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La giurisprudenza che non applica l'immunità: il caso Ferrin

PARTE II – IL RAPPORTO TRA IMMUNITÀ E IUS COGENS 2.1 Immunità e ius cogens secondo la dottrina

2.3 La giurisprudenza che non applica l'immunità: il caso Ferrin

In Italia a fare da apripista per una nuova impostazione giurisprudenziale sull’immunità è stato il caso Ferrini, deciso dalla Suprema Corte di Cassazione nel 2004; rispetto al caso Distomo si utilizza una base giuridica diversa: non il consenso implicito o la rinuncia, ma i diritti tutelati da norme imperative che prevalgono sulla norma che prescrive l’immunità giurisdizionale.

Luigi Ferrini ha presentato una richiesta di risarcimento in sede civile, per, secondo quanto ha dichiarato, la sua cattura e deportazione dall’Italia alla Germania per opera delle forze armate tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale, per essere sottoposto a lavoro forzato. In primo luogo ha provato a introdurre una richiesta di risarcimento in Germania, ma il giudice l’ha respinta in quanto non soddisfaceva le condizioni richieste dalla legislazione nazionale (che nelle circostanze del caso esclude qualsiasi risarcimento). In Italia, sia il tribunale che il giudice d’appello hanno riconosciuto che le violazioni commesse costituivano crimini di guerra, ma hanno ritenuto che in questo caso l’immunità statale si applicasse alle azioni tedesche, essendo atti sovrani. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha capovolto la decisione, stabilendo che l'immunità non si estende alle violazioni delle norme di ius cogens, anche quando si tratta di atti per natura sovrani. La ragione per il rifiuto dell'immunità sta nel fatto che i crimini gravi costituiscono una violazione contro i valori universali della comunità, valori internazionali protetti da norme imperative del livello più alto (si dimostra l'esistenza di una gerarchia tra le norme comuni, come quelle sull'immunità statale, e le norme di rango superiore, quelle di ius cogens; in virtù del predetto principio, l'immunità può essere revocata quando uno stato non è conforme alle norme imperative). La particolare gravità è un requisito significativo per giungere a questa soluzione, si parla infatti di “violazione particolarmente grave per intensità e sistematicità dei diritti fondamentali

della persona umana”.

Ecco la massima della sentenza67:

“Il riconoscimento dell’immunità dalla giurisdizione in favore degli Stati che si siano resi responsabili di tali misfatti si pone in palese contrasto con i dati normativi appena ricordati [si tratta delle convenzioni internazionali sui diritti umani], poiché detto riconoscimento, lungi dal favorire, ostacola la tutela di valori, la cui protezione è da considerare invece, alla stregua di tali norme e principi, essenziale per l’intera Comunità internazionale, tanto da giustificare, nelle ipotesi più gravi, anche forme di reazione obbligatorie. E non può esservi dubbio che l’antinomia debba essere risolta dando prevalenza alle norme di rango più elevato, come puntualizzato nelle opinioni dissidenti espresse dai giudici di minoranza (otto contro nove) allegate alla sentenza Al-Adsani68: quindi, escludendo che, in ipotesi siffatte, lo Stato possa giovarsi dell’immunità della giurisdizione straniera. In questa prospettiva sembra collocarsi la sentenza Furunduzija69, che annovera tra gli effetti della violazione di norme di questo tipo, operanti “a livello interstatale”, la possibilità, per le vittime, di “avviare un’azione civile di risarcimento davanti ai Tribunali di uno Stato straniero.

Non vale opporre che tale deroga al principio dell’immunità non è espressamente prevista da alcuna norma (così, ad es., oltre alla sentenza Al-Adsani; Superior Court of Justice – Ontario (Canada), 1 maggio 2002, Houshang Bouzari v. Islamic Republic of Iran).

Il rispetto dei diritti inviolabili della persona umana ha invero assunto, ormai, il valore di principio fondamentale dell’ordinamento internazionale (in tal senso, oltre alle 67 Cassazione, 11 marzo 2004, sentenza cit.

68 Corte europea dei diritti dell'uomo, Grande Camera, sentenza cit. 69 Tribunale per la ex Jugoslavia, 10 dicembre 1998, sentenza cit.

sentenze già ricordate, Corte internazionale di Giustizia 9 aprile 1949, Regno Unito c. Albania, 27 giugno 1986, Attività militari e paramilitari in Nicaragua e contro il Nicaragua). E l’emersione di tale principio non può non riflettersi sulla portata degli altri principi ai quali tale ordinamento è tradizionalmente ispirato e, in particolare, di quello sulla “sovrana uguaglianza” degli Stati, cui si ricollega il riconoscimento della immunità statale dalla giurisdizione civile straniera”.

In altri passaggi della sentenza si critica l'affermazione della Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza del 21 novembre 2001 McElhinney v. Ireland, per cui l'immunità resta ferma quando lo Stato agisce nell'esercizio di un potere sovrano. Si sottolinea invece che gli Stati Uniti hanno abbandonato la teoria dell'immunità assoluta, ora disconosciuta in ben 12 decisioni. Il percorso adottato dalla Cassazione si muove quindi esclusivamente o quasi sul terreno del diritto internazionale, in cui i giudici sostengono di ravvisare la vigenza del principio di gerarchia. Per fornire solidità a questa presa di posizione è indispensabile l'esistenza di una opinio iuris che la confermi, e per questo la Cassazione fa riferimento ai precedenti che abbiamo visto elencati. Non si può non rilevare però che quella degli otto giudici del caso Al-Adsani è comunque solamente un'opinione di minoranza, mentre le sentenze statunitensi si fondano su una peculiare normativa nazionale che ben difficilmente può essere considerata ricognitiva del diritto internazionale. In conclusione, la Cassazione ha assunto una posizione innovativa, al momento quasi isolata, che più che altro può fondare la speranza di aver costituito il punto di partenza per una successiva evoluzione (come peraltro gli stessi giudici affermano).

Questa posizione suscita reazioni anche entusiastiche in dottrina, ad esempio Pierluigi Simone afferma: “Nonostante sia d’obbligo mantenere una valutazione più che prudente in merito ai futuri sviluppi che la situazione controversa potrà esprimere, il dispositivo

di tale sentenza è certamente da approvare e si spera possa produrre un risultato concreto. Ammettendo la giurisdizione civile nei confronti di uno Stato straniero con riguardo a una condotta iure imperii particolarmente grave esplicatasi almeno in parte sul territorio nazionale, essa si configura per l’appunto quale ulteriore e coraggioso contributo alla protezione dell’individuo vittima di gravi violazioni dei propri diritti fondamentali, in grado di incidere positivamente sul rafforzamento e lo sviluppo di tendenze alla progressiva erosione del principio dell’immunità già in atto nell’ambito della Comunità internazionale”70.

La prudenza è però d'obbligo, poiché il trend evolutivo, che nel 2004 può apparire verosimilmente in atto, sarà negli anni successivi messo in discussione da una serie di decisioni di corti di altri Paesi, che rinsalderanno l'istituto dell'immunità.

70 Pierluigi Simone, Immunità degli stati dalla giurisdizione civile e violazione di norme imperative del diritto internazionale. Considerazioni in margine al caso Ferrini, in Rivista di diritto processuale, 2006, n. 2