritenuto nullo e sanzionato con una reintegra “piena”170.
169 F. SANTINI, Il licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo, in M. MAGNANI, M. TIRABOSCHI (a cura di), La nuova riforma del lavoro, cit., p. 238.
Nella ricerca di un ordine apparente, si è cercato di creare una continuità (solo terminologica) fra l’ “insussistenza del fatto contestato ”, di cui al comma IV (licenziamento disciplinare) e la “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” di cui al comma VII (licenziamento economico). Tale continuità non può in alcun modo configurarsi se solo si considera la radicale eterogeneità dei due “fatti” cui i rispettivi commi fanno riferimento: nel caso del mancato motivo soggettivo, viene in considerazione un comportamento inadempiente del lavoratore, connotato per sua natura da una componente materiale (la condotta) e una soggettiva (dolo o colpa); nel caso del licenziamento per mancato motivo economico, il fulcro della vicenda è costituito dalla scelta organizzativa del datore e deve essere valutato alla luce delle condizioni economiche e produttive in cui versa l'impresa.
2.2.2.2 - DIFFICOLTÀTERMINOLOGICHEEDUBBIERMENEUTICI
La formulazione della legge ha suscitato diverse perplessità e contrapposizioni interpretative, soprattutto intorno all'espressione “insussistenza del fatto”.
La nozione stessa di fatto ha aperto la diatriba tra chi sosteneva che si dovesse considerare il fatto in senso fenomenico e chi invece affermava che andasse considerato in senso giuridico.171
Il dibattito avrebbe qualche implicazione pratica solo per quel che riguarda il licenziamento disciplinare, essendo la nozione di “fatto” impiegata per quello economico concettualmente dissimile. Non si pretende di ricostruirlo in questa sede, anche perché svierebbe la presente ricerca dal proprio obiettivo principale, ma solo di richiamarne le posizioni principali.
Il vaso di Pandora è stato aperto dall'ordinanza del Tribunale di Bologna 12 maggio 2012, in cui, benché si integrasse la fattispecie di fatto rientrante tra le condotte punibili con sanzione conservativa secondo il ccnl applicabile, e quindi si condannasse alla reintegrazione del dipendente, il giudice ha sottolineato che vi sarebbe stato comunque il diritto alla reintegra in quanto il fatto non sussisteva. E non il fatto materiale (insubordinazione lieve, in questo caso), ma 171 Trib. Bologna, ord. 15 ottobre 2012, in Arg. Dir. Lav., con nota di F. CARINCI, in Riv. It. Dir. Lav., 2012, II, p. 1049; tendenzialmente favorevoli al fatto in senso materiale: R. DE LUCA TAMAJO, Il licenziamento disciplinare nel
nuovo art. 18: una chiave di lettura, in Riv. It. Dir. Lav., 2012, II, p. 1067; A.
MARESCA, Il nuovo regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo: le
modifiche all’art. 18 Statuto dei lavoratori, cit., p. 440; M. PERSIANI, Il fatto rilevante per la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato, in Arg. Dir. Lav., 2013, I, p. 1
Contra: F. CARINCI, Il nodo gordiano del licenziamento disciplinare, cit., p. 39; M. T. CARINCI, Il licenziamento non sorretto da giusta causa e giustificato
motivo soggettivo: i presupposti applicativi delle tutele previste dall’art. 18 St. lav. alla luce dei vincoli imposti dal sistema, in Riv. It. Dir. Lav., 2012, II, p.
1058; C. COLOSIMO, Prime riflessioni sul sindacato giurisdizionale nel nuovo
sistema di tutele in caso di licenziamento illegittimo: l’opportunità di un approccio sostanzialista, in Dir. Rel. Ind., 2012, p. 1035; M. DE LUCA, Riforma della tutela reale contro i licenziamenti al tempo delle larghe intese: riflessioni su un compromesso necessario, in Riv. It. Dir. Lav., 2013, p. 3
l'unico fatto rilevante in quella sede, ossia il fatto giuridico “globalmente accertato nell’unicum della sua componente oggettiva e soggettiva”.
I sostenitori della tesi assunta dal giudice sostengono che il fatto nella sua essenza fenomenologica non è giuridicamente apprezzabile se non attraverso la valutazione attraverso parametri normativi172, mentre chi
la avversa sostiene che includere la componente soggettiva nella valutazione giuridica del fatto condurrebbe a risultati contraddittori rispetto alla ratio e all'esistenza stessa della nuova norma173.
Infatti, qualora il fatto fosse integrato secondo la sua accezione giuridica, il licenziamento sarebbe giustificato, nulla quaestio, invece nei casi in cui si fosse verificato, ma fosse ritenuto carente della componente soggettiva che lo rende giuridicamente apprezzabile, (sarebbe dunque integrata una delle “altre ipotesi” ex art. 14, comma V, l. 92/2012) si ricadrebbe nell'ipotesi dell'insussistenza (appunto perchè manca un elemento necessario alla qualificazione) e quindi alla reintegra.
Così facendo si neutralizzerebbe completamente l'ipotesi della tutela risarcitoria forte che la riforma ha introdotto proprio per questo tipo di fattispecie, eludendo il risultato che con l'articolo 18 si vuole perseguire, cioè tipizzare restrittivamente le ipotesi in cui al
172 A. PERULLI, Fatto e valutazione giuridica del fatto nella nuova disciplina
dell’art. 18 St. lav. - Ratio ed aporie dei concetti normativi, in Arg. dir. Lav.
2012, p. 794
licenziamento ingiustificato consegue la reintegra, ripristinando in fatto la situazione precedente alla riforma in cui essa era prevista in tutti i casi di licenziamento ingiustificato.
Si evita in questa sede di addentrarsi in una riflessione sul concetto di sussunzione giuridica del fatto, che sarebbe necessaria per poter affrontare le implicazioni teoriche di ognuna delle tesi contrapposte; quanto alle ricadute applicative, invece, si ritiene che la tesi che considerava rilevante il fatto nella sua accezione fenomenologica conducesse ad approdi più fedeli al dettato normativo.
Altro profilo critico è quello costituito dalla “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”, unica fattispecie per cui la legge 92 prevede la tutela reintegratoria in caso di licenziamento economico, dalla quale sembra potersi evincere l'intenzione del legislatore di realizzare una sorta di climax con la previsione ex comma IV in cui si prevede per attivare la tutela reintegratoria la “sola” “insussistenza del fatto”.
Tale tentativo risulta inopportuno, data la sostanziale diversità dei “fatti” in questione.
Nel comma IV l'insussistenza riguarda un comportamento del lavoratore, per il quale si può discutere della configurabilità, accanto al manifestarsi della condotta, di una componente soggettiva (dolo/colpa), mentre invece nel comma VII la manifesta insussistenza
si predica delle “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” (art. 3, l. n. 604/1966), che, oltre ad essere al di fuori di qualunque possibile connotazione soggettiva, non sono riducibili alla nozione di fatto, integrando non un evento episodico, ma una serie di circostanze e condizioni174. Secondo la “classica” lettura proposta dalla
giurisprudenza, infatti, questa formula comporta una verifica complessa ed articolata della motivazione addotta dal datore con riguardo ad un licenziamento economico: deve verificarsi la soppressione del posto del lavoratore licenziato, senza che sia possibile destinarlo altrove, con lo stesso mansionario o addirittura con un mansionario inferiore, se pur con lo stesso stipendio ed è necessaria anche una relazione causale tra tale soppressione e le effettive ragioni produttive-organizzative addotte175.
Un ulteriore dubbio interpretativo è sorto a causa della formulazione del comma VII in cui si afferma che nel caso di manifesta insussistenza del fatto addotto a base del licenziamento il giudice “può” ordinare la reintegra, mentre quando il motivo del licenziamento disciplinare non sussiste o rientra in ipotesi previste come passibili di sanzioni
174 C. PONTERIO, Il licenziamento per motivi economici, in Arg. Dir. Lav., 2013, 1, p. 73; P. ALBI, Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, in M. CINELLI, G. FERRARO, O. MAZZOTTA (a cura di), Il nuovo mercato
del lavoro, cit., p. 275
175 V. SPEZIALE, Giusta causa e giustificato motivo dopo la riforma dell’art. 18
conservative, la formula usata è diversa: il giudice “condanna” il datore alla reintegra.
La dottrina è sostanzialmente concorde nel ritenere che il verbo potere in questo caso debba essere inteso come se fosse dovere176, non
essendo coerente nel contesto della norma lasciare tale spazio di discrezionalità al giudice, dal momento che il legislatore ha inteso indicare tassativamente le fattispecie in cui la reintegra si può comminare.177
Altri hanno sostenuto che vi fosse l'intento legislativo di lasciare massima discrezionalità al giudice tramite l'impiego voluto del verbo potere, ma che l'applicazione della norma con questo significato porrebbe dubbi di legittimità costituzionale (art. 3 Cost.) per mancata parità di trattamento nei confronti dei dipendenti licenziati ingiustamente per motivo soggettivo, per i quali, una volta dimostrata l'insussistenza del fatto, il diritto alla reintegra è certo178.
176 A. PALLADINI, La nuova disciplina in tema di licenziamenti, cit., p. 667; A. PERULLI, Fatto e valutazione giuridica del fatto nella nuova disciplina
dell’art. 18 St. Lav.: ratio ed aporie dei concetti normativi, cit., p. 791; V.
SPEZIALE, Il licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, cit., p. 347; A. TOPO, Il licenziamento per giustificato motivo obbiettivo, in C. CESTER, I
licenziamenti dopo la legge n. 92 del 2012, cit., p. 163.
Contra: A. VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, cit., p. 258; M. MARAZZA, L’art. 18, nuovo testo, dello statuto dei lavoratori, cit., p. 625; C. CESTER, I quattro regimi sanzionatori del licenziamento illegittimo fra tutela
reale rivisitata e nuova tutela indennitaria, in C. CESTER (a cura di), I licenziamenti dopo la legge n. 92 del 2012, cit., p. 65.
177 A. MARESCA, Il nuovo regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo: le
modifiche all’art. 18 Statuto dei lavoratori, in Riv. it. dir. lav., 2012, I, p. 443; A. VALLEBONA, L’ingiustificatezza qualificata del licenziamento: fattispecie
e oneri probatori, in Dir. Rel. Ind., 2012, p. 624
178 V. SPEZIALE, La riforma del Governo Monti tra diritto ed economia, in Riv.
Tali difficoltà interpretative, ad ogni modo, non hanno avuto uno sviluppo dogmatico approfondito, dal momento che la nuova legge a circa due anni dalla sua emanazione è stata sostituita dalla riforma dei licenziamenti operata dalla legislatura successiva.