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Garanzie finanziarie e procedure concorsuali

È a questo punto opportuno occuparsi per cenni, vista la complessità e l’ampiezza della materia, del rapporto tra garanzie finanziarie e procedure concorsuali, secondo quanto stabilito dal d.lgs. n. 170/2004.

Norma di riferimento è l’art. 9 il quale, al primo comma, dispone che «la garanzia finanziaria prestata, anche in conformità ad una clausola di integrazione o di sostitu- zione, ed il contratto relativo alla garanzia stessa non possono essere dichiarati inef- ficaci nei confronti dei creditori soltanto in base al fatto che la prestazione della ga- ranzia finanziaria o il sorgere dell’obbligazione finanziaria garantita siano avvenuti: a) il giorno di apertura della procedura medesima e prima del momento di apertura di detta procedura; b) il giorno di apertura della procedura medesima e dopo il momen- to di apertura di detta procedura, qualora il beneficiario della garanzia possa dimo- strare di non essere stato, ne' di aver potuto essere, a conoscenza dell’apertura della procedura».

La ratio della disposizione deve essere rinvenuta nella volontà di proteggere il collateral taker dai rischi cui può essere esposto il contratto di garanzia quando vi siano in gioco ragioni di tutela della par condicio creditorum da far valere nell’ambito di una procedura concorsuale.

La tutela apprestata dal primo comma dell’art. 9 ha in particolare lo scopo di pro- teggere il contratto di garanzia finanziaria, nonchè la fornitura della garanzia,

275 MURINO F., Escussione della garanzia finanziaria pignoratizia e tutele del collateral provider

[nota a Tribunal d'Arrondissement de Luxembourg siégeant en matière commerciale, 20 mai 2010] , in Giur. Comm., 2012, fasc. 4, parte 2, p. 805 e ss., p. 824.

dall’applicazione della c.d. regola dell’ora “zero”, secondo la quale il dettato dell’art. 44 l. f. («tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichia- razione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento») deve es- sere interpretato nel senso che il momento a partire dal quale si considerano ineffica- ci gli atti posti in essere dal debitore è, appunto, l’ora zero del giorno in cui è stata depositata la sentenza con la quale si è aperta la procedura.

In pratica, l’art. 9 esclude, al primo comma, che l’aver compiuto un atto in tale giorno significhi, di per sé, poterne dichiarare l’inefficacia, e ciò in quanto l’art. 1, comma 1, lett. n) impone di considerare aperte le procedure di risanamento e liquida- zione solo a cominciare dal momento preciso del deposito del relativo provvedimen- to giudiziale. Se poi la garanzia finanziaria è stata fornita nel giorno del provvedi- mento ma dopo tale ultimo momento, il collateral taker può comunque dare la prova di aver ignorato senza colpa l’apertura della procedura.

L’art. 9, comma 2, stabilisce invece che «agli effetti di cui agli articoli 66 e 67 della legge fallimentare: a) il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà con funzione di garanzia e la prestazione della medesima sono equiparati al pegno;

b) la prestazione della garanzia in conformità ad una clausola di sostituzione non comporta costituzione di una nuova garanzia e si considera effettuata alla data della prestazione della garanzia originaria; c) la prestazione della garanzia in conformità ad una clausola di integrazione si considera effettuata contestualmente al debito ga- rantito e, nel caso indicato nell'articolo 1, lettera e), numero 1), al momento della prestazione della garanzia originaria o, in assenza di garanzia originaria, al momento della stipula del contratto di garanzia finanziaria; nel caso indicato nell'articolo 1, let- tera e), numero 2), nel momento in cui la garanzia integrativa è stata prestata».

La norma è evidentemente ispirata alla necessità di chiarire se le alienazioni in funzione di garanzia compiute ai sensi del Decreto rientrino nel concetto di pegno presupposto dagli articoli 66 e 67 della legge fallimentare, dando al quesito una ri- sposta affermativa. Inoltre, ribadisce ulteriormente che eventuali clausole sostitutive ed integrative non danno luogo ad effetti novativi, per cui il dies a quo per l’esercizio dell’azione revocatoria deve essere considerato quello in cui è stata prestata la garan- zia originaria.

Infine, l’ultimo comma della disposizione prevede che «salvi gli effetti degli ac- cordi tra le parti, ai contratti di garanzia finanziaria e alle garanzie finanziarie presta- te in conformità al presente decreto legislativo non si applicano l’articolo 203 del te- sto unico della finanza, né l’articolo 76 della legge fallimentare». In pratica, sono le parti del contratto di garanzia finanziaria a stabilire, in via privilegiata, quali debbano essere le conseguenze dell’apertura di una procedura concorsuale, senza che gli or- gani della procedura medesima possano sindacare sul punto. In particolare essi non potranno invocare né l’applicazione dell’art. 76 l.fall., che stabilisce la risoluzione dei contratti pendenti, né dell’art. 203 TUF, il quale indica le regole di calcolo delle rispettive posizioni dei contraenti.

Considerazioni conclusive

La dematerializzazione degli strumenti finanziari, in concorso con la “nuova” di- sciplina delle garanzie finanziarie, contribuisce a ridisegnare un sistema della tutela del credito profondamente diverso rispetto a quello esistente fino a circa un venten- nio fa.

Partendo dall’ovvio presupposto che, in ogni caso, le novità hanno riguardato am- biti settoriali e specialistici, non si può disconoscere una rilevanza sistematica alle modifiche introdotte nella materia delle garanzie mobiliari dal TUF, dalla direttiva 2002/47/CE e dal d.lgs. n. 170/2004.

Un primo dato di novità attiene certamente al requisito del necessario spossessa- mento del debitore nell’ambito delle garanzie reali mobiliari.

In realtà, non si condivide appieno la tesi prevalente secondo la quale si assiste- rebbe ad un generale affievolimento del requisito medesimo. A ben vedere, infatti, lo spossessamento mantiene intatta la sua funzione ad un tempo pubblicitaria e conser- vativa contro i possibili atti dispositivi del debitore. Semmai, ciò che è cambiato sono le forme, le modalità attraverso cui gli anzidetti obiettivi possono essere perseguiti.

Dall’analisi della normativa sulla dematerializzazione, in particolare dal TUF e dai Regolamenti Consob di attuazione, è emerso chiaramente come gli strumenti fi- nanziari, pur caratterizzandosi per una materialità che si è definita “ridotta”, conser- vano la natura di titoli di credito. Conseguentemente, i vincoli gravanti su di essi hanno la natura di garanzie su cose ex art. 2786 c.c.

In questo contesto lo spossessamento non vede alterata in alcun modo la propria funzione essenziale, mutando semmai nelle forme, le quali si identificano sostan- zialmente nelle scritturazioni contabili ad opera degli intermediari autorizzati. Con tale adempimento il debitore incorre nell’indisponibilità dei suoi beni, esattamente come avverrebbe se questi fossero consegnati fisicamente al creditore o ad un terzo.

La vera novità introdotta dalla normativa sulla dematerializzazione, confermata da quella sulle garanzie finanziarie, non riguarda allora il requisito dello spossessamento in sé, ma le modalità della sua integrazione.

Stando così le cose, allora, non si condivide l’ulteriore affermazione secondo la quale si assisterebbe ad un generale avvicinamento tra garanzie possessorie e non possessorie, lungo una linea ideale che potrebbe portare alla conclusiva sovrapposi- zione tra le due figure.

Ulteriori grandi novità riguardano, da una parte, le formalità per la costituzione della garanzia, dall’altra, la consacrazione legislativa delle alienazioni in funzione di garanzia.

Quanto al primo aspetto, si è visto come, paradossalmente, il Decreto, pur non ri- chiedendo più la data certa ai fini della nascita della prelazione, appesantisca le for- malità richieste dal diritto comune ai fini della costituzione del vincolo, prevedendo un obbligo per le parti di stipulazione scritta del contratto di garanzia.

Relativamente al secondo profilo, è stato precisato come nella realtà dei fatti l’istituto introdotto assuma le chiare sembianze del c.d. patto marciano. Infatti, Diret- tiva e Decreto ne ammettono l’impiego soltanto quando sussista in capo al creditore

l’obbligo di restituire l’eventuale eccedenza di valore maturata. In questo modo viene indirettamente confermato il divieto per l’alienazione in funzione di garanzia pura, ossia per il patto commissorio. In tal senso si spiega l’affermazione, che pure è stata fatta, secondo la quale la deroga al divieto di cui all’art. 2744 c.c. è di per sé inutile, perché inserita in un sistema normativo che, comunque, al patto commissorio non avrebbe lasciato spazio.

Importanti interventi si sono avuti anche con riguardo alle modalità di escussione della garanzia, ora più snelle e rispettose delle esigenze dei creditori, e all’introduzione della categoria generale della ragionevolezza commerciale, i cui confini dovranno essere tracciati dagli interpreti anche e soprattutto con riferimento alla contigua figura domestica della buona fede nell’esecuzione del contratto.

Non da poco anche le novità in materia di insolvenza e procedure concorsuali, per le quali si potrebbe profilare un problema di integrazione del principio di uguaglian- za ex art. 3 Cost. nei confronti degli altri creditori che non rientrano nel più favorevo- le campo di applicazione della normativa sulle garanzie finanziarie.

In definitiva, molteplici ed assai rilevanti sono gli interventi del legislatore nel campo delle garanzie reali mobiliari, secondo un programma di politica legislativa che tende a rendere quanto più efficiente, conveniente e sicura possibile la circola- zione della ricchezza mobiliare all’interno dei confini della Unione Europea. Tale ri- sultato viene perseguito, come visto, anche attraverso la predisposizione di un siste- ma di garanzie che consenta un accesso più facile al credito ed un rapido smobilizzo della ricchezza impegnata, così da consentirne il reimpiego.

In tale prospettiva, il pegno, pur nei suoi limiti di disciplina – in parte attenuati dalle normative che si sono esaminate – conserva, ed anzi rafforza, la sua tradiziona- le funzione di volano economico.

È allora il caso di occuparsi, nello specifico, del tema del patto commissorio, per- ché esso aiuta a stabilire la veridicità di una simile affermazione.

CAPITOLO TERZO

LE PROSPETTIVE DEL DIVIETO DEL PATTO COMMISSORIO TRA NORMATIVA COMUNITARIA, LEX MERCATORIA E

TRADIZIONE

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1. Inquadramento del problema. Cenni storici e chiarimenti preliminari

L’apertura dei mercati nazionali verso la finanza e l’economia globalizzata ha de- terminato, com’è noto, una crescente tensione tra una duplicità di forze differenti, identificabili, in ultima analisi, l’una, nella esigenza di dotare gli operatori economici di strumenti negoziali efficaci ed efficienti, l’altra, nella insopprimibile necessità di garantire la certezza del diritto.

In questo contesto assume un ruolo emblematico il problema della tutela del credi- to. Infatti, è di intuitiva evidenza che quanto più la garanzia dell’obbligazione è snel- la ed affidabile, consentendo un rapido e fruttuoso accesso al finanziamento, tanto più ne possono trarre beneficio impresa e consumi. Tuttavia, e sta qui il punto, non sempre snellezza ed affidabilità sono sinonimo di coerenza sistematica e rispetto del- le tradizioni giuridiche nazionali, soprattutto quando le soluzioni adottate risultino di “importazione” o, comunque, concepite in seno ad istituzioni trascendenti il singolo stato.

In particolare, assai rilevanti interrogativi ha sollevato, nell’ambito delle garanzie reali, il movimento di matrice anglosassone volto a massimizzare la mobilizzazione del patrimonio costituente la garanzia, così da poter fornire al creditore tecniche sati- sfattorie certamente più semplici e veloci di quelle consuete. Le perplessità, emerse soprattutto nei sistemi continentali francese ed italiano, si sono giustificate a fronte di disposizioni codicistiche che imponevano, e tutt’ora impongono, principi come la ti- picità dei diritti reali, la par condicio creditorum, la necessità dello spossessamento nel pegno o il divieto del patto commissorio276.

276 In Francia il principio del numerus clausus dei diritti reali è desumibile dagli artt. 544 e ss., 578 e

ss., 625 e ss., 637 e ss., 2329 e ss. e 2373 e ss. che disciplinano rispettivamente la propriété, l'usufruit, l'usage e l'habitation, le servitudes, il gage e le hypothèques. Quanto al principio della par condicio

creditorum, esso è rinvenibile nell’art. 2285. Relativamente ai principi del necessario spossessamento

del debitore nel pegno e del divieto del patto commissorio, essi, come si vedrà, pur essendo tradizio- nalmente radicati nel sistema francese delle garanzie reali, hanno subito ampie modifiche a seguito della legge di riforma del libro V del Code civil attuata con l’Ordonnance n° 2006-346 du 23 mars

Tuttavia, mentre in Francia, come si vedrà, al dibattito è seguita la riforma del Code Civil, al fine di adeguare il sistema delle garanzie mobiliari al rinnovato conte- sto economico-finanziario internazionale, in Italia si è preferito avallare un ipertrofi- co sviluppo delle garanzie personali e dei privilegi speciali, spesso anche in via pre- toria ed interpretativa277. Tale strategia si è manifestata in tutta la sua scarsa lungimi- ranza quando, puntualmente, si è espresso in materia il legislatore comunitario, il quale ha obbligato il Parlamento a prendere frettolosamente atto di un nuovo assetto normativo per il quale, tuttavia, non era ancora stato predisposto il necessario spazio ordinamentale. Così, l’Italia si è trovata a dover fare i conti con alienazioni in garan- zia, diritti reali atipici, esclusione della par condicio creditorum e, per quel che qui più interessa, patti commissori, in un’ottica di convergenza e uniformazione tran- sfrontaliera della materia finanziaria.

Quest’ultima, per l’impressionante velocità che caratterizza la cessione demateria- lizzata dei capitali e delle relative garanzie, rappresenta attualmente il campo di ele- zione su cui misurare la bontà delle scelte normative effettuate in materia di credito e della sua tutela. La deroga espressa all’art. 2744 c.c. che, proprio in un’ottica produt- tivistica della codificazione278, è rappresentata nell’ambito delle obbligazioni finan- ziarie dal d.lgs. n. 170/2004279, in attuazione della Direttiva n. 2002/47/CE, costitui- rebbe proprio uno dei punti in cui emerge maggiormente la distanza tra l’ordinamento italiano e quello degli altri Paesi (pur nell’ambito della medesima fa- miglia di civil law280, almeno secondo quanto affermato da taluna dottrina281).

Nel sistema nostrano il principio di tipicità dei diritti reali viene desunto implicitamente dalla previ- sione espressa dei diritti di proprietà (art. 832 c.c.), usufrutto (art. 978 c.c.), uso e abitazione (artt. 1021 e 1022 c.c.), servitù (art. 1027 c.c.), pegno (art. 2786 c.c.) e ipoteca (art. 2808 c.c.). Quanto ai principi della par condicio creditorum, del necessario spossessamento nel pegno e del divieto di patto commissorio, i riferimenti normativi sono individuabili rispettivamente negli art. 2741, 2786 e 2744 (1963) c.c.

277 Basti pensare a quanto è accaduto in materia di fideiussione omnibus, contratto autonomo di garan-

zia o lettere di patronage, figure che hanno rappresentato, e tutt’ora rappresentano, veri e propri com-

petitors delle garanzie reali. In tali casi ampio è stato l’avallo da parte della giurisprudenza di legitti-

mità (cfr. su tutte Cassazione, SS. UU., sentenza del 18 febbraio 2010, n. 3947, in I Contratti, 2010, p. 440, nonché Cassazione Civ., sez. III, sentenza del 26 gennaio 2010, n. 1520, in Persona e danno, a cura di Paolo Cendon, 2010, in http://www.personaedanno.it/obbligazioni-contratti/cass-civ-sez-iii-

26-gennaio-2010-n-1520-pres-di-nanny-rel-petti-rapporti-fra-fideiussione-e-patronage-adolfo- tencati). Anche la dottrina, seppur non senza contrasti, ha sostanzialmente assunto una posizione di

favore nei confronti degli istituti in parola (cfr. CALDERALE A. voce Fideiussione omnibus, Digesto

delle discipline privatistiche, sez. civ., vol. VIII, Torino, 1992 nonché il testo di STELLA G., Le ga- ranzie del credito. Fideiussione e garanzie autonome, 2010, Milano).

278 GALGANO F., Trattato di diritto civile, II, Padova, 2009, p. 66. Con la locuzione, dotata di forte

capacità descrittiva, l’Autore intende fare riferimento a quell’insieme di indirizzi di politica legislativa che, tradotti in accorgimenti tecnici, dovrebbero dare luogo ad una maggiore efficienza del diritto po- sitivo nella soluzione di problemi e nel perseguimento di finalità di natura economica.

279 il Decreto è stato di recente modificato ed integrato con il D.Lgs. 48/2011. Le novità principali

hanno riguardato l’art. 1, sulle definizioni, l’art. 2, sull’ambito di applicazione, e l’art. 3, sull’efficacia della garanzia (con l’aggiunta di un comma 1-bis).

280 L’ambito comunitario non è, a livello internazionale, l’unico in cui è stata presa in considerazione

la problematica delle garanzie mobiliari e, in generale, della tutela del credito. Organismi internazio- nali come l’United Nation Commission on International Trade law (UNCITRAL), l’International In- stitute for the Unification of private law (UNIDROIT) nonchè l’European Bank of Reconstruction and Development (EBRD) hanno assunto un notevole ruolo di sensibilizzazione rispetto alle esigenze di

Beninteso, è innegabile che l’ordinamento italiano risulti ampiamente insoddisfa- cente rispetto alle esigenze di coordinamento imposte dalla normativa comunitaria e dalla prassi internazionale. Tuttavia, per anticipare alcune delle conclusioni cui si perverrà, è opportuno un certo equilibrio quando si giudichi della reale portata inno- vatrice della Direttiva, poiché la tentazione di considerare l’intervento comunitario come il tanto atteso colpo di spugna è forte, specie da parte di quella dottrina che ha salutato con favore il supposto intervento su segmenti dell’ordinamento sì problema- tici, ma nel contempo ritenuti talmente tradizionali da determinare l’immobilismo del legislatore interno282. Vi è chi ha descritto il fenomeno come un «evento sismico in quello che, sino ad oggi, era sembrato un territorio pressoché al riparo dai movi- menti tellurici del diritto europeo e dai bradisismi nei confronti della piattaforma di common law»283, mentre altri hanno parlato di divieto del patto commissorio come

armonizzazione di alcuni settori ordinamentali, soprattutto di quelli ritenuti strategici nell’ambito della competizione economico-finanziaria internazionale (per l’attività di tali organismi cfr. PRADO M. C. A., La theorie du hardship dans les principes de l'unidroit relatifs aux contrats du commerce interna-

tional. une approche comparative des principes et les solutions adoptées par le droit français et par le droit américain, in Dir. comm. internaz., fasc. 2, 1997, p. 323 e ss.; BONELL M. J., I principi UNI- DROIT 2010: le novità, in Dir. comm. internaz., fasc. 4, 2012, p. 795 e ss.; SEATZU F., Sul ruolo del- la banca europea di ricostruzione e sviluppo nell'attuale crisi finanziaria internazionale, in Dir. Un. Eur., fasc. 3, 2011, p. 741 e ss.).

281 Cfr. CANDIAN A., Appunti dubbiosi, cit., p. 184.

282 In questo senso si vedano, tra gli altri, ANNUNZIATA F., Cronache legislative e documentazione,

cit., pp. 213-214; CANDIAN A., voce Garanzie Finanziarie (diritto comunitario), cit., p. 607, secon- do la quale «Tuttavia tale disciplina appare nei suoi tratti caratteristici fortemente innovativa rispetto

alla residua disciplina di diritto interno in tema di garanzie reali mobiliari e, d’altra parte, così si- stematicamente organizzata attorno a ben percepibili criteri direttivi da costituire un vero contro- sistema» e Id., Garanzie finanziarie (diritto comunitario), cit., p. 610; GABRIELLI E., Contratti di garanzia finanziaria, cit., p. 508 e. id., Contratto e Contratti, cit., p. 403; MACARIO F., Le garanzie patrimoniali, cit., pp. 211-212, il quale, anche sulla scorta di altra dottrina (Candian), parla di manife-

sta inutilità del divieto, argomentando la propria posizione a partire dalle condivisione delle tesi di chi, in un’ottica comparatistica e di analisi economica del diritto (dunque, secondo l’Autore, scevra da in- crostazioni dogmatiche), individua nel divieto una fonte di inefficienza del nostro sistema. Anche con riferimento al superamento del dogma della tipicità e tassatività dei diritti reali di garanzia BONFAN- TI F., Commento alla normativa, cit., p. 675 nonché, riguardo al principio della genericità della garan- zia patrimoniale del debitore e della par condicio creditorum, e ibidem, p. 513, secondo il quale «adottando una definizione così “riformatrice” di garanzia finanziaria, il Decreto sembra avere (de-

finitivamente) inteso ridurre il valore di taluni precetti della nostra esperienza giuridica, riconducibili a due principi da sempre ritenuti il cardine della responsabilità e della garanzia patrimoniale. Si al- lude, chiaramente, al principio della universalità del patrimonio del debitore di cui all’art. 2740 c.c. e a quello della par condicio creditorum ex art. 2741 c.c., principi di ordine pubblico propri del nostro ordinamento. All’opposto, il decreto pare accentuare il principio dell’autonomia contrattuale rac- chiuso dall’art. 1322 c.c.». A proposito dell’affermazione secondo cui le norme di cui agli artt. 2740 e

2741 c.c. sanzionerebbero principi di ordine pubblico, pare si possa manifestare qualche perplessità, soprattutto nel momento in cui si rifletta sulla circostanza che numerose e qualitativamente significa- tive sono le ipotesi in cui i principi soffrono ampia deroga. In questo senso, allora, non si ravvisano contraddizioni particolari tra quanto disposto dal Decreto e le norme di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c. . Sulla comprensione nel concetto di ordine pubblico economico di valori eminentemente costituzionali cfr. FERRI G. B., voce “Ordine pubblico” (diritto privato), in Enciclopedia del diritto, Vol. XXX, Milano, 1980, p. 1056.

283 CARRIERE P., La nuova normativa sui contratti di garanzia finanziaria, cit., p. 186. Nella nota 4,

l’Autore enfaticamente afferma che «cade il tabù del patto commissorio, presidiato sino ad ora dal