nibus”
Secondo il principio di specialità tipico dei diritti reali, il pegno, così come l’ipoteca e l’anticresi, devono avere ad oggetto beni specificamente individuati. Di conseguenza, il pegno su cose generiche o future si costituisce soltanto nel momento in cui queste siano venute ad esistenza oppure siano state oggetto di individuazio- ne121.
Un’altra clausola concepita dalla prassi bancaria, definita come pegno “omnibus” ed afferente proprio all’oggetto della garanzia mobiliare122, ha lo scopo di mitigare il principio della specialità per come questo è stato concepito dal legislatore del 1942.
Le norme bancarie uniformi hanno inteso la figura come quel tipo di garanzia gra- zie alla quale l’istituto creditizio può estendere il proprio diritto di prelazione oltre ai beni già detenuti a titolo di pegno anche a tutti gli altri valori riferibili al cliente cor- rentista, sia che questi siano già nel controllo della banca, sia che al cliente perven- gano in futuro123.
Si tratta, in altre parole, di una clausola di estensione della garanzia reale che at- tribuisce alla banca il diritto potestativo di ampliare l’oggetto della garanzia origina- ria attraverso un meccanismo di individuazione per relationem.
121 Come insegna RUBINO D., Il pegno, cit., p. 208, «ci si trova in presenza di un unico contratto de- finitivo di pegno, che è valido ma per il momento ancora incompleto, e si completerà, e farà sorgere il diritto di pegno, solo quando, venuta ad esistenza la cosa, ne sarà fatta la consegna».
122 Della figura si è occupato, tra gli altri, GABRIELLI E., Il pegno. I diritti reali, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Milano, 2005, p. 138 e ss.
123 Non si può prescindere, quando si tratta l’argomento in parola, da un riferimento alla natura giuri-
dica delle norme uniformi bancarie. Secondo quanto stabilito dalla Corte di cassazione (cfr., tra le al- tre, Cassazione civile, sez. I, sentenza 11 novembre 1999, n. 12507, in Giust. civ., 2000, I , p. 2045 e ss., nota di DI PIETROPAOLO), la natura di tali atti non è di uso normativo, bensì di mero uso nego- ziale (in quanto tale suscettibile, eventualmente, di essere dichiarato invalido se contrastante con la legge). Pertanto, sebbene siano frutto di concertazione tra l’Associazione Bancaria Italiana e le princi- pali associazioni per la tutela degli interessi dei consumatori, esse non obbligano le parti, in sede con- trattuale, ad utilizzare gli schemi predisposti e le formule in esse contenute.
Prima di addentrarsi nell’esame della fattispecie per comprenderne eventuali limi- ti di validità, è necessario occuparsi, seppur brevemente, della struttura della clauso- la, la quale spesso può non risultare del tutto intellegibile.
Per meglio comprendere, può proporsi il seguente esempio di clausola “omni- bus”: «la banca è investita del diritto di pegno e di ritenzione su tutti i titoli o valori di pertinenza del Correntista che siano comunque e per qualsiasi ragione detenuti dalla Banca stessa o che pervengano ad essa successivamente, a garanzia di qua- lunque suo credito verso il Correntista, diretto o indiretto o cambiario, anche se non liquido ed esigibile e/o assistito da altra garanzia reale e personale, già in essere o che dovesse sorgere verso il cliente, rappresentato da saldo di conto corrente e/o di- pendente da qualunque operazione bancaria o fatta dalla o con la Banca. – In parti- colare, le cessioni di credito e le garanzie pignoratizie a qualsiasi titolo fatte o costi- tuite a favore della Banca stanno a garantire ogni altro credito, in qualsiasi momen- to sorto pure se non liquido od esigibile, della Banca medesima verso la stessa per- sona»124.
La prima parte della previsione convenzionale, a ben vedere, spesso non riguarda soltanto l’estensione dell’oggetto della garanzia nei termini che si sono poc’anzi ac- cennati, ma si spinge a disporre che i beni già nella disponibilità della banca potreb- bero essere impiegati per garantire crediti futuri, ipotetici o anche soltanto meramen- te eventuali che l’istituto si dovesse trovare a vantare nei confronti del cliente. In questo caso, pertanto, si dispone non già, e non tanto, un’estensione dell’oggetto, bensì si prende in considerazione una base di crediti garantiti differente e più ampia rispetto a quella originariamente indicata.
Il cuore della clausola è possibile rinvenirlo però in un secondo segmento lettera- le, e corrisponde a quanto si è già accennato in apertura del corrente paragrafo. La banca assume la facoltà di disporre in maniera automatica dei beni del correntista che per qualsiasi ragione, anche transitoria, dovessero successivamente pervenire nella sua detenzione, estendendo su di essi la garanzia originariamente convenuta.
Infine, la terza ed ultima parte della convenzione si preoccupa il più delle volte di qualificare giuridicamente le forme delle garanzie che si è inteso realizzare, definen- do l’operazione in termini di cessione del credito misto a pegno con attribuzione di un diritto di ritenzione in favore del creditore.
Struttura e scopi, questi ultimi evidentemente connessi ad un’esigenza di autotute- la per le banche, sono stati da alcuni ritenuti conformi con le norme dettate in materia dal nostro ordinamento. Dal punto di vista strutturale, è stato infatti sostenuto che il pegno omnibus costituirebbe un’ipotesi di fattispecie complessa nella quale il con- senso prestato dal debitore-cliente rappresenterebbe il titolo attraverso il quale egli si impegna a concedere in garanzia propri beni anche futuri, titolo che consente al cre- ditore-banca di mutare in possesso la detenzione goduta sui beni successivamente
124 Tratto da DOLMETTA A. A., Clausola c.d. di pegno «omnibus», in Rivista di diritto bancario,
consultabile all’indirizzo web http://www.dirittobancario.it/rivista/profili-civilistici/clausola-cd-di- pegno-omnibus , 2014.
pervenutigli125. Quest’ultimo passaggio sarebbe fondamentale per poter configurare un impossessamento a titolo di pegno.
Quanto all’aspetto della meritevolezza degli scopi perseguiti, vi è chi sostiene che «queste clausole servono al fine dell'incremento degli affari e del credito o rispon- dono comunque all'esigenza di avere strumenti di garanzia sufficientemente duttili da non richiedere, di volta in volta, il preventivo assenso del garante»126. La necessi- tà di reprimere possibili abusi da parte delle banche andrebbe in questo senso soddi- sfatta non già dichiarando l’inammissibilità della fattispecie, bensì spostando la tutela sul piano del rispetto delle regole di buona fede e correttezza nell’esercizio del dirit- to.
Tuttavia, la dottrina prevalente (e preferibile) non concorda su queste posizioni127. La censura tradizionale che si muove alla teoria positiva mira a delegittimare una pratica che, con terminologia cara alla dottrina penalistica, sarebbe definibile in ter- mini di “frode delle etichette”. Infatti, dietro ad un negozio apparentemente qualifi- cabile come pegno su cosa futura, perché effettivamente i beni oggetto della garanzia non sono ancora venuti ad esistenza, si celerebbe un rapporto di garanzia su beni in- determinati e indeterminabili, attraverso l’individuazione per relationem soltanto al momento dell’impossessamento da parte della banca. In questo modo, quest’ultima potrebbe estendere il pegno costituendo un possesso, anche momentaneo e transito- rio, su beni a lei affidati, con evidente detrimento per tutti gli altri creditori. L’indeterminabilità in parola dà origine, come necessaria conseguenza, alla nullità della clausola, oltre che alla logica, perché consequenziale, impossibilità di configu- rare un vantaggio prelazionario della banca rispetto agli altri creditori.
Tanto più che dal punto di vista della meritevolezza degli interessi perseguiti, «la clausola non appare rispondente ad un interesse apprezzabile ai sensi dell'art. 1379 c.c., e dunque meritevole di tutela, risolvendosi in definitiva nell'aggiunta di una sor- ta di maxi-garanzia generalizzata alle normali garanzie»128. Detto in altri termini, alla banca che intendesse rafforzare la propria posizione sarebbe concesso fruire de- gli strumenti predisposti dall’ordinamento, i quali sono già “tarati” per rispondere al- le esigenze dei creditori ritenute per qualità e quantità tutelabili.
Affermazioni analoghe possono azzardarsi quando il contenuto estensivo della clausola “omnibus” riguardi non l’oggetto della garanzia, quanto, come altrettanto spesso accade, la base di crediti da garantire con l’operazione.
125 COLOMBO G. E., Pegno bancario; le clausole di estensione, la prova della data, in Banca bor. tit. cred., 1982, I, p. 193 e ss., p. 201.
126 SALINAS C., Il pegno “omnibus”, in Banca bor. tit. cred., 1997, fasc. 5, p. 603 e ss., p. 622, che
precisa come non si possa «escludere ab initio la possibilità dell'esistenza di queste clausole, perché
esse rispondono alla necessità pratica di adattare le garanzie alle caratteristiche concrete dei rappor- ti bancari (ed in particolare, al fatto che in questi il rapporto con il cliente non suole limitarsi ad un'operazione determinata, bensì si configura come una molteplicità di negozi che si sviluppano in un periodo di tempo relativamente lungo)»
127 BUSSOLETTI M., Garanzie bancarie, in Banca bor. tit. cred., 1990, I, p. 614 e ss., SOLDAN M., Diritto di ritenzione e realizzo nel contratto di deposito titoli in amministrazione. Le garanzie atipiche e il pegno bancario, in Nuova giur. civ. comm., 2014, fasc. 6, p. 467 e ss., p. 477.
Si ripropone in termini simili il dubbio se la futurità, stavolta riguardante il credito da garantire, sia di ostacolo al rispetto dei principi regolanti la materia delle garanzie reali, ed in particolare dei principi di accessorietà e specialità. Infatti, come è stato giustamente osservato, la necessaria determinabilità dei crediti garantiti rappresenta un limite «stabilito nel generale interesse alla tutela della libertà della proprietà in modo da tutelare i terzi acquirenti del bene dato in pegno consentendo loro di desu- mere da elementi oggettivi l'entità del vincolo che grava sul bene»129.
Vi sono poi previsioni di carattere ancor più generale che impongono al contraen- te di concludere contratti il cui oggetto sia possibile, lecito, determinato o, quanto- meno, determinabile (art. 1346 c.c.).
In linea di massima, dottrina130 e giurisprudenza131 sono concordi nel ritenere ammissibile un pegno relativo a crediti non ancora sorti, non fosse per altro che già in materia di ipoteca, con l’art. 2852 c.c.132, il legislatore dispone favorevolmente in questo senso, quindi non vi sarebbero ragioni evidenti per escludere che lo stesso meccanismo possa operare anche in ambito mobiliare133. Maggiori problemi e con- trasti sorgono invece quando sono da stabilire i requisiti che la clausola deve presen- tare per far ritenere i suddetti crediti determinati.
Si potrebbe sostenere che la clausola di estensione non può limitarsi ad effettuare una generica relatio al rapporto di conto corrente tra banca e cliente, ma è comunque sufficiente che l’indicazione del credito futuro sia ricavabile attraverso l’individuazione del rapporto dal quale sorgerà, o potrà sorgere, il credito medesimo. In questo modo, pertanto, si andrebbe oltre la posizione più rigida che richiedeva l’espressa e precisa indicazione della natura e dell’ammontare di ciascun credito, nonché la scadenza e la fonte.
In ogni caso, una clausola che, come quella sopra citata, si limiti a rinviare a «qualunque … credito verso il Correntista, diretto o indiretto o cambiario, anche se non liquido ed esigibile e/o assistito da altra garanzia reale e personale, già in esse-
129 MARANO P., Pegno bancario, cit., p. 125.
130 Tra gli altri ANGELICI C., Le garanzie bancarie, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno,
vol. XII, Torino, 1985, p. 1036.
131 Cfr. Cassazione civile sentenza 5 marzo 1953, n. 519, in Giustizia civile, 1953, I, p. 793 e ss.. 132 La norma stabilisce che l’ipoteca prende grado dal momento della sua iscrizione, anche se è iscritta
per un credito condizionale. Essa si applica anche nel caso di crediti che possano eventualmente na- scere in dipendenza di un rapporto già esistente. È vero che una norma del genere non è prevista in materia di pegno, tuttavia, come è stato giustamente osservato, «l’applicazione analogica di tale di-
sposizione al pegno di crediti si giustifica per altro in considerazione della ricorrenza della medesima esigenza di evitare il vincolamento della proprietà privata a tutela di interessi meramente eventuali»
(BIANCA C. M., Diritto Civile, 7, cit., p. 153).
In questo senso si è espressa anche Cassazione civile, sez. I, sentenza 25 marzo 2009, n. 7214, in Con-
tratti, 2009, p. 711 e ss., secondo la quale è ammissibile la costituzione della garanzia a favore di cre-
diti condizionali o che possano eventualmente sorgere in dipendenza di un rapporto già esistente, fer- mo restando che la la mera determinabilità del rapporto comporta l'inopponibilità del pegno agli altri creditori qualora manchi la sufficiente indicazione del credito garantito.
133 Interessante al proposito è la nuova formulazione del pegno comune nell’ambito del sistema fran-
cese post riforma 2006 di cui ci si occuperà nel cap. IV par. 2.2. L’interesse del dato comparatistico risiede nella circostanza che un ordinamento contiguo e storicamente affine al nostro ha operato la scelta di introdurre positivamente il pegno “omnibus” su crediti futuri esattamente alle condizioni in- dicate dalla nostra dottrina e giurisprudenza, ossia la determinabilità dei crediti medesimi.
re o che dovesse sorgere verso il cliente» deve certamente essere considerata invali- da.
Con particolare riferimento al pegno a garanzia generica del saldo di conto corren- te, è stato obiettato che esso sarebbe invalido perché non consentirebbe di isolare i singoli episodi da cui nascono, nello specifico, i crediti per la banca. Tuttavia, anche alla luce di quanto previsto dall’art. 1844 c.c., secondo il quale l’apertura di credito può essere garantita da vincoli mobiliari ed immobiliari, può sostenersi che in tale ipotesi il credito sia sufficientemente individuato, perché è rappresentato dall’eventuale saldo passivo risultante in favore della banca al momento della chiusu- ra del conto.
In definitiva, non può aprioristicamente escludersi la validità né del pegno di cosa futura né del pegno a garanzia di crediti futuri. In entrambi i casi, tuttavia, è necessa- rio che sussista l’indicazione quantomeno di modalità e criteri certi per procedere al- la successiva individuazione. La clausola omnibus, per come viene concepita e redat- ta nei contratti bancari, non rispetta tali requisiti e, pertanto, deve essere considerata invalida.
Restano da definire le modalità attraverso le quali declinare siffatta invalidità. Con un approccio rigoristico, potrebbe sostenersi che la nullità della clausola in- veste l’intera pattuizione, anche cioè con riferimento alla parte che regola l’apertura della linea di credito, l’eventuale gestione in conto corrente nonché la garanzia costi- tuita sul credito principale, e ciò alla luce del disposto dell’art. 1419, comma 1, c.c.
Parte della dottrina ricollega l’essenzialità richiesta dalla norma ora citata al con- cetto di accessorietà della clausola, nel senso che se si accerta che la clausola omni- bus costituisce parte integrante della pattuizione, allora non può disconoscersi la cor- rettezza di un’estensione generalizzata dell’invalidità134.
La posizione non è condivisibile per il fatto che prescinde completamente dai pro- fili soggettivi che attengono all’essenzialità della clausola. Infatti, per la sua operati- vità la nullità totale presuppone una volontà concordemente indirizzata dei contraen- ti. Secondo quanto disposto dalla norma, si ha nullità dell’intero contratto quando ri- sulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità. Pertanto, la qualificazione della clausola omnibus come parte integrante della pattuizione non importa automaticamente la sua essenzialità se si dimostra che di essa anche solo uno dei contraenti avrebbe fatto a meno. Viceversa, l’essenza di mera clausola di stile potrebbe comunque dare luogo alla nullità del ne- gozio nella sua interezza se si provasse una concorde volontà delle parti nel ritenerla essenziale135.
Ebbene, è regola d’esperienza che molto difficilmente i clienti decidano delibera- tamente di obbligarsi con patti sostanzialmente vessatori, nella convinzione che sen-
134 Secondo BAGGIO F. - REBECCA G., Il pegno di strumenti finanziari, cit. p. 36.
135 Di questo avviso è anche Cassazione civile, sez. I, sentenza 5 luglio 2000, n. 8970, in Foro it.,
2000, I, c. 2782 e ss., secondo la quale l’inserimento di una clausola “omnibus” all’interno di contratti contenuti in formulari redatti da una delle parti non determina automaticamente l’essenzialità della clausola stessa e la conseguente estensione della sua nullità all’intero contratto.
za questi il negozio sarebbe per loro inutile o poco proficuo. La considerazione porta ad affermare, quindi, che la nullità del pegno omnibus non importa, salvo che le cir- costanze del caso concreto depongano diversamente, anche la nullità del rapporto sottostante, e che questo, di conseguenza, resterà garantito dal solo pegno a tutela del credito originario.
Non corretta, invece, appare la tesi, per la verità prevalente in giurisprudenza136, se- condo la quale il rapporto di garanzia resterebbe in piedi ma con sola efficacia inter partes. Infatti, i principi della specialità e dell’accessorietà non attengono soltanto al problema della prelazione, ma riguardano soprattutto i profili di validità della garan- zia. L’indeterminatezza dell’oggetto del contratto non può essere retrocessa a mera causa di inopponibilità, a meno che non si voglia a tutti i costi fornire un’interpretazione che preservi le banche da uno scenario ritenuto, a torto o a ragio- ne, eccessivamente penalizzante.
S’impone, infine, un ultimo riferimento sull’intervento in materia della normativa di origine comunitaria sulle garanzie finanziarie. L’art. 2 della Direttiva n. 47/2002/CE si occupa delle definizioni e stabilisce che le obbligazioni finanziarie ga- rantite possono consistere anche in «obbligazioni presenti e future, effettive o condi- zionate o potenziali (comprese quelle derivanti da un accordo quadro o da un accor- do analogo)»; l’art 1, lett. o), del d. lgs. 170/2004, da par suo, prevede l’estensione dell’ambito oggettivo di applicazione della normativa alle «obbligazioni, anche con- dizionali ovvero future, al pagamento di una somma di denaro ovvero alla consegna di strumenti finanziari, anche qualora il debitore sia persona diversa dal datore del- la garanzia».
Entrambi i testi fanno riferimento ad obbligazioni condizionali e future, dunque potrebbe sostenersi che con essi si sia definitivamente data sanzione positiva alla fi- gura del pegno omnibus. Tuttavia, più correttamente le disposizioni devono essere interpretate nel senso che i crediti garantiti (le c.d. obbligazioni finanziarie) devono comunque essere determinati o determinabili, essendo in ogni caso richiesta la de- scrizione degli estremi principali del rapporto obbligatorio posto alla base della ga- ranzia.
La normativa comunitaria ed italiana di recepimento, pertanto, non si discosta così nettamente dalla disciplina nazionale, in base alla quale, in presenza di determinate condizioni, si ritiene ammissibile tanto il pegno di cosa futura quanto quello a garan- zia di crediti non ancora sorti.
136 Così, tra le altre, Cassazione civile, sez. I, sentenza del 19 giugno 1972, n. 1927, in Banca bor. tit. cred., 1973, II, p. 10 e ss.. Conforme anche la già citata Cassazione civile, sentenza 5 luglio 2001, n.