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Il patto commissorio nella Direttiva 2002/47/CE e nel d.lgs n 170/2004

Secondo il terzo considerando della Direttiva 2002/47/CE , l’intervento regolatore della materia delle garanzie finanziarie si è reso necessario per «creare un regime comunitario per la fornitura in garanzia di titoli e contante, con costituzione del di- ritto reale di garanzia o tramite trasferimento del titolo di proprietà, compresi i con- tratti di pronti contro termine», allo scopo di favorire «l'integrazione e l'efficienza del mercato finanziario in termini di costi, nonché la stabilità del sistema finanziario dell'Unione europea e pertanto la libera prestazione dei servizi e la libera circola- zione dei capitali nel mercato unico dei servizi finanziari».

La ratio ispiratrice della Direttiva, e conseguentemente del decreto legislativo ita- liano di recepimento n. 170/2004, è stata dunque la volontà di ridurre il c.d. «rischio sistemico», ossia il pericolo che l’insolvenza di un operatore finanziario attivo su un mercato transnazionale possa comportare conseguenze pregiudizievoli anche per l’intero mercato o, comunque, per gli altri operatori che con esso sono entrati in con- tatto414. Così, attraverso particolari tecniche di riduzione del rischio di credito, tra le quali può annoverarsi la stessa introduzione della moneta unica, è stata perseguita non solo la finalità microeconomica di esonerare il creditore dal costo del recupero di quanto dovutogli, ma anche quella macroeconomica, alla prima direttamente conse- guente, di ridurre il costo complessivo del credito415.

È noto che con la Direttiva si sia fondamentalmente dato ingresso negli ordina- menti nazionali alla figura del trasferimento della proprietà in funzione di garanzia, quantomeno nell’ambito delle contrattazioni finanziarie. A tal proposito, ulteriore in- cremento di rischio sistemico derivava anche dal c.d. recharacterisation risk, ossia dal pericolo che l’operazione negoziale conclusa, definibile appunto in termini di alienazione in funzione di garanzia, fosse riqualificata all’interno del singolo Stato come costitutiva di una garanzia reale tipica, con tutte le conseguenze negative del caso, in termini di invalidità o inefficacia, nell’ipotesi di mancato rispetto dei forma- lismi previsti nei vari ordinamenti quanto a costituzione e opponibilità della garanzia tipica. Come affermato da attenta dottrina, queste incertezze costringevano gli opera- tori che intendessero «costituire una garanzia reale tipica a farsi carico dei costi le-

414 Più nello specifico, alcuni Autori come MARINO R., Recepimento della direttiva 2002/47/CE, cit.,

p. 1169 e ss., hanno individuato quattro rationes differenti: protezione dei contratti di garanzia finan- ziaria dalle normative nazionali ostili; estensione dei principi e criteri previsti dalla precedente diretti- va 98/26/CE al di fuori dei sistemi di pagamento in contante e regolamento titoli; creazione di certezza giuridica relativamente al conflitto di leggi riguardanti gli strumenti finanziari; limitazione degli oneri relativi all’utilizzo delle garanzie finanziarie.

gati al rispetto dei formalismi costitutivi richiesti da tutti gli ordinamenti potenzial- mente rilevanti»416. Tali costi, valutati come causa di inefficienza del sistema, erano necessari per conoscere gli ordinamenti stranieri in modo tanto approfondito da avere la certezza di rispettare tutti i requisiti richiesti, ma nel contempo venivano visti co- me inutili ed anacronistici se considerati nell’ottica di un mercato globalizzato che deve operare con velocità e oneri ridotti e a prescindere dalla miriade di normative nazionali.

Si è dunque reso necessario un «mutuo riconoscimento»417 tra Stati UE delle ga- ranzie intracomunitarie, sia in termini di loro costituzione sia in termini di opponibi- lità, e ciò in quanto, altrimenti, si sarebbe verosimilmente dato adito ad una crisi del sistema finanziario difficilmente risolvibile con i tradizionali strumenti in dote agli organismi comunitari e nazionali.

Per la verità, già nel corso dei lavori preparatori la Direttiva ha assunto, quanto a motivi ispiratori, connotati in parte differenti rispetto a quelli originari, nel senso che con l’ampliamento del perimetro soggettivo di applicazione, esteso in un secondo momento a qualsiasi società operante anche al di fuori del settore finanziario e credi- tizio purché controparte di un operatore finanziario, si è di fatto inteso concedere alle imprese un ulteriore e più efficace strumento per accedere al credito418. Infatti, con tale ampliamento, sono ora considerabili soggette alla disciplina della Direttiva anche operazioni di tipo non strettamente finanziario, con ingresso almeno parziale della normativa comunitaria sulla scena del mercato al dettaglio.

Le considerazioni sulla ratio della Direttiva e del suo Decreto di attuazione con- sentono di contestualizzare meglio l’abrogazione che è stata fatta del divieto del pat-

416 GUCCIONE A. V., I contratti di garanzia finanziaria, in Le nuove leggi, cit., p. 824; dello stesso

avviso è anche BONFANTI F., Commento alla normativa, cit., p. 509, il quale individua il rischio si- stemico nel «pericolo che un mercato unico con numerose discipline di diritto privato relative alla

costituzione e realizzazione delle garanzie su strumenti finanziari ostacoli la contrattazione fra gli intermediari finanziari, con un evidente incremento dei costi di negoziazione».

417 GROSSI A., La direttiva 2002/47/CE, cit., p. 254.

418 Da questo punto di vista, secondo GARDELLA A., Le garanzie finanziarie, cit., p. 167 e ss., vi sa-

rebbe stato un «mutamento copernicano delle motivazioni dell’adozione dell’atto». Secondo BON- FANTI F., Commento alla normativa, cit., p. 676, la Direttiva «risponde, in ultima istanza,

all’esigenza di dinamicità dei mercati, nella misura in cui introduce una serie di misure destinate ad agevolare l’accesso al credito per le imprese». Pur non potendo essere questa la sede in cui analizzare

approfonditamente le rationes di Direttiva e Decreto e dei loro effetti, è interessante notare come fin da subito si siano sollevate voci dubbiose rispetto agli equilibri economici che, operando le norme ad un livello più generalizzato, avrebbero potuto essere intaccati. Il riferimento, in particolare, è al pro- blema delle procedure concorsuali e della tutela della par condicio creditorum, perché è evidente la difficoltà di regolamentare, all’interno del c.d. mercato al dettaglio, la competizione tra creditori se soltanto alcuni di questi (ad es. le banche) possono usufruire di garanzie “speciali” in quanto previste da discipline di settore (MACARIO F., Commento alla direttiva 2002/47/CE, in I Contratti, 2003, 1, p. 85 e ss., p. 91). Tali pericoli sono stati individuati anche da CARRIERE P., La nuova normativa, cit., pp. 195-196, secondo il quale «verrebbe in sostanza a determinarsi nell’ordinamento un tratta-

mento differenziale tra creditori «di natura finanziaria» e altri diversi creditori, «non qualificati», prevedendosi solo a favore dei primi, e per di più in relazione a crediti di qualsivoglia natura, un re- gime di assoluto favore anche (e specialmente) in ambito fallimentare». Così, il regime di assoluto

vantaggio dei creditori «finanziari» rispetto ai creditori tradizionali, soprattutto nell’ambito delle pro- cedure concorsuali, potrebbe porre profili di problematicità con riferimento ai principi posti dagli artt. 2, 3 e 41 Cost.

to commissorio, il quale sarebbe stato considerato un ostacolo alla riduzione del ri- schio sistemico e, soprattutto, all’accesso delle imprese nel mercato del credito.

È bene precisare sin da subito che la Direttiva, rispettosa delle tradizioni giuridi- che nazionali, aveva predisposto un meccanismo di out put (cioè di non necessario recepimento da parte degli stati membri) su alcune previsioni ritenute particolarmen- te delicate. Tra queste, appunto, vi era quella che consente l’appropriazione delle at- tività finanziarie (azioni, obbligazioni o altri strumenti finanziari) oggetto del pegno, previsione che, per inciso, rappresenta l’innovazione più significativa in materia. Eb- bene, il legislatore delegato italiano ha scelto anche in questo caso di non avvalersi della clausola di out put419, ed ha recepito la disposizione comunitaria attraverso l’art. 6 del Decreto, rubricato “Cessione del credito o trasferimento della proprietà con funzione di garanzia”, secondo il quale «(1) I contratti di garanzia finanziaria che prevedono il trasferimento della proprietà con funzione di garanzia, compresi i contratti di pronti contro termine, hanno effetto in conformità ai termini in essi stabi- liti, indipendentemente dalla loro qualificazione. (2) Ai contratti di garanzia finan- ziaria che prevedono il trasferimento della proprietà con funzione di garanzia, com- presi i contratti di pronti contro termine, non si applica l'articolo 2744 del codice ci- vile».

Quest’ultimo inciso è stato salutato con notevole soddisfazione dalla dottrina che vedeva nel divieto un ostacolo al definitivo ingresso dell’Italia nel mercato della fi- nanza globalizzata; tuttavia, esattamente come prospettato con riferimento alle rifor- me e alle esperienze straniere, occorre ponderare l’affermazione senza accavallamen- ti di ordine ideologico e dogmatico, vagliando quanto più obiettivamente possibile i dati normativi a disposizione dell’interprete.

Ovviamente, sarebbe impossibile offrire in questa sede un’analisi compiuta di Di- rettiva e Decreto, benché tali atti forniscano per il civilista italiano notevoli spunti di riflessione e confronto420. D’altra parte, un certo approfondimento sull’abrogazione del divieto del patto commissorio deriva dalla fondata perplessità sulla millantata certezza che la normativa comunitaria e nazionale abbia realmente operato in tal sen- so421.

Accantonando per un attimo l’art. 6 del Decreto, se si considera il resto della di- sciplina dettata in materia di escussione del pegno avente ad oggetto strumenti finan- ziari si scopre, per un verso, che il collateral taker (ossia il creditore), qualunque sia la modalità di escussione utilizzata (vendita, appropriazione o utilizzo del contante) è comunque obbligato a restituire l’eccedenza eventualmente maturatae, per un altro,

419 Ma lo stesso è avvenuto anche in altri casi, come in quello, già accennato, dell’estensione

dell’ambito soggettivo di applicazione della normativa.

420 Il Decreto è infatti intervenuto, tra l’altro, su aspetti rilevanti come il necessario spossessamento

del debitore, i requisiti di validità ed opponibilità delle garanzie finanziarie, la compensabilità tra cre- diti in regime di procedura concorsuale, il requisito della data certa per le garanzie mobiliari.

421 Nell’ambito della dottrina italiana si può leggere ad esempio che «l’art. 2744 (ove fosse «rimasto applicabile» e non dichiarato inapplicabile), avrebbe reso nulli il trasferimento della proprietà a tito- lo di garanzia e l’appropriazione come modalità di realizzo della garanzia reale» (BARTOLOMEI

M. - MASTROPAOLO E. M., I contratti di garanzia finanziaria, in Trattato dei contratti diretto da

che condizioni di realizzo e valutazione monetaria delle obbligazioni garantite devo- no avvenire sulla base di un criterio di “ragionevolezza commerciale”. Quest’ultima, consistente in una clausola generale identificabile, almeno in parte, nella buona fede (oggettiva) in fase di esecuzione del contratto, può essere fatta valere in giudizio ai fini del ricalcolo di quanto dovuto dal collateral provider (ossia il debitore).

Tali considerazioni non possono che indurre a considerare la deroga di cui all’art. 6 con spirito differente, nel senso che la drastica valutazione della norma come pietra tombale del divieto del patto commissorio certamente subisce qualche ammorbidi- mento una volta contestualizzata con il resto della disciplina. Deve essere dato conto, infatti, di quella diffusa posizione dottrinale, basata su una lettura unilaterale dell’art. 6, per la quale la scelta del legislatore italiano di introdurre, nonostante la facoltà di out put, la figura dell’alienazione in garanzia e la deroga al divieto del patto commis- sorio rappresenti la presa di coscienza del superamento di quest’ultimo, non solo nell’ambito del diritto finanziario, ma anche in quello più ampio delle garanzie mobi- liari in generale422. La Direttiva, prima, e il Decreto, poi, denuncerebbero l’irragionevolezza di previsioni che si oppongono all’ammissibilità del patto com- missorio, dando un segnale forte di cesura e svolta rispetto al passato.

Ebbene, la previsione, da una parte, della necessità di restituzione al debitore del surplus maturato, e, dall’altra, di un criterio di valutazione come la ragionevolezza commerciale azionabile anche in via giudiziale, depongono nella direzione già pro- spettata quando si è affrontato il tema della riforma delle garanzie reali in Francia, ossia che il legislatore, più che abrogare il divieto del patto commissorio, abbia volu- to in verità dare ingresso nell’ordinamento al patto marciano, ormai prepotentemente invalso nella prassi commerciale e meritevole di idonea consacrazione positiva423.

Semmai, come sottolineato da attenta dottrina, la previsione di cui all’art. 6 del Decreto si giustifica per particolari esigenze di chiarezza, atteso che in mancanza si favorirebbero frettolose e superficiali riqualificazioni in termini commissori di nego- zi in realtà consentiti dalla normativa comunitaria. In effetti, la volontà di evitare il recharacterisation risk emerge chiaramente già con il XIII Considerando della Diret- tiva, secondo il quale «la presente direttiva intende tutelare la validità dei contratti

422 In questo senso si veda CANDIAN A., Garanzie Finanziarie, cit., p. 610, la quale è convinta che

«la direttiva esprima anche un modello generale di sistema delle garanzie reali mobiliari che può es-

sere considerato un punto di riferimento altrettanto generale» perché costituente un contro-sistema

che sradica dall’ordinamento il divieto di cui all’art. 2744 c.c.; è d’accordo con quest’ultima tesi MA- CARIO F., Modificazioni del patrimonio del debitore, cit., pp. 204-205, che avverte però della neces- sità di valorizzare il sistema delle clausole generali, in primis buona fede e correttezza, per bilanciare gli effetti dell’atipicizzazione delle forme di garanzia mobiliare; CARRIERE P., La nuova normativa, cit., p. 186, secondo cui «sovvertendo consolidate tradizioni dogmatiche, sconfessando dottrine risa-

lenti, scavalcando timide aperture giurisprudenziali, vanificando fantasiose prassi operative, la nuova disciplina entra con irruente e sacrilega baldanza nel campo delle garanzie reali e con una manciata di articoli fa piazza pulita di fiumi di inchiostro»; si esprime in termini di «rivoluzione silenziosa»

GABRIELLI E., Contratti di garanzia finanziaria, cit., p. 508; parla di disapplicazione del divieto di cui all’art. 2744 c.c. ma solo nel campo delle garanzie finanziarie ANNUNZIATA F., Cronache legi-

slative e documentazione, cit., pp. 213-214.

423 Le forti analogie tra l’impostazione sottesa alla disciplina introdotta a livello comunitario e quella

che ha caratterizzato la riforma delle garanzie reali in Francia viene evidenziata da MURINO F.,

di garanzia finanziaria fondati sul trasferimento della piena proprietà della garanzia finanziaria, ad esempio eliminando la cosiddetta «riqualificazione» di siffatti con- tratti di garanzia finanziaria…come diritti reali di garanzia». In altre parole, la nor- ma del decreto non ha e non può avere una funzione derogatoria rispetto agli artt. 2744 e 1963 c.c., poiché gli strumenti introdotti non sono sussumibili sotto la figura del patto commissorio424. Si consideri, oltretutto, che la natura altamente professiona- le dei soggetti coinvolti (art. 1, lett d), nn. 1-4) esclude possano realizzarsi proprio quegli squilibri contrattuali che a lungo hanno rappresentato, secondo molti, il moti- vo ispiratore della disciplina codicistica. D’altra parte, la disposizione ha la capacità di «sciogliere ogni eventuale dubbio circa la legittimità e la validità del contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà»425.

Se, allora, il patto marciano deve essere considerato diversamente e favorevol- mente rispetto al patto commissorio (pur in base a motivi in parte differenti rispetto a quelli tradizionalmente ritenuti), e se le disposizioni di cui alla Direttiva ed al Decre- to introducono figure certamente assimilabili più al primo che al secondo, si spiega il motivo per il quale il legislatore abbia deciso di non servirsi della clausola di out put prevista in sede di recepimento della normativa comunitaria. Quest’ultima, infatti, non si pone in contrasto con il principio del divieto di patto commissorio, sì che non si è reso necessario impedirne il completo assorbimento nell’ordinamento italiano.