324 A PERINI, op cit., p 7 s.
8. I nuovi meccanismi selett
8.1. I «fatti di lieve entità» ex art 2621 bis c.c.
Nell’attuale disciplina delle false comunicazioni sociali un importante effetto di graduazione della punibilità, lo si è più volte accennato, deriva dalla previsione di una speciale attenuazione di pena, così come prescritto dall’art. 2621 bis c.c. La stessa, contribuendo – insieme alla nuova introdotta causa di non punibilità di cui al successivo art. 2621 ter c.c. – a delineare un assetto fortemente articolato della tutela penale dell’informazione societaria, tiene conto della diversa offensività del fatto per modulare, sulla base di parametri, come vedremo, di natura diversa, il trattamento sanzionatorio del reato, in luogo delle vecchie soglie quantitative.
Ai sensi del primo comma dell’art. 2621 bis c.c., ricorre l’ipotesi dei «Fatti di lieve entità» (giustificatrice della diminuzione di pena: reclusione da sei mesi a tre anni) se tale caratterizzazione (la lieve entità) sia riferibile alla figura di false comunicazioni sociali tipiche
ex art. 2621 c.c. in ragione della «natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli
effetti della condotta» (la riduzione non opera per il falso commesso nelle società quotate, di cui all’art. 2622 c.c.).
Si tratta, com’è evidente, di criteri eterogenei, che pare debbano operare congiuntamente. L’impiego della congiunzione «e» – si sottolinea nell’ambito dei primi commenti alla nuova norma381 – fra i caratteri indicati con riferimento alla società e quelli concernenti la condotta e i suoi effetti autorizza a ritenere che potrà parlarsi di «fatti di lieve entità» soltanto quando questa valutazione sia riconducibile ad entrambi i profili contemplati dalla disposizione.
Nient’affatto chiare appaiono pure le formule normative alle quali è affidata la funzione selettiva. Per di più, si consideri che soltanto ai parametri appena richiamati si assegna, in modo quindi esclusivo, l’effetto di selezione: nessun altro indice è, infatti, evocato e tanto basta ad escludere che in via d’interpretazione se ne possano aggiungere altri. Peraltro, come si preciserà meglio più avanti, nel successivo art. 2621 ter c.c. (che espressamente stabilisce l’applicabilità all’ipotesi di false comunicazioni commesse nell’ambito delle società non quotate della causa generale di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.) il legislatore, all’opposto, ha cura di
380 Per tutti, ivi, p. 177 s.
indicare esplicitamente l’eventuale danno come parametro prevalente, ma non esclusivo.
Venendo, ora, ad una ricostruzione un pò più nel dettaglio del dato normativo, va prima di tutto osservato che il richiamo alla «natura» della società non sembra affatto congruente con il paradigma dell’«entità», che, rinviando necessariamente ad una componente dimensionale, è incompatibile con una nozione prettamente qualitativa come quella di «natura». Senza contare, poi, l’atecnicismo della formula utilizzata, che rende parecchio difficoltosa l’identificazione stessa del requisito (ci si chiede, per esempio, se si dovrà aver riguardo al tipo di attività svolta dall’ente o se, invece, ad assumere rilievo sia qualche altra caratteristica, come quella riguardante la natura di società controllata o meno382).
Esplicitamente diretto a cogliere un profilo quantitativo è, invece, il secondo estremo che integra il novero dei caratteri concernenti la società: nella valutazione della «lieve entità» si dovrà tener conto delle «dimensioni» della società. Se il riferimento è, per un verso, inequivoco nell’esprimere l’oggetto dell’apprezzamento, il legislatore è stato del tutto reticente nella indicazione dei criteri dei quali tener conto per compiere la valutazione. Gli stessi rimangono così affidati – anche in questo caso – al momento dell’interpretazione.
L’assenza di qualsivoglia suggerimento normativo autorizza, allora, a ritenere utilizzabili come coefficienti per tale apprezzamento elementi molteplici ed eterogenei, fra cui, in via esemplificativa, possono essere annoverati il capitale sociale, il fatturato, il patrimonio, il numero dei dipendenti, ma anche i ricavi (se solo i lordi oppure anche i netti, non è dato sapere!) e l’indebitamento, posto che tali ultimi indici sono in qualche misura coerenti con quelli – connessi, però, all’attività d’impresa e non alla società – dettati dal secondo comma dello stesso art. 2621 bis c.c.
A componenti strettamente quantitative rimanda pure quest’ultimo per l’integrazione dell’altra incriminazione meno gravemente sanzionata, per la quale, e solo per essa, è in più prevista la procedibilità a querela. Lo si è in precedenza accennato, i parametri sono ricavati dall’art. 1, co. 2, r.d. n. 267/1942, che definisce gli imprenditori commerciali non soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo: congiuntamente rilevanti, essi attengono all’attivo patrimoniale, ai ricavi lordi nonché all’indebitamento non scaduto.
Come risulta chiaro, si tratta di indici non soltanto estranei al fatto tipico in sé, ma anche distanti da altri elementi contestualmente presi in considerazione dal legislatore e ricollegabili ai profili inerenti all’offesa: ad esempio, la tipologia delle società aperte al mercato cui si riferisce il secondo comma dell’art. 2622 c.c. nel dettarne l’equiparazione alle società quotate. In merito, si suggerisce l’ipotesi che i requisiti quantitativi, concernenti l’impresa, possano comunque valere indirettamente ad identificare società di dimensioni modeste, le cui comunicazioni sociali sono in via presuntiva indirizzate ad un novero ridotto di destinatari. E si ritiene, inoltre, che il rinvio integrale alla previsione dell’art. 1, co. 2, l. fall. esige non soltanto che i parametri siano tutti congiuntamente presenti, ma anche che siano rispettati gli ambiti temporali di riferimento indicati nella stessa disposizione della legge fallimentare383.
Rimane, infine, da evidenziare che, nel fissare il regime di procedibilità a querela, previsto esclusivamente per questa fattispecie, la norma elenca in forma tassativa i titolari di tale diritto: si tratta, però, di una elencazione in sostanza indistinta. Alle voci «società, soci, creditori» segue, a chiusura, la menzione degli «altri destinatari della comunicazione sociale», che non solo comprende le prime, ma amplia in modo indeterminato il novero di coloro che potranno attivare la condizione di procedibilità.
382 Ibidem.
Comune ad entrambe le figure delineate dall’art. 2621 bis c.c. sembra essere la natura di fattispecie autonome di reato e non di circostanze attenuanti384. É in tal senso fortemente indicativa non soltanto la clausola di riserva con la quale entrambe esordiscono («Salvo che costituiscano più grave reato»), ma anche − e soprattutto − la struttura della disposizione, in cui alle diverse caratterizzazioni delle fattispecie viene collegato un trattamento sanzionatorio autonomo, sulla falsariga del modello dell’art. 2622 c.c., ove alla più marcata offensività corrisponde una reazione punitiva più grave.
Questa, dunque, la prima – e probabilmente un pò affrettata – ricostruzione del dato normativo.
Vedremo, comunque, come il nuovo meccanismo selettivo sarà destinato ad operare in concreto. A parte l’indeterminatezza e la scarsissima precisione della formula normativa, che anche in questo caso rimette all’interprete la specificazione dei criteri cui è subordinata l’attenuazione di pena, ciò che sin da subito può prevedersi è, di certo, un difficile coordinamento dell’istituto stesso con la causa di non punibilità disciplinata dal successivo art. 2621 ter c.c. Considerata, in particolare, la non semplice demarcazione tra le ipotesi di fatti di lieve entità e quella di fatti di particolare tenuità. Di questo si cercherà di dar conto più avanti, non prima, però, di aver analizzato il contenuto di tale ultima disposizione.