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1.2.1 FORDISMO E POST FORDISMO COME LA GLOBALIZZAZIONE RIDISEGNA L'ECONOMIA MONDIALE.

“Il Tempo nel mondo antico non è solo la misura di tutte le cose, è anche una divinità molteplice che interroga gli uomini sui vari aspetti della vita.” Jorge de Santillana, Il Mulino di Amleto.

Attorno al 1973 il modello fordista, che fino ad allora aveva funzionato in modo inappuntabile coniugando efficienza e produttività, occupazione e consumo, cittadinanza e controllo sociale, entra in crisi. Cominciarono ad emergere una serie di debolezze, prima tenute nascoste dalla crescita economica e dal suo conseguente benessere sociale, come l'eccessiva rigidità della produzione in serie, del mercato del lavoro, nelle politiche statali. Le aziende cercarono di uscire dalla spinta inflazionistica

e dall'aumento del costo dell'energia attraverso un cambiamento tecnologico, la automazione, la ricerca di nuove linee di prodotto, di nicchie di mercato, dal trasferimento geografico in zone di più agevole controllo dei lavoratori. Tutto ciò segnò la fine del fragile compromesso fordista60.

59D. ZOLO - Globalizzazione, una mappa dei problemi - Editori Laterza, Bari, 2004, pag. 40. 60A. BORGHINI - op. cit. - pag. 168.

Le caratteristiche che distinguono questo nuovo periodo da quello precedente, si possono riassumere nel sorgere di nuove tecnologie, nella flessibilizzazione e nell'internazionalizzazione dell'economia, nella nascita di un nuovo paradigma, quello, appunto, post-fordista.

Il nuovo modello che viene perseguito è quello della “specializzazione flessibile”, modello che, in contrapposizione alla rigidità del sistema precedente, permette la realizzazione di un alto livello delle prestazioni di efficacia ed efficienza

nella gestione delle attività correnti, un miglioramento continuo e incrementale; la realizzazione delle innovazioni discontinue e a salti61. Sono proprio queste le

caratteristiche che contraddistinguono un nuovo paradigma anche se, in accordo con la concezione di Kuhn, non si ha mai una sostituzione immediata di un paradigma con un altro, ma per un certo periodo vecchio e nuovo convivono, esattamente come avviene nel passaggio fra età moderna ed età post-moderna, fra fordismo e post-fordismo.

Il sistema di Ford era un sistema complessivo che prefigurava una società nuova, democratica, populista, razionalizzata e modernista, basata su di un accordo, faticosamente raggiunto tra le tre forze (capitalismo organizzato, Stato e organizzazione dei lavoratori), dopo anni di lotte62, era quindi un sistema condiviso e pertanto non facilmente sradicabile in tutti gli ambiti della vita sociale ma, soprattutto partendo dalle inevitabili zone d'ombra che erano rimaste escluse dalla redistribuzione della ricchezza e del benessere fordisti, si fece avanti un nuovo sistema politico e sociale, naturalmente trascinato dal sistema economico.

Il capitale comincia ad organizzarsi secondo un nuovo modello, quello dell'accumulazione flessibile, un cambiamento importante che coinvolge tutti i livelli della vita sociale ed economica degli Stati capitalistici perché risulta più adatto alle nuove esigenze della società che si sta profilando, società caratterizzata da una compressione spaziotemporale senza precedenti.

Spazio e tempo non hanno più la stessa valenza del passato e soprattutto non sono più strettamente collegati: il tempo è divenuto senza misura, si è dilatato fino

a distruggere la stessa idea del prima e del dopo (...) l'uomo moderno paradossalmente non ha più tempo63.

61Ivi, pag. 171. 62Ivi, pag. 167.

Questa espressione può essere intesa, a mio parere, in due modi diversi: considerando la compressione temporale di cui parla Giddens, dobbiamo notare che quella che possiamo definire la “rivoluzione informatica” e delle comunicazioni, ha estremamente ridotto i tempi e gli spazi di vita delle persone, ma queste stesse persone vedono la loro vita riempita quasi interamente dallo spazio lavorativo che non lascia tempo né spazio per relazioni di altro genere, siano esse sociali che familiari. Cambiamento che genera altro cambiamento.

Infatti, come giustamente nota Giddens64, la globalizzazione è il risultato di una serie di compressioni dello spazio e del tempo che sono state consentite dall'imponente riduzione dei tempi e dei costi dei trasporti e delle comunicazioni, e dall'abbattimento di alcune barriere della circolazione internazionale dei beni, dei servizi, dei capitali e delle conoscenze.

Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione diffusesi negli ultimi decenni del XX secolo (...) hanno introdotto nel mercato-mondo trasformazioni qualitative senza precedenti. In più d'un senso hanno annullato lo spazio; o, per la precisione, ne hanno ridotto l'attrito in misura più radicale di quanto non fecero telegrafo e telefono(...)65 . Nel 1995, per descrivere proprio questo fenomeno,

l'Economist parlò proprio di Morte della distanza.

Anche il denaro beneficia di questo progresso diventando una serie di bit

nella memoria di un computer, trasferibile da un punto all'altro del globo alla velocità della luce66; in questo modo ha origine una forte spinta allo sviluppo di un mercato elettronico dei capitali, del tutto svincolato dallo scambio di prodotti o servizi reali67.

La libera circolazione di capitali, beni e persone si espande al mondo intero, facilitata, anzi spronata dalle forze economiche, le stesse forze economiche che, con la

creazione di un mercato mondiale unico ed integrato, incoraggiano la rottura delle barriere nazionali68, favorendo l'abbattimento dei confini geografici. È proprio questo

estremo dinamismo che, sempre secondo Giddens69 contraddistingue il superamento della modernità e permette al capitalismo di cambiare aspetto anche se, come annota

64Cfr. A. GIDDENS - Il mondo che cambia - Il Mulino, 2000

65L. GALLINO - Globalizzazione e disuguaglianze - Editori Laterza, Bari, 2000, pag. 14. 66

Ivi, pag. 16.

67Ivi, pag. 17.

68F. FUKUYAMA – op. cit. – pag. 290. 69A. GIDDENS, op. cit. - pag. 29.

Laura Pennacchi, i movimenti di capitale dovrebbero essere trattati diversamente dai

movimenti di merci, poiché i costi potenziali di un'accresciuta mobilità dei capitali includono un più elevato rischio di crisi finanziarie70. Ne è la riprova proprio la

recentissima crisi finanziaria che nessuna istituzione, nazionale o sovranazionale, nessuna impresa per quanto grande e potente, nessuna nazione per quanto solida a livello economico e finanziario è riuscita a prevedere nella sua vastità e drammaticità.

Si tratta di un grande mutamento del mercato: lo sviluppo di un capitalismo

finanziario molto marcato e, collegato ad esso, di un'economia di carta che impegna le menti dei ricercatori più brillanti nella ricerca di modi alternativi a quelli tradizionali di produzione di beni e servizi per ottenere profitti; e di un mercato e di una società sempre più globali71.

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