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La posizione del creditore pignoratizio

Anche in seguito all’immissione dei titoli in gestione accentrata, con successiva loro sottoposizione a vincolo, trovano applicazione molte delle norme dettate in via generale per tutelare la posizione del creditore pignoratizio.

Anzitutto, al creditore beneficiario è consentito, in ossequio all’art. 2791 c.c., di appropriarsi dei frutti del bene, imputandoli prima alle spese ed agli interessi e poi al

206 Come evidenziato da Cassazione civile, sez. I, sentenza del primo marzo 1973, n. 560, in Banca bor. tit. cred., 1973, II, gli istituti che compiono professionalmente operazioni di credito su debito

possono servirsi, ai fini della prova della data, del registro bancario dei valori in garanzia, qualora sia possibile ritenere che, al momento della vidimazione, il registro conteneva l’annotazione e che tra il contenuto di questa ed il documento invocato, come costitutivo della prelazione, sussista il necessario collegamento.

capitale. Trova infatti applicazione il principio di cui all’art. 2799 c.c., secondo il quale «il pegno è indivisibile e garantisce il credito finché questo non è integralmen- te soddisfatto, anche se il debito o la cosa data in pegno è divisibile». Pertanto, oltre gli strumenti finanziari originariamente sottoposti a vincolo, costituiscono oggetto della garanzia anche le nuove azioni acquistate in seguito all’esercizio del diritto di opzione o quelle assegnate gratuitamente.

Quanto ai diritti amministrativi, al creditore spetteranno il diritto di intervento e di voto in assemblea207 mentre ad entrambi, creditore e debitore, saranno riservati il di- ritto di chiedere la convocazione dell’assemblea, quello di impugnare le delibere as- sembleari, l’azione di responsabilità verso gli amministratori nonché l’azione indivi- duale dell’obbligazionista (compreso il diritto di ispezione).

Tali diritti e facoltà potranno essere esercitati dal beneficiario soltanto a seguito dell’emissione di apposita certificazione operata dall’intermediario ed attestante la loro reale sussistenza. Pertanto, l’intermediario stesso dovrà verificare che il credito- re richiedente sia realmente titolare del diritto di pegno, e che la facoltà per il cui esercizio è chiesta la certificazione rientri tra quelle di cui agli art. 2752 c.c. e 33 re- golamento Consob. In ogni caso, spetterà comunque alla società emittente il control- lo definitivo sulla legittimazione del possessore del certificato all’esercizio dei diritti pretesi.

La ricostruzione della garanzia su strumenti finanziari come pegno su res si giusti- fica anche e soprattutto alla luce dell’applicabilità delle consuete norme che regolano il diritto alla conservazione della garanzia. Il creditore-beneficiario, pertanto, avrà di- ritto ad agire in via possessoria, ex artt. 1168 e 1170 c.c., in via petitoria, ex art. 948 c.c., ed in via cautelare ex art. 670 c.p.c. (sequestro giudiziario).

Con particolare riferimento all’azione di rivendicazione, deve essere notato che secondo l’art. 32, secondo comma, d. lgs. 213/1998 «colui il quale ha ottenuto la re- gistrazione in suo favore, in base a titolo idoneo e in buona fede, non è soggetto a pretese o azioni da parte di precedenti titolari». In pratica, il creditore che dimostri l’insussistenza di un titolo idoneo e la mancanza di buona fede da parte del terzo avente causa ha diritto alla retrocessione degli strumenti finanziari indebitamente ce- duti dal debitore. Si dà evidentemente attuazione al principio generale del c.d. pos- sesso vale titolo, disciplinato dall’art. 1153 c.c.

Ebbene, si tratta di un ulteriore, rilevantissimo, indice che depone nella direzione della riconducibilità degli strumenti finanziari dematerializzati al sistema di trasferi- mento dei diritti reali su beni mobili.

Si era anticipato che il rapporto nascente in seguito all’iscrizione in conto separato degli strumenti sottoposti a vincolo assumerebbe i connotati di un negozio trilaterale. In realtà, la disciplina di cui al Decreto Euro non fa cenno alle relazioni tra interme- diario e creditore, disciplinando esclusivamente i rapporti tra il primo, il debitore- costituente e la società emittente208. Tuttavia, deve essere considerato che pur non

207 Per la disciplina della materia si rimanda diffusamente all’art. 2352 c.c.

208 Secondo l’art. 83-decies Tuf (ex art. 35 decreto euro), rubricato “responsabilità dell’intermediario”, «l’intermediario è responsabile: a) verso il titolare del conto, per i danni derivanti

sussistendo tecnicamente un rapporto contrattuale tra i due soggetti, la relazione che li lega non è neanche equiparabile a quella che tipicamente attiene ai rapporti tra sconosciuti, improntati sul generale divieto del neminem laedere. Trattandosi, al con- trario, di una relazione qualificata, foriera di particolari obblighi per l’intermediario (ad es., la regolare tenuta dei conti e il rispetto delle prescrizioni legislative), potreb- be forse tratteggiarsi in capo a quest’ultimo quel tipo di responsabilità che dalla giu- risprudenza è stata definita come da c.d. contatto sociale (ovviamente, ammessa e non concessa la generale configurabilità di tale categoria)209. Conseguentemente, si potrebbe definire l’obbligazione dell’intermediario nei confronti del creditore come un’obbligazione di natura contrattuale, e, in particolare, come obbligazione di risulta- to parametrata alla corretta amministrazione del conto vincoli.

Infine, con riguardo al profilo dell’escussione della garanzia, deve essere ritenuto applicabile senza difficoltà particolari l’art. 2797 c.c., che disciplina le forme attra- verso le quali deve effettuarsi la vendita degli strumenti finanziari sottoposti a pegno, nonché l’art. 2798 c.c., che individua un’ulteriore modalità di soddisfacimento delle pretese creditorie consistente nella assegnazione dei beni in pagamento. Ovviamente, tali adempimenti, vendita o assegnazione, dovranno essere posti in essere per il tra- mite dell’intermediario detentore dei titoli.

A tal proposito, qualche dubbio si nutre nei confronti della posizione dottrinale secondo la quale con l’intervento dell’intermediario si determinerebbe una «conse- guente superfluità ed inapplicabilità delle procedure consuete di vendita giudizia- ria»210, e ciò per il fatto che il necessario intervento di tale soggetto professionale at- tiene esclusivamente ai profili esecutivi delle operazioni necessarie, mentre le que- stioni, per così dire, di merito non possono che essere demandate all’intervento

dall'esercizio dell' attività di trasferimento suo tramite degli strumenti finanziari, di tenuta dei conti, e per il puntuale adempimento degli obblighi posti dal presente decreto e dal regolamento di cui all'arti- colo 81, comma 1; b) verso l'emittente, per l'adempimento degli obblighi di comunicazione e segnala- zione imposti dal presente decreto e dal regolamento di cui all' articolo 81, comma 1».

209 La giurisprudenza già si è occupata della figura del contatto sociale nel contesto delle operazioni

bancarie, ed in particolare, a proposito dell’amministrazione su titoli di credito (cambiale), ha afferma- to che la banca ha il dovere di attivarsi per impedire il protesto di una cambiale quando abbia avuto notizia dell’avvenuto pagamento da parte del debitore, pena una responsabilità che potrebbe indicarsi come da “contatto sociale”, visto l’affidamento incolpevole dell’interessato che abbia comunicato l’avvenuto pagamento (Cassazione civile, sez. I, sentenza del 13 maggio 2009, n. 11130, in Giust.

civ., 2010, 4, I, p. 957 e ss.).

Cfr. NIVARRA L., Alcune precisazioni in tema di responsabilità contrattuale, in Europa e diritto

privato, 2014, fasc. 1, p. 45 e ss., commentando una sentenza in materia da contatto sociale

nell’ambito medico, fa notare, occupandosi del problema dei rapporti, da una parte, tra l’art. 1337 e l’art. 1173 c.c., dall’altra, tra la culpa in contrahendo e il contatto sociale, come « la pronunzia in

esame, oltre ad avere finalmente potato un autentico ramo secco del nostro ius receptum, abbia con precisione messo a fuoco il significato della previsione di cui all’art. 1337 c.c. come di una norma che ravvisa nella buona fede la fonte di un’obbligazione ex art. 1173 c.c.: così ripristinando il primato di un paradigma — quello della culpa in contrahendo — a lungo offuscato dai bizzarri percorsi delle nostre corti e che oggi, viceversa, viene portato alla luce sia pure in modo un po’ tortuoso, posto che ciò che culpa in contrahendo e “contatto sociale” hanno in comune è proprio lo schema ricavabile dall’art. 1337 c.c. che è lo stesso di cui la giurisprudenza, attingendo ad una dottrina non sempre ben digerita, si è avvalsa».

dell’autorità giudiziaria (basti pensare alla necessità per il creditore di fornire la pro- va dell’effettiva scadenza del credito garantito)211.

Per concludere la prima parte del presente capitolo, si può dunque affermare la condivisibilità della posizione dottrinale che ha ricondotto e tuttora riconduce gli strumenti finanziari dematerializzati ai titoli di credito, con tutte le conseguenze ap- plicative che si è cercato di evidenziate.

Tale visione, nata antecedentemente all’incorporazione della disciplina di cui al Decreto Euro all’interno del Tuf, risulta oggi ancor più giustificata. Infatti, la riforma ha sostituito la locuzione «titoli, ai sensi e per gli effetti della disciplina di cui al tito- lo V, libro IV del codice civile», di cui all’art. 28 Decreto Euro, con il termine «do- cumenti», di cui all’art. 83-bis Tuf.

Dunque, lo stesso legislatore ha inteso escludere uno degli elementi, quello lette- rale, che aveva consentito di ritenere inapplicabile la disciplina dei titoli di credito. Ora, semplicemente, «gli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione sui mercati regolamentati italiani non possono essere rappresentati da documenti».

La conclusione generale cui, allora, si può pervenire è che il titolo di credito non necessariamente deve essere incorporato in un documento cartaceo, né in fase di emissione né in fase di circolazione. L’impiego della carthula altro non è che il frutto di un retaggio storico, dovuto all’impossibilità di individuare altri strumenti tecnici idonei a svolgere la medesima funzione di incorporazione. E, come si diceva, è quest’ultima un requisito fondamentale, non la cartaceità.

Come allora affermato da certa dottrina «venuto meno il dogma della cartolarità degli strumenti finanziari, il legislatore, attraverso uno strumento di parificazione ha previsto che il titolare del conto abbia, comunque, un diritto reale sui titoli registrati a suo nome, e non solo un diritto di credito verso l’emittente; quindi il d. legisl. n. 213/98 ha introdotto il fenomeno della dematerializzazione senza allocare all’investitore e all’emittente rischi maggiori rispetto a quelli previsti dal previgente sistema»212.

211 Come si vedrà nella seconda parte del presente capitolo, il d.lgs. n. 170/2004 ha introdotto nuovi

meccanismi di escussione della garanzia finanziaria, i quali implicano un alleggerimento delle forma- lità consuete, prima tra tutte il necessario ricorso all’autorità giudiziaria. Pur potendo il creditore sod- disfarsi autonomamente sull’oggetto della garanzia dandone semplice comunicazione per iscritto al datore del pegno o, eventualmente, agli organi della procedura fallimentare, permangono diversi vin- coli che gli impediscono (o gli dovrebbero impedire) di ledere le prerogative del debitore, nonché de- gli altri creditori concorrenti, ottenendo più di quanto gli è dovuto.

Parte seconda

Le garanzie finanziarie nella Direttiva 47/2002/CE e nel d.lgs. n. 170/2004

7. Fondamento e struttura della Direttiva 47/2002/CE

Con la più volte citata Direttiva 2002/47/CE, come modificata attraverso la Diret- tiva 2009/44/CE, il legislatore comunitario ha inteso dare un impulso verso l’integrazione delle discipline nazionali dettate in materia di garanzie finanziarie e pegno213.

Il provvedimento214 s’inserisce nel contesto di una serie di interventi normativi in materia di garanzie che si caratterizza per la precipua finalità di consentire un più ef- ficace perseguimento, in ambito finanziario, degli obiettivi istituzionali della libera prestazione dei servizi e della libera circolazione dei capitali.

I motivi ispiratori dell’intervento sono molteplici215, tuttavia condividono tutti l’ottica di rendere quanto più efficiente e competitivo possibile il mercato unico eu- ropeo, soprattutto nel contesto della competizione finanziaria globale.

Ad un primo livello di approssimazione, dunque, si può affermare che con la Di- rettiva si sia programmato di soddisfare «il bisogno di dotare il mercato finanziario di regole uniformi che consentano quindi al mercato europeo di funzionare come uno spazio economico unico»216.

Invero, già tale affermazione merita una precisazione. Lo stimolo alla produttività attraverso la «agevolazione dell’accesso delle imprese al denaro e quindi del merca- to al dettaglio»217 costituisce un’ulteriore evoluzione delle suddette motivazioni che hanno spinto all’emanazione della Direttiva c.d. collateral218, poiché, come si vedrà quando ci si occuperà del suo ambito soggettivo di applicazione, la proposta origina- ria della Commissione europea individuava esclusivamente in determinati «soggetti qualificati», essenzialmente istituti finanziari e creditizi con fatturati al di sopra di

213 L’uniformazione in materia di garanzie finanziarie non è prerogativa delle istituzioni comunitarie

europee. Progetti di uniformazione in ambito internazionale sono stati realizzati da diverse organizza- zioni. Sul punto si rimanda al Cap. IV par. IV.

214 Tale serie di provvedimenti è inaugurata con la Direttiva 1998/26/CE avente ad oggetto la regola-

mentazione delle garanzie transfrontaliere costituite nell’ambito di operazioni finanziarie, attuata nel nostro ordinamento attraverso il d.lgs. n. 210/2001.

215 Sul punto cfr. MARINO R., Recepimento della direttiva 2002/47/CE sui contratti di garanzia fi- nanziaria. Le innovazioni nel diritto delle garanzie reali, in Rass. dir. civ., 2005, 4, p. 1166 e ss., p.

1169.

216 CANDIAN A., Garanzie Finanziarie (diritto comunitario), cit., p. 608.

217 GARDELLA A., Le garanzie finanziarie nel diritto internazionale privato, cit., p. 167

218 Il termine «collateral» è impiegato nella Direttiva per indicare genericamente e tecnicamente le

garanzie finanziarie oggetto della sua disciplina. Il termine deriva dall’utilizzo, appunto collaterale, che di esse viene fatto per attenuare il rischio del credito, dunque dal fenomeno della «collateralisa-

una certa soglia, i propri destinatari. La versione finale, invece, ha esteso l’applicazione a tutte le società, mantenendo come limite rispetto alla normativa or- dinaria il criterio della natura di operatore finanziario di almeno uno dei contraenti, nonché la natura, anche questa finanziaria, del bene offerto in garanzia. In altre paro- le, con la versione finale qualsiasi società, anche di piccole dimensioni ed operante al di fuori del mercato finanziario, che si trovi a concedere ad un soggetto qualificato una garanzia finanziaria, ha diritto di vedersi applicata la normativa in esame219.

L’evoluzione di motivazioni ora delineata è in parte rinvenibile nel terzo conside- rando che introduce al vero e proprio corpo normativo, a mente del quale il legislato- re comunitario ha voluto «creare un regime comunitario per la fornitura in garanzia di titoli e contante, con costituzione del diritto reale di garanzia o tramite trasferi- mento del titolo di proprietà, compresi i contratti di pronti contro termine», allo sco- po di favorire «l’integrazione e l'efficienza del mercato finanziario in termini di co- sti, nonché la stabilità del sistema finanziario dell’Unione europea e pertanto la li- bera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali nel mercato unico dei servizi finanziari».

La volontà di perseguire gli obiettivi ora delineati parte dalla corretta constatazio- ne che quanto più un sistema normativo sulla garanzia del credito è coerente, effi- ciente ed efficace nell’accoglimento delle necessità avanzate dalla prassi, tanto più sarà semplice e veloce per gli imprenditori accedere al mercato dei finanziamenti, con ovvi ed evidenti benefici in termini di produttività (e benessere) per l’intera col- lettività220.

Da un punto di vista puramente economico, infatti, la ratio ispiratrice della Diret- tiva può essere identificata nella volontà di abbassare quanto più possibile i costi connessi al recupero del credito, per dare origine ad un meccanismo virtuoso e gene- ralizzato in base al quale il credito medesimo, quando è oggetto di finanziamento, as- sume per il richiedente un peso economico inferiore.

Per andare maggiormente nel dettaglio, la Direttiva (che, come si vedrà, ha trova- to recepimento nel nostro Paese attraverso il d.lgs. n. 170/2004) interviene su alcuni aspetti ritenuti critici nell’ottica dell’armonizzazione e del miglioramento delle nor- mative nazionali sulle garanzie finanziarie in generale e sul pegno in particolare.

Anzitutto, essa vuole attenuare l’incidenza di alcuni fenomeni, quali l’incremento dei costi delle negoziazioni e la compromissione della velocità degli scambi tra gli operatori, dovuti alla compresenza di discipline locali che, non riconoscendosi vi- cendevolmente e regolando creazione e realizzazione delle garanzie mobiliari in mo-

219 Come ha sottolineato GARDELLA A., Le garanzie finanziarie nel diritto internazionale privato,

cit., p. 167, «è soprattutto l’estensione soggettiva ad aver comportato un mutamento copernicano del-

le motivazioni dell’adozione dell’atto, che non vanno più ricercate nel solo obiettivo di ridurre il ri- schio sistemico e di rafforzare la libera circolazione dei capitali e la libera prestazione dei servizi bancari e finanziari all’ingrosso, ma anche nell’agevolazione dell’accesso delle imprese al denaro e quindi del mercato al dettaglio».

220 Come è stato giustamente osservato da BONFANTI F., Commento alla normativa, cit., p. 676, «si può dunque affermare con certezza che la Direttiva risponde, in ultima istanza, all’esigenza di dina- micità dei mercati, nella misura in cui introduce una serie di misure destinate ad agevolare l’accesso al credito per le imprese».

do indipendente, impediscono di fatto lo sviluppo di una rete finanziaria transfronta- liera221. Si pensi, ad esempio, al caso dell’operatore su diversi mercati che, qualora non esistesse una disciplina uniforme, dovrebbe farsi carico degli ingenti costi deri- vanti dalla necessità di conoscere in maniera approfondita tutte le normative naziona- li per lui rilevanti, conoscenza indispensabile per non incorrere in invalidità o riquali- ficazioni che vanificherebbero lo sforzo imprenditoriale compiuto222.

Proprio il rischio della riqualificazione (recharacterisation risk), ossia il pericolo che una garanzia finanziaria venga dal giudice interno ricostruita in termini di garan- zia reale tipica - con tutte le conseguenze del caso in termini di oneri costitutivi, op- ponibilità e decadenze per il mancato rispetto delle formalità richieste dalla legge na- zionale - è uno dei principali motivi che hanno spinto la Commissione Europea ad intervenire con una normativa uniforme.

La Direttiva, lo si anticipa, ha inteso in questo senso eliminare alcuni formalismi ritenuti inutili, per lo più indirizzati alla tutela del soggetto che fornisce la garanzia (il c.d. collateral provider), tipici dei sistemi romanistici di civil law, rimpiazzandoli con altri (ad es. il criterio della ragionevolezza commerciale) sulla carta in grado di meglio rispondere alle concorrenti esigenze di certezza ed efficacia del diritto223.

Un secondo aspetto attiene al c.d. rischio sistemico, definito dalla dottrina come il rischio che «consiste nel propagarsi degli effetti negativi dell’insolvenza di un’impresa dall’ordinamento interno a quelli esterni, con i quali l’impresa in crisi può essere entrata in contatto nell’ambito della propria attività economica e finan- ziaria. Rischio, la cui eliminazione era da tempo uno degli obiettivi del legislatore comunitario già fissato nel piano di azione sui servizi finanziari, e avviato con l’introduzione della moneta unica, al fine di realizzare un’effettiva integrazione dei mercati e di creare un diritto comune europeo delle garanzie finanziarie, che fosse in grado di dare maggiore sicurezza al mercato e di disciplinare in modo uniforme la negoziazione nei sistemi di pagamento e di regolamento titoli»224.

Il rischio sistemico, connaturato alla stretta interdipendenza delle diverse econo- mie nazionali europee, rappresenta un problema anche a livello politico, tanto che da tempo le istituzioni comunitarie sono su diversi piani impegnate ad approntare stru-

221 Cfr. GUCCIONE A., I contratti di garanzia finanziaria, Quaderni, cit., p. 14, per il quale «questo dato assume proporzioni sensibili quando le parti risiedono in ordinamenti giuridici differenti essen- do necessario sopportare anche l'onere, difficilmente ammortizzabile quando le parti operino occa- sionalmente all'estero, di acquisire una conoscenza dell'ordinamento giuridico tale da offrire la ne- cessaria certezza del rispetto di tutti i requisiti necessari».

222 BONFANTI F., Commento alla normativa, cit., p. 509.

223 Interessante sul punto la riflessione di MACARIO F., Modificazioni del patrimonio del debitore, poteri di controllo del creditore e autotutela, in Scritti in onore di Cesare Massimo Bianca, tomo IV,

Milano, 2006, p. 205, per il quale «è evidente che ogni riflessione sull’espansione, in primo luogo nel-

la prassi commerciale e finanziaria, dei meccanismi di autotutela del creditore, attraverso l’arricchimento degli strumenti giuridici di controllo sulle condizioni patrimoniali del debitore, dovrà procedere in parallelo con la valorizzazione delle clausole e dei principi generali, con una posizione di preminenza, evidentemente, delle regole di correttezza e buona fede, la cui efficacia si manifesta maggiormente nel momento in cui la contrattazione fra privati proceda – non potrebbe essere diver- samente nella materia in esame – con una decisa tendenza verso l’atipicità e, quindi, nella prospettiva della massimizzazione della libertà dei contraenti».

menti di politica finanziaria e monetaria che impediscano a crisi settoriali di propaga-