• Non ci sono risultati.

Il sistema di ammortizzatori sociali organizzato dalla riforma si basa su un principio di condizionalità piuttosto stringente rispetto allo status di disoccupazione involontaria del soggetto destinatario dell'erogazione e della sua disponibilità ad attivarsi nella ricerca di un nuovo impiego317.

Dal momento che tutto il sistema ruota, come si cercherà brevemente di delineare, intorno alla vita e alla storia lavorativa del soggetto, 315 E. ALES, Diritti sociali e ‘discrezionalità’ del legislatore nell’ordinamento

multilivello, Relazione al Congresso dell’Associazione Italiana di Diritto del

Lavoro e della Sicurezza Sociale, Foggia, 28 – 30 maggio 2015

316 P. BOZZAO, Dal «lavoro» alla «laboriosità». Nuovi ambiti della protezione

sociale e discontinuità occupazionale,in RDSS, 2003, p. 600

317 R. FABOZZI, Misure di sostegno al reddito ed obblighi di attivazione dei

sembra che il concetto della reciprocità tra quanto il cittadino riceve dalla comunità e quanto restituisce sia intrinseco e immanente nel sistema vigente.

Tale paramentro di condizionalità è chiaramente espresso dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 34 del 23 dicembre 2015, relativa al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150 (Disposizioni per il

riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183), dove si legge che per integrare lo “stato di

disoccupazione” rilevante ai fini dell'accesso alle tutele predisposte dalla riforma -NASPI, ASDI e DIS-COLL, oltre all’iscrizione nell’elenco tenuto dai servizi per il collocamento mirato- l'ordinamento reputa necessario non solo, come è ovvio, la mancanza di un impiego, ma anche l'aver dichiarato “in forma telematica, al portale nazionale delle politiche del lavoro di cui all’articolo 13, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego”318.

In seguito si specifica che “lo stato di disoccupazione rappresenta certamente un elemento che può essere considerato allo scopo di meglio mirare l’intervento o di stabilire criteri di priorità, ma non rappresenta un requisito esclusivo. In un’ottica di servizio nei confronti 318 Decreto Legislativo n. 150/2015 rubricato “Stato di disoccupazione”, art. 19

degli utenti, infatti, un’assistenza nella ricerca di occupazione, nonché nell’orientamento verso percorsi di riqualificazione, non può non essere prestata nei confronti coloro che la richiedano, anche se impegnati in attività lavorative non a tempo pieno, o scarsamente remunerative, o non confacenti al proprio livello professionale o semplicemente perché alla ricerca di una occupazione più confacente alle proprie aspettative.319

Nonostante il tentativo di attenuazione della rigidità della previsione, il requisito della disoccupazione si rivela fondamentale per consentire al soggetto di accedere alla prestazione (come si vedrà infra), al punto che si prevedono parametri oggettivi di ammissibilità per evitare elusioni, come stabilisce l'articolo 19, comma 7, del decreto legislativo n. 150/2015, “allo scopo di evitare l'ingiustificata registrazione come disoccupato da parte di soggetti non disponibili allo svolgimento dell'attività lavorativa, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le norme nazionali o regionali ed i regolamenti comunali che condizionano prestazioni di carattere sociale allo stato di disoccupazione si intendono riferite alla condizione di non occupazione”.

La nozione di “non occupazione” viene chiarita dalla circolare stessa, con una sorta di interpretazione autentica, attraverso un richiamo analogico agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 22/2015,che 319 Circolare n. 34, 23 dicembre 2015

regola la NASPI, in cui si prevede che possa accedere alla prestazione anche chi svolga un’ attività lavorativa da cui derivi un reddito annuo inferiore al reddito minimo escluso da imposizione: tale limite è pari, per le attività di lavoro subordinato o parasubordinato, ad euro 8.000, e per quelle di lavoro autonomo ad euro 4.800. si nota quindi un' apertura rispetto al dato della mancanza dell'impiego, ma si fissa un parametro quantitativo che rende possibile accertare quali soggetti “meritino” l'accesso alla tutela.

Una volta appurato il sostrato concettuale alla base dell'ordinamento previdenziale italiano, cioè quello della condizionalità, che, come si è avuto modo di esprimere supra, non è da criticare in sé, , si cerca di ricostruire brevemente cosa in concreto il sistema preveda, al fine di tentare una valutazione sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema stesso.

Il cardine del sistema è la Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego, che richiede, ai fini dell'accesso, oltre alla condizione di disoccupazione, almeno13 settimane di contribuzione nell’arco degli ultimi quattro anni ed almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedente alla conclusione del rapporto. I destinatari della prestazione sono i tutti i lavoratori subordinati, compresi gli

apprendisti, i soci di cooperativa e il personale artistico, teatrale e cinematografico320.

A questi spetta un’indennità mensile, per un periodo pari alla metà dei mesi lavorati negli ultimi 4 anni, per un massimo di 2 anni, ma tale calcolo non comprende i periodi contributivi già computati ai fini di un sussidio per la disoccupazione, con una sensibile riduzione della prestazione spettante ai lavoratori stagionali e a tutti i lavoratori precari che hanno alternato periodi di lavoro a periodi di disoccupazione. Le nuove prestazioni tuteleranno quindi più a lungo non chi è in stato di maggior bisogno,

ma chi può vantare un passato contributivo più solido. Si è osservato che viene replicata sul piano previdenziale quella logica delle tutele crescenti che caratterizza la nuova disciplina del licenziamento facendo sì, a parere di chi scrive, che le disuguaglianze anziché essere livellate si mantengano quando non si approfondiscano. Un soggetto che ha avuto una carriera discontinua e precaria (e che quindi ha versato meno contributi) è sicuramente più fragile fin da quando lavora di un altro che ha una carriera più stabile; poi riceverà un indennizzo più esiguo nel caso in cui venga ingiustamente licenziato e una prestazione di sicurezza sociale inferiore rispetto al “collega”, sempre

320 G. ORLANDINI, La via italiana alla flexicurity, cit., p. 4; D. GAROFALO, Il D.Lgs 4 marzo 2015, n. 2, cit.; S. RENGA, Post fata resurgo: la rivincita del

principio assicurativo nella tutela della disoccupazione, in LD, 2015; A.

perché ha versato meno contributi, a causa della disuguaglianza iniziale.

Inoltre poni seri dubbi di conformità ai principi costituzionali, in particolare al concetto stesso di adeguatezza dei mezzi di cui all’art. 38 della Costituzione321, una prestazione calcolata prescindendo dalla

condizione di effettivo bisogno del beneficiario che considera quale unico criterio di “adeguatezza” quello meritocratico del versamento dei contributi.

Giustamente si osserva che “l’universalità non può essere raggiunta attraverso il principio assicurativo che geneticamente esclude dalla tutela coloro che non hanno raggiunto una provvista contributiva o che non hanno un numero di contributi sufficienti, ovvero gli inoccupati e i lavoratori saltuari, occasionali, discontinui, frequentemente disoccupati.”322

Un altro profilo critico è quello quantitativo: l’importo dell’indennità è pari al 75% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni; prima della riforma (cioè vigente la legge Fornero) la media veniva calcolata sulla retribuzione ricevuta negli ultimi due anni, ed è evidente che assumendo come base di calcolo un periodo di maggiore durata il risultato dell'operazione è inferiore. Ad ogni modo, non può superare un limite massimo individuato annualmente per legge (per l’anno 2015 è stato pari a € 1.300,00). 321 P. CAPURSO, Assicurazione Sociale per l’Impiego 2.0: cambia ancora la tutela

per la disoccupazione, in Il Lavoro nella Giurisprudenza, 4/2015, p. 345

In aggiunta, è previsto che l’indennità si riduca progressivamente nella misura del 3% al mese a partire dal quarto mese di fruizione: evidentemente lo scopo del décalage è quello di penalizzare chi non si attiva subito alla ricerca di una nuova occupazione323. Tale

impostazione è sicuramente coerente con le premesse del sistema, ma gli esiti possono essere davvero afflittivi: la percentuale di riduzione sarà del 47 per cento circa per il ventiquattresimo mese e del 37 per cento circa per il diciottesimo mese.

Che questa sia la ratio della norma è confermato anche dal regime sanzionatorio previsto in caso di mancata partecipazione alle attività per il ricollocamento organizzate dai centri per l'impiego: decurtazione del 25% di una mensilità della NASPI per la prima assenza; sospensione di una mensilità intera per la seconda; decadenza dal beneficio per la terza.

Restano invariate le osservazioni riguardo l'afflittività delle conseguenze applicative del sistema.

Accanto alla NASPI è stata istuita la Dis-coll per i collaboratori coordinati e continuativi con l'intento di allargare il bacino dei beneficiari di una prestazione di assistenza sociale. I lavoratori parasubordinati per usufruirne oltre ad essere involontariamente disoccupati devono avere alle spalle almeno tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal 1 gennaio dell’anno solare precedente all’evento 323 G. ORLANDINI, La via italiana alla flexicurity, cit., p. 4

interruttivo del rapporto ed un mese di contribuzione nell’anno solare in cui questo accade. L’importo è calcolato con gli stessi criteri della NASPI, ma con un massimale solo sino a sei mesi; non spettano peraltro neppure i contributi figurativi324. È sicuramente apprezzabile la

ratio della disposizione, ma l'esiguità del contributo e la scarsa durata

ne riducono l'efficacia, senza contare che il regime differenziato rispetto alla NASPI basato sulla diversa tipologia contrattuale del beneficiario, provoca, a parere di chi scrive, lo stesso “effetto moltiplicatore” delle disuguaglianze imputabile alla logica contributiva della NASPI stessa.

A chiusura del sistema si colloca l’Asdi, misura a carattere assistenziale in quanto non dipendente dal versamento dei contributi. Spetta ai soggetti che entro il 31 dicembre abbiano usufruito per il periodo massimo della NASPI e che in tale data si trovino ancora in stato di disoccupazione.

Tra i requisiti per poter beneficiare della prestazione la legge richiede un'attestazione Isee pari o inferiore ai 5000 euro e l'appartenenza a un nucleo familiare in cui sia presente almeno un minore di 18 anni; in alternativa a quest'ultimo si richiede un criterio anagrafico (età superiore ai 55 anni) congiuntamente alla mancanza dei requisiti per accedere al trattamento pensionistico.

324 M. CINELLI, Jobs act e dintorni. Appunti sulle metamorfosi in progress nel

sistema delle tutele sociali, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 2,

Infine, coerentemente con la ratio di garanzia dell'impegno attivo del lavoratore verso il reimpiego, si richiede la sottoscrizione del soggetto beneficiario del patto di servizio personalizzato redatto dai competenti servizi per l’impiego, contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro di cui all’articolo 20 del decreto legislativo n. 150 del 2015.

La partecipazione alle iniziative di attivazione proposte è obbligatoria e sanzionata con intensità variabile dalla decurtazione di un 25% di una mensilità alla decadenza dal diritto di ricevere l'assegno. Tale diritto decade in ogni caso nel momento in cui il percettore dell’indennità intraprende un attività.

Per quanto riguarda la durata, è previsto il riconoscimento del trattamento nella misura del 50 per cento delle settimane per cui si sono versati i contribuiti negli ultimi quattro anni, detratte quelle già utilizzate, con il limite di 24 mesi fino al 31 dicembre 2016 e di 18 mesi dal 1 gennaio 2017; questa diversificazione di durata è collegata verosimilmente alla scomparsa da quest’ultima data della indennità di mobilità325.

325 S. CAFFIO, Il progressivo ritorno alle origini: dall’indennità di disoccupazione

alla NASPI, in E. GHERA e D. GAROFALO (a cura di), Le tutele per i licenziamenti e per la disoccupazione involontaria nel Jobs Act 2. Commento ai decreti legislativi 4 marzo 2015, n. 22 e 23, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, Cacucci, Bari, 2015

Quest'ultimo strumento di tutela sociale sicuramente contiene un quid qualitativamente diverso dalle altre aventi carattere strettamente assicurativo, ma è completamente eterogena rispetto alla logica del reddito minimo garantito che spetta anche ai soggetti che non sono entrati nel mercato del lavoro o ne sono stati ormai estromessi e non è sottoposto a termini finali326.

Inoltre si rileva che anche questa misura che dovrebbe essere “la più assistenzialistica” pur non essendo direttamente dipendente dal versamento dei contributi da parte del soggetto beneficiario è comunque innervata della logica contributiva per quanto attiene alla quantificazione del beneficio. Desta perplessità, inoltre, il duro regime sanzionatorio e la cogenza dei vincoli relativi alla sottoscrizione del programma personalizzato, che, a parere di chi scrive, sembrano tradire un forte timore di una tendenza del beneficiario all'inerzia, quasi parassitaria, una volta ottenuto il sussidio. Se una visione siffatta richiederebbe di essere discussa dal punto di vista teorico, implicando concetti molto più generali di quelli propri a questa riflessione (si può davvero affermare una tendenza del cittadino ad accontentarsi di un minimo vitale erogato dallo Stato senza alcuna ambizione di crescita personale e professionale?), risulta francamente poco adeguata al contesto economico e sociale di cui ci sta occupando, data l'esiguità del sussidio stesso, a più riprese sottolineata.

326 G. BRONZINI, Il reddito minimo garantito e la riforma degli ammortizzatori

Come si vede, il sistema di ammortizzatori sociali è previsto dal nostro ordinamento e strutturato per rispondere ad esigenze diverse, tuttavia risulta palese la sua inadeguatezza a garantire al soggetto costretto ad affidarvisi un'esistenza libera e dignitosa.

La tesi finora sostenuta, rispetto al nucleo problematico costituito dalla necessità di consentire al lavoratore di esercitare pienamente i propri diritti senza il timore di essere licenziato ingiustamente, è di rafforzare la posizione del prestatore di lavoro circondandola con le tutele proprie della previdenza sociale, in modo da non condannarlo alla misera nel caso in cui perda (e per di più, ingiustamente) il proprio posto di lavoro e da renderlo effettivamente libero di rivendicare l'esatto adempimento dei diritti che gli derivano dall'ordinamento lavoristico.

Al momento il sistema di tutele previdenziali non è in grado di adempiere questa funzione e il licenziamento, come si è avuto modo di evidenziare supra, è stato spogliato delle tutele che un tempo erano predisposte affinchè non si verificassero abusi.

Richiamando quanto sopra osservato riguardo la funzione di meta- tutela svolta dall'articolo 18, si ipotizza che il sistema attuale, considerato nel suo insieme, possa ridurre per i lavoratori l'accesso alla tutela giudiziale fino a far dubitare della coerenza con il rispetto del diritto costituzionale alla difesa.

3.2 - Il principio della stabilità attraverso la dottrina e