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La natura degli strumenti finanziari dematerializzati Le nuove tecniche di “incorporazione”

Nel corso del paragrafo precedente si è sollevata la questione circa l’assimilabilità ai titoli di credito degli strumenti finanziari dematerializzati di cui al d.lgs 213/1998 (c.d. decreto euro, oggi Tuf). Sì è sottolineato come il problema non si distingue per connotati puramente teorici o dogmatici, potendo la soluzione adottata determinare ripercussioni differenti nel contesto della concreta pratica commerciale e negoziale.

Per dare una risposta al quesito è necessario stabilire quanto della materialità tipi- ca dei titoli di credito venga conservato negli strumenti decartolarizzati, posto che è l’aspetto della reificazione del credito a costituire l’elemento caratterizzante la disci- plina di cui agli art. 1992 e ss. c.c.

È stato affermato che la scritturazione costituirebbe «una trasformazione, egual- mente funzionale, del supporto cartaceo: una materialità alleggerita, efficiente ed economica»176, per la quale sarebbe replicabile il processo di graduale ma inesorabile assimilazione alla forma scritta documentale attuata per i documenti elettronici e vir- tuali. Effettivamente, è innegabile che nessuno oggi metta più seriamente in discus- sione la piena validità ed efficacia delle contrattazioni telematicamente concluse nell’ambito dei mercati nazionali ed internazionali nei settori merceologici più diffe- renti.

Già sulla base di queste preliminari considerazioni si può dunque sospettare che l’iscrizione nei conti tenuti dagli intermediari autorizzati, i quali sono ovviamente obbligati a specificare natura, quantità, titolarità e vincoli gravanti sui beni, non af-

175 Di questi aspetti ci si occuperà più diffusamente nel paragrafo successivo. 176 CALLEGARI M., Il pegno su titoli dematerializzati, cit., p. 59.

fievolisca, ma per contro forse addirittura rafforzi, la caratteristica della letteralità ti- pica dei titoli di credito. Si sta dicendo, cioè, che, proprio come avviene per questi ultimi, del contenuto del diritto fa fede l’espressione scritta che lo descrive, e in que- sto senso non rileva che tale espressione sia supportata da un formato cartaceo o elet- tronico. Lo stesso Tuf, e prima di esso il decreto euro, consente all’intermediario di emettere documenti scritti che certifichino i diritti dei clienti. Dunque, anche per gli strumenti completamente ed assolutamente dematerializzati si può parlare di princi- pio della letteralità, in quanto la corretta iscrizione dei dati relativi al credito è condi- zione necessaria e sufficiente per esercitare in quei precisi termini il diritto descritto.

Ma al di là della letteralità, che attiene agli aspetti contenutistici della scritturazio- ne, è interessante occuparsi del diverso elemento della funzione da quest’ultima esplicata, poiché è essenzialmente su questo terreno che si misura la possibilità di porre su piani equivalenti iscrizione e incorporazione.

Ora, pare che la registrazione all’interno di un conto assolva esattamente allo stes- so compito della trascrizione su un documento cartaceo, ossia predisporre uno stru- mento tecnico sufficientemente rigido e sicuro che consenta al diritto di circolare. Esiste tra i due supporti una differenza puramente naturalistica, ma a livello funzio- nale si replicano gli stessi obiettivi e caratteristiche.

In questo senso, il limite tra la disciplina della cessione del credito e quella dei ti- toli cartolari non risiede nell’impiego di un supporto cartaceo, bensì evidentemente nella sussistenza di un meccanismo che preveda per il credito l’attribuzione di un connotato di materialità. In altre parole, ai fini dell’applicazione della disciplina car- tolare non è necessario l’impiego di un supporto fatto di carta, e di ciò è ben consa- pevole lo stesso legislatore, che con l’art. 2346 c.c., riformato nel 2003, testualmente stabilisce che «le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni; sal- vo diversa disposizione di leggi speciali, lo statuto può escludere l’emissione dei re- lativi titoli o prevedere l’utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circola- zione».

La materialità dei titoli di credito, dunque, non può essere intesa come sinonimo di cartaceità, ed è in questa direzione che deve essere data risposta alla domanda se la disciplina cartolare sia applicabile anche quando effettivamente manchi un titolo di credito inteso nella sua accezione tradizionale177. La risposta non può che essere af- fermativa almeno tutte le volte in cui, proprio come avviene per gli strumenti finan- ziari dematerializzati ed accentrati, sono predisposti meccanismi di registrazione e controllo tali da consentire un’idonea e completa informazione sul contenuto del di-

177 Secondo LIBONATI B., Titoli di credito e strumenti finanziari, Milano, 1999, p. 105 «la reifica- zione della situazione soggettiva nel documento non è fenomeno naturale; la situazione soggettiva non sta mai “dentro” il veicolo cartaceo. La reificazione o incorporazione si risolve in una espres- sione metaforica che indica, plasticamente, un particolare collegamento di una situazione soggettiva a un documento in conseguenza dell'applicazione di una particolare disciplina. Con un diverso inter- vento legislativo un altro ma equivalente tipo di collegamento può essere dunque creato».

ritto nonché l’esclusività del possesso in capo al titolare178. In pratica, il titolo di cre- dito può indifferentemente assumere la forma cartacea o quella elettronica.

Affermando, con il Tuf, che gli strumenti finanziari disciplinati non possono esse- re rappresentati da titoli, il legislatore sembra allora sia intervenuto su aspetti di for- ma più che di sostanza, nel senso che ha tipizzato un diverso tipo di supporto tecnico per la circolazione dei crediti, senza per questo rinunciare alla disciplina tradizional- mente sottesa ai titoli cartolari179. D’altronde, tale posizione si mostrerebbe perfetta-

mente coerente con il principio della libertà delle forme che pervade il nostro ordi- namento, a mente del quale si dovrebbe concludere per la necessarietà della carthula soltanto se e quando l’impiego di supporti alternativi fosse insufficiente o insoddisfa- cente rispetto agli scopi perseguiti.

Il dibattito sull’applicabilità della disciplina dei titoli di credito agli strumenti fi- nanziari dematerializzati si sviluppa e procede anche con riguardo alla natura del di- ritto vantato dal loro titolare. Quest’ultimo, a seguito dell’iscrizione in conto, gode di un diritto dominicale, equiparabile ad un diritto di proprietà, o di un mero diritto di credito?

Possono essere richiamate a tal proposito le parole di alcuna dottrina in aperta contraddizione con gli autori predicanti la natura obbligatoria dei diritti scaturenti dalla titolarità degli strumenti finanziari dematerializzati180, secondo la quale «se la posizione nei confronti della società di gestione può essere assimilata ad un rappor- to obbligatorio, non altrettanto può dirsi nei confronti dell’intermediario, e, soprat-

178 La conclusione ora delineata si impone anche per ragioni di ordine generale che attengono alla si-

curezza dei traffici giuridici. Come osservato da DEVESCOVI F., Tre dubbi sulla “tutela cartolare”

nei tempi della dematerializzazione, in Banca bor. tit. cred., 2003, fasc. 6, p. 713 e ss., p. 725, «per la formazione e per la tutela di un mercato della ricchezza mobiliare - e dunque del meccanismo econo- micamente e giuridicamente fondamentale per la mobilizzazione del credito - risulta opportuna una disciplina cartolare, intesa come il complesso delle disposizioni dettate in tema di titoli di credito. Non è invece indispensabile lo strumento tecnico tradizionalmente utilizzato allo scopo di mobilizzare la ricchezza, in quanto all'incorporazione del diritto in un documento "dotato di materialità" o "mate- rialmente allestito", come un tempo si teneva a specificare, va attribuito un valore solo relativo. In altre parole, per i mercati è possibile (e anzi, in certe situazioni, auspicabile, per conservare loro effi- cienza) un superamento del documento, il quale, pur concedendogli le qualità che lo caratterizzano, rappresenta solo una delle varie tecniche di circolazione e, per di più, una tecnica non essenziale per garantire un sistema di protezione equivalente a quella cartolare».

179 Di questa opinione è anche LA SALA G. P., Disciplina del possesso e acquisto in buona fede in regime di dematerializzazione, in Riv. soc., 2004, fasc. 6, p. 1391 e ss., secondo il quale «il tenore dell'art. 28, comma 1, d.lgs. 213/1998 non osta, di per sé, all'applicabilità della disciplina codicistica relativa all'acquisto a non domino di beni mobili, così come per i titoli di credito non ha valore pre- clusivo in tal senso l'art. 1157 c.c., secondo cui gli effetti del possesso di buona fede dei titoli sono re- golati dagli artt. 1992 ss. c.c. L'art. 28 sancisce infatti il carattere obbligatorio della dematerializza- zione, ma non afferma che il nuovo statuto non può essere integrato dalle disposizioni contenute nel codice civile».

180 CIAN M., La dematerializzazione degli strumenti finanziari, in Banca bor. tit. cred., 2007, fasc. 6,

p. 641 e ss., pp. 675-676, secondo il quale «l’accredito dello strumento finanziario dematerializzato

non attribuisce al beneficiario alcuna posizione giuridica di natura reale, né di carattere dominicale, né possessorio. Ancorché la configurazione di un diritto di proprietà e di una situazione di possesso sul titolo registrato nei conti appaia diffusa nel pensiero europeo, e raccolta espressamente anche da taluni legislatori, essa non ha alcun fondamento logico, e si radica esclusivamente in una concezione conservatrice del fenomeno scritturale, ancora legata alle categorie cartolari».

tutto, dell’emittente e dei terzi»181. Ciò in quanto attraverso l’iscrizione in conto il ti- tolare degli strumenti acquisisce una signoria piena e diretta, oltre che esclusiva per- ché i beni risultano inaccessibili ai terzi. Il diritto di proprietà, in particolare, avrebbe ad oggetto il supporto materiale, non più cartaceo ma informatico. Né si potrebbe contraddire la posizione assumendo che in realtà è necessario, per l’esercizio effetti- vo dei diritti, l’intervento di un soggetto terzo (l’intermediario) così come avviene tipicamente per i diritti di credito. Infatti, tale soggetto non è il debitore, bensì un mandatario che nel rapporto con la res assume un ruolo neutro di mero cooperante ed esecutore di ordini182.

Né, per decretare la natura obbligatoria del diritto sui diritti accentrati, vale affer- mare che gli strumenti iscritti in conto sono insuscettibili di possesso, poiché dottrina e giurisprudenza sono da tempo arrivate a concludere che il diritto di proprietà può esplicarsi anche con riferimento a beni immateriali (ad esempio, energia elettrica o colonna d’aria) per i quali non è concettualmente possibile immaginare un relazione di apprensione fisica. In questo senso, allora, il problema della natura reale del diritto vantato sugli strumenti finanziari sembra essere collegato, ma non certo coincidente, con quello della natura, materiale o immateriale, degli strumenti medesimi.

A tal ultimo proposito sia comunque concessa una breve digressione. In favore della materialità, per così dire mediata, degli strumenti finanziari accentrati depone anche la natura del rapporto giuridico che si instaura tra il titolare dei beni e l’intermediario autorizzato. Quest’ultimo, prima dell’intervento del d.lgs. 213/1998 (il quale, lo si ricorda, ha introdotto per alcune categorie di strumenti finanziari la dematerializzazione completa ed assoluta), veniva ricostruito, sulla base della l. 189/1986 e del d.lgs. 58/1998, in termini di subdeposito alla rinfusa183, poiché l’intermediario autorizzato procedeva, come depositario del titolare dei beni, a con- segnare a sua volta i titoli alla società di gestione accentrata (Monte Titoli s.p.a.). La natura di deposito si giustificava in ragione della persistenza dei documenti cartacei, i quali, seppur esclusi dalla circolazione, continuavano ad esistere come res. Con la completa dematerializzazione il rapporto tra cliente ed intermediario è stato invece da più parti tratteggiato in termini di mandato gestorio, poiché l’intermediario, senza più assumere la custodia dei titoli, si limita, per così dire, ad amministrare i titoli in nome e per conto del cliente e secondo le indicazione da questo impartite184.

181 CALLEGARI M., Il pegno su titoli dematerializzati, cit., p. 79.

182 Questa posizione non è pacifica in dottrina. Vi è chi, come SPADA P., La circolazione della "ric- chezza assente" alla fine del millennio (riflessioni sistematiche sulla dematerializzazione dei titoli di massa), in Banca bor. tit. cred., 1999, IV, p. 407 ss., p. 416, identifica la necessaria interposizione di

un intermediario come un elemento che impedisce, anzi priva di senso, l’applicazione eventuale della disciplina dei titoli di credito, la quale si caratterizza proprio per «l’immediatezza della relazione giu-

ridica fra chi pretende e chi deve».

183 Secondo l’art. 1 della l. 289/1986 «la "Monte Titoli S.p.a. - Istituto per la custodia e l'amministra-

zione accentrata di valori mobiliari" ha per oggetto esclusivo lo svolgimento di servizi intesi a razio- nalizzare la custodia e la negoziazione dei valori mobiliari, in particolare attraverso la gestione del si- stema di amministrazione accentrata in base al criterio di fungibilità dei valori stessi. Tale attività è svolta in conformità alle disposizioni della presente legge».

184 Tra gli altri cfr. SARTORI F., La dematerializzazione degli strumenti finanziari, in Riv. dir. civ.,

Ora, questa posizione non sembra del tutto condivisibile, neppure se ricontestua- lizzata al periodo della fine degli anni novanta dello scorso secolo, nel quale effetti- vamente si assisteva ad una compresenza di fonti (d.lgs. 58/1998 e d.lgs. 213/1998) potenzialmente foriera di dualismi interpretativi. Già ai tempi non era condivisibile perché pareva orientata a costituire un presupposto funzionale alla qualificazione de- gli strumenti finanziari accentrati in termini di beni assolutamente immateriali e, conseguentemente, alla predisposizione di un impianto teorico che potesse sostenere l’affermazione secondo cui i diritti su tali beni hanno natura obbligatoria.

Invero, secondo alcuni185, il rapporto negoziale tra cliente ed intermediario ex. d.lgs. 213/1998 doveva continuare ad essere qualificato come contratto di deposito, ed in particolare di deposito regolare, e ciò per l’assorbente ragione che altrimenti si sarebbe darebbe dato vita ad un sistema bifronte, con diversità di obblighi e diritti contrattuali per i soggetti coinvolti, a seconda che la detenzione degli strumenti fosse operata dall’intermediario ex T.U.F. o ex decreto euro. La pratica, al contrario, inse- gnava che gli operatori facevano uso delle medesime tecniche ed assumevano le me- desime condotte per i due tipi di strumenti, parzialmente e completamente demateria- lizzati, senza fare distinzione alcuna in ordine al regime giuridico in cui i valori si trovano.

Oggi, come detto, la disciplina della dematerializzazione di cui al decreto euro è stata trasfusa nel Tuf, dunque non sussiste più un problema di interpretazione combi- nata di fonti differenti. E poiché il Tuf parla costantemente di deposito (lo stesso art. 85 è rubricato “deposito accentrato”), sembra si possa concludere che il rapporto in- tercorrente tra titolare degli strumenti ed intermediario presupponga l’esistenza di una res.

Ovviamente, come anche verrà evidenziato nei prossimi paragrafi, tali considera- zioni non limitano la propria efficacia al campo teorico, ma assumono rilevanza de- terminante anche con riguardo alla soluzione del problema circa la natura, obbligato- ria o reale, del pegno avente per oggetto valori decartolarizzati.

Per tornare allora al problema della natura del diritto vantato dal titolare sugli strumenti decartolarizzati, come è stato anticipato nel precedente paragrafo, la tutela reale offerta dagli artt. 83-quinquies e 83-septies Tuf, la quale richiama la disciplina di cui agli art. 1993 e 1994 c.c., presuppone implicitamente che la relazione tra il ti- tolare del conto e i “beni” ivi menzionati sia di natura dominicale, e dunque reale.

Infatti, secondo quanto disposto dal comma 2 dell’art. 83-quinquies, «colui il qua- le ha ottenuto la registrazione in suo favore, in base a titolo idoneo e in buona fe- de, non è soggetto a pretese o azioni da parte di precedenti titolari». L’art. 83- septies prevede invece che «all'esercizio del diritti inerenti agli strumenti finanziari da parte del soggetto in favore del quale è avvenuta la registrazione l'emit- tente può opporre soltanto le eccezioni personali al soggetto stesso e quelle comuni a tutti gli altri titolari degli stessi diritti».

Vengono così replicate le tutele reali poste in favore del cessionario del titolo di credito cartolare, al quale non può opporsi né la mancanza di titolarità del dante cau- sa né l’inesistenza del credito, tantomeno eventuali aspetti soggettivi relativi a prece- denti rapporti186.

Alla luce delle considerazioni finora proposte, può conclusivamente affermarsi che il decreto euro non ha inteso, per gli strumenti finanziari accentrati, costituire un sistema parallelo e non comunicante rispetto a quello dei titoli di credito. Piuttosto, ha voluto predisporre uno schema normativo attraverso il quale accompagnare la di- sciplina cartolare in un contesto moderno, caratterizzato dall’impiego di strumenti e supporti nuovi e nel quale il titolo di credito, lungi dall’essere vicino al tramonto, continua, riammodernato e riadattato, ad assumere un ruolo predominante, anzi indi- spensabile, per la circolazione della ricchezza187.

4. Strumenti finanziari e garanzia mobiliare

Prima di approfondire l’annoso problema della natura del pegno su strumenti fi- nanziari dematerializzati, è necessario dare conto con più precisione dell’evoluzione che in quest’ambito la disciplina dei vincoli ha subito nel corso nei decenni.

Il punto di partenza è necessariamente la normativa che il codice civile riserva al pegno su azioni, poiché essa rappresenta il prototipo alla luce del quale possono

186 È stato osservato da LA SALA G. P., L’acquisto a non domino di strumenti finanziari demateria- lizzati, in Banca bor. tit. cred., 2004, fasc. 4, p. 467 e ss., p. 470, che «attraverso l'art. 32, comma 2°, d.lgs. n. 213 del 1998 si è dunque scelto di adattare al regime di dematerializzazione il principio di autonomia nella circolazione dei titoli di credito. Il che riveste un'indubbia valenza ai fini della pari- ficazione tra circolazione cartolare e scritturale, poiché il riconoscimento di tutela reale all'acquiren- te avverso il potenziale difetto di titolarità del dante causa costituisce uno dei nuclei - e secondo alcu- ni il nucleo centrale - della disciplina cartolare. L'utilità dell'esegesi della disposizione si spinge quindi oltre la definizione del suo contenuto precettivo. Infatti, l'indagine sul grado di compatibilità tra acquisto a non domino di titoli di credito e di strumenti finanziari dematerializzati è idonea a rive- lare fino a che punto vi è contiguità tra il nuovo fenomeno e la materia cartolare, riflettendosi altresì sul problema dell'inquadramento dei secondi nel genus dei titoli di credito».

187 Al di là degli spunti puramente teorici e sistematici, si potrà dunque riconoscere, per tornare ad un

esempio già prospettato, che i crediti scritturali iscritti in un registro detenuto presso l’intermediario possano costituire oggetto di fondo patrimoniale ex art. 167 c.c.. Così CARUSO C., La conferibilità

degli strumenti finanziari dematerializzati nel fondo patrimoniale, in Dir. fam., 2001, fasc. 3, p. 1124

e ss. Della stessa opinione favorevole sono anche BUSANI A. - CANALI C. M., Strumenti finanziari

dematerializzati: circolazione, vincoli e conferimento in fondo patrimoniale, in Riv. not., 1999, fasc.

5, p. 1059 e ss., p. 1089, i quali, occupandosi dei requisiti formali necessari per rendere conoscibile ai terzi il contenuto del fondo patrimoniale quando questo abbia ad oggetto beni dalla consistenza parti- colare come gli strumenti finanziari dematerializzati, affermano che «la nuova disciplina pare rispon-

dere anche a quelle esigenze richieste in punto di conferimento di titoli di credito in fondo patrimo- niale; venuto meno il veicolo cartolare e non potendo più far risultare il vincolo di destinazione dal titolo, adeguata pubblicità del vincolo dello strumento finanziario in fondo patrimoniale può pur sempre essere rappresentata da quella risultante dall'apertura di un conto (o dalla registrazione del vincolo di destinazione in apposito conto) da parte dell'intermediario, ove risulti la destinazione dello strumento finanziario al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Una tale forma di pubblicità ben può ritenersi «altro modo idoneo» di pubblicità ai sensi dell'art. 167, ultimo comma, c.c.».

esaminarsi le normative che, soprattutto recentemente (con il d.lgs. n. 170/2004), hanno inciso fortemente sull’assetto generale della materia.

Com’è noto, il nostro ordinamento differenzia la disciplina del pegno a seconda che abbia ad oggetto crediti oppure beni mobili. Le azioni, intese dal codice civile come titoli di credito, rientrano certamente in quest’ultima categoria, e per esse deve conseguentemente farsi applicazione degli artt. 2786 e 2787 c.c. Il primo, in ossequio al principio del necessario spossessamento del debitore, chiede che il documento venga consegnato al beneficiario della garanzia o a un terzo designato dalle parti; il secondo si occupa di stabilire quando e come scatta la prelazione, disponendo che, oltre gli € 2,58, deve essere predisposta una scrittura avente data certa che indichi sufficientemente il credito e la cosa data in pegno. Tale scrittura, dunque, deve con- tenere l’esatta indicazione dei titoli azionari che dal debitore vengono concessi in ga- ranzia a tutela delle ragioni del creditore.

Si aggiungono poi alle norme di carattere generale quelle speciali, in particolare