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Lollii consularis: si dovrebbe qui presupporre l'ellissi di filiam (questo tipo di ellissi, presente in altri autori probabilmente per influsso del greco, e.g Verg Aen.

Nota preliminare

M. Lollii consularis: si dovrebbe qui presupporre l'ellissi di filiam (questo tipo di ellissi, presente in altri autori probabilmente per influsso del greco, e.g Verg Aen.

6, 36 Deiphobe Glauci, Cic. Div. 1, 104 Caeciliam Metelli, sarebbe attestato solo qui in Tacito, che pure omette spesso termini facilmente desumibili dal contesto); in realtà, ella non era figlia del console del 21 a.C. Marco Lollio, morto nell'1 o 2,

ma nipote, come afferma Plin. Nat. 9, 117, che ne ricorda altresì la straordinaria ricchezza, per cui è stata qui proposta l'integrazione neptem (già Ritter dopo

consularis, poi SYME 1967-1971, II, p. 982 e 1993, p. 263, Wellesley prima di M. Lollii).

Iuliam Agrippinam: vedi supra 11, 12, 1, nota ad Agrippinae. Pallas: su Pallante si veda supra 11, 29, 1, nota a Pallas.

Callistus: su Callisto si veda supra 11, 29, 1, nota ad ac primo Callistus.

Aelia Paetina e familia Tuberonum: PIR IA 305.Ella, appartenente alla famiglia

dei Tuberoni e di padre consolare (figlia o nipote di Q. Elio Tuberone console nell'11 a.C.) era stata la seconda moglie di Claudio dopo Plauzia Urgulanilla (cf. Svet. Claud. 26, 2; J. AJ 20, 150 la considera, erroneamente, prima moglie del principe) ed era madre di Antonia, come affermato all'inizio del cap. 2.

Narcisso fovebatur: su Narcisso si veda supra 11, 29, 1, nota ad et Appianae

caedis molitor Narcissus. Questa scelta “conservativa” è forse spia della crisi di

potere del liberto.

Ipse... promptus: torna ancora, come già a più riprese nel libro 11, la caratterizzazione di Claudio come succube della volontà altrui, debole e suggestionabile (cf. supra 11, 1, 3, nota ad at Claudius nihil ultra scrutatus con ulteriori rimandi).

Huc modo, modo illuc: questo caso di chiasmo, figura retorica non frequentissima in Tacito (cf. e.g. Ann. 1, 63, 2) è accostabile a quello di Sall. Iug. 45, 2, come rileva Furneaux, ma anche ad altri passi sallustiani segnalati da FLETCHER 1964, p.

37, tra cui e.g. Catil. 15, 5. 2

1 Filiam communem: filiam è correzione, unanimemente accettata, di Muretus per

familiam dei codici.

Novercalibus odiis visura: “(Petina) non avrebbe considerato (Britannico ed Ottavia) con odio di matrigna”. La stranezza del nesso novercalibus odiis visura spinse Ruperti ed Andresen a correggere odiis in oculis (già proposto da Ruperti), sulla base di Hor. Epod. 5, 9 ut noverca me intueris ma soprattuttoSen. Contr. 4, 6

novercalis, poi riscontrabile anche in autori successivi, e.g. in Sen. Ag. 118, Iuv. 12,

71, Stat. Theb. 7, 177, Apul. Met. 10, 5). A sostegno del testo tràdito, peraltro accolto dalla totalità degli editori moderni, vanno però due passi solitamente non menzionati, cioè Ann. 1, 6, 2 propius vero Tiberium ac Liviam, illum metu, hanc

novercalibus odiis suspecti et invisi iuvenis caedem festinavisse e Serv. ad Aen. 8,

288. Si devono anche tenere presenti il terzo passo tacitiano in cui compare

novercalis, cioè Ann. 1, 33, 3 accedebant muliebres offensiones novercalibus Liviae in Agrippinam stimulis, che propone ugualmente l'accostamento

dell'aggettivo ad un sostantivo indicante un comportamento malvagio, ed Ann. 12, 44, 5 novercae odiis impar.

Proxima suis pignora: il termine pignus ad indicare i figli o i parenti è attestato a partire da Properzio (4, 11, 73), in prosa da Livio (e.g. 2, 1, 5), e si accompagna spesso ad aggettivi con valore affettivo (e.g. Ov. Fast. 3, 218 pignora cara).

2 Improbatam: si tratta dell'unica occorrenza del termine in Tacito, senza contare quella introdotta congetturalmente di Dial. 14, 4.

Adsumeretur: il nesso adsumere coniugem si ritrova anche infra a 12, 5, 3.

Induci: secondo Koestermann sarebbe sottinteso penatibus, come in Ann. 5, 1, 2

ut... penatibus suis... induxerit, ma si può anche sottintendere più genericamente in domum o simili (TLL VII-1, 1237, 26 ss.).

3 Dignum... coniungeret: queste argomentazioni mostrano una notevole somiglianza con il discorso pronunciato da Galba al momento dell'adozione di Pisone in Hist. 1, 15, 1. Il testo presenta alcune difficoltà. I codici, infatti, tramandano dignum prorsus imperatoria fortuna stirpem nobilem et familiae

Claudiae quae posteros coniungeret (in M coniunger et); le posizioni degli editori

in merito sono le seguenti: 1. Wuilleumier mantiene il testo tràdito traducendo la frase “cela siérait bien à la dignité impériale, qui unirait une noble lignée aux descendants de la famille Claudia” (dignum si riferirebbe a id... quod e quae, da legarsi evidentemente a fortuna, sarebbe posposto per un'arditezza stilistica); ma il pronome relativo mi pare troppo posticipato e l'espressione dignum imperatoria

fortuna in questo contesto sembrerebbe più adatta ad una persona che ad un fatto o

progetto. 2. Halm, Furneaux, Fisher, Jackson, Goelzer e Wellesley accolgono l'integrazione di Freinsheim <Iuliae> dopo familiae e la sua correzione di quae in

-que, stampando quindi familiae Iuliae Claudiaeque posteros coniungeret (le interpretazioni però divergono, in quanto Furneaux considera dignum... fortuna come riferito a Nerone e stirpem nobilem... coniungeret come frase esortativa rivolta a Claudio traducendo “let him unite to himself a noble race, the posterity of the Iulii and the Claudii”, seguito da Jackson, mentre Goelzer traduce in modo a mio avviso incongruente “noble tige qui réunirait les descendants des familles Julia et Claudia”); tuttavia, per quanto concerne l'interpretazione di Furneaux, l'et tra

nobilem e familiae rende difficile l'intendere familiae... posteros esplicativo di stirpem nobilem. 3. Nipperdey, Koestermann, Weiskopf e Heubner accolgono tanto

gli interventi di Freinsheim che la correzione di Müller coniungere et per

coniungeret, interpretando dignum (esse) come reggente di coniungere (da

intendersi “era adeguato alla dignità imperiale unire una nobile stirpe e i discendenti della famiglia giulio-claudia, e una donna di provata fecondità, nel fiore della giovinezza, non portasse in un'altra famiglia la gloria dei Cesari”); in questo modo, tuttavia, si interviene più volte sul testo tràdito e si presuppone l'accostamento, non altrimenti attestato in Tacito, di un infinito narrativo con un imperativo negativo (cf. SEIF 1973, p. 158, che però accoglie l'interpretazione di

Fisher). A mio avviso la soluzione migliore è quella già presente in Stuttg.2 ed

adottata da alcuni editori antichi (Pfitzner, Jacob, Ritter), ma dimenticata dai moderni, at Pallas id maxime in Agrippina laudare, quod Germanici nepotem

secum traheret, dignum prorsus imperatoria fortuna: stirpem nobilem et familiae Claudiae [quae] posteros coniungeret, ne femina... ferret. Stirpem... coniungeret

sarebbe da intendersi come esortazione all'imperatore (per un analogo passaggio dall'infinito narrativo al congiuntivo esortativo all'interno di un discorso riportato si cf. Ann. 14, 1, 1-2 (Poppaea)... incusare principem et pupillum vocare... cur enim

differri nuptias suas?... Quod si nurum Agrippina non nisi filio infestam ferre posset, redderetur ipsa Othonis coniugio). Pallante esprimerebbe così, tramite

l'esortazione a Claudio ad unire nella stessa famiglia un giovane di nobile stirpe (Nerone era un Domizio per parte di padre) e i propri stessi figli (si ricordi che Britannico è detto illum supremum Claudiorum sanguine, pur essendo un giulio- claudio, in Ann. 13, 17, 2) un concetto analogo a quello da lui messo in campo anche a 12, 25, 1 (Pallas) stimulabat Claudium, consuleret rei publicae, Britannici

pueritiam robore circumdaret.

Ne... ferret: si noti che l'argomento “dinastico”, fondamentale nel discorso di Pallante (e che Agrippina stessa considerava tale per giustificare la propria posizione di potere, si cf. infra 12, 37, 4, nota ad ipsa semet parti a maioribus suis

imperii sociam ferebat), non è presente in quello tenuto ufficialmente da Vitellio in

Senato (capp. 5-6), in cui invece prevalgono i riferimenti all'aiuto che una moglie poteva dare ad un uomo come l'imperatore, gravato da tanti impegni, e alle doti di nobiltà, fecondità e morigeratezza possedute da Agrippina. Si tratta di un ottimo esempio di integrazione, meditata e volta all'approfondimento, tra aspetto “pubblico” e “privato”, di interpretazione del materiale desumibile probabilmente dagli acta (il discorso di Vitellio) tramite la ricostruzione, frutto forse di uno sforzo immaginativo, dei retroscena (FRANCO 2007, pp. 106-107).

Expertae fecunditatis: l'argomento della fertilità di Agrippina verrà ripreso da Vitellio infra a 12, 6, 1.

3

1 Per speciem necessitudinis: sulla valenza del termine species in Tacito, cf.

supra 11, 1, 1, nota a per speciem benivolentiae. Il sostantivo necessitudo ha qui il

valore di adfinitas, consolidatosi a quanto pare in età ciceroniana, e presente nell'opera tacitiana soprattutto negli Annales (cf. SBLENDORIO CUGUSI 1991, pp. 185-

195, in part. pp. 193-194).

Ad eum: è lezione di M, integrata in alcuni recenziori con quae preposto. Quest'ultima lezione è accolta da Koestermann, ma a mio avviso il testo tràdito, accettato peraltro dalla maggioranza degli editori, è pienamente soddisfacente se si interpunge, come fa Furneaux, dopo inlecebris, e non necessita di integrazioni né di correzioni (come ad esempio quella di Fuchs, accolta da Heubner, etenim, sulla base di un analogo errore in Ann. 3, 24, 1, dove di codici hanno adenim per etenim, o la proposta di Wellesley in apparato adeo).

Crebro ventitando: lo stesso pleonasmo a 15, 52, 1 (sul pleonasmo cf. supra 11, 7, 1, nota ad ante providerit).

Pellicit patruum: da notare la corrispondenza anche verbale con Svet. Claud. 26, 3 illecebris Agrippinae... pellectus in amore. Più generico D.C. 60, 31, 6, ma si

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