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Il ritorno della democrazia nel 1983 e i lavori preparatori della futura riforma costituzionale.

La forma di governo italiana e la forma di governo argentina: dalle origini alle recenti evoluzioni parzialmente incompiute

9. Il ritorno della democrazia nel 1983 e i lavori preparatori della futura riforma costituzionale.

La caduta del regime dittatoriale e l’elezione a Presidente della Nazione dell’esponente della Unión Cívica Radical Raúl Ricardo Alfonsín segnarono lo storico inizio della transizione verso la democrazia per l’Argentina.

Fu molto forte , infatti, la voglia di tracciare una linea che definisse il confine non solo con la precedente dittatura, ma anche con le cause che avevano spesso condotto le istituzioni in Argentina fuori dal “selciato” ordinario. Per questo motivo il Presidente Alfonsín nominò una Commissione consultiva con il compito di esprimere dei pareri su se, ed eventualmente in che modo, apportare modifiche all’originario testo costituzionale al fine di consolidare143 definitivamente la democrazia. Ciò avvenne per mezzo di un decreto presidenziale (Decreto 2446/1985) che istituì il Consejo para la Consolidación de la democracia, composto da notabili del mondo della politica e della cultura, tra cui si ricorda la figura del giurista argentino Carlos Santiago Nino.

La Commissione lavorò molto ed in particolare produsse due pareri144, nei quali l’organo prendeva posizione sull’opportunità di trasformare il regime presidenzialista in un regime parlamentare o semi-presidenziale, con la creazione di una figura molto simile a quella del Primo Ministro francese145. Inoltre si prevedeva la riduzione della durata del mandato presidenziale e la possibilità di rieleggere il Presidente. Tali opinioni nascevano dalla considerazione in base alla quale l’imitazione del modello statunitense non aveva in realtà dato origine ad un sistema con le caratteristiche effettivamente tipiche del modello imitato, ovvero l’applicazione rigida del principio della separazione dei poteri con l’uso del meccanismo dei pesi e contrappesi. La lettera stessa della Costituzione era stata spesso interpretata dal Presidente come uno strumento nelle proprie mani: arbitrariamente egli aveva

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Una appropriata distinzione tra transizione e consolidamento è riscontrabile in L. MEZZETTI,ult. op. cit., p. 334.

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CONSEJO PARA LA CONSOLIDACIÓN DE LA DEMOCRACIA, Reforma Constitucional. Dictamen preliminar del Consejo para la Consolidación de la democracia, Eudeba, Buenos Aires, 1986 e ID.,Segundo dictamen del Consejo para la Consolidación de la democracia, Eudeba Buenos Aires, 1987.

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Si cfr. anche i saggi utilizzati come materiale di studio da parte della stessa Commissione e da essa raccolti in un volume: CONSEJO PARA LA CONSOLIDACIÓN DE LA DEMOCRACIA, Presidencialismo vs. Parlamentarismo. Materiales para el estudio de la Reforma Constitucional, Eudeba, Buenos Aires, 1988; in particolare si segnalano i saggi di A. LIJPHART, Democratización y modelos democraticos alternativos, pp. 5-18; J. LINZ, Democracia presidencial o parlamentaria. Hay alguna diferencia?, spec. pp. 23 ss e C.S. NINO, Presidencialismo

potuto permettersi di assommare a sé ulteriori poteri rispetto a quelli ordinari ricorrendo ad un concetto di emergenza lasciato piuttosto indefinito nel testo costituzionale146.

Nel 1989, tuttavia, una grave crisi politica ed economica condusse Alfonsín a rinunciare al proprio incarico e ciò comportò l’impossibilità di tradurre il lavoro del proprio organo consultivo in una riforma costituzionale.

Altro dato rilevante è che le forze politiche/partitiche non seppero unirsi nello sforzo di operare un radicale mutamento del proprio sistema istituzionale tant’è vero che la stessa legge che diede in seguito vita alla Convenzione costituente, soggetto incaricato di novellare il testo costituzionale originario, nacque da un patto tra l’ex Presidente Alfonsín e il nuovo Presidente Carlos Saúl Menem, meglio conosciuto come il «Patto degli Olivi», il quale venne stretto esattamente il 14 novembre 1993 costituendo lo stesso in particolare il frutto di reciproche concessioni tra i leader dei due partiti maggiori: il partito giustizialista e il partito radicale147. In particolare Alfonsín, continuando l’opera già iniziata dall’apparato consultivo istituito negli anni del proprio mandato presidenziale, insistette con la necessità di inserire tra gli items della riforma la creazione di un Capo di Gabinetto o di una figura analoga che avesse una funzione coordinatrice tra l’esecutivo e il Congresso, mentre Menem mostrò uno smodato interesse a vedere trascritta la norma che gli avrebbe consentito la rielezione a Presidente della Nazione, una volta scaduto il primo mandato.

Tale patto politico rappresentò la base dalla quale, in un secondo momento, una commissione di giuristi bipartisan partì per dare vita ad un vero e proprio progetto di legge, nel quale, oltre a dichiarare la necessità di riformare la Costituzione nazionale, si inserissero i punti che avrebbero dovuto poi essere oggetto di studio e di modifica per mano della futura Convenzione costituente: l’insieme di tali punti formò il cosiddetto «Nucleo de Coincidencias Basicas». La legge venne promulgata il 29 dicembre del 1993 (legge n. 24.309).

Si trattò, quindi, di una riforma totalmente guidata: i costituenti non avrebbero potuto discostarsi dal volere degli autori del patto, messo nero su bianco nella legge 24.309148. In tale

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Non soltanto in senso orizzontale, ovvero rispetto agli altri poteri dello Stato federale (potere legislativo e potere giurisdizionale), bensì anche in senso verticale, ovvero rispetto agli enti federati. Anche questa particolarità è risultata contraddistinguere in generale le esperienze iberoamericane che hanno abbracciato la forma di governo presidenzialista: nelle situazioni di crisi il Presidente riesce agevolmente a valicare i confini tracciati in modo più o meno netto dalla costituzione data l’assoluta assenza di un controllo effettivo da parte degli altri poteri.

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Parla del coinvolgimento anche di altre importanti forze politiche, economiche e sociali il costituente, nonché costituzionalista, A. GARCIA LEMA, nella seduta della Convenzione costituente del 27 luglio 1994, p. 2200 res.sten. consultabile su www.infoleg.gov.ar/constituciones ( consultato il 30 maggio 2007).

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Sebbene l’articolo 2 della legge 24.309 sancisse che la Convenzione costituente avrebbe potuto ad ogni modo apportare modifiche al «Nucleo de Coincidencias Basicas», pare di poter leggere un differente grado di perentorietà nel dettato dell’articolo 3, dove vengono indicati i temi sui quali «si abilita» la Convenzione

legge, in particolare, venivano espressi, tra gli altri, come obiettivi da perseguire: l’attenuazione del presidenzialismo149, attraverso la creazione di una figura simile al Primo Ministro, tipico dei sistemi semi-presidenziali; la riduzione della durata del mandato presidenziale a quattro anni (da estendere anche al Vice-Presidente) e la possibilità di una sola rielezione immediata; l’elezione diretta a doppio turno del Presidente (e del Vice-Presidente); la previsione in Costituzione del potere presidenziale di emanare decreti di necessità e di urgenza nonché la previsione di procedimenti per rendere più veloce la discussione e l’approvazione dei disegni di legge in sede congressuale.

Vi erano quindi ulteriori temi sui quali, in tale caso, venne lasciata alla Convenzione la libertà di decidere se pronunciarsi o meno (cfr. nota 148 di questo capitolo) sono: il rafforzamento del federalismo; la possibilità di incorporare l’istituto dell’iniziativa legislativa popolare e altri strumenti di partecipazione popolare come meccanismi di democrazia semi- diretta; il potenziamento del potere di controllo150 in capo al Congresso sull’operato dell’esecutivo151.

Si può quindi affermare come il principale obiettivo della riforma fosse il consolidamento e il perfezionamento del sistema democratico, da ottenere sia attraverso un nuovo equilibrio nel funzionamento dei tre organi del potere statale (attenuazione del sistema presidenziale; rafforzamento del ruolo del Congresso; maggiore indipendenza del potere giudiziario con la creazione di un proprio organo di autogoverno) sia attraverso il perseguimento di una maggiore efficienza nel funzionamento delle istituzioni statali.

Focalizzando l’attenzione sul principale oggetto di riforma, ovvero l’attenuazione del sistema presidenziale152, si può affermare come esso costituisca il punto di incontro di due costituente a discutere. In senso critico sul punto M. ROSTI, La riforma costituzionale argentina del 1994: bilancio di un quinquennio, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 3/2000, p. 920.

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In realtà sia alcuni componenti della Convenzione costituente del 1994 sia, ancora prima, alcuni dei componenti del Consejo para la Consolidación de la Democracia, affermarono che la Costituzione del 1853 e i meccanismi in essa presenti potessero essere sufficienti a conseguire tale finalità; in questo senso V. E. IBÁÑEZ ROSAZ, El Jefe de Gabinete y la funcion constitucional de los ministros, in G. J. BIDART CAMPOS e A. G. DOMINGUEZ (a cura di), A una decada de la Reforma constitucional 1994-2004, EDIAR, Buenos Aires, 2004, p. 300.

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Il costituzionalista E. PAIXAO, membro della Convenzione costituente, fece a tal proposito notare come la sospensione continua dell’attività del Congresso nella varie esperienze dittatoriali abbia di fatto provocato il mancato compimento in capo all’organo legislativo della funzione di controllo. Si veda la seduta del 27 luglio 1994, p. 2213 res.sten., consultabile su www.infoleg.gov.ar/constituciones (consultato il 30 maggio 2007).

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L’elenco non è esaustivo, ma è parso opportuno indicare gli istituti che maggiormente operano in senso di correzione dei difetti del regime politico argentino antecedente alla riforma del 1994.

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Ritiene che quello di attenuare il sistema presidenziale non fosse il reale obiettivo della riforma costituzionale J. R. VANOSSI, il quale ebbe modo di precisare il suo punto di vista sulla questione della novellanda figura presidenziale: «la riforma in esame ha l’obiettivo di potenziare i poteri del Presidente in tutti i sensi e in modo manifesto, aumentando le sue attribuzioni come colegislatore, autorizzandolo a governare per mezzo di decreti di necessità e di urgenza, imponendo al Congresso un termine perentorio per l’approvazione di progetti di legge governativi; (o bien) in modo subdolo, simulando una diminuzione dei poteri presidenziali attraverso la

posizioni estreme: da una parte vi erano gli anti-riformisti, che volevano mantenere caratteri del presidenzialismo così come affermatosi in Argentina, dall’altra i riformisti, desiderosi di instaurare una forma di governo parlamentare. Alle due posizioni venne preferita una posizione di mezzo, onde permettere il mantenimento di un esecutivo unipersonale, come in ogni sistema presidenziale che si rispetti, ma affiancato da un Ministro speciale rispetto agli altri, in quanto Capo di Gabinetto, il cui ruolo principale sarebbe consistito nel rendere effettivo un dialogo continuo tra il Presidente e il Congresso.

creazione di un Ministro di coordinamento, quando in realtà questi stessi poteri vengono rafforzati dal momento che il Presidente non solo lo nomina, ma lo può anche rimuovere in modo totalmente discrezionale. Questo progetto di super – presidente, per giunta rieleggibile, rivela che esiste nel Presidente Menem la tentazione di mantenere il proprio potere eternamente e in modo totale» (parentesi aggiunte). Cita queste parole il costituente L.S. VARESE, nella seduta del 28 luglio 1994, p. 2372, res. sten. consultabile su www.infoleg.gov.ar/constituciones (consultato il 30 maggio 2007).

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