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Le modifiche regolamentari del 1997 e del 1999 e i riflessi sulla forma di governo: verso una “democrazia decidente”?

La forma di governo italiana e la forma di governo argentina: dalle origini alle recenti evoluzioni parzialmente incompiute

5. Le modifiche regolamentari del 1997 e del 1999 e i riflessi sulla forma di governo: verso una “democrazia decidente”?

Come già sottolineato, le riforme ai Regolamenti parlamentari che hanno interessato la Camera e il Senato nella seconda metà degli anni novanta nascono in un clima desideroso di stabilizzare gli effetti di un sistema a prevalenza maggioritaria, forti peraltro della coeva istituzione di sedi autorevoli ai quali era affidato l’arduo e delicato compito di riformare la seconda parte del testo costituzionale101.

Focalizzando la nostra attenzione sulle novelle al Regolamento della Camera dei Deputati102, senza entrare, tuttavia, nello specifico di ogni singola modifica intervenuta, appare opportuno analizzare la ratio dei più importanti cambiamenti. Innanzitutto si sente molto forte la necessità di realizzare una «democrazia competitiva» in luogo della passata e inefficiente «democrazia consociativa», che, però, non perda mai di vista l’indispensabile confronto tra Governo e Parlamento e tra maggioranza e opposizioni103.

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La decisione di proseguire e di approvare le modifiche ai testi regolamentari a lavoro non concluso da parte della Commissione bicamerale D’Alema nacque dall’esigenza, espressa in sede di Giunta per il Regolamento, di dare subito risalto al cambiamento, richiesto da più parti; inoltre le riforme costituzionali non sarebbero entrate a regime prima di due anni. In ogni caso questa declinazione parlamentare alla voglia di riforme - sebbene ricordiamo come tale slancio abbia riguardato prevalentemente la Camera dei Deputati - è a dimostrazione dell’assoluta indipendenza delle Assemblee legislative, libere di approvare propri Regolamenti qualunque ne sia il contenuto, e ciò tenuto conto del portato estensivo che la prassi costituzionale e la giurisprudenza della Corte costituzionale ha assegnato al principio degli interna corporis acta.

Riguardo al dato sulla base del quale un Regolamento in via generale non si limiti a realizzare esclusivamente fini specifici, relativi all’istituzione parlamentare, avendo una «funzione integrativa della Costituzione e di costruzione della posizione costituzionale dell’organo all’interno della forma di governo» si richiama G. ROLLA,

Riforma dei regolamenti parlamentari…, cit., p. 594., l’A. a sua volta, citando la nota teoria dualista di Tesauro, ovvero del Regolamento parlamentare al contempo atto interno ed esterno.

Denuncia il fatto che in quel momento politico apparve maggiormente opportuno fare riforme secondo una logica «incrementalista» V. ATRIPALDI,Introduzione,in V. ATRIPALDI -BIFULCO R. (a cura di),La Commissione

parlamentare per le riforme costituzionali nella XIII legislatura. Cronaca dei lavori e analisi dei risultati, Giappichelli, Torino, 1998, p. XIX.

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Solo più tardi, infatti, il Senato recepirà alcune delle modifiche apportate alla Camera. Nel 1999, tra i vari cambiamenti approvati, si ricordano le modifiche al procedimento di organizzazione dei lavori parlamentari, con un’attenzione particolare rivolta alle opposizioni, nonché la riforma alla disciplina degli strumenti di sindacato ispettivo con l’introduzione delle «interrogazioni a risposta immediata».

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Questo indicativamente si legge nelle motivazioni generali della proposta di riforma presentata alla Presidenza della Camera dalla Giunta per il Regolamento il 22 luglio 1997 (Camera dei Deputati, Documento II, n. 26, XIII legislatura).

Teme una deriva verso un «assolutismo della maggioranza», a seguito dell’introduzione del sistema maggioritario e del suo “recepimento” nella fonte parlamentare, soprattutto per non essere intervenute opportune garanzie a beneficio delle opposizioni S. LABRIOLA, La transizione repubblicana in IDEM (a cura di), Studi in

onore di Giuseppe Cuomo, Cedam, Padova, 2000, p. 171. In questo senso anche S. SICARDI, Maggioranza e opposizione nella lunga ed accidentata transizione italiana, in AA.VV.,Annuario 2001, Il Governo, cit., in part. p. 132 ss e G. FERRARA, La posizione attuale del governo nell’ordinamento costituzionale e le proposte di riforma. Riflessioni sul decennio 1993-2003 della storia costituzionale italiana, in Rassegna parlamentare, 1/2004, p 111.

Perciò sono oggetto di ripensamento e di ricostruzione alcune delle pratiche di funzionamento del Parlamento104, ma con un obiettivo più alto: la conferma della centralità del Parlamento, sebbene in chiave funzionalistica rispetto al passato, «come luogo dove si concentrano la rappresentanza democratica, l’espressione della sovranità popolare, la legittimazione del rapporto di fiducia con il Governo e l’alta funzione legislativa»105. In sostanza si vuole contribuire al completamento della transizione ad una forma di governo nella quale i ruoli di governo e Parlamento risultino più netti106, pur nella persistenza di un sistema parlamentare.

Tale trasformazione avvenne pertanto attraverso un rafforzamento di alcuni momenti essenziali del Parlamento: da un adeguamento dell’istruttoria legislativa (art. 79 Reg. C.), affinché l’approfondimento degli elementi di conoscenza e degli effetti degli interventi legislativi di volta in volta necessari renda più trasparente il momento del confronto e della decisione107, ad un maggiore controllo del prodotto normativo, sia nel suo aspetto formale sia nel suo aspetto sostanziale. A ulteriore garanzia dell’ottenimento di un risultato normativo adeguato e rispondente alle esigenze derivanti dalla certezza del diritto, venne istituito un comitato paritetico, ovvero composto in ugual misura da rappresentanti della maggioranza e da rappresentanti delle opposizioni, meglio noto come «Comitato per la legislazione», sulle cui prassi e operato si ritornerà nel prosieguo del lavoro.

All’intento di migliorare il prodotto normativo si aggiungeva tuttavia anche l’esigenza di non perdere di vista quello che rappresentava il compito principale di un’Assemblea legislativa, e cioè quello di lavorare e produrre. Costituisce ,infatti, una condizione imprescindibile di ciascuna democrazia moderna l’arrivare sempre a trasformare il momento del confronto in una decisione finale ed è così che bisogna leggere l’introduzione del sistema

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In particolare oggetto di ripensamento generale appare essere il procedimento legislativo. Si va, pertanto, a toccare non dei semplici iter procedurali per delle esigenze formali e senza grande valore istituzionale, bensì «la meccanica alta del sistema politico-istituzionale», in coerenza con i grandi cambiamenti costituzionali che venivano ipotizzati nella Commissione bicamerale D’Alema in quello stesso periodo al lavoro.

Sulle evoluzioni del procedimento legislativo si richiama U. ZAMPETTI, Il procedimento legislativo, in Il Parlamento. Annuario 2000, Atti del Convegno dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, Cedam, Padova, p. 131 ss..

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Così si esprime l’on. Guerra, relatore per il documento II, n. 20 (Costituzione di componenti politiche nel gruppo misto) e per il documento II, n. 26 (Riorganizzazione del procedimento legislativo e strumenti per migliorare la qualità delle leggi), nella seduta n. 234 della Giunta per il Regolamento del 23 luglio 1997, p. 20921, res. sten, consultabile su http://legislature.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed234/s190.htm (consultato il 18 gennaio 2007).

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Molto indicativo di questa maggiore separazione di funzioni è la decisione presa dal Presidente del Consiglio, all’inizio della XV legislatura, di dimettersi e far dimettere da incarichi parlamentari tutti i suoi Ministri, vice- Ministri e Sottosegretari.

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di contingentamento dei tempi parlamentari, ovvero la previsione di tempi certi e definiti di approvazione delle delibere legislative, onde ovviare a momenti di impasse istituzionale.

Nel nuovo rapportarsi del Parlamento alle dinamiche interne alla produzione del diritto è risultata invece forte la spinta proveniente dalla Corte costituzionale che, intervenendo sulla questione della reiterabilità dei decreti-legge (si cfr. la nota sentenza n. 360/1996), ha pronunciato l’incostituzionalità di tale pratica, che appare peraltro, come avremo modo di analizzare oltre, una conseguenza evidente dell’assoluta incapacità del Parlamento di rispondere rapidamente alla grande quantità di bisogni provenienti dalla società. In questa chiave è da leggere la previsione di ulteriori meccanismi di controllo parlamentare, in sede di conversione del decreto-legge. E’ stato così semplificato il procedimento di verifica di sussistenza dei requisiti di necessità e di urgenza: l’esame dei parametri costituzionali avviene oggi ,infatti, direttamente in sede di Commissione di merito affiancando ad esso la possibilità di presentare una pregiudiziale di costituzionalità, onde permettere una subitanea discussione e votazione in Assemblea sulla rispondenza a Costituzione dell’atto avente forza di legge; è stata inoltre ampliata la base normativa dalla quale enucleare nuovi parametri di verifica di legittimità108 e, a presidio di questi, si è posto il Comitato per la legislazione (art. 96- bis Reg. C.).

Attraverso queste modifiche si è cercato in particolare di creare un raccordo inscindibile tra la funzione legislativa e la funzione di controllo: questa razionalizzazione, negli intenti dei soggetti autori della riforma dei Regolamenti, avrebbe dovuto provocare un rafforzamento del Parlamento ed un recupero della sua credibilità, come organo attivo e responsabile, il quale, pur non rinunciando ad essere titolare della funzione di indirizzo e pertanto soggetto politico in senso stretto, in tale modo si sarebbe rimpadronito del proprio ruolo di garante di valori al di sopra delle contingenze e delle necessità di volta in volta scaturenti dalle politiche di governo, ciò naturalmente senza nulla levare al Governo, nella sua qualità di sede privilegiata di progettazione legislativa.

A dimostrazione della sensibilità e della capacità reattiva di cui è stata portatrice la Giunta per il Regolamento della Camera dei Deputati di fronte ai disagi provenienti dalle istituzioni parlamentari, nel 1999 venne condotta un’ulteriore ondata di modifiche regolamentari. In tale caso il disagio non proveniva dall’abuso incontrollato dello strumento della decretazione

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Trattandosi di parametri non previsti in Costituzione, non può evidentemente parlarsi di una verifica di stretta legittimità costituzionale. Sul punto torneremo nel capitolo dedicato alla decretazione d’urgenza.

d’urgenza, uno dei problemi a cui si cercò di porre rimedio con le modifiche del 1997, bensì dall’estensione dell’utilizzo della decretazione delegata. Sono stati pertanto introdotti dei meccanismi di maggiore controllo parlamentare, operanti tuttavia rigorosamente nei confronti di schemi di decreti legislativi già giunti ad una versione definitiva e una volta ottenuti i pareri degli altri organi la cui opera di consulenza sia richiesta nei principi e criteri direttivi della legge-delega109.

Il Regolamento parlamentare appare quindi, ancora una volta, un luogo in cui si riflettono le dinamiche delle fonti del diritto. All’aumentare di un ricorso, quasi incontrollato, ai decreti- legge e della delega della funzione legislativa al Governo fa così seguito la predisposizione di strumenti aderenti alle preoccupazioni dell’organo parlamentare, che sente il bisogno di tradurre in norme primarie il superamento della passata forma di governo. Non si vuole bloccare la decisione e la produzione normativa proveniente dal Governo, ma si vuole partecipare ad essa nelle fasi deputate all’esame e al controllo da parte del Parlamento.

E’ chiaro però che il funzionamento della macchina parlamentare non vive soltanto di attuazione di disposizioni scritte, siano esse di rango costituzionale o di rango primario, bensì spesso si esprime con prassi e convenzioni comunemente accettate dagli operatori interni all’istituzione110. E così «l’ambizione a racchiudere nella trama del diritto scritto l’insieme della vita politica»111 non produce alcun tipo di risultato se la cultura parlamentare non si modifica e se il Parlamento non prende piena coscienza del ruolo ricostruitosi con le proprie norme interne. Queste appaiono probabilmente la cause del parziale fallimento degli intenti novellistici degli anni novanta: come vedremo, infatti, il Parlamento non è riuscito appieno nell’intento di conferire a sé un ruolo di garante di quei valori direttamente scaturenti dall’operare della funzione legislativa e non è sempre apparso degno interlocutore del Governo nella costruzione delle politiche di governo tout court. Tuttavia il monco recepimento delle riforme regolamentari è da addebitare anche al fallimento dei lavori della Commissione bicamerale D’Alema112, ciò che ha reso estremamente difficile fissare nuove

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La ratio delle modifiche del 1999 (soprattutto dell’integrazione all’art. 16-bis e dell’inserimento dell’art. 96- ter) può essere compresa attraverso la lettura della proposta di modificazione al Regolamento presentata alla Presidenza della Camera il 7 luglio 1999 (relatore on. Liotta) (Camera dei Deputati, Documento II, n. 41, XIII legislatura) e attraverso la lettura della discussione in Assemblea sulle linee generali del Doc. II, n. 41, avvenuta nella seduta n. 570 del 16 luglio 1999.

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Confronta M. MIDIRI, Regolamento e prassi parlamentare: le aspettative dei soggetti politici, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 147-148/2005, p. 18.

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Ibidem, p. 26.

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Parla, infatti, di «indubbia infungibilità» dei Regolamenti parlamentari rispetto alle norme costituzionali, oltre che alle norme ordinarie, G. RIVOSECCHI, Regolamenti parlamentari e forma di governo nella XIII legislatura, in Quaderni n. 29 del Centro di Ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet”, Giuffrè, Milano, 2002, p.11.

regole in un contesto costituzionale rimasto uguale a se stesso da più di cinquant’anni. Tale imperturbabile quadro istituzionale non appare difatti aggirabile con leggerezza, non da ultimo persistendo uno dei nodi problematici, nonché dei freni, ad una decisiva spinta verso una «democrazia decidente»113: il bicameralismo perfetto.

113

Questa illuminata espressione è frutto del pensiero di uno dei principali fautori delle riforme al Regolamento della Camera dei Deputati, l’ex Presidente della Camera Luciano Violante, che così si esprimeva: «Il primato della decisione parlamentare non va a scapito del dibattito e della rappresentazione degli opposti interessi. Ma il Parlamento non può limitarsi a rappresentare: sulla base della rappresentanza, e dopo il confronto delle diverse proposte, deve decidere. Altrimenti viene meno al suo ruolo» in Premessa alle Modificazioni al regolamento della Camera dei deputati approvate dall’Assemblea nel 1997, Camera dei Deputati, Segreteria Generale, Roma, 1998, pp. XI e ss..

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