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Giurisprudenza costituzionale italiana in tema di certezza del diritto.

Il principio della «certezza del diritto» nelle esperienze dei due ordinament

3. Giurisprudenza costituzionale italiana in tema di certezza del diritto.

Nell’analisi della giurisprudenza della Corte costituzionale è riscontrabile sin dalle sue prime battute un richiamo alla certezza del diritto, che invero, anche in tale sede, viene a caratterizzarsi per la sua polisemia75.

Già nel primo anno di vita la Corte costituzionale dimostrò infatti di avere ben presente il concetto di «certezza del diritto» (sentenza n. 19/1956), sebbene per una sua specificazione bisognerà attendere l’anno 1958. Con la sentenza n. 73 del 1958 la Corte riconoscerà la certezza del diritto come un’«esigenza fondamentale» e perciò un principio da rispettare in sede interpretativa76.

Nel 1957 (sentenza n. 3/1957) la Corte costituzionale, nell’affermare la propria competenza a vagliare la legittimità costituzionale delle leggi rispetto al dettato costituzionale non solamente sul piano contenutistico, ma anche per verificare l’eventuale violazione delle norme strumentali al processo formativo della legge nelle sue varie specie (e il richiamo è agli articoli 70, 76 e 77 Cost.)77, si pronunciava in questo modo: «soltanto le decisioni della Corte costituzionale possono assicurare, con la certezza del diritto, la piena tutela del diritto del cittadino alla costituzionalità delle leggi». Pare, perciò, di ritrovare qui un richiamo alla certezza del diritto in qualità di canone ermeneutico fisso e quindi uno strumento costante nel lavoro interpretativo della Corte, che può pertanto situarsi fuori della Costituzione, in quanto ad essa precedente e da essa presupposta78. Tanto più considerato che nello stesso anno la Corte, ancora una volta chiarendo i termini del proprio operato ex art. 134 Cost. (ricordiamo che l’inizio delle attività della Corte risale soltanto all’anno prima), parlerà del «preminente

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Fa riferimento alla molteplicità di significati che si possono ascrivere alla nozione di «certezza del diritto» anche F. SORRENTINO, Incertezza del diritto o mera oscurità della legge?, in Giurisprudenza costituzionale, 4/1986, p. 564 (Commento alla sentenza n. 101 del 1986): «l’esigenza che…sta alla base del principio di certezza del diritto…riguarda…tanto il momento della creazione del diritto, postulando allora norma chiare, precise e tali da circoscrivere al massimo la discrezionalità degli organi dell’applicazione, quanto il momento dell’applicazione del diritto, postulando, in questo secondo caso, la massima prevedibilità possibile dei comportamenti degli organi ad essa preposti». Alla medesima pronuncia della corte fa seguito il commento di R. GUASTINI, op. cit., passim.

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Di «esigenza» parlerà anche la sentenza n. 11 del 1959.

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Questa impostazione del giudice costituzionale denota una certa apertura al vaglio di costituzionalità anche nei confronti dei procedimenti di formazione della legge e perciò appare di enorme importanza per le considerazioni che faremo nel prosieguo del lavoro sulle perplessità che sorgono nella lettura delle pronunce successive della stessa Corte, laddove cioè opererà un self-restraint in materia giustificato con l’esistenza dell’assai noto limite dei c.d. interna corporis acta.

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Così anche E. CASTORINA, «Certezza del diritto» e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio «comune», in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 6/1998, p. 1178 ss, e già prima S. COTTA, La

interesse pubblico della certezza del diritto»79, insieme all’osservanza della Costituzione, come di uno dei due motivi per cui ricorrere alla Corte costituzionale (sentenza n. 129/1957)80. Ad ulteriore dimostrazione di come la certezza del diritto si trovi su di un piano superiore, in quanto logicamente precedente i singoli valori protetti in Costituzione81, è l’ammissione in questa pronuncia della messa in pericolo della certezza del diritto, derivante dalla sussistenza di generici dubbi di costituzionalità. Quindi la certezza del diritto come un valore che risulta protetto nel momento in cui ad essere rispettata è la stessa Costituzione. Non si concorda sul fatto, invece, di avere riconosciuto alla certezza del diritto la semplice natura di «preminente interesse pubblico», che, alla stregua dell’utilizzo del termine «esigenza»82, pare trarre la propria cogenza esclusivamente dal basso, ovvero da richieste provenienti dalla società, così disattendendo l’alto spessore che nelle argomentazioni fornite pare scorgersi.

Il carattere poco giuridico della certezza del diritto appare del resto affermato dalla Corte nella sentenza n. 158 del 1971, laddove di fronte all’accusa che una legge non abbia rispettato l’articolo 3 Cost. (principio di eguaglianza), in quanto incurante del bisogno di certezza giuridica, che avrebbe dovuto essere garantito, secondo il ricorrente, ad una certa categoria di soggetti (si trattava di un caso di esclusione di adottabilità), la Corte rispose affermando la proprio incompetenza ad entrare nel merito di una normativa, riservata, perciò, alle scelte discrezionali del legislatore (punto 2 del considerato in diritto), riducendo così la certezza giuridica ad un qualche cosa di rientrante nella sfera politica, rilasciata al legislatore83.

La certezza del diritto non viene mai utilizzata come parametro per il sindacato di costituzionalità84, o perlomeno non unicamente85 in quanto spesso in correlazione con il principio di ragionevolezza. Può, perciò, costituire un ulteriore argomento a supporto della dichiarazione di illegittimità, qualora il contenuto di una legge produca anche un danno alla certezza dei rapporti (sentenze n. 22/1961, punto 1 del considerato in diritto e n. 272/1997,

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Così anche nella sentenza n. 53 del 1968 (punto 3 del considerato in diritto).

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Confermata dalla sentenza n. 121 del 1966 (punto 1 del considerato in diritto).

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In questo senso P. DAMIANI, La certezza del diritto come parametro nei giudizi di costituzionalità. Le esperienze italiana e spagnola a confronto, in Giurisprudenza costituzionale, 3/1999, p. 2347 ss..

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Di «esigenza» (di certezza dei rapporti giuridici) parleranno inter alia anche la sentenza n. 63 del 1966 (punto 1 del considerato in diritto); le nn. 33 e 77 del 1974 (per la seconda sentenza il riferimento è al punto 2 del considerato in diritto); la n. 355/1996 (punto 2 del considerato in diritto).

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Nella stessa maniera l’ordinanza n. 192 del 2004, laddove si ammette l’utilizzo della discrezionalità nelle scelte del legislatore, purché però esse non siano irragionevoli in relazione alle esigenze della certezza dei diritti e della stabilità delle situazioni giuridiche.

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Evita, infatti, di pronunciarsi in merito ad una sua diretta violazione, in qualità di principio costituzionale, nella sentenza n. 210/1971. Sebbene margini di apertura vi siano, per esempio, nella sentenza n. 111 del 1999.

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E tuttavia senza spiegare le ragioni di fondo che conducono la Corte a ritenere le «ragioni essenziali della certezza del diritto» argomento a sostegno della dichiarazione di incostituzionalità, a seguito della violazione diretta di parametri costituzionali (si cfr. sentenza 153/1995, punto 3.3. del considerato in diritto).

punto 6 del considerato in diritto); in caso contrario, può costituire un ulteriore argomento a supporto della dichiarazione di costituzionalità della norma considerata, quando tra i “meriti” della legge vi sia anche quello di garantire la certezza giuridica (sentenze n. 206/1974, punto 6 del considerato in diritto e n. 66/1999, punto 5 del considerato in diritto). Vi è, in realtà, un unico caso dove ad acquisire un valore autonomo, e pertanto una specifica rilevanza in relazione ai profili di illegittimità costituzionale, è la «tutela del legittimo affidamento»86; si tratta della sentenza n. 446 del 200287, che è stata giustamente accolta con molto favore dalla dottrina, sebbene poi immediatamente dopo ridimensionata nelle sue potenzialità dalla sentenza n. 11 del 200788.

La certezza del diritto, nel suo significato di chiarezza89 e conoscibilità del disposto normativo, viene richiamata nei casi in cui la Corte afferma la necessità di esplicitare in un testo di legge alcuni concetti, che sarebbero, tuttavia, oltremodo desumibili mediante interpretazione sistematica (in questo senso la sentenza 22/1967, punto 6 del considerato in diritto) dimostrando, così facendo, un certo garantismo.

Ma è del 1988 la sentenza ritenuta più importante in materia di certezza del diritto e di sicurezza giuridica, rivoluzionaria nei suoi tratti in quanto aperta a soluzioni di rottura con lo Stato di diritto, se e in quanto al cittadino medio non sia dato conoscere una legge, di carattere penale, i cui effetti potrebbero comprometterne la riduzione della libertà personale. Si tratta della sentenza n. 364, che ha avuto il merito di subordinare il “motto” ignorantia legis non excusat (riflesso della certezza del diritto in senso oggettivo), così come risultava sancito dall’art. 5 del codice penale, alla sicurezza giuridica (certezza del diritto in senso soggettivo).

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P. MAURIELLO, Ancora sul principio dell’affidamento nella sicurezza giuridica, in Giurisprudenza italiana, 5/2003, p. 842, il quale si augura peraltro «per il futuro che la giurisprudenza della Corte possa compiere ulteriori passi in avanti nell’ampliare la sfera di tutela dell’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, giungendo a considerare pervenute ad un sufficiente grado di maturazione, e quindi a proteggere, anche quelle situazioni giuridiche che, come nel caso in esame, non possono oggi essere ancora salvaguardate».

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Per un suo commento ibidem, pp. 841-842. Viene, pertanto, abbandonata in tale sentenza l’idea che la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto e la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico non siano principi costituzionali, bensì «altri fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamenti» (sent. 397/1994 Corte cost., punto 4 del considerato in diritto).

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A commento di questa sentenza si veda, invece, A. MASARACCHIA,Insegnamento in scuole “di montagna” e tutela dell’affidamento ingenerato: un nuovo arretramento della giurisprudenza costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 1/2007, p. 93 ss..

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Così anche nelle sentenze e n. 31 del 1983, dove si afferma che:«la chiarezza del dettato legislativo contribuisce alla certezza del diritto e riduce le occasioni di controversie…» (punto 2 del considerato in diritto) e n. 171 del 1987, laddove si chiarisce come la chiarezza del disposto normativo rappresenti, nel momento dell’applicazione, un «contributo essenziale alla certezza del diritto» (punto 2 del considerato in diritto). Sulla chiarezza normativa nella giurisprudenza costituzionale si rinvia a L. PEGORARO,Linguaggio e certezza della legge nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, Milano, 1988, passim e G.M. SALERNO, La tecnica legislativa e la chiarezza normativa nella giurisprudenza costituzionale più recente, in Rassegna Parlamentare, 4/1997, p. 1034 ss..

Rammentiamo che ci troviamo di fronte ad un campo materiale molto particolare: il diritto penale, il quale di per sè prevede tutta una serie di deroghe ai criteri generalmente utilizzati sia in sede di legislazione che in sede di interpretazione Infatti così come in Costituzione risulta sancita la irretroattività della legge penale (art. 25, II comma, Cost.), anche – e ancor prima – nelle disposizioni preliminari al codice civile (art. 14) è espresso il divieto di analogia legis in materia penale. Ed è in riferimento a tali maggiori garanzie che devono essere fornite ai destinatari della legge penale che la Corte afferma:«[n]elle prescrizioni tassative90…il soggetto deve poter trovare, in ogni momento, cosa gli è lecito e cosa gli è vietato: ed a questo fine sono necessarie leggi precise, chiare, contenenti riconoscibili direttive di comportamento»91 (punto 8 del considerato in diritto). Pertanto il principio di sicurezza giuridica rileva sia nel garantire ai cittadini la sicurezza appunto di non essere puniti ove vengano realizzati comportamenti irrilevanti (punto 16 del considerato in diritto), sia la sicurezza di sapere che si sarà sottoposti a condanna penale nel caso di tenuta di comportamenti penalmente rilevanti. Non solo: vi è anche l’obbligo del legislatore (ricavabile da due principi sanciti direttamente in Costituzione, ovvero la necessaria pubblicazione della legge – art. 73, II comma, Cost. – e la tassatività della legge penale – art. 25, II comma, Cost.) di tenere conto delle peculiarità insite nelle leggi penali al momento della formulazione del testo legislativo. Le leggi penali infatti «possono essere conosciute solo allorché si rendano “riconoscibili”»92; da quanto detto si ricava l’imprescindibile esigenza della riconoscibilità dell’effettivo contenuto precettivo della legge penale, che discende dall’uso di uno stile linguistico e redazionale semplice e comprensibile. «L’oggettiva impossibilità di conoscenza del precetto, nella quale venga a trovarsi “chiunque”93…non può gravare sul cittadino e costituisce, dunque, un altro limite della personale responsabilità penale»94. Nonostante la Corte riconosca che la certezza della legge costituisca un “mito”, dato che anche la più certa delle leggi necessita di interpretazioni, e perciò non possa essere riconosciuta un’ipotetica

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Qualcosa in questo senso era già presente in una precedente pronuncia della Corte: la sentenza n. 96 del 1981, laddove si afferma, proprio in materia penale, che: «[l]'esame dettagliato delle varie e contrastanti interpretazioni date all'art. 603 del codice penale nella dottrina e nella giurisprudenza mostra chiaramente l'imprecisione e l'indeterminatezza della norma, l'impossibilità di attribuire ad essa un contenuto oggettivo, coerente e razionale e pertanto l'assoluta arbitrarietà della sua concreta applicazione. Giustamente essa è stata paragonata ad una mina vagante nel nostro ordinamento…L'art. 603 del c.p., in quanto contrasta con il principio di tassatività della fattispecie contenuto nella riserva assoluta di legge in materia penale, consacrato nell'art. 25 della Costituzione, deve pertanto ritenersi costituzionalmente illegittimo.» (punto 16 del considerato in diritto).

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Il corsivo è nostro.

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Punto 17 del considerato in diritto.

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Ovvero l’uomo medio, dato che non si potrebbe ritenere più scusabile l’ignoranza della persona di istruzione medio – bassa, rispetto a quella del soggetto istruito e magari esperto in discipline giuridiche, pena l’evasione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).

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obiezione del cittadino che si poggi sull’assenza di questo tratto, ovvero della certezza, nella legge che lo riguarda in quanto destinatario, essa giunge alla conclusione che vi è un margine di deroga al principio posto dall’articolo 5 del codice penale. Ovvero vi sono casi in cui si può ritenere scusabile, in quanto inevitabile, l’ignoranza della legge penale, e perciò si desume l’incostituzionalità dell’articolo 5 nella parte in cui non prevede la scusabilità dell’ignoranza inevitabile della legge penale95.

Si segnala, di notevole importanza, anche la sentenza n. 525/2000 con la quale la Corte ha riconosciuto alla tutela dell’affidamento legittimamente posto sulla certezza dell’ordinamento giuridico non tanto la natura di norma costituzionale, quanto piuttosto di limite a salvaguardia delle norme costituzionali. Inoltre in essa si afferma e si sottolinea l’importanza del principio dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, in quanto elemento essenziale dello Stato di diritto (punto 2 del considerato in diritto).

Questa rassegna giurisprudenziale ci fornisce una serie di dati oggettivamente rilevanti per comprendere come, nel corso degli anni, vi sia stata una sempre maggiore sensibilizzazione a favore della tutela di questo principio, sebbene ad esso, proprio per il fatto di essere desumibile da una pluralità di principii costituzionali (tra i quali gli articoli 3, 24 e 25 Cost.), non sia stata riconosciuta un’identità specifica nel panorama costituzionale96. Pare, perciò, di

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Orientamento confermato successivamente dalla Corte nella sentenza n. 185 del 1992, nella quale la Corte afferma al punto 2 del considerato in diritto: «Con tali enunciati, la Corte non ha ovviamente inteso affermare che le norme penali debbano necessariamente essere formulate in modo così chiaro ed univoco da non dar luogo a dubbi interpretativi. Ma vi sono requisiti minimi di riconoscibilità e di intellegibilità del precetto penale - che rappresentano anche, peraltro, requisiti minimi di razionalità dell'azione legislativa - in difetto dei quali la libertà e la sicurezza giuridica dei cittadini sarebbero pregiudicate. Questo è quanto si verifica nel caso in esame, in cui l'errore materiale di redazione del testo legislativo, quale è stato evidenziato nel precedente paragrafo, costituisce per il cittadino una vera e propria insidia, palesemente idonea ad impedirgli la comprensione del precetto penale, o, quanto meno, a fuorviarlo. L'errore stesso, peraltro, introduce nella formulazione letterale della disposizione un elemento certo, pur se involontario, di irrazionalità e di contraddittorietà rispetto al contesto normativo in cui la disposizione è inserita e come tale determina anche una violazione di quel canone di coerenza delle norme che è espressione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione. É pertanto sindacabile da parte di questa Corte il vizio consistente nell'errore materiale di redazione legislativa, che infici il testo della disposizione, pregiudicando, nella misura e nei modi che ricorrono nel caso in esame, la riconoscibilità e l'intellegibilità del precetto penale con essa disposto. Rilevato un simile vizio, la Corte, in adempimento della sua funzione di conformazione dell'ordinamento legislativo al dettato costituzionale, deve dichiarare l’illegittimità costituzionale della parte della disposizione specificamente viziata e dalla quale deriva il difetto di riconoscibilità e di intellegibilità del precetto» (corsivi aggiunti).

Pasquale Costanzo a questo proposito afferma come «la sentenza n. 364 del 1988…debba la sua importanza all’affermazione di principi che vanno oltre il caso di specie, dato che, se è vero che in esso nessuna norma viene dichiarata incostituzionale per il vizio di “oscurità assoluta”, è però indubitabile che, dalla parte della Corte, attraverso l’interpretazione combinata dei disposti costituzionali, si predisponga un parametro per eventuli future decisioni. Quest’ipotesi non manca di verificarsi con la successiva sentenza n. 185 del 1992», si veda P. COSTANZO, Il fondamento costituzionale della qualità della normazione (con riferimenti comparati e all’UE),

paper rilasciato alla lezione tenuta dal Professor Costanzo al corso sulla Qualità della normazione dell’Università di Firenze.

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G. MATUCCI, Tutela dell’affidamento e retroattività ragionevole in un caso di interpretazione autentica, in Giurisprudenza costituzionale, 3/2006, p. 2549. L’ A. denuncia, più nello specifico in merito al principio della tutela dell’affidamento, la «tendenza ad accorpare tale principio a questo o a quel principio riconosciuto in

poter escludere che il principio della certezza del diritto costituisca un mero principio generale dell’ordinamento giuridico97, con la conseguenza nefasta in cui altrimenti si incorrerebbe di un suo facile superamento per mezzo di una legge statale, ma anche della delegazione del suo utilizzo esclusivamente all’attività interpretativa dell’operatore giuridico .

In particolare nella sua giurisprudenza la Corte ha dovuto affrontare quantitativamente più questioni collegate alla “esigenza” di certezza del diritto in sede di applicazione e, quindi, di interpretazione della norma giuridica, piuttosto che nella sua declinazione come “esigenza” per la realizzazione di formule linguistiche chiare e precise. La posizione della Corte costituzionale nei confronti delle tecniche legislative appare però, rispetto all’atteggiamento garantistico fornito alle ricadute della valutazione di tale principio nelle aspettative dei cittadini (che potremmo chiamare, sebbene impropriamente, fase discendente della norma), in un certo qual modo “agnostica”, esclusi naturalmente i casi di cui abbiamo fatto parola, che tuttavia non prevedono un obbligo generico di chiara formulazione di testi, quanto piuttosto l’accettazione del rischio da parte del legislatore di ritenere scusabile l’ignoranza della legge, e solo in campo penale.

Pur consci della natura rapsodica assegnata alla rassegna giurisprudenziale sopra riportata, essendosi fatto riferimento ai molteplici e complessi aspetti riconducibili alla certezza del diritto, si è in ogni caso ritenuto preferibile accorpare insieme le decisioni più importanti relative a tale principio, dato che privilegiare nelle nostre considerazioni solo uno dei suoi possibili significati avrebbe avuto, a nostro modo di vedere, due effetti negativi. Il primo sarebbe stato sicuramente rinvenibile nella parzialità e nella insufficienza di una analisi che non avesse tenuto conto della certezza del diritto, nella sua interezza semantica; il secondo effetto negativo lo avremmo avuto nel rischio cui saremmo incorsi nel privilegiare un significato su tutti. Ciò , infatti, avrebbe comportato un “tradimento” di quanto si è cercato finora di dimostrare, e che del resto la stessa Corte afferma quando dice che la certezza di diritto appartiene alla nozione più ampia dello Stato di diritto, in quanto elemento che lo qualifica (sentenza 525/2000). Da qui la scelta di un metodo che partisse da un’idea più Costituzione» (con ciò, evidentemente, revocando in dubbio l’affermazione di valore autonomo compiuta nella sent. n. 416 del 1999, ).

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Come richiesto alla Corte nella sentenza n. 101 del 1986 e nei confronti della cui richiesta la stessa Corte si rifiuta di prendere posizione. Si veda sul punto V. CRISAFULLI,Per la determinazione del concetto di principi generali del diritto, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, XXI, 1941; N. BOBBIO,Principi generali di

diritto (ad vocem), in Novissimo Digesto Italiano, vol. XIII, Utet, Torino, 1966, p. 887 ss.; S. BARTOLE,Principi generali di diritto (ad vocem), in Enciclopedia del diritto, vol. XXXV, Giuffrè, Milano, 1986, pp. 494 ss.. Quest’ultimo autore inserisce tra i principi generali dell’ordinamento giuridico la tutela dell’affidamento (sebbene in campo amministrativo), ivi , pp. 519-520. Ma anche C. MORTATI, Costituzione (dottrine generali) (ad

elevata di certezza del diritto, in quanto immanente lo stesso ordinamento giuridico, per poi verificarne le singole componenti e le pronunce giurisprudenziali più importanti ad esse riferibili.

4. Crisi della legge statale nel passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale (dalle

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