5.2 Evoluzione del pensiero economico sul concetto di avviamento
5.2.5 Gino Zappa ed il periodo post-zappiano
La piena comprensione del pensiero economico di Besta diventa in questa sede di fondamentale importanza per due ragioni: in primo luogo perch´e su di esso convergono le conclusioni di Zappa in una prima fase della sua attivit`a produtti- va, quindi per il fatto che quest’ultimo se ne discosta in un momento successivo e lo sottopone ad una forte critica. L’evoluzione generale che si manifesta nel-
49“Ma non `e possibile divinare con sufficiente approssimazione quei frutti, specie rispetto a
tempi non vicini. Onde quando, per conclusione di contratti, o per liquidazione di compensi, pretesi o dovuti, `e giuoco forza assegnare una probabile misura a quegli utili, convien andar cauti.” – Besta F (A), p. 422
50Ibidem 51
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l’interpretazione del concetto di avviamento ricalca sostanzialmente quella che investe il pensiero di Zappa, il quale si fa inizialmente sostenitore dell’idea che il goodwill sia l’espressione di un insieme di fattori oggettivi – tra cui specialit`a e qualit`a dei prodotti – e soggettivi – come intelligenza, sagacia ed onest`a degli amministratori - dai quali dipende la produzione del sovrareddito, ovvero che contribuiscono a fare in modo che “la rimanente porzione del patrimonio di una determinata impresa frutti oltre la misura normale.” 52. Se ne ricava dunque che
l’avviamento viene trattato alla stregua di un elemento patrimoniale suscettibile di un’autonoma stima, il cui ammontare, calcolato mediante capitalizzazione dei sovraredditi, si aggiunge a quello delle altre attivit`a e va a determinare il valore dell’azienda nel suo complesso, secondo una visione che in chiusura del precedente paragrafo `e stata definita come atomistica o frammentaria poich`e focalizzata sui singoli elementi.
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E in una fase successiva che il pensiero di Zappa subisce una deviazione che lo allontana sensibilmente dalle posizioni assunte in precedenza, mediante l’elabora- zione di una nuova idea di azienda intesa come coordinazione economica in atto e lo sviluppo della nozione di capitale economico, concepito come un complesso unitario e distinto dal capitale contabile 53. Lo studioso afferma perci`o che il
capitale come unione e coordinazione di pi`u elementi non `e solo la somma delle parti, ma tale unit`a deve trovare corrispondenza in un unico complesso economico che “pu`o avere, anzi ha necessariamente un valore diverso da quello che risulta dai valori attribuiti ai singoli elementi ”54. Per apprezzare la differenza tra le due
formulazioni si devono considerare le nozioni sviluppate da Zappa: con capitale contabile si intende l’insieme delle rilevazioni sistematiche che confluiscono nel bilancio, in cui gli elementi patrimoniali trovano un’autonoma ed analitica stima
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Zappa G. (1927), Le valutazioni di bilancio con particolare riguardo ai bilanci delle societ`a per azioni, Istituto Editoriale Scientifico, Milano, p. 167
53Per illustrare la differenza che viene tratteggiata tra i concetti di capitale economico e
contabile si richiamano le parole dello stesso Zappa, il quale in proposito scrive: “La riunione di tanti disparati elementi non `e allora la somma delle parti, ma `e piuttosto la unit`a di esse costituita in un complesso economico [. . . ] nei riguardi contabili invece, il capitale non `e alla concezione nostra percettibile come qualcosa indipendente dai valori elementari che lo costi- tuiscono. Esso `e un fondo della cui natura partecpano tutte le cose, che alla formazione sua concorrono; `e un tutto, che, come suole accadere, determina la qualit`a delle parti ed a s´e le vincola.” – Zappa G. (1920-29), La determinazione del reddito nelle imprese commerciali: i valori di conto in relazione alla formazione dei bilanci, Anonima Libraria Italiana, Roma, pp. 2-3
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e dalle quali discende la determinazione del risultato economico di periodo che va poi ad alimentare il capitale, assunto come fondo di valori diversi ma coordinati. Il capitale economico ribalta, invece, questa prospettiva, nel senso che il reddito non `e pi`u concepito come il prodotto delle rilevazioni, ma `e il presupposto su cui si fondano le valutazioni: il valore economico del capitale `e calcolato mediante un procedimento di capitalizzazione dei redditi attesi e, per la sua unitariet`a, non si presta ad essere scomposto ed imputato ai singoli elementi patrimoniali, in funzione del contributo di ciascuno, ma si ritiene che questi contribuiscano pariteticamente alla sua determinazione. Il riconoscimento di questa dicotomia si lega poi inscindibilmente ad un altro punto di forza del pensiero zappiano, cio`e l’azienda come coordinazione economica 55.
Per quel che riguarda pi`u strettamente il trattamento dell’avviamento si prevede che esso risulti iscrivibile in bilancio solo al verificarsi di alcune condizioni es- senziali, ovvero qualora sia pervenuto all’azienda per mezzo di un’operazione di scambio, per esso sia stato sostenuto un costo effettivo e possa essere determina- to un valore di scambio. `E appunto sulle modalit`a di determinazione del valore teorico dell’avviamento che Zappa si discosta in modo netto dall’impostazione di Besta che peraltro in un primo momento aveva condiviso: egli ritiene prive di logica le procedure basate sulla stima autonoma dell’avviamento e delle sue com- ponenti ed altrettanto quelle fondate sulla capitalizzazione dei soli sovraredditi, convergendo sull’idea che “il cosiddetto costo dell’avviamento non suole essere altro che una porzione, maggiore o minore, determinata nelle pi`u bizzarre guisa, del prezzo di apporto di un complesso economico”56. Si delinea dalla lettura delle considerazioni sviluppate la contrapposizione fra le posizioni della scuola bestana e di quella zappiana, che individua un primo terreno di scontro sul tema della metodologia di calcolo dell’avviamento: l’una sostiene, infatti, la capitalizzazione
55“L’azienda, come ogni unit`a economicamente coordinata, `e qualcosa di pi`u della somma dei
suoi componenti; il complesso ha propriet`a che i suoi elementi non posseggono e non valgono a definire; n´e posson le caratteristiche del complesso essere date da una mera composizione delle caratteristiche dei componenti. L’impossibilit`a di ridurre le caratteristiche del complesso azien- dale a quelle sole dei suoi componenti si palesa specialmente quando si avverta che l’azienda `
e un sistema interconnesso continuamente perturbato, l’indagine del quale dischiude un vasto mondo di coerenze e di sequenze, un articolato processo di interrelazioni, necessariamente sfug- gente ad ogni configurazione statica dell’economia aziendale [. . . ] in senso economico, dunque, il capitale `e prodotto dal reddito, se cos`ı `e lecito dire; non il reddito dal capitale.” – Zappa G. (1937), Il reddito d’impresa: scritture doppie, conti e bilanci di aziende commerciali, Giuffr`e, Milano, pp. 13-14
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dei soli sovraredditi, l’altra quella dell’intero reddito atteso nella pi`u ampia stima del valore del capitale economico. Tuttavia, prima ancora del criterio di misura- zione del valore, l’incompatibilit`a di vedute investe l’idea di capitale economico, il quale `e evidentemente inconciliabile con la logica atomistica bestana basata sulla scomposizione artificiosa del reddito nel tentativo di apprezzare il contribu- to dei singoli elementi patrimoniali alla sua determinazione: quest’ultima visione assume significato solamente in risposta alle esigenze di rilevazione sistematica che confluiscono in una grandezza diversa, il capitale contabile. Si pu`o affermare, infine, che in questo modo l’approccio nei confronti dell’avviamento subisce un radicale cambiamento di prospettiva, perch`e esso non `e pi`u identificato come un elemento del patrimonio, ma come una qualit`a del complesso aziendale considera- to nella sua interezza: si passa cio`e da una visione parziale ad una totalitaria, in cui la stessa stima autonoma perde di importanza in favore dell’attenzione verso il pi`u ampio capitale economico.
Le nozioni di avviamento elaborate da Besta e Zappa sia sotto il profilo quali- tativo, ma anche in un’ottica quantitativa, sono riferimenti imprescindibili nel pensiero economico aziendale: questi contribuiti, infatti, hanno costituito base per i successivi miglioramenti ed innovazioni apportati dagli studiosi pi`u recenti. Fra questi, numerosi sono i lavori che assumono rilevanza, alcuni dei quali si in- seriscono sulla scia del pensiero bestano, altri che accolgono, invece, la teoria del plusvalore, secondo la quale l’avviamento `e calcolato come differenziale tra il valo- re complessivamente attribuito all’impresa e quello riconosciuto ai suoi elementi patrimoniali 57: ci`o dipende, secondo Guatri, dal livello di efficienza raggiunto nella coordinazione tra gli stessi. Infine, altri autori tendono a ricondurre ad un unico modello diversi approcci teorici, come Onida secondo il quale il goodwill `e insieme di elementi intangibili a fronte dei quali il capitale economico viene ad assumere un valore superiore a quello che emerge dalle rilevazioni contabili siste-
57Guatri si fa portavoce della teoria del plusvalore, secondo la quale l’avviamento viene
determinato come la differenza “tra il valore globale dell’impresa e la somma dei valori correnti degli elementi attivi e passivi che compongono il capitale dell’impresa.” – Guatri L. (1957), L’avviamento d’impresa. Un modello quantitativo per l’analisi e la misurazione del fenomeno, Giuff`e, Milano, p. 7
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matiche 58.
Spostando l’attenzione sulla dimensione quantitativa, Guatri e Onida fra gli altri si fanno portatori della tesi secondo la quale non `e possibile pervenire ad una stima autonoma dell’avviamento sia per la difficolt`a di scinderlo dalle combina- zioni economiche originate dalla coordinazione degli elementi patrimoniali, sia per l’impossibilit`a di sottoporlo ad un’autonoma operazione di scambio: sulla base di queste considerazioni si sono sviluppate metodologie di calcolo improntate ad un approccio di tipo residuale, in cui l’avviamento `e il frutto di un procedimento sottrattivo basato sul confronto tra una prima grandezza, che pu`o essere il va- lore economico del capitale od il prezzo negoziato (a seconda che la prospettiva assunta sia quella del valutatore indipendente o di una delle parti coinvolte) ed una seconda che esprime, invece, il valore del patrimonio netto contabile o, in al-
58“ [. . . ] un complesso di condizioni immateriali proprie dell’azienda (ubicazione, organiz-
zazione, qualit`a tecniche e morali del personale, esperienza accumulata, tradizione produttiva, clientela, credito, prestigio, ecc.): condizioni che concorrono a conferire alla gestione una data redditivit`a, in funzione della quale pu`o attribuirsi al capitale economico della stessa azienda, un valore superiore al valore del “capitale di gestione” o di “liquidazione” o del capitale co- munque determinabile in bilancio, stimando analiticamente i diversi componenti del patrimonio distintamente valutabili.” – Onida P. (1960), Economia d’azienda, Utet, Torino, p. 659
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ternativa, quest’ultimo rettificato a valori correnti di mercato 59. In conclusione, si pu`o osservare che un elemento unificante della pressoch´e totalit`a dei contributi analizzati `e costituito dalla centralit`a del reddito ai fini della determinazione del valore dell’avviamento, sebbene nel tempo si siano affermati approcci volti ad integrare questa dimensione con quella patrimoniale per garantire una maggiore completezza ed esaustivit`a dell’informazione: tale scelta in ogni caso “non inci- de sulla centralit`a della dimensione reddituale rispetto alla delimitazione ed alla stima del valore di avviamento” 60. Non `e pertanto delineabile una nozione uni-
vocamente accettata del concetto di avviamento, ma questo `e terreno sul quale si confrontano i contributi di una molteplicit`a di interpreti e di relative posizioni.