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Le derive iperpresidenzialiste della forma di governo argentina.

La forma di governo italiana e la forma di governo argentina: dalle origini alle recenti evoluzioni parzialmente incompiute

7. Le derive iperpresidenzialiste della forma di governo argentina.

Qualche accenno al già richiamato autoritarismo che ha connotato la forma di governo argentina appare d’obbligo soprattutto per la comprensione degli eventi che hanno da ultimo condotto alla riforma costituzionale del 1994, i cui lavori preparatori hanno avuto inizio in corrispondenza con il ritorno della democrazia, verso la metà degli anni ottanta del secolo scorso.

Come tutti i Presidenti latinoamericani, anche la più alta carica argentina ha da sempre manifestato una forte tendenza al personalismo, con una certa propensione all’arbitrarietà e alla violenza127; d’altro canto le varie presidenze non hanno mostrato di detenere una forza sufficiente per introdurre nel sistema politico le rotture necessarie al perseguimento di un’effettiva modernizzazione del paese.

La sua forza, se così si può dire, scaturisce dalla mancanza di una cultura politica, nella quale emerga una volontà di contrattazione con il vertice dell’esecutivo, oltre che dalla mancanza di un sistema strutturato di partiti128 fino ad arrivare alle rappresentanze sindacali, espressione di un unico colore politico. Possiamo quindi affermare che non si tratta di un potere forte ex se, bensì di un potere forte per la debolezza di tutti gli altri attori presenti sulla scena129.

Tant’è che la periodica caduta dei regimi democratici, oltre a dipendere da fattori economici, è spesso indice di esecutivi piuttosto deboli. Ciò in quanto non esiste nessuno strumento il cui uso possa interrompere l’operato di una presidenza deludente o semplicemente debole, data l’impossibilità in una forma di governo presidenziale di ricorrere ad atti di sfiducia per mano del Parlamento. E così, in presenza di forze di estrazione militare desiderose di soppiantare l’“inquilino” della Presidenza, queste hanno avuto in varie occasioni campo facile, data anche una certa connivenza, perlomeno iniziale, della popolazione, che avverte questo come l’unico meccanismo per sbloccare una stasi della politica130.

Ma vi è anche un rovescio della medaglia: nei periodi in cui le forze militari hanno mantenuto un ruolo subalterno alla Presidenza, delle quali, lo ricordiamo, risulta essere per

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A. A. MARTINO, Regime presidenziale e presidenzialismo: il caso Argentina, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 49-50/1980, p. 111. Si cfr. anche H. A. NOGUEIRA, I regimi presidenziali dell’America latina, in Quaderni costituzionali, 3/1988, pp. 491 ss..

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In questo senso cfr. G. SARTORI, Parties and Party Systems. A Framework for analisis, Vol. I, Cambridge University Press, Cambridge, 1976, pp. 244-245.

129

A. A. MARTINO, ult. op. cit., p. 125.

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Si parla di «immobilismo» in questo caso e lo si identifica nel «principale fattore scatenante dei colpi di Stato» in L. MEZZETTI, ult. op. cit., p. 377.

Costituzione il Comandante in Capo, la scarsa forza negoziale delle altre parti politiche131 ha garantito al Presidente un forte appoggio da parte delle rappresentanze corporative e ciò proprio in quanto la carica presidenziale è tra tutte l’unica inamovibile e la più duratura, visto che, fino al 1994, il mandato aveva una vita di sei anni.

L’attaccamento mostrato dalle rappresentanze della società verso la persona del Presidente non sta, tuttavia, a dimostrare l’esistenza di un reale programma politico del governo a salvaguardia di questo o di quell’altro interesse del Paese. Per la sua elezione, che ha vaghi toni plebiscitari, e per la lunghezza del proprio mandato, egli sente di non aver bisogno di ottenere un consenso su un programma specifico: generalmente ritiene che la relazione con i suoi elettori sia più di carattere carismatico132, che politico, ovvero fondata su di un intuitus personae. Da tale condizione gli deriva una certa leggerezza nel rovesciare in modo palese la sua politica, una volta al governo, rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale.

Altro elemento a favore di una concentrazione del potere nelle mani del Presidente risulta essere la composizione politica del Congresso. Per quanto, infatti, il momento elettorale per la scelta del Presidente e il rinnovo delle Assemblee parzialmente non coincida133, e ciò proprio per garantire una maggiore aderenza del Congresso alla volontà degli elettori (ma sul punto si rinvia alla nota 131 di questo capitolo), di fatto le maggioranze parlamentari appartengono allo stesso partito del Presidente. Ciò rende praticabile un rapporto di scambio continuo tra i due organi, creando un continuum maggioranza-Governo, tipico di un sistema parlamentare, ma senza le garanzie di un sistema parlamentare, non da ultimo per l’assoluto soccombere delle opposizioni.

L’iper-presidenzialismo vive anche in ragione del rapporto che si instaura tra il Presidente e i poteri locali, e tra questi e il potere giudiziario.

In ordine al primo punto, un dato che spiega molto bene questa forte dipendenza dei poteri locali dalla sua persona è direttamente ricavabile dal vecchio testo costituzionale, laddove si stabilisce che il Presidente della Nazione costituisce anche il vertice del Governo della Municipalidad di Buenos Aires, la capitale federale della Nazione argentina. Tale coincidenza

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Il rinnovo biennale del Congresso avrebbe dovuto garantire una rappresentanza continua dei nuovi orientamenti dell’opinione pubblica così da ri-orientare le politiche del Governo, costringendo in questo modo il Presidente a dover tener conto dei cambiamenti nelle componenti delle Camere. Ma nei fatti il Congresso non è risultato capace di condurre ad eventuali blocchi delle politiche del Governo, soprattutto per l’assoluta assenza di una dinamica di confronto tra partiti. Il Senato, come rappresentante dei territori provinciali, rimane fuori da tale considerazione, in quanto non ha alcuna relazione diretta con il consenso generale.. Cfr. sul punto C. S. NINO, El

hiper – presidencialismo argentino y las concepciones de la democrazia, in AA. VV.,El presidencialismo puesto a prueba, Centro de Estudios Constitucionales, Madrid, 1992, p. 44.

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Ibidem, p. 54.

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Metà dei componenti della Camera dei Deputati viene ricambiato ogni due anni e il mandato di ciascun deputato ha la durata di quattro anni.

di ruoli è di particolare pregnanza se si pensa a come praticamente le sorti dell’intera economia nazionale girino intorno alla capitale, dove vivono circa 12 milioni di persone. E’ inutile dire come anche questa circostanza abbia contribuito ad una progressiva concentrazione di potere, soprattutto con il crescere dell’economia della Città porteña.

Non solo: un ulteriore dato, empirico in questo caso, che testimonia il legame sussistente tra il Presidente della Nazione e il potere delle Province argentine, è da una parte la forte influenza da questi esercitata nella nomina del candidato alla carica di Governatore appartenente allo stesso partito; dall’altra la logica del cursus honorum, in base alla quale il Governatore di una Provincia, esaurite le possibilità di rielezione a tale carica, si presenta alle elezioni presidenziali. Essendo la carica di Governatore di una Provincia piuttosto duratura ed altrettanto personalistica è chiaro che, una volta salito alla Presidenza della Nazione, il neo- eletto manterrà un legame stretto ed esclusivo con il proprio territorio.

Per quanto riguarda, invece, il rapporto esecutivo-giudiziario, ed in particolare Presidente- Corte Suprema, organo vertice del sistema giudiziario argentino, molti sono gli esempi a favore di questa egemonia incontrollata da parte del titolare della funzione di governo. Già nei primi anni del secolo scorso si affermò la dottrina in base alla quale le corti federali non possono decidere su questioni prettamente politiche134, garantendo un’assoluta “impunità” a favore di quelle questioni che lo stesso esecutivo avrebbe riconosciuto come tali. Altro dato incontrovertibile della subordinazione del sistema giudiziario al potere presidenziale si può far risalire al 1974, anno in cui il Governo argentino, rappresentato non da militari bensì da organi eletti con metodo democratico, approvò una legge in base alla quale si dichiaravano decaduti dal proprio ruolo tutti i giudici.

Come già affermato nel paragrafo precedente, il Presidente ha anche una forte presenza nello svolgimento della funzione legislativa, di cui titolare esclusivo dovrebbe essere il Congresso. La consultazione dei dati ci porta ad affermare che, per quanto non vi sia una predominanza governativa nel potere di iniziativa legislativa pari all’esperienza italiana – sistema parlamentare –, l’esercizio di tale potere in Argentina in ogni caso si sostanzi in una parità piuttosto stabile135 tra l’esecutivo e il legislativo.

Nella prassi costituzionale il Presidente ha poi fatto uso di un potere legislativo non formalmente riconosciutogli: ha così, soprattutto a partire dal ritorno della democrazia nel

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«J. M. Cuelles versus B. Llerena», Corte Suprema de la Nación, Fallos t. 53, p. 920.

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Con punte minime pari al 30% nel periodo che va dal 1917 al 1920 e punte massime pari al 79% nel periodo che va dal 1890 al 1900. I dati riportati sono stati estrapolati dalle tabelle grafiche in appendice al Capitolo 9 di N. G. MOLINELLI, Presidentes y Congresos en Argentina: Mitos y Realidades, Grupo Editor Latinoamericano, Buenos Aires, 1991.

1983, abusato del potere della decretazione d’urgenza nonché della delegazione legislativa, senza praticamente alcun tipo di controllo parlamentare.

Che faccia da contraltare a questa “invasione di campo” anche una scarsa capacità del Congresso di essere il luogo deputato per eccellenza a discutere e decidere delle questioni che più interessano la popolazione è innegabile: la qualità dei legislatori ha sempre lasciato molto a desiderare e i Regolamenti interni alle Camere non hanno saputo garantire quel grado di efficienza che sarebbe stato necessario per l’adozione delle decisioni136.

Dopo un’elencazione più o meno analitica delle ragioni che hanno condotto il sistema politico argentino ad un iper-presidenzialismo, appaiono ben supportate le opinioni di coloro che hanno affermato come questa declinazione in senso autoritario abbia condotto ad un allontanamento inesorabile dell’Argentina dalle reali esigenze della «democrazia deliberativa»137, allontanamento che ha, nei casi di maggiore tensione politica e di più evidente indebolimento governativo, condotto ai regimi dittatoriali, di cui spesso le classi economiche più influenti si sono servite.

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Solo di recente, per esempio, si è reso obbligatorio, con legge, predisporre delle udienze pubbliche per la formazione di tutte quelle decisioni per le quali esista una pluralità di posizioni, difficilmente sintetizzabili.

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