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PARTE II – IL RAPPORTO TRA IMMUNITÀ E IUS COGENS 2.1 Immunità e ius cogens secondo la dottrina

2.11 I commenti dottrinali alla sentenza n 238/

Questa sentenza ha visto per la prima volta applicata la teoria costituzionale dei controlimiti nei confronti del diritto internazionale generale, suscitando molte reazioni favorevoli soprattutto alla luce del risultato raggiunto, ossia la tutela delle vittime di gravi crimini. Francesco Rimoli ad esempio ritiene corretta la costruzione giuridica della Corte, esplicitando peraltro alcuni dubbi sull'utilizzo di paradigmi concettuali, quali quello della dignità umana, “dotati di estrema intensione ma di pari indeterminatezza” e che quindi, nella loro applicazione unilaterale, rischiano di favorire un'ottica eurocentrica. Tuttavia l'autore considerare predominante nel valutare la decisione il fatto che siano in questione deportazioni, internamenti e sterminio sistematico, eventi purtroppo non irripetibili ma certo caratterizzati da una terribile peculiarità; si tratta proprio degli eventi che stimolarono la nascita del diritto penale internazionale e di un momento di svolta per la tutela dei diritti umani quale fu il processo di Norimberga88; nella decisione della Corte Costituzionale vi ravvisa l'eco dell'idea che “certi atti e certi comportamenti non siano alcun modo redimibili né obliabili” e quindi tantomeno “avallabili con il riconoscimento di immunità giurisdizionali89”.

Anche Roberta Calvano, pur sollevando dubbi sull'operazione dei giudici costituzionali di modificare nei fatti la consuetudine internazionale affermando che produca effetti nell'ordinamento italiano solo la parte che non incide sui diritti umani fondamentali, dà comunque una valutazione positiva della decisione. Infatti vi ravvisa un'importante 88 A questo proposito Rimoli cita M. Flores, Storia dei diritti umani, Bologna, 2008, pp.

206 ss.

89 Francesco Rimoli, Il diritto, la storia e la memoria. La Corte Costituzionale e i crimini nazisti come paradigma dell'irredimibile, in Osservatorio costituzionale, luglio 2015

sensibilità verso la posizione delle vittime, colpite anche da una lunga storia giudiziaria in cui “la limitazione della portata della regola dell'immunità, affermatasi a tutela dei rapporti commerciali e del mercato, non è riuscita ad affermarsi a garanzia dei diritti umani”90; a suo parere la Corte Costituzionale ha ripreso le considerazioni di Nania al tempo della sentenza Russel: “Caratteristico delle immunità giurisdizionali (…) che nel momento in cui paiono offuscarsi le ragioni che ne avevano determinato la nascita, di esse si finisce per cogliere il solo aspetto di concessione di odiosi e ingiustificati privilegi (…) di cui non potrebbe non auspicarsi un qualche ridimensionamento”91. L'operato dei giudici della Consulta non è stato però esente da perplessità sul merito: Maria Irene Papa nota come almeno inizialmente la decisione muova da un'ottica dualista e si sviluppi sul piano dell'ordinamento interno, a differenza della sentenza Ferrini92. Ciò discende dal contenuto delle ordinanze di remissione, che facevano riferimento alla costituzionalità della norma consuetudinaria, imponendo di valutare la compatibilità di questa con le altre norme della Carta; e discende anche dal "principio di conformità", che sancisce l'insindacabilità della ricostruzione del diritto internazionale effettuata dalla Corte internazionale di Giustizia (la motivazione richiama esplicitamente le "sentenze gemelle" riguardo all'interpretazione della CEDU operata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo). La conseguenza è comunque che la Corte Costituzionale ha a tutti gli effetti sostenuto che in base al diritto internazionale l'immunità avrebbe 90 Roberta Calvano, Nota a Corte cost. 238/2014 – Il coraggio della Corte Costituzionale nella sentenza n. 238 del 2014 crea un'ipotesi di rinvio "à la carte"?, in DPCE online, 2015, n. 1

91 R. Nania, nota a prima lettura a sentenza n. 48 del 1979, in Giur. Cost., 1979, 375 92 Papa, Il ruolo della Corte Costituzionale nella ricognizione del diritto internazionale

generale esistente e nella promozione del suo sviluppo progressivo. Osservazioni critiche a margine della sentenza n. 238/2014, in Rivista AIC, n. 3/2015

dovuto essere riconosciuta, e così si dovrebbe escludere ogni apporto della sentenza alla formazione di un'opinio iuris contraria93.

Tra le preoccupazioni derivanti da questa sentenza una si muove sul piano delle relazioni internazionali: Giuseppe Mazzi nota come l'Italia, oltre a commettere un illecito, rischierebbe di offrire un'immagine negativa, visto che dopo aver accettato che la controversia venisse risolta dalla CIG si rifiuta di ritenere vincolante la sua decisione (nei rapporti internazionali lo Stato italiano si presenta come un ente unitario e le articolazioni interne dei poteri non possono giustificare il venir meno agli impegni assunti). Inoltre il fatto che la sentenza si riferisce solo all'applicazione della norma internazionale in Italia da parte dei giudici italiani può portare a una conseguenza paradossale: che l'Italia, se convenuta all'estero per danni causati da violazioni dei diritti umani, invochi la propria immunità dalla giurisdizione civile, affermando quindi a proprio favore la rilevanza di quella stessa norma internazionale la cui efficacia si rifiuta di riconoscere a favore di altri Stati94.

Sul piano più strettamente giuridico, sempre seguendo Mazzi, si deve poi innanzitutto sottolineare che i principi fondamentali della Costituzione che giustificano la limitazione all'introduzione in Italia di norme internazionali devono essere individuati in modo molto rigoroso; deve trattarsi di situazioni in cui si proteggono valori fondamentali inderogabili, che la comunità internazionale non è però ancora pervenuta a 93 Cannizzaro, Jurisdictional Immunities and Judicial Protection: The Decision of the Italian Constitutional Court No. 238 of 2014, in Rivista di diritto internazionale, 2015, p. 126 ss.

94 Giuseppe Mazzi, Ancora sull'immunità degli Stati dopo la sentenza della Corte cost. n. 238/2014, Tavola rotonda presso la LUISS, 10 novembre 2014, riportato da Periodico di diritto e procedura penale militare, Vol. 39, fasc. 8, 2014, pp. 1-8

riconoscere (in genere è noto che avviene il contrario). Tra i principi fondamentali vi sono senz'altro la protezione dei diritti inviolabili e la loro difesa in sede giudiziaria. Quello su cui si può discutere è però il livello di questa tutela, di cui per Mazzi lo strumento principe è l'intervento penale, a cui si accompagna la possibilità di un'azione civile nei confronti dell'autore del crimine. Per Mazzi non può essere scontato che sia principio fondamentale della Costituzione il fatto che la tutela debba essere consentita non solo verso l'individuo colpevole ma anche verso lo Stato responsabile civile (era la situazione di vari processi, non solo del già citato caso Milde ma anche a titolo di esempio del processo a vari imputati per la strage del Monte Falterona95). Infatti, anche in presenza dell'immunità, i diritti delle vittime alla riparazione giudiziaria non sono stati totalmente sacrificati, poiché vi sono state condanne al risarcimento del danno emesse verso gli imputati. Un'obiezione si può muovere sul piano dell'effettività della tutela, scarsa quando il condannato non risiede in Italia, ma in realtà le stesse problematiche si pongono quando si tratta di eseguire delle condanne al risarcimento del danno emesse nei confronti della Germania o di altri Stati.

In riferimento alla questione della tutela dei diritti delle vittime, si è visto che la Corte Costituzionale nella sua decisione ha menzionato la circostanza che l'azione contro la Germania fosse l'”ultima risorsa” (last resort) per ottenere una qualche soddisfazione; questo aspetto era stato segnalato anche dalla difesa italiana presso la Corte internazionale di Giustizia (e confermato dai giudici e dalla stessa controparte). Ciononostante la situazione di last resort nella sentenza della Consulta non appare condizione necessaria per il diniego dell'immunità, e così non è stata vista nel 2015 dalla

95 Nel processo Winkler ed altri, precedentemente alla sentenza n. 238/2014, la Corte militare d'appello ha deciso l'improcedibilità, nei confronti della Germania, della relativa azione civile, con sentenza 26 ottobre 2012, n. 107

Cassazione nel caso Opacic Dobrivoje96, in cui la Serbia è stata condannata a un risarcimento in solido con i colpevoli di un crimine di guerra, malgrado vi fossero mezzi per ottenere giustizia alternativi alle corti italiane. Per la Cassazione il contenuto fondamentale della sentenza n. 238/2014 è che l'esenzione dalla giurisdizione interna riconosciuta agli Stati esteri per gli atti iure imperii viene meno di fronte all'esigenza di tutela giurisdizionale dei diritti inviolabili. Nella decisione Opacic Dobrivoje non viene attribuito un peso decisivo nemmeno alla soglia di gravità del crimine (come invece nella sentenza Ferrini); per Ornella Ferrajolo questo deriva forse da una mancanza della Corte Costituzionale, che non ha “reso esplicito un criterio molto rilevante, con il rischio che il controlimite venga applicato anche in presenza di singoli episodi criminosi, o comunque di crimini che non raggiungono la soglia di gravità di quelli a cui la sentenza n. 238 si riferisce”97.

Del resto, il rischio di aprire le porte ad una serie di procedimenti contro vari Stati per vicende eterogenee tra di loro e lontane dallo scopo originario della Consulta è presente, ed è in fondo lo stesso dubbio che Focarelli aveva proposto all'epoca della sentenza Milde98. Come si vedrà nel successivo capitolo, non mancano però gli strumenti giuridici per scongiurare in parte questa eventualità, soprattutto in ordine alla giurisdizione.

96 Cassazione, I sezione penale, 14 settembre 2015, n. 43696

97 Ornella Ferrajolo, La sentenza n. 238/2014 della Corte Costituzionale e i suoi seguiti: alcune osservazioni a favore di un approccio costruttivo alla teoria dei "contro-limiti", in L'Italia e l'applicazione del Diritto Internazionale, dicembre 2016 98 Focarelli, 2009, opera cit., p. 365