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Hortantibus dehinc quibusdam inediam et lenem exitum: questa è l'unica attestazione tacitiana della costruzione di hortor con l’accusativo, parallela al greco

Nota preliminare

2 Hortantibus dehinc quibusdam inediam et lenem exitum: questa è l'unica attestazione tacitiana della costruzione di hortor con l’accusativo, parallela al greco

parainein̑ ti, ampiamente presente in Cicerone con pronomi neutri (ad es. Verr. 2,

1, 104), con l’accusativo di sostantivi è attestato, oltre che nel passo tacitiano, in Stazio e altri autori tardi (per la totalità delle attestazioni, peraltro scarse, cf. TLL VI-3, 3011, 4-40).

Inediam et lenem exitum: non definirei l'espressione un'endiadi, come Furneaux e Koestermann; piuttosto, i due termini si spiegano a vicenda (lett. “una morte non violenta per fame”, cf. anche De Vivo); la morte per digiuno forzato era considerata non meno dolorosa di altre forme di suicidio, ma meno violenta e più simile a quella naturale. Per questo veniva spesso scelta (così scelgono di morire e.g. Cremuzio Cordo in Ann. 4, 35, 5 e Cocceio Nerva in Ann. 6, 26, 2).

Et... fuit: la morte di Asiatico è descritta da Tacito in parte secondo una topica presente anche in altri punti degli Annales, soprattutto nella lunga sequenza di morti sotto Nerone presentata nel libro 16, e solitamente ricondotta ai cosiddetti

exitus virorum illustrium (MARX 1937 e RÖMER 1972), un tipo di letteratura coltivata

in ambienti d'ispirazione stoica sotto i Giulio-Claudi e poi sotto Nerva e Traiano, in cui si sommarono la tradizione delle laudationes funebres, lo spirito antimonarchico e antitirannico proprio dello stoicismo romano incarnato al meglio dalla figura di Catone Uticense, a sua volta assimilato a Socrate, quello altrettanto sovversivo del cinismo rinascente dopo Augusto. I tratti principali di questa topica sono il rifiuto di soluzioni in grado di alleviare la sofferenza o di procurare qualche vantaggio (si cf. Arrunzio in Ann. 6, 48, 1-2, L. Vetere in Ann. 16, 11, 1), la continuazione delle proprie pratiche abituali sino al momento della morte (Trasea Peto in Ann. 16, 33-35, ma anche Seneca in Ann. 14, 62-63), il pronunciamento di parole significative (si vedano a tale proposito i già citati Trasea e Seneca) e l’ammirevole serenità negli ultimi istanti di vita (si cf. C. Cassio in Ann. 16, 9

sapienter tolerans). Il caso di Asiatico è, in realtà, più accostabile a quello di

Petronio (Ann. 16, 19), come ritengono anche RONCONI 19682, p. 229 e SEIF 1973, p.

banchettato, senza darsi a discorsi filosofici, dedicando invece l'ultimo pensiero agli alberi del proprio amato giardino, in parte a quello di Scevino (Ann. 15, 54, 1- 2), per il tema del banchetto, e a quello di Germanico (Ann. 2, 71), per il motivo, nel discorso finale, dell'amarezza per la morte causata da inganni (significativa anche la corrispondenza verbale infra, nota a fraude muliebri). Noi conosciamo gli

exitus come genere autonomo sulla base di tre passi delle Epistole di Plinio, in cui

egli dice che il suo contemporaneo Gaio Fannio aveva narrato gli exitus occisorum

aut relegatorum a Nerone (5, 5, 3), inter sermonem historiamque medii, e così

aveva fatto anche Titinio Capitone (1, 17 e 8, 12, in cui compare la dicitura, divenuta “termine tecnico”, exitus illustrium virorum, che ricorre anche in Tacito,

Ann. 16, 16, 1), ma il motivo della morte eroica dell'uomo integro ed innocente per

mano del tiranno spietato, a partire dal modello socratico, si diffuse capillarmente nella produzione delle scuole filosofiche, di quelle di retorica (RONCONI 19682, pp.

234-238), nella storiografia (anche pre-tacitiana), in generi dai contorni non del tutto definiti come i cosiddetti “atti dei martiri pagani” (su questo RONCONI 19682,

pp. 214-219 e MUSURILLO 1954, pp. 236-277); per questo è possibile che Tacito in

alcuni casi si sia ispirato direttamente alla letteratura degli exitus, ma anche che abbia accolto nella propria opera suggestioni e tendenze già presenti nelle fonti storiografiche a sua disposizione, come ritengono QUESTA 19672, pp. 246-248 e

MEHL 1974, p. 35 (questo è confermato anche dalla presenza in Cassio Dione, un

autore che per l'ampiezza della propria opera consultò probabilmente solo fonti storiografiche, di tratti simili a quelli presenti in Tacito); nel caso specifico di Asiatico, però, si può anche pensare, a mio parere, che Tacito abbia costruito autonomamente il racconto della morte sulla base di elementi “vulgati”, per accentuare il contrasto con la demoniaca Messalina e i suoi perfidi collaboratori (su questo contrasto cf. MEHL 1974, p. 35).

Usurpatis... exercitationibus: si ricordi la definizione di Asiatico come

palaestricum prodigium data da Claudio (cf. supra 11, 1, 1, nota a nam... credidit).

Il verbo insuesco, più comunemente costruito con l’infinito, regge il dativo solo in un passo di Columella (6, 37, 8) e in parecchi passi tacitiani (oltre a questo, Ann. 6, 32, 2 e 34, 2; infra 11, 29, 3).

(Merc. 99 e Poen. 1367).

Periturum: è qui sottinteso fuisse, come accade sovente nella prosa tacitiana per le varie forme di esse all’indicativo, al congiuntivo e all’infinito, laddove il contesto rende chiaro qual è il tempo del verbo sottinteso (DRÄGER 1967, p. 18). Per

l’omissione di fuisse, si cf. e.g. Ann. 1, 33, 2 e 2, 31, 3; essa si trova anche in Sallustio (Catil. 27, 2) ed in Livio (23, 2, 5; 24, 5, 12 e altri).

Fraude muliebri: l'espressione trova un significativo parallelo in Ann. 2, 71, 2, quando Germanico morente si lamenta di essere sopravvissuto a tante guerre per cadere poi a causa delle trame di Plancina. Sull'utilizzo, da parte dello storico, dell'aggettivo muliebris in senso peggiorativo si cf. MEHL 1974, p. 34 n. 141.

Opacitas arborum: l’espressione è metonimica per indicare il bosco. Opacitas è

hapax in Tacito e vocabolo attestato per la prima volta in Seneca (Benef. 6, 7, 3).

Un uso metonimico analogo a quello che ne fa Tacito in questo passo, senza però genitivo, si trova in Plin. Nat. 6, 93 Ariana regio... circumdata multa tamen

interfusa opacitate e 6, 197 colles amoena opacitate vestitos.

Securitatis: “serenità, compostezza”. Per questo valore di securitas si cf. Ann. 3, 44, 4 e 14, 6, 3 (non del tutto calzante, invece, a mio avviso il parallelo proposto da Furneaux e Koestermann con Ann. 15, 55, 4).

Novissimae: la lezione novissime di M e di una parte dei recenziori, accolta da Wellesley, non trova riscontro nell'usus tacitiano, per cui preferisco accogliere la lezione dei restanti recenziori novissimae.

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1 Equites... Petra: cavalieri (di censo senatorio, evidentemente, come denota il

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