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Segniter aestimaret: compare qui la prima considerazione “politica” di Messalina sul suo rapporto adulterino con Silio, cioè il timore di essere meno forte

Nota preliminare

L. Brutus minorum gentium: in questo punto Tacito si discosta dalla tradizione secondo cui le gentes minores erano state create da Tarquinio Prisco (Liv 1, 35, 6;

3 Segniter aestimaret: compare qui la prima considerazione “politica” di Messalina sul suo rapporto adulterino con Silio, cioè il timore di essere meno forte

come moglie che come amante. Tuttavia, Messalina appare nel complesso (come del resto suo marito!) scarsamente in grado di agire oculatamente e di gestire la

complessa politica di corte, come del resto testimonia lo sviluppo della vicenda, a differenza di Agrippina, pure caratterizzata dallo storico come donna dalle forti passioni (si veda infra 12, 7, 3).

Ne: è brachilogico, poiché sottintende metu, ablativo causale da mettersi idealmente in parallelo con amore; si cf. Hist. 2, 23, 2 diffisus paucitati cohortium,

ne longius obsidium parum tolerarent; inoltre Cic. Verr. 1, 46 verbum... facere non audebant, ne forte ea res ad Dolabellam... pertineret; Hyg. Fab. 257, 6 flere coepit, ne amicus... periret. Per altri casi di uso brachilogico di ne, anche se differenti da

questo, cf. Dial. 17, 6; Ann. 11, 15, 2; 12, 47, 5 visui tamen consuluit, ne coram

interficeret.

Scelusque... aestimaret: “(per paura che) valutasse al suo vero prezzo un crimine guardato favorevolmente nei pericoli”.

Nomen tamen matrimonii concupivit: si intende un matrimonio solo nominale, non preceduto da una regolare pratica di divorzio. Il soggetto, anche se non esplicitato, è chiaramente Messalina.

Ob... voluptas est: “per l’enormità dello scandalo (derivato dal matrimonio), che costituisce l’estremo piacere per gli sfrenati”. Il problema maggiore di questo passo nasce dal valore di effrenatus, immodicus che si deve attribuire a prodigos. Tale significato del termine è raro, ma attestato, il che rende non necessarie le congetture proposte da Dräger (profligatos), Nipperdey (perditos) e WALTER 1939,

p. 38 (<pudoris> prodigos); si cf. infatti Quint. Decl. 292, 3 isti, qui prodigis

omnes oculis intuentur; Gell. 1, 15, 17 lingua prodiga infrenisque (=Amm. 28, 6,

28); 19, 2, 3.

Nec ultra expectato: per questo tipo di ablativo assoluto, che si ritrova anche infra a 12, 7, 2 a proposito del matrimonio di Claudio ed Agrippina, si veda supra 11, 10, 2, nota a multum certato.

Sacrificii gratia Claudius Ostiam proficisceretur: secondo D.C. 60, 31, 4 Claudio si era recato ad Ostia “per occuparsi del grano”. Dato che, come notato già da Lipsius, Ammiano Marcellino (19, 10, 4) fa riferimento ad un sacrificio che il prefetto dell’annona celebrava in tempi di carestia nel tempio ostiense di Castore e Polluce, dèi del buon tempo (Hor. Carm. 1, 12, 27), per propiziare il trasporto marittimo del grano, è possibile che Dione alluda in modo un po’ generico ad un

simile sacrificio fatto da Claudio in qualità di pontifex maximus; sappiamo, infatti, da Svetonio (Claud. 20, 1) che Claudio aveva ampliato il porto di Ostia, ed è quindi possibile che avesse anche costruito un tempio a Castore e Polluce. Resta da notare, comunque, che il riferimento di Tacito all'ambito religioso è funzionale all'accentuazione del contrasto con la licenziosità di Messalina (MEHL 1974, p. 64 n.

347).

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In questo breve capitolo l’interruzione della narrazione da parte dello storico al fine di rassicurare i lettori sulla veridicità dei fatti riportati, espediente senza dubbio funzionale a rallentare il ritmo narrativo ed incrementare così la suspence, è in linea con la costante diffidenza di Tacito nei confronti del meraviglioso (per questo aspetto, cf. supra 11, 11, 3, nota a dracones). Si cf. SEIF 1973, pp. 106-109; MEHL

1974, pp. 90-91. Su tutta la sezione seguente si veda BLÄNSDORF 1994.

Ulli mortalium: l’uso sostantivato di mortalis, sia in esplicita opposizione a deus che con valore indebolito di “essere umano”, è di derivazione poetica (Naev. Carm.

frg. 5, 1; Plaut. Capt. 822), e compare nella prosa a partire da Claudio Quadrigario

(Hist. 76, citato in Gell. 13, 29), Sisenna (Hist. 123), Catone (Orig. 66) e Asinio Pollione (Hist. 5); è utilizzato da Cicerone, da Sallustio (e.g. Catil. 12, 3) e Livio (e.g. 9, 44, 13). Si cf. KUNTZ 1962, pp. 104-105.

In civitate omnium gnara et nihil reticente: il topos della città che sa tutto e non tace neanche le cose più pericolose o scabrose a dirsi si ritrova in Sen. Tranq. 12, 7

taeterrimum vitium, auscultatio, et publicorum secretorumque inquisitio, et multarum rerum scientia, quae nec tuto narrantur nec tuto audiuntur.

Nedum: “per di più che...”. L’uso di nedum in dipendenza da una frase affermativa è attestato a partire dalla Rhet. Her. 4, 9, 13, ma si diffonde maggiormente a partire da Livio (e.g. 9, 18, 4). In Tacito si cf. anche Ann. 2, 42, 3 regibus aequa, nedum

infima insolita sunt, 13, 20, 3 cuicumque, nedum parenti defensionem tribuendam e

38, 2. Cf. LHS II, n. 331.

Consulem... principis: si noti il fatto che Silio e Messalina sono qui presentati in modo da far risaltare la dimensione politica della vicenda.

Adhibitis qui obsignarent: si allude qui a coloro che presenziavano assieme all'auspex (infra, nota ad auspicum verba) in qualità di testimoni alla firma del contratto di matrimonio, le cosiddette tabulae nuptiales (cf. infra 11, 30, 2), in cui erano specificati l'ammontare della dote e le modalità della gestione (si veda anche quanto scrivono a proposito di questo matrimonio Iuv. 10, 336 veniet cum

signatoribus auspex e Svet. Claud. 29, 3 tabellas dotis et ipse (sc. Claudius) consignaverit). Il verbo obsigno indica propriamente l’atto di imprimere il sigillo

su documenti di vario tipo per convalidarli: si cf. per l’uso assoluto del verbo Plaut.

Bacch. 748 age, obliga, obsigna; Cic. Verr. 2, 1, 50 obsignandi gratia.

Velut suscipiendorum liberorum causa: “come per generare figli legittimi”, cioè per contrarre un matrimonio regolare. Suscipere allude all’azione di sollevamento da terra del figlio con cui il padre lo riconosceva come legittimo.

Auspicum verba: “le parole degli auguri”. Durante la cerimonia di firma delle

tabulae nuptiales (cf. supra, nota ad adhibitis qui obsignarent) doveva presenziare

anche un auspex nuptiarum, per pronunciare le formule di rito e, in origine, anche prendere gli auspici; tuttavia, da Cic. Div. 1, 28 si apprende che questa parte della cerimonia nuziale era ridotta già alla sua epoca ad una mera formalità, senza che gli auspici venissero effettivamente presi. Lo stesso particolare compare nella descrizione a proposito di questo matrimonio in Iuv. 10, 336 veniet... auspex e di quello di Nerone con Pitagora in Ann. 15, 37, 4 (missi auspices).

Subisse <flammeum>: M e una parte di recenziori hanno il solo subisse, i restanti recenziori non presentano il verbo. Subisse chiaramente necessita di un’integrazione, a meno che non si voglia pensare, con Fisher e Furneaux, ad un termine tecnico per indicare una qualche parte non ben specificata della cerimonia nuziale (Furneaux ricorda Catull. 61, 168 subi forem, a proposito del momento in cui la sposa varca la soglia della nuova casa), anche se esso non pare attestato, o non si voglia legarlo a verba (senza interventi sul testo Goelzer, con espunzione di

audisse Walther e Nipperdey) o ancora non si voglia correggerlo (e.g. nupsisse

Lipsius, subscripsisse Ritter) o espungerlo (Woodman sulla scia di alcuni recenziori e di Urlichs). Le integrazioni proposte sono innumerevoli, tra cui la migliore mi appare <flammeum> di Urlichs, accolta da Jackson e Koestermann. Essa trova il sostegno di Iuv. 10, 333-334 sedet illa (sc. Messalina) parato/

flammeolo e di Tac. Ann. 15, 37, 4 inditum imperatori flammeum, pur non essendo

esente da qualche difficoltà (il nesso flammeum subire non è mai attestato e nei due passi succitati la menzione del flammeum precede quella dell'auspex). Altre proposte sono <vota> subisse di Dräger, accolto da Wuilleumier (cf. anche WALTER

1942, p. 367), subisse <vota> di Hanslik, accolto da Weiskopf ed Heubner, <manum> di Fuchs. Wellesley, infine, congettura pur dubbiosamente audisse

auspic<i>um, vota subisse. L'integrazione di vota, però, si scontra con alcuni

problemi; prima di tutto la non attestazione del nesso vota subire, in secondo luogo il fatto che l'ordine degli eventi non sarebbe corretto.

Discubitum... coniugali: si noti l’impiego dell’ellissi del verbo essere dopo

discubitum (che può essere inteso o come sostantivo o come participio), dopo oscula complexus e dopo acta in associazione all’asindeto, peraltro già impiegato

anche nella parte immediatamente precedente, al fine di accelerare il ritmo narrativo nella descrizione del momento culminante della cerimonia nuziale; per un simile espediente cf. supra 11, 12, 3, nota a illa... visebantur e 11, 21, 3, nota a

longa... obtinuit. In particolare, è sia per stile che per tematica accostabile a questo

passo Ann. 13, 44, 3 tum, ut adsolet in amore et ira, iurgia preces, exprobratio

satisfactio, et pars tenebrarum libidini seposita.

Verum audita scriptaque senioribus tradam: per quanto concerne il riferimento dello storico a fonti orali, cf. Ann. 3, 16, 1 audire me memini ex senioribus e neque

tamen occulere debui narratum ab iis qui nostram ad iuventam duraverunt, 15, 41,

1, un richiamo più generico a fatti vulgati e traditi in Hist. 2, 50, 2. L’uso di un’ampia gamma di fonti di diversa tipologia, e non solo di documenti e opere storiografiche precedenti, è particolarmente evidente nei libri tiberiani e claudiani degli Annales e conferisce complessità all’opera tacitiana (SYME 1967-1971, I, pp.

394-399; DEVILLERS 2003, pp. 69-71; FRANCO 2007, pp. 99-100). Il richiamarsi a

cose udite da altri, specie dagli anziani, come garanzia della veridicità di quanto affermato in mancanza dell’autopsia, è già presente nella letteratura greca da tempi antichi (Hom. Od. 8, 489-491; Pl. Phdr. 274c) ed è quasi un topos in quella latina (e.g. Cic. Senec. 43; Ov. Fast. 2, 584). In questo caso il richiamo aggiuntivo a scritti dei seniores non fa che corroborare ulteriormente quanto detto dallo storico. Per quanto concerne il testo, M e i recenziori hanno tradam, corretto in M dallo

stesso copista in trado; ho preferito (con Furneaux, Fisher, Goelzer, Jackson, Wellesley, SEIF 1973, p. 106) tradam sulla base di Ann. 13, 20, 2 nos consensum auctorum secuturi, quae diversa prodiderint, sub nominibus ipsorum trademus; Hist. 3, 51, 2 sed haec aliaque... haud absurde memorabimus, Agr. 10, 1 quae priores nondum comperta eloquentia percoluere, rerum fide tradentur.

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1 Domus principis inhorruerat: per inhorresco nel senso di “rabbrividire di paura” o simili (in Tacito solo qui e in Hist. 3, 84, 4), cf. e.g. Sen. Epist. 57, 4; Stat.

Theb. 11, 249. In questo punto di grande tensione il linguaggio dello storico si fa

violentemente metaforico (SYME 1967-1971, I, p. 454; cf. supra 11, 1, 1, nota ad inhians); degna di nota è anche l’audace personificazione del palazzo del principe

(anche se qui domus designa più propriamente il suo entourage), parallela a quella di Ann. 12, 1, 1 convulsa principis domus (per le personificazioni nel testo tacitiano, non solo di oggetti, ma anche di entità come la notte, la luce o simili e delle emozioni, cf. WALKER 1952, p. 55 n. 2).

Quos penes potentia: per l’anastrofe della preposizione cf. supra 11, 1, 2, nota a

contione in populi Romani. Il riferimento è qui con buona probabilità ai liberti, a

cui significativamente, è attribuita quella potentia che il principe sembra non possedere (per potentia, cf. supra 11, 16, 2, nota a potentiam) e che agiscono per salvaguardare non l’autorità del principe, ma la propria posizione (i liberti imperiali si erano sollevati in blocco contro Messalina quando ella aveva rovinato il potente liberto Polibio, prima suo amante, secondo quanto racconta D.C. 60, 31, 2).

Dum... insultaverit: è questo uno dei punti più discussi, dal punto di vista filologico, di tutti gli Annales, in quanto M ha qui una lezione gravemente corrotta,

dum histruo cubiculum principis exultabero. È probabile che dietro histruo si celi

un termine in contrapposizione al successivo iuvenem nobilem, come pare richiedere il senso generale della frase; histrio dell’edizione bipontina, da riferirsi evidentemente a Mnestere, forse nominato nella parte perduta degli Annales, le cui tresche con Messalina sono note da D.C. 60, 22, 4-5 e 28, 2-5, pare accettabile. Il resto della frase è emendato nella medesima edizione in cubiculum principis

patientiam senis et segnitiam iuvenis iuxta insultet; questa correzione è accolta da

tutti gli editori tranne Wellesley, che congettura dum histrio intra cubiculum

principis exultat adulterio, sulla base del fatto che l’usus tacitiano preferisce

l’indicativo dopo dum (vero in generale, ma cf. Hist. 1, 62, 1 instare miles, arma

poscere, dum Galliae trepident, dum Hispaniae cunctentur e 3, 78, 3 dum regerit invidiam, crimen meruit) e Koestermann (cf. anche KOESTERMANN 1960, pp. 110 ss.),

che opta, pur con dei dubbi, per la lezione di L e Stuttg.2 dum inservit cubiculum

principis adulterio, appoggiata anche da MENDELL 1954, p. 261,rifacendosi ad Ann.

13, 8, 3 (ma qui la tradizione manoscritta non è concorde) e 16, 27, 2 cum...

amoenitati inservirent, lezione molto meno buona dal punto di vista del senso e

quasi sicuramente riscrittura congetturale (GOODYEAR 1965, pp. 316 ss.).

Dedecus quidem inlatum: per il nesso dedecus inferre cf. Ov. Met. 6, 608

(FLETCHER 1964, p. 35); con ferre e complemento di moto a luogo Ov. Met. 13, 227.

Excidium: “l’uccisione, la morte violenta (del principe)”; va sottinteso principis. Dignitate forma<e>: formae è correzione di Lipsius per il tràdito forma (accolto dal solo Wellesley), sulla base di Ann. 12, 51, 4 dignitate formae haud degenerem,

Dial. 13, 3 dignitate vitae e soprattutto di quanto Svetonio dice a proposito di Silio

in Claud. 30, 1 auctoritas dignitasque formae non defuit. Gli ablativi dignitate, vi e

consulatu devono intendersi come ablativi di qualità (Jacob). Notevole il valore

“politico” attribuito in questo passo alla bellezza fisica, già evocata a proposito di Silio supra a 11, 12, 2, come uno dei fattori in grado di favorire l’ascesa sociale di un dato personaggio rendendolo gradito all’opinione pubblica e agevolandone le relazioni sociali; si cf. e.g. quanto Tacito dice a proposito di Pisone in Ann. 15, 48, 2-3 is claro apud vulgum rumore erat... aderant etiam fortuita, corpus procerum,

decora facies; si veda anche supra la descrizione di Italico a 11, 16, 1 ipse forma decorus ed infra a 12, 44, 3 quella di Radamisto decora proceritate. Altri esempi in

MEHL 1974, p. 69, n. 379.

Propinquo consulatu: vedi supra 11, 5, 3.

Maiorem ad spem accingi: “mirava più in alto, nutriva più alte speranze”. Il nesso

accingi ad, nel senso di “prepararsi a”, è attestato da Livio (4, 2, 7).

2 Hebetem: “debole di mente, sciocco”. Il termine è impiegato dallo storico con questo preciso significato anche in Ann. 14, 11, 2 (in Hist. 2, 99, 1 ha invece il

valore più generico di “incapace”).

Uxori devinctum: “soggiogato dalla moglie” (per il concetto cf. Ann. 12, 1, 1); per il verbo cf. e.g. Ter. Hec. 168; Caes. Civ. 1, 39, 4; soprattutto Tac. Ann. 1, 3, 4 (sc.

Livia) senem Augustum devinxerat.

Multasque... mortes: su questo si cf. supra 11, 1, 1, nota a nam... credidit.

Rursus... ream: sulla propensione dell’imperatore ad agire d’impulso, facendosi trascinare dalle emozioni più che dal raziocinio, si cf. supra 11, 1, 3, nota ad at

Claudius nihil ultra scrutatus. Facilitas ritorna anche a 12, 61, 2 sempre a

proposito di Claudio (facilitate solita) e in Hist. 1, 12, 3 in riferimento a Galba (amicorum cupiditates ipsa Galbae facilitas intendebat), ma anche significativamente in riferimento a Messalina supra a 11, 26, 1 (interessanti osservazioni in NAPPA 2010, pp. 196-197). In generale, facilitas conosce un impiego

come termine negativo, equivalente a neglegentia, credulitas, levitas (TLL VI-1, 73, 81 ss.), a partire dall’età imperiale (si cf. Sen. Benef. 1, 4, 2 danda lex vitae, ne

sub specie benignitatis inconsulta facilitas placeat per un valore del termine affine

a quello del nostro passo).

Fiduciam dabat... posse opprimi: il nesso fiduciam dare seguito da infinitiva è attestato solo qui in Tacito.

Sed... forent: “ma il punto cruciale stava in questo, se fosse stata ascoltata la difesa (di Messalina), e sulla necessità che le orecchie del principe fossero sorde persino alla confessione”. Il senso della frase, fortemente brachilogica, è che bisognava fare in modo che il principe non sentisse le ragioni della moglie, in quanto persino una sua eventuale ammissione avrebbe potuto determinare un alleggerimento della pena o, conoscendo la debolezza di Claudio, addirittura il perdono. Si e ut sono esplicativi di in eo, e ut equivale a quod efficiendum esset, ut (Nipperdey); l'espressione discrimen verti trova un parallelo in Liv. 8, 27, 4 discrimen... rerum

suarum in bello Samnitium... verti e in Quint. Inst. 6, 1, 37 ingens in epilogo meo iudicio verti discrimen, quo modo se dicenti qui excitatur accomodet (il passo

parallelo citato da Furneaux, Hist. 4, 85, 2 si status imperii aut salus Galliarum in

discrimine verteretur, non mi pare corretto, si cf. anche FLETCHER 1964, pp. 35-36).

1 Ac primo Callistus: si cf. PIR IV I 229. Secondo J. AJ 19, 64 e D.C. 59, 29, 1 Gaio Giulio Claudio Callisto (il nome completo ci è testimoniato da Scribonio Largo, che gli dedicò un trattato di medicina, le Compositiones), fu liberto di Caligola (J. AJ 19, 64), contro cui congiurò, e continuò poi la propria ascesa come liberto di Claudio (Plin. Nat. 36, 60; da Plinio, in questo passo e in 33, 134, ne è ricordata anche la straordinaria ricchezza), da cui ottenne la carica di a libellis (D.C. 60, 30, 6b). Nel libro 12 (1, 2 e 2, 2) egli ricompare nel tentativo, poi fallito, di far sposare a Claudio Lollia Paolina. Da D.C. 60, 33, 3a sappiamo che morì nel 50.

Iam... narratus: narratus equivale a de quo narravi; cf. Agr. 46, 4 narratus et

traditus superstes erit, Plin. Nat. 5, 2 colonia... Lixos, vel fabulosissime antiquis narrata. Tacito allude qui ad eventi narrati nella parte degli Annales oggi perduta. <C.> Caesaris: l'integrazione di Faernus, come supra a 11, 1, 2, è necessaria per chiarire che si tratta di Caligola.

Et Appianae caedis molitor Narcissus: Gaio Appio Giunio Silano (Ann. 4, 68, 1), console nel 28, era divenuto nel 42 patrigno di Messalina, avendo sposato Domizia Lepida, e, poiché si era rifiutato di accondiscendere ai desideri di lei, era stato ucciso a seguito di un complotto ordito da Messalina stessa e da Narcisso (D.C. 60, 14, 3-4 e Svet. Claud. 37, 2, in cui si dice che i due avevano finto di aver fatto lo stesso sogno, in cui Appio uccideva Claudio, e lo avevano poi riferito a quest'ultimo); si cf. PIR IV I 822. Il sostantivo molitor è estremamente raro; presente solo qui in Tacito, nel senso di machinator facinorum et sim. in Sen. Dial. 9, 7, 5 e Svet. Dom. 10, 2 (Nero 35, 4 molitrix). Narcisso (PIR V N 23), qui menzionato, fu ab epistulis di Claudio e godette di enorme considerazione presso quest'ultimo, che arrivò a decretargli le insegne questorie (sulla mansione Svet.

Claud. 28, D.C. 60, 30, 6b e 34, 5 e Ps. Aur. Vict. Epit. 4, 9; sulle insegne questorie infra 11, 38, 4 e Svet. Claud. 28). Fu inizialmente molto legato a Messalina, ma le

si rivoltò poi contro (secondo Tacito, come si vedrà, per considerazioni politiche, secondo D.C. 60, 31, 2perché ella aveva fatto uccidere il potente liberto Polibio, a

studiis di Claudio, prima amante dell'imperatrice), fino a farla uccidere (vedi infra

11, 37-38). Al momento della scelta di una nuova moglie per l'imperatore caldeggiò Elia Petina (Ann. 12, 1, 2 e 2, 1) ed Agrippina lo odiò, in parte per questo ed in

parte per la sua passata vicinanza a Messalina (Ann. 12, 57, 2 e D.C. 60, 33, 5 per l'accusa lanciata da Agrippina a Narcisso di essersi indebitamente appropriato di denaro durante i lavori al lago Fucino, cui egli sovrintendeva- ma Dione non menziona Agrippina- e Ann. 12, 65 per il contrasto tra i due sull'accusa lanciata da Agrippina alla cugina Domizia Lepida); alla fine egli arrivò al suicidio nonostante la contrarietà dell'imperatore (Ann. 13, 1, 3). Della sua straordinaria ricchezza parlano Plin. Nat. 33, 134, Iuv. 14, 329 e D.C. 60, 34, 4, cenni al suo amore per le mollezze in Sen. Apocol. 13, 2 ss.In generale, per la figura di questo liberto si cf.

MELMOUX 1977.

Pallas: si cf. PIR I A 858. Schiavo di Antonia, madre di Claudio, che lo aveva impiegato per sventare il complotto di Seiano ai danni di Tiberio (J AJ 18, 181 ss.), affrancato forse da lei stessa dopo il 31, fu a rationibus di Claudio (la dicitura precisa in Svet. Claud. 28; in Tac. Ann. 13, 14, 1 Nero demovet Pallantem cura

rerum, quis a Claudio impositus velut arbitrium regni agebat; in Plin. Epist. 8, 6, 7

e 13 custos principalium opum e praepositus rerum eius curae), a cui forse suggerì le linee di una politica accentratrice di gestione fiscale. Egli riuscì a far sposare a Claudio Agrippina (12, 1, 2; 2, 3 e 3, 1), presso cui godette di grande favore (a 12, 25, 1 si ricorda che l'adozione di Nerone da parte di Claudio fu caldeggiata da Pallante, forse amante di Agrippina; al possibile legame amoroso tra Agrippina e Pallante si fa riferimento anche in Ann. 14, 2, 2 e D.C. 61, 3, 2). Emblematici per capire il potere raggiunto da Pallante durante il principato di Claudio sono i capp. 53-54 di Ann. 12, in cui si ricordano i premi decretati a Pallante (insegne pretorie e quindici milioni di sesterzi) per aver suggerito all'imperatore la legge sulla pena da infliggere alle donne che si univano a schiavi (si vedano le note ad loc.), e lo strapotere del fratello Felice, procuratore di Giudea (per questo, cf. anche Svet.

Claud. 28). In seguito, Nerone, infastidito dalla sua arroganza (Ann. 13, 2, 2), gli

tolse la carica di a rationibus (Ann. 13, 14, 1), e lo fece poi avvelenare nel 62 (Ann. 14, 65, 1), ormai vecchio ma ancora immensamente ricco. Sulla carriera di Pallante come ottimo caso di studio dei rapporti tra il principe e i liberti imperiali, si cf. il classico articolo di OOST 1958.

Agitavere, num: Tacito impiega spesso agito con particelle interrogative (cf. Hist. 1, 19, 2 num; 3, 1, 1 ne... an, Ann. 13, 41, 1 an); le prime attestazioni del verbo

seguito da interrogativa indiretta in Acc. Trag. 634, Cic. Verr. 2, 3, 17, Hor. Sat. 2, 6, 73 e Sall. Iug. 70, 5. La costruzione è molto frequente in Livio.

Cuncta alia dissimulantes: ritorna l'aspetto politico della vicenda, in quanto con

cuncta alia si allude ovviamente alle implicazioni politiche dell'amor e del

matrimonio tra Messalina e Silio, nella fattispecie alla congiura per rovesciare Claudio di cui Silio parla a 11, 26, 2.

2 Ultro: “a loro volta”. Quest'uso di ultro trova un parallelo in Ann. 3, 36, 1 liberti

etiam ac servi, patrono vel domino cum voces, cum manus intentarent, ultro metuebantur.

Prioris... haberi: con il termine prior regia l'allusione è qui alla corte di Caligola. Il termine regia, impiegato anche in Ann. 14, 13, 1 a designare la corte imperiale, si trova usato in questa accezione da Livio (1, 46, 3 tulit... et Romana regia sceleris

tragici exemplum). Si noti la reggenza, da parte di peritus, del genitivo e

dell'accusativo e infinito; peritus regge un'infinitiva anche in Flor 3, 1, 7 (FLETCHER

1964, p. 36).

Potentiam: cf. supra 11, 16, 2, nota a potentiam.

Solum id: è lezione di L, probabilmente un buon aggiustamento (al pari di et

solum id degli altri recenziori) della lezione di M ut solum id, da preferire, a mio

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