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Variazioni al modello americano nella Costituzione del 1853.

La forma di governo italiana e la forma di governo argentina: dalle origini alle recenti evoluzioni parzialmente incompiute

6. Variazioni al modello americano nella Costituzione del 1853.

E’ noto che il modello al quale l’Argentina ha guardato per la realizzazione della propria Costituzione di metà ottocento corrisponde al prototipo statunitense114 sia in relazione al modo di disciplinare l’esercizio del potere tra il livello federale e il livello statale115, sia riguardo alla forma di governo, avendo mutuato da essa i tratti contraddistintivi del sistema presidenziale.

Anche nella Costituzione argentina, infatti, le sorti della Presidenza della Nazione non dipendono in alcun modo da quelle del Congresso: non esiste, infatti, un rapporto di fiducia che possa provocare crisi di governo da una parte o scioglimento delle Camere dall’altra. La Presidenza della Nazione ed il Congresso costituiscono perciò due poteri distinti, l’uno titolare della funzione esecutiva e l’altro titolare della funzione legislativa («separazione strutturale dei poteri»116). Inoltre il Senato argentino è anch’esso, alla pari di quello americano, rappresentativo degli interessi locali.

Non bisogna, tuttavia, fermarsi a ciò che prima facie la lettura della Costituzione argentina del 1853 potrebbe indicare. L’Argentina, essendo stata terra di conquiste coloniali per mano spagnola prima e ricettiva di potenti flussi migratori dopo, ha subito notevoli suggestioni anche dalle costituzioni europee. In particolare sembra ravvisarsi una certa influenza esercitata dalla Costituzione francese del 1791, nella parte in cui la Costituzione argentina stabilisce che il Presidente è il Capo Supremo della Nazione (art. 83, I comma, vecchio testo): i costituenti argentini volevano, infatti, mantenere una certa continuità con l’esperienza monarchica precedente117. Il principale teorico della Costituzione del 1853, Juan Bautista Alberdi, parlò a tal proposito di «un presidente costituzionale a cui fosse permesso assumere i

114

Cfr. J. R. VANOSSI, La influencia de la Consitución de los Estados Unidos de Norteamérica en la Constitución de la Republica Argentina, in Revista Jurídica de San Isidro, 10-11, 1976, p. 73 ss..

115

Pur essendo l’Argentina all’epoca ancora una Confederazione, fu molto influenzata dagli Stati Uniti, che già erano una Federazione. Tant’è vero che l’Argentina seguirà il medesimo percorso degli Stati Uniti abbacciando la soluzione federale – a tutt’oggi la sua forma di stato – nel 1860.

116

L. MEZZETTI, Le democrazie incerte, Giappichelli, Torino, 2000, p. 384.

117

J. B. ALBERDI, Bases y puntos de partida para la organización política de la República Argentina (1852), edizione 1984, Biblioteca del Congreso, Buenos Aires, p. 136; l’A., infatti, sottolinea la necessità di avere «Re con nomi di Presidenti», come dire creiamo la Repubblica senza dimenticarci della Monarchia. Si confronti anche quanto descritto da H. ROSATTI, El presidencialismo argentino después de la reforma constitucional, Rubinzal-Calzoni Editores, Buenos Aires, 2001, p. 73.

poteri di un Re, nel caso in cui il popolo gli dovesse disobbedire come presidente repubblicano»118.

Per questa ed altre commistioni di elementi la forma di governo argentina, analogamente a quanto si verifica per altri stati ibero-americani, è qualificata come «presidenzialista» piuttosto che come «presidenziale», nel senso che ora si tenterà di spiegare.

Alberdi, come già accennato, ritenne necessario che la Confederazione Argentina si dotasse di un potere esecutivo forte. A questo proposito si ricorda un celebre passo della sua opera: «Date al potere esecutivo tutto il potere possibile, però dateglielo per mezzo di una Costituzione»119; si temeva, infatti, che un potere esecutivo limitato avrebbe potuto seriamente compromettere la pace e l’ordine interno120. Questa versione autoritaria del regime presidenziale costituisce la linea di discrimen rispetto all’esperienza statunitense121.

A differenza, infatti, della forma di governo presidenziale pura, il modello argentino che si profila nel testo costituzionale del 1853, e che rimarrà in vigore fino alla riforma del 1994, appare caratterizzato da un indebolimento dei poteri del Parlamento, oltre che, sul versante della forma di stato, da un’esperienza federale debole e destrutturata122. A seconda poi delle presidenze che si sono succedute nel corso dei decenni una tendenza ben visibile è la deriva del sistema presidenziale verso veri e propri regimi personalistici123.

Vi sono poi altre divergenze tra i due modelli: per quanto in entrambi i paesi si possa parlare di un potere esecutivo unipersonale, di fatto, per descrivere la complessa realtà della Presidenza della Repubblica argentina, non basta fare riferimento soltanto alla figura del Presidente. In Costituzione, sin dalle origini, è riconosciuta infatti l’esistenza, a fianco del

118

J. B. ALBERDI, op. cit., p. 137 (la traduzione è nostra).

119

Ibidem,p. 138.

120

Sotto questo punto di vista, ad influenzare la Costituzione argentina è anche la Costituzione cilena del 1813, nel quale il presidente appare una figura sovrastante sugli altri poteri e dove ad un equilibrio nella divisione del potere esecutivo e del potere legislativo, si preferisce una forte concentrazione di potere nelle mani di uno, anche per far fronte ad eventuali pericoli provenienti dall’interno o dall’esterno del Paese. Cfr. J. B. ALBERDI, op. cit., p.140. Alberdi non rinnegherà mai tuttavia l’influsso nord-americano che gli derivava da letture quali Il Federalista di Hamilton, nonché da Toqueville e da Story. Così D. H. PÉREZ HUALDE, Alberdi y las atribuciones del esecutivo, in PÈREZ GUILHOU (a cura di), Atribuciones del Presidente argentino, Depalma, Buenos Aires, 1986, pp. 154-155.

121

M. DUVERGER,Institutions politiques et droit constitutionnel, 11ª, Press universitaires de France, Parigi, 1970, p. 213, il quale definì il presidenzialismo dei paesi latino-americani «un’applicazione deformata del regime presidenziale classico, dovuto all’indebolimento dei poteri del Parlamento e a una ipertrofia dei poteri del presidente». L’A. in particolare ha riconosciuto il fattore che ha provocato una simile degenerazione del modello nell’aver i paesi latino-americani trasferito le istituzioni costituzionali degli Stati Uniti in una società totalmente diversa, caratterizzata da sottosviluppo tecnico,che viveva ancora di agricoltura. Così anche L. MEZZETTI, ult. op. cit., p. 368.

122

E. L. PALAZZO, Raíces histórico políticas del régimen presidencialista argentino, in Anales de la Academia Nacional de Ciencias Morales y Politicas, Tomo XVI, 1987, p. 784.

123

Ne fa di questa una caratteristica oggi emergente anche in moltissimi stati di recente indipendenza G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale comparato, Cedam, Padova, 2004, pp. 109-110. Cfr. anche L. MEZZETTI, ult.

Presidente della Nazione, anche della figura dei Ministri. Ancora una volta appare evidente l’influsso operato dalle Costituzioni europee (tra cui la Costituzione francese del 1791 e lo Statuto Reale spagnolo del 1834, in cui si afferma che il consesso dei segretari del re forma il Consiglio dei Ministri) e il distacco dal modello nordamericano, in quanto nella convenzione di Philadelphia i riferimenti alla sussistenza di dipartimenti governativi non fa dei loro capi soggetti con una individualità e un ruolo ben specificato, soprattutto in relazione al Congresso.

Sono presenti poi alcuni caratteri tipici della forma di governo parlamentare, che rendono perciò ancora più complessa la riconduzione del sistema costituzionale argentino ad una specifica tipologia di regime politico124. La Costituzione prevede, infatti, varie forme di collaborazione e di condizionamento inter-potere: il Presidente deve presentarsi davanti alle Camere per fronteggiare eventuali richieste di chiarimento e di informazione dei parlamentari (art. 63, vecchio testo); lo stesso può inoltre partecipare ai dibattiti in Assemblea, naturalmente senza diritto di voto (art. 92, vecchio testo).

Vi è poi una deroga alla lettura data dal costituzionalismo americano al principio della separazione dei poteri125: si introduce, infatti, in capo al Presidente della Nazione una funzione «colegislativa», sebbene limitata alla presentazione innanzi alle Camere di progetti di legge.

Si può perciò concludere che, sulla base del testo costituzionale del 1853, il modello argentino appare caratterizzato da un “cesarismo rappresentativo”126; esso può apparentemente risultare evocativo della forma di governo presidenziale nordamericana, ma di fatto porta l’adozione del modello originario alle sue estreme conseguenze. Il Presidente invero trova nella composizione governativa altri possibili soggetti titolari di funzioni esecutive e lui stesso conosce momenti di possibile sollevamento della propria responsabilità innanzi al Congresso (componente parlamentare della forma di governo argentina); nonostante ciò si attesta nell’esperienza politico/istituzionale un autoritarismo da parte del Capo supremo della Nazione che, nella debolezza di un Parlamento con scarso potere di controllo e nella frequente sussistenza di situazioni emergenziali, assumerà nel corso degli anni una caratteristica pressoché costante della forma di governo argentina.

124

Di grande efficacia è l’identificazione della forma di governo argentina in una «forma di governo parlamentare a preminenza presidenziale », cfr. G. DE VERGOTTINI, ult. op. cit., p. 108.

125

Parlano di un’assenza istituzionale dell’operare del meccanismo dei checks and balances, tipico del sistema statunitense M. FERNANDÉZ-D. NOHLEN, Presidencialismo versus Parlamentarismo en América Latina. Contribuciones a un debate conceptual y comparativo, Nueva Sociedad, Caracas, 1991, p. 42 ss..

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