Con tale locuzione ci si riferisce a quella forma “anomala” di pegno che consente la sostituzione dei beni originariamente oggetto della garanzia con altri diversi senza che l’operazione possa dare luogo ad un nuovo rapporto di garanzia102. Con la c.d. clausola di rotatività, in altre parole, il mutamento dei beni originariamente oggetto della garanzia reale non fa sorgere l’obbligo di rinnovare le modalità per la costitu- zione del vincolo o per la nascita del diritto di prelazione, né concorre a realizzare le condizioni utili per l’esercizio delle azioni revocatorie103.
La fattispecie, negli ultimi decenni, ha trovato ampio riscontro nell’ambito delle contrattazioni bancarie per l’accesso al credito104, ed ha assunto come punto di par- tenza la figura del pegno su titoli105. Come è stato giustamente osservato «il patto di
101 Per un’anticipazione sul tema del lease-back si rimanda a LOTTA F., Gli indici di anomalia del lease back nella recente giurisprudenza [nota a sentenze: Trib. Santa Maria Capua Vetere 13 marzo
2012, Milano 24 gennaio 2012, Milano 28 giugno 2010], in Banca bor. tit. cred., 2013, fasc. 3, p. 356 e ss.
102 Il primo autore ad aver teorizzato la figura è stato GABRIELLI E. ne Il pegno “anomalo”, cit., p.
182.
103 Secondo GABRIELLI E., Le garanzie rotative, I contratti del commercio, dell’industria e del mer- cato finanziario, Torino, 1994, p. 853, il pegno rotativo è una «forma di garanzia che consente la so- stituibilità o mutabilità nel tempo dell’oggetto senza comportare, ad ogni mutamento, la rinnovazione del compimento delle modalità richieste per la costituzione delle garanzie o per il sorgere del diritto di prelazione, ovvero senza che dia luogo alle condizioni di revocabilità dell’operazione economica in tal modo posta in essere». In realtà, la celebre definizione è stata in parte criticata da taluna dottrina,
secondo la quale essa, affrontando la questione della rotatività «esclusivamente nella linea della con-
figurazione degli effetti reali della garanzia, sconta la già censurata identificazione del pegno con la sua sola fase esecutiva. In realtà, se si dà, come occorre, adeguato rilievo al fatto che il rapporto di garanzia si articola in due dimensioni [la gestione del bene concesso in garanzia e l’esecuzione (paro-
le nostre)], risulta evidente – ai limiti dell’ovvio o, se si preferisce, dell’intuitivo – che la fase in cui
collocare la clausola di rotatività non è tanto quella esecutiva, bensì appunto quella che rispetto ad essa è preparatoria: e cioè, della custodia «utile», orientata alla valorizzazione costante del pegno»
(così MALVAGNA U., Sulle clausole di rotatività nel pegno: funzione «conservativa» del valore del-
la garanzia e strutture decisionali delle sostituzioni, in Banca Bor. Tit. Cred., 2014, 3, p. 313 e ss., p.
323).
104 L’istituto assume come fonte d’ispirazione la floating charge anglosassone, di cui ci si occuperà
più diffusamente nel prosieguo del lavoro (cfr. RYDER F. R., The floating charge. Past, present and
future - Here and Abroad, Londra, 1977, p. 25 e ss.).
105 Un tipico esempio di clausola rotativa rinvenibile all’interno di un contratto bancario e concepita a
partire dalle N.U.B. potrebbe essere il seguente: «quando siano stati dati in garanzia Buoni del Tesoro ordinari, la banca è autorizzata a curare la riscossione dei Buoni che venissero a scadere nel corso dell’anticipazione e a reimpiegare gli importi riscossi nell’acquisto di altrettanti Buoni del Tesoro or- dinari di durata eguale a quelli scaduti e al tasso in vigore al momento del rinnovo e così di seguito ad
rotazione costituisce uno dei maggiori interventi di riconoscimento delle esigenze manifestate dalla prassi contrattuale»106, ed in questo senso l’esame della figura è di estremo interesse per comprendere a che livello prassi e giurisprudenza concorrano a delineare nuovi scenari nel panorama delle garanzie mobiliari, soprattutto attraverso un’opera di condizionamento nei confronti del legislatore.
Per venire al dato sostanziale, a fronte di operazioni di mutuo o anticipazione ban- caria garantite da somme di denaro, titoli o merci, le banche hanno cominciato a di- sporre la sostituibilità dei suddetti cespiti con altri dello stesso tipo via via che si ve- rificava la loro scadenza o consumazione, impiegando a tal fine, come appunto in una ruota, proprio le somme ricavate dalla vendita dei beni originari. Tuttavia, ed è questo il punto fondamentale, i nuovi beni venivano sottoposti all’originario vincolo di garanzia reale, escludendosi, in base ad una espressione di volontà negoziale, che potesse verificarsi un effetto di tipo novativo.
La prassi bancaria, com’è facile intuire, non è stata da tutti favorevolmente accol- ta. È stato sostenuto che il pegno su titoli, dovendo essere ricostruito in termini di pegno regolare perché inerente a “cose”, presuppone, tanto per la sua valida costitu- zione quanto per l’efficace opponibilità ai terzi, che la res sia indicata con precisione fin dal momento genetico del rapporto di garanzia. In effetti, secondo l’art. 2787, comma 3, c.c. «la prelazione non ha luogo se il pegno non risulta da scrittura con data certa, la quale contenga sufficiente indicazione del credito e della cosa», dun- que sembrerebbe che, quantomeno sotto il profilo dell’attivazione del meccanismo prelazionario, non possa concepirsi un mutamento del bene oggetto di garanzia senza rinnovamento delle formalità richieste dall’ordinamento. Tale norma, d’altronde, si caratterizzerebbe per la sua natura imperativa, giacché avrebbe lo scopo precipuo di tutelare gli altri creditori concorrenti con quello garantito, e ciò sarebbe sufficiente per escludere l’ammissibilità di qualsiasi intervento derogatorio di matrice negoziale. Un altro problema che è stato sollevato attiene alla necessaria realità del contratto di pegno, o per meglio dire, alla necessità che la cosa o il documento che della cosa conferisce l’esclusiva disponibilità siano consegnati al creditore, secondo quanto di- sposto dall’art. 2786, comma 1, c.c. . Questo aspetto è strettamente connesso a quello della necessaria tipicità dei diritti reali, principio che verrebbe secondo autorevole dottrina frontalmente leso se si ammettesse che la res oggetto della garanzia può es- sere sostituita a discrezione delle parti senza che ciò produca alcun effetto novati- vo107. Inoltre, vi sarebbero problemi di coordinamento anche con riferimento al prin- cipio della par condicio creditorum.
ogni successiva scadenza dei Buoni del Tesoro ordinari provenienti dal rinnovo o dai rinnovi effettua- ti. Gli importi riscossi ed i titoli con essi acquistati sono soggetti all’originario vincolo di pegno».
106 BAGGIO F. - REBECCA G., Il pegno di strumenti finanziari, cit., p. 302,
107 Cfr. GORLA G. ZANELLI A., Del pegno. Delle ipoteche, cit., p. 368. Della stessa opinione è
GAZZONI F., Il vestito dell’imperatore (replica «ossessiva» sul pegno rotativo), in Riv. not., 2002, fasc. 3, p. 563 e ss., p. 566, il quale, in aperto contrasto con le tesi esposte dal Gabrielli sulla configu- rabilità della figura qui oggetto d’indagine, afferma, a proposito della realità del pegno rotativo e dun- que della sua riconducibilità (per quanto fattispecie “anomala”) alla figura tipica del pegno, che «è la
stessa rotatività non novativa a non poter essere opposta, perché il patto configurativo, come tutte le vicende obbligatorie, non è in grado di incidere su modelli normativi tipici, che configurano, essi sì,
Una tesi più possibilista, invece, ha inteso considerare la validità e l’efficacia del patto di rotatività ma solo all’interno dei rapporti tra creditore e debitore. Il pegno ro- tativo, in altre parole, costituirebbe una forma di pegno atipico inopponibile ai terzi, ma comunque meritevole di tutela perché volto a sostenere l’esigenza di finanzia- mento delle imprese108.
In realtà, le posizioni ora sommariamente ricostruite sono state da più parti (ed in diversi contesti, come ora si vedrà) bersagliate con forti critiche, ed hanno finito, in ultima analisi, per essere ampiamente superate.
Cominciando dall’ultimo dei profili sopra delineati, già ad un primo livello dottri- nale è stato giustamente fatto notare che di per sé la clausola di rotatività non può in alcun modo violare il principio della par condicio creditorum. Quest’ultimo sarebbe posto in pericolo se, per ipotesi, i beni sostituiti avessero un valore superiore rispetto a quelli originari, così determinandosi per il creditore un incremento di garanzia che non trova corrispondenza e giustificazione nel titolo originario. Ebbene, è proprio quest’ultimo accordo a configurare un vulnus al principio in parola, non il patto rota- tivo, il quale resta neutro rispetto agli altri creditori se prevede a monte il rispetto dei valori originari109.
Il ragionamento posto alla base dell’assunto si fonda sulla corretta considerazione che la cosa data in garanzia rileva non già per la sua identità materiale, bensì per la sua componente di valore. In effetti, il creditore garantito e gli altri concreditori non sono interessati alla cosa in sé, quanto piuttosto all’espressione monetaria ed econo- mica ad essa riferibile, sicchè se questa resta invariata non sussistono motivi per af- fermare la lesione del principio in parola110.
diritti reali. Così come, ad esempio, non si può modificare il contenuto del diritto di proprietà me- diante vincoli di destinazione, altrettanto non si potrà programmare pattiziamente lo spossessamento del creditore pignoratizio e la modificazione dell'oggetto del pegno». Lo scritto rappresenta una con-
troreplica a GABRIELLI E., «Pinocchio», il «grillo parlante» e il problema del pegno rotativo: spie-
gazioni... a richiesta ( fra il serio e il faceto), in Riv. not., 2002, fasc. 3, p. 547 e ss., il quale era stato
impiegato dal suo autore per fornire i chiarimenti richiesti con GAZZONI F., Qualche dubbio sul pe-
gno rotativo (in attesa di spiegazioni), in Riv. not., 2000, fasc. 6, p. 1468 e ss., p. 1471.
108 Cfr. GISOLFI S., Il punto sull’ammissibilità del patto di rotatività nel pegno, in Riv. not., fasc. 3,
2006, p. 855 e ss., p. 864; GAZZONI F., Qualche dubbio, cit., p. 1469.
109 In questo senso cfr. FINARDI D., Efficacia reale del pegno rotativo: posizione consolidata della giurisprudenza, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2000, fasc. 7, p. 777 e ss., p. 780,
secondo il quale «non è infatti la possibilità di costituire garanzie rotative in sé ciò che minaccia la
par condicio stessa, ma le eventuali frodi e collusioni tra costituente e creditore garantito che posso- no avere luogo in occasione della sostituzione e danneggiare gli altri creditori. La costituzione della garanzia rotativa in sé non viola la par condicio più della costituzione di una garanzia ordinaria, at- teso che il valore economico oggetto di garanzia rimane il medesimo, e che la procedura concorsuale trasforma appunto tutti i beni del debitore nel loro valore economico, per cui per essa due beni di va- lore equivalente sono equivalenti tout court e quindi infine la convenzione di rotatività è priva di ef- fetto. Se dunque l’interesse alla par condicio è leso solo dal pericolo di collusioni, è ragionevole rite- nere che il crescente processo di istituzionalizzazione dei soggetti che gestiscono il mercato mobiliare e del credito dovrebbe escludere o minimizzare tale pericolo».
110 PANZANI L., Pegno rotativo ed opponibilità, cit., p. 269. L’Autore, concorde con la tesi ora ripor-
tata, aggiunge inoltre che il patto di rotatività, da una parte, è conforme rispetto al principio di auto- nomia contrattuale di cui le parti possono usufruire secondo il disposto dell’art. 1322, comma 2, c.c., dall’altra, non è incompatibile con le forme attraverso le quali viene regolata dall’ordinamento la na-
Sull’argomento non può essere ignorato il contributo offerto dalla giurisprudenza, la quale, a partire dalla fine degli anni novanta dello scorso secolo e mutando il pro- prio precedente indirizzo, ha cominciato ad esprimersi conformemente all’orientamento dottrinale ora indicato. Per entrare più nel dettaglio, con un primo arresto la Corte di Cassazione ha di fatto stabilito in presenza di quali requisiti il pat- to di rotatività possa ritenersi conforme ai principi del nostro ordinamento. È neces- sario, e tali condizioni devono sussistere cumulativamente, che i beni previsti per la sostituzione siano stati effettivamente trasmessi al creditore o a un terzo, che la con- segna risulti da un atto scritto con data certa, che vi sia sostanziale equivalenza tra valore del bene sostituto e valore del bene sostituito, in modo che il primo non superi il secondo, e, infine, che il negozio di rotazione preveda termini e modi attraverso i quali effettuare la sostituzione dei beni originari111.
Successivamente, la giurisprudenza di legittimità ha preso posizione anche con ri- guardo alla natura, novativa o meno, dell’operazione di rotazione, affermando in so- stanza che pur in presenza di una sostituzione reale l’operazione deve essere conside- rata in maniera unitaria, dunque il momento genetico del rapporto di garanzia deve essere individuato nel momento della consegna dei beni originari112. D’altronde, tale ricostruzione non è nuova nel nostro ordinamento, dal momento che esistono istituti contigui a quello qui in esame, ad esempio il pegno di cosa futura, per i quali è paci- fica l’affermazione che i successivi atti materiali non rilevano ai fini della ri-nascita del diritto di garanzia113.
L’affermazione non ha un rilievo puramente teorico, essendo destinata a produrre contraccolpi notevoli soprattutto in materia di insolvenza e procedure concorsuali. Come è stato chiarito dalla Corte, i termini per la revocatoria di cui agli artt. 2901 c.c. e 67 l. fall. non riprenderanno a decorrere ogni volta dal momento della sostitu- zione, ma dovranno essere computati a partire dal momento dell’iniziale costituzione del pegno, con evidente svantaggio per i creditori diversi da quello garantito con pe- gno rotativo.
scita del pegno, proprio per il fatto che non altera il valore del bene (una volta che tale valore venga considerato come la componente veramente significativa del rapporto di garanzia).
111 Si rimanda alla già citata Corte di cassazione, sez. I, sentenza 28 maggio 1998, n. 5264, con nota di
AZZARO A. M., Il pegno "rotativo" arriva in cassazione: ovvero "come la dottrina diventa giuri-
sprudenza", in Banca bor. tit. cred., 1998, fasc. 5, p. 491 e ss. Per una ricognizione dottrinale sul pun-
to cfr. MACARIO F., Diritto civile, cit., p. 243.
112 Parla di patto di rotatività come fattispecie a formazione progressiva che trae origine dall’accordo
delle parti e si perfeziona con la sostituzione dell’oggetto del pegno senza necessità di ulteriori sosti- tuzioni e quindi nella continuità del rapporto originario la sentenza della Corte di cassazione, sez. I, 27 settembre 1999, n. 10685. Secondo i giudici ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria fallimenta- re, la genesi del diritto reale di garanzia deve stabilirsi al momento della stipulazione originaria e non a quello successivo della sostituzione. Per un commento si rimanda ad AZZARO A.M., Pegno “rota-
tivo” ed operazione economica, in Riv. dir. comm., 2000, parte II, p. 259 e ss.
113 Quest’ultima affermazione merita una precisazione. La tesi che riconduce il pegno rotativo al pe-
gno su cosa futura e, dunque, ad una fattispecie negoziale a formazione progressiva, è fortemente cri- ticata da chi ritiene le due figure tra loro incompatibili. Infatti, nel pegno rotativo non vi è alcuna pro- gressione, poiché il vincolo è ab initio perfettamente valido ed efficace, al contrario del pegno di cosa futura che fa sorgere retroattivamente la garanzia soltanto quando la res è venuta ad esistenza ed è sta- ta consegnata al creditore. Così GAZZONI F., Qualche dubbio, cit. p. 1471 e ss.
Il concetto di “garanzia sul valore del bene”, combinato con la ricostruzione del negozio di rotazione in termini di continuazione del rapporto originario, ha consenti- to di superare il problema della necessaria realità del pegno. Infatti, se il pegno è sul valore, non si produce novazione e al più si configura un’ipotesi di surrogazione rea- le114, per cui il momento da tenere in considerazione per verificare se il requisito del- lo spossessamento è stato integrato è quello originario, quando il rapporto di garanzia è sorto, non quello successivo in cui si è proceduto alla sostituzione dei beni. Infatti, come è stato osservato da attenta dottrina «la sostituzione dell’oggetto non determina la costituzione di un nuovo pegno rispetto a quello originario ma dà luogo ad una surrogazione reale, che esclude qualsiasi effetto novativo e lascia immutata l'identità del rapporto nell'unità dell’operazione»115. D’altronde, il requisito dell’impossessamento da parte del creditore non può essere idealizzato fino a ritenere che rilevi in sé, perché esso è concepito come strumento per raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore che si è qui ricostruito in termini congiunti di pubblicità per i terzi e tutela per il creditore garantito, esigenze queste che risultano essere piena- mente accolte anche nell’ipotesi del pegno rotativo con surrogazione dei beni.
Della bontà di tali approdi vi sono diverse e significative conferme legislative. Anzitutto, già ad un livello più generale trascendente il settore specifico delle ga- ranzie mobiliari, è possibile riscontrare l’esistenza di norme, come gli artt. 2742, 2815 e 2816 c.c., per citare i più significativi, che si occupano di disciplinare gli ef- fetti della surrogazione reale rispetto al negozio originariamente concluso dalle parti. Si tratta di ipotesi che pur nella loro diversità, anche a livello di collocazione siste- matica, si preoccupano di garantire e mantenere in vita il vincolo originario, relegan- do l’atto della sostituzione ad un evento con connotati meramente materiali116.
In secondo luogo, la già ricordata disciplina dettata in materia di prosciutti a de- nominazione di origine tutelata e prodotti caseari prevede una serie di meccanismi
114 Parla espressamente di surrogazione reale, tra gli altri, GABRIELLI E., I negozi costitutivi di ga- ranzie reali, in Banca bor. tit. cred., 1996, fasc. 1, p. 149 e ss., secondo il quale «è possibile, median- te la surrogazione reale, operare la sostituzione dell'oggetto del pegno, pur mantenendo l'originaria unità e identità del rapporto, in quanto l'interesse protetto con la garanzia non è quello diretto al con- seguimento della res, ma quello diretto al conseguimento dell'utilità reale: del valore economico rap- presentato dalla cosa, nella quale si identifica il concetto di garanzia reale».
115 Così GISOLFI S., Il punto, cit., p. 861.
116 Secondo taluna dottrina la lettura che rende ammissibile la figura del pegno rotativo «trova riscon- tri in alcune norme del codice civile, quali l’art. 2742, che prevede la surrogazione dell’indennità del- la cosa costituita in pegno in caso in cui questa sia perita o deteriorata, l’art. 2795 c.c., in tema di pegno di crediti e l’art. 2825 c.c. in tema di ipoteca di beni indivisi, le quali prendono in considera- zione la cosa per la sua componente di valore nel presupposto che l’interesse del titolare del diritto non sia rivolto al bene specifico ma al suo valore economico: la sostituzione dei beni con altri del medesimo valore è considerata come surrogazione reale, con esclusione dunque di qualsiasi effetto novativo» (CENINI M., voce «Garanzie atipiche», in Digesto delle discipline privatistiche, sez. civ.,
agg. 8, Torino, 2013, pp. 307-308). Il richiamo alle ipotesi legalmente previste di surrogazione reale è stato criticato da chi, come Gazzoni, ritiene che è concettualmente sbagliato invertire i rapporti di for- za tra disciplina speciale e disciplina generale. Con tale argomento, infatti, la tesi che propende per l’ammissibilità del pegno rotativo farebbe della disciplina settoriale un’applicazione generale ed este- sa oltre i limiti positivamente predisposti, mentre la disciplina generale, che dispone come principio la fissità e la specialità dell’oggetto del pegno, sarebbe relegata su posizioni applicative del tutto margi- nali.
idonei a sostituire i beni in lavorazione con altri finiti ontologicamente identici, senza che il pegno, attuato per mezzo di marcature ed iscrizioni in registri, perda la sua es- senza originaria.
Ancora, con il d. lgs. n. 213 del 1998 e l’introduzione della integrale dematerializ- zazione degli strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, è stato concepito un sistema che non prevede la costituzione di un vincolo sulla res, quanto, piuttosto, sul valore del titolo concesso in garanzia. Quest’ultimo, una volta iscritto nel conto dell’intermediario, può essere sostituito con altri della stessa specie e dello stesso va- lore, senza che da ciò discenda l’instaurazione di un nuovo rapporto di garanzia. È stato a tal ultimo proposito osservato che «il valore supera e trascende il titolo, dato che, a parità di valore, la sostituzione ed integrazione dei vari strumenti finanziari non dà luogo ad una pluralità di pegni ma allo stesso pegno modificato di contenu- to»117.
Tuttavia, i riconoscimenti più significativi dell’ammissibilità del pegno rotativo nel nostro ordinamento pervengono dalla normativa comunitaria, tradotta in legisla- zione interna, riguardante la materia delle garanzie finanziarie. In particolare, il d.