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Incipiente C Silio: PIR VII S 714 Si tratta del futuro amante di Messalina (infra 12), figlio del legato dell’esercito della Germania Superiore sotto Tiberio

Nota preliminare

3 Incipiente C Silio: PIR VII S 714 Si tratta del futuro amante di Messalina (infra 12), figlio del legato dell’esercito della Germania Superiore sotto Tiberio

Cecina Largo (Ann. 1, 31, 2), tratto alla rovina da Seiano (Ann. 4, 18, 1, ma anche

infra 11, 35, 1), di cui Tacito racconta nel libro 11 la parabola ascendente e poi la

rovina (infra 11, 12 e 26-35). I Silii erano una famiglia plebea, che probabilmente sotto Claudio fu ammessa nelle fila del patriziato (cf. infra 11, 25, 2, nota ad

isdem... fuerant), poiché Giovenale (10, 331) definisce Silio optimus hic et formosissimus idem gentis patriciae. L'intervento di Silio, che apre un dibattito la

cui sostanza Tacito attingeva con buona probabilità dagli acta Senatus, è forse da intendersi come un'oratio per egressionem, cioè un intervento straordinario (Ann. 2, 38, 1), dato che egli come console designato (vedi nota seguente) aveva il diritto di parlare per primo (Ann. 3, 22, 4).

Consule designato: Silio, come si evince anche da Sen. Apocol. 13, 4 dove, pur già morto, è definito consul designatus, non arrivò mai a rivestire il consolato (che secondo D.C. 60, 31, 3 gli era stato procurato dalla stessa Messalina), per cui non si sa quando esattamente sarebbe dovuto entrare in carica; forse, come ritiene

Nipperdey, negli ultimi due mesi dell'anno seguente, ipotesi supportata anche dal

propinquo consulatu di 11, 28, 1.

Cuius... memorabo: Tacito accenna qui agli eventi futuri, raccontati alla fine del libro, con un procedimento (presente e.g. anche infra a 11, 11, 2 e 25, 5) che vale anche in senso opposto (recupero di eventi già narrati, come e.g. in Ann. 4, 1, 1 a proposito di Seiano cuius de potentia supra memoravi, ricordato da MEHL 1974, p.

44 n. 213) e che è funzionale alla coesione del racconto (DEVILLERS 1994, pp. 109

ss.) e all'apertura di nuove prospettive d'interpretazione.

Legemque Cinciam: si tratta di uno dei provvedimenti ratificati dal plebiscito de

donis et muneribus proposto dal tribuno della plebe Marco Cincio Alimento nel

204 a.C. con l’appoggio di Quinto Fabio Massimo (Cic. Cato 10; De or. 2, 286 e

Att. 1, 20, 7; un accenno anche da parte di Trasea Peto in Ann. 15, 20, 3). Tale

provvedimento fu rimesso in vigore da Augusto nel 17 a.C. (D.C. 54, 18, 2), ma venne sistematicamente evaso, come dimostrano, oltre al caso qui descritto, anche

Ann. 13, 5, 1 e 42, 1 a proposito del periodo neroniano. La questione era ancora

d'attualità ai tempi di Traiano (cf. Plin. Epist. 5, 4 e 13), il che può forse spiegare l'interesse di Tacito.

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Si noti l'accostamento speculare di due discorsi contrapposti sul medesimo argomento, riferiti in oratio obliqua. Una simile struttura è rintracciabile in molti punti dell'opera tacitiana (e.g. infra a 11, 16-17 e 23-24 (una struttura triadica, invece, infra a 12, 2); Ann. 1, 9-10; 2, 33-34; 14, 20-21); essa deriva chiaramente dalla retorica, ma Tacito fa tesoro anche della lezione degli storici precedenti e sa magistralmente condensare, all'interno delle due posizioni presentate, un gran numero di argomenti, così da rendere spesso difficile la comprensione delle sue posizioni personali (sull'abilità tacititiana nel “maneggiare... i tipi e gli esempi di oratoria” cf. SYME 1967-1971, I, pp. 431-436). MILLER 1964 rimarca l'uso estensivo

che lo storico fa del cosiddetto “discorso drammatico”, soprattutto in oratio

obliqua, per registrare pensieri o sentimenti di individui o gruppi, coerentemente

con la sua propensione ad indagare la dimensione interiore e i moventi psicologici degli attori delle vicende raccontate (si cf. anche DANGEL 1989, pp. 293-295).

Rispetto agli storici precedenti la personale predilezione di Tacito per questa forma di discorso è evidente (MILLER 1964, p. 293), forse per la sua originalità e

versatilità, forse per la volontà tacitiana di mantenere serrato e fluido il ritmo della narrazione.

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1 Iis: è lezione di alcuni recenziori, accettata da tutti gli editori, per si his tràdito da M, probabile frutto di dittografia.

Discors Suillio Silius: discors con dativo è attestato da Ov. Trist. 5, 5, 35 sibi

discors.

Incubuit: “insistette, fece un attacco”.

Famam et posteros praemia eloquentiae cogitavissent: il nesso trova paralleli in altri passi tacitiani in cui i due termini si precisano e circoscrivono a vicenda (e.g.

Ann. 3, 65, 1 posteritate et infamia; 13, 42, 4 testamenta et orbos); questo, unito

alla presenza del plurale praemia, rende inaccettabile la congettura di DRÄGER 1967,

p. 110 famam ad posteros sulla base di Ann. 1, 8, 1.

Ne fidem quidem integram manere, ubi magnitudo quaestuum spectetur: quest'affermazione ricorda il concetto espresso da Sall. Catil. 10, 3 (come puntualizzato da SEIF 1973, p. 51). Per quanto concerne il sostantivo magnitudo,

attestato nella latinità di tutti i periodi in ambito prosastico e molto presente in Tacito, si cf. SBLENDORIO CUGUSI 1991, pp. 156-164.

2 Negoti<a ag>antur: M ha negotiant seguito da rasura, i recenziori negotiantur o

negotia tueantur. La presenza del sostantivo negotia è necessaria alla luce del

successivo pauciora fore; il verbo più adatto è forse, più che il fiant proposto da Bezzenberger e accolto da Koestermann e Wellesley, agantur, proposto da Heinsius e accolto dai restanti editori, in quanto la rasura presente in M dopo negotiant potrebbe far pensare che la lezione originaria fosse negotiantur, facile corruttela di

negotia agantur.

Ut... ferat: cf. Tac. Dial. 41, 3.

Fori tabes: per l'uso figurato di tabes, a proposito però di rivolte militari, si cf.

Hist. 1, 26, 1 e 3, 11, 1.

alcuni editori, accettare la lezione di qualche recenziore C. Asinii, con l'idea che essa chiarifichi che qui si sta parlando di Gaio Asinio Pollione, definito da Orazio

insigne maestis praesidium reis (Carm. 2, 1, 13), e non del figlio Gaio Asinio

Gallo, come lascerebbe intendere la lezione di M Gali. È, infatti, necessario notare in primo luogo che quest’ultima potrebbe essere un’interpolazione (si veda l'apparato del Koestermann), generata dal fatto che Gallo è menzionato più volte negli Annales (e.g. 1, 8, 3; 1, 12, 2); in secondo luogo, che C. non chiarifica più di tanto il fatto che si tratti del padre piuttosto che del figlio, che Tacito chiama semmai con nomen e cognomen; infine, soprattutto, che si può pensare all’omissione del prenome per analogia con i nomi seguenti (Furneaux, Fisher, Jackson, Goelzer). Discorso analogo si può fare per Messalae, a cui molti editori premettono l’integrazione di Heinsius, <M.>, perché essa renderebbe più chiaro il riferimento a Marco Valerio Messala Corvino. Sul contrasto di carattere e stile tra i due oratori appena menzionati (il primo vissuto tra 76 a.C. e 4, seguace di Cesare e poi di Antonio, console nel 40, il secondo vissuto tra 64 a.C. e 13, schieratosi dapprima con i cesaricidi, poi con Antonio ed infine con Ottaviano) si veda SYME

1967-1971, I, p. 422 (per la figura di Messalla anche SYME 1993, pp. 300-324); essi

sono citati insieme in Dial. 17, 1 come esempi positivi di oratoria da contrapporre a quelli del presente, e ricordati come modelli da Trasea Peto in Ann. 4, 34, 4. Lucio Arrunzio (console nel 6, curator riparum Tiberis nel 15, suicida nel 37) e Marcello Esernino (curator riparum nel 16, pretore nel 19) erano due dei maggiori avvocati del periodo tardo augusteo e tiberiano (cf. per il primo Ann. 1, 13, 1; 6, 7, 1 e 48 e SYME 1993, pp. 393-394, per il secondo Ann. 3, 11, 2 e e SYME 1993, p. 189).

3 Tenerentur: il soggetto di tenerentur, cioè gli avvocati che avessero ricevuto

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