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L’estinzione del reato attraverso il ravvedimento operoso

Nel documento Cause di non punibilità e reati economici (pagine 162-164)

432 Così V CHIUSANO, op cit., p 122.

3. La selezione dei fatti punibili nel diritto penale economico in senso ampio 1 I valori soglia

3.2. L’estinzione del reato attraverso il ravvedimento operoso

3.2.1. La condotta riparatoria nell’ambito della disciplina dell’igiene e sicurezza sul lavoro

Si è in precedenza accennato ad un’altra ipotesi di selezione dell’area penalmente rilevante, nel campo della sicurezza sul lavoro, affidata ad un meccanismo di estinzione della contravvenzione che assume le forme di una vera e propria composizione negoziale del fatto punibile527.

Oltre l’efficacia generale dell’oblazione speciale di cui all’art. 162 bis c.p., il d.lgs. n. 758/1994 prevede la possibilità di estinguere la contravvenzione, degradandola ad illecito amministrativo, attraverso l’adempimento, entro la scadenza fissata, di una prescrizione (finalizzata ad eliminare la violazione) impartita dall’organo di vigilanza e il pagamento di una somma ridotta rispetto al massimo dell’ammenda prevista per la contravvenzione (artt. 20 e 21; art. 23, per la sospensione del procedimento penale).

Questa disciplina è stata ripresa, assumendola a procedura di carattere generale per tutta la normativa in materia di sicurezza sul lavoro, dall’art. 301 del d.lgs. 81/2008, che, con la modifica apportata nel 2009 (decreto correttivo n. 106), aggiunge (art. 301 bis) anche la possibilità di un’estinzione degli illeciti amministrativi a seguito di regolarizzazione, cioè di attuazione della norma in concreto.

Un ulteriore meccanismo premiale è poi disciplinato nel successivo art. 302, che prevede la possibilità di «definire» (terminologia ritenuta «del tutto impropria e gergale»528) le contravvenzioni punite con la pena dell’arresto (quindi escluse dall’ambito di operatività dell’art. 162 bis c.p.). Viene puntualmente notato529 come l’istituto sia inquadrabile alla stregua

di una sorta di patteggiamento anomalo o sui generis, in quanto su richiesta dell’imputato il giudice può sostituire la pena (purché non superiore a 12 mesi) con il pagamento di una somma di denaro, determinato sulla base del criterio generale di ragguaglio stabilito dall’art. 135 c.p.

Si evince con estrema facilità che la particolare rilevanza di tale strumento selettivo deriva dal fatto che esso si applichi in un caso nel quale la pena detentiva, e non, come in altri casi, la pena pecuniaria, può essere sostituita in concreto dal pagamento di una somma. Sembra perciò ragionevole che il legislatore lo abbia subordinato ad un limite importante, ossia all’accertamento da parte del giudice che siano state eliminate tutte le fonti di rischio e le conseguenze dannose dell’illecito.

Dunque, a fronte delle ragioni di penalizzazione prevale, anche qui (e stavolta opportunamente), una logica ripristinatoria, a cui è ricollegata la mancata punibilità; la pretesa punitiva viene meno perché le esigenze dell’ordinamento sono state in una qualche misura realizzate.

È, allora, senz’altro discutibile la seconda preclusione prevista: la sostituzione non è consentita quando la violazione abbia avuto un contributo causale rispetto al verificarsi di un infortunio gravissimo o mortale (art. 302).

Ancora una volta è evidente lo scambio dei piani in cui spesso incorre il legislatore nel disciplinare in concreto la non punibilità. Si potrebbe, invero, osservare che, trattandosi di contravvenzioni, in questo caso le condotte costitutive sono assorbite nella colpa rispetto all’infortunio; tuttavia, la gravità dell’evento-conseguenza poco c’entra con la colpevolezza

                                                                                                               

527 Così, A. ALESSANDRI, ult. op. cit., p. 317. 528 Ibidem.

riguardo alla contravvenzione, giacché la gravità dell’infortunio potrebbe, e non di rado accade, essere del tutto casuale rispetto alla natura della violazione accertata530.

Sembrerebbe che si sia voluto porre un filtro, in termini visibilmente imprecisi, ad una causa di estinzione concernente un reato punito con pena detentiva.

Eppure, non può non riconoscersi che, riguardo all’ipotesi in parola, il postfatto è realmente apprezzabile come controvalore idoneo a compensare il disvalore oggettivo e soggettivo del reato e validamente inquadrabile nella direzione della tutela del bene giuridico, secondo la ratio che informa i meccanismi premiali di questo tipo531. Nel momento in cui l’autore si fa carico di elidere l’offesa precedentemente arrecata, provvedendo alla reintegrazione economica e alla regolarizzazione degli obblighi di scurezza, a prescindere dalle conseguenze dannose, più o meno gravi, eventualmente intervenute (che evidentemente non rientrano nel raggio di azione della norma violata), la punizione nei suoi confronti non è più giustificata, se non in chiave esclusivamente retributiva.

Valgono, infatti, a questo proposito le considerazioni che tradizionalmente legittimano il ricorso a meccanismi premiali. Fattispecie così strutturate tendono a minimizzare il bisogno e la meritevolezza di pena, in ragione di condotte compensative (frutto di una decisione volontaria del soggetto, e ciò indipendentemente dai processi motivazionali di fondo532) che realizzano una

riduzione ex post del valore lesivo del fatto, evidenziando da parte dell’autore un processo di riacquisizione dei valori sociali ed ordinamentali. Oltre ad assolvere alla funzione di stabilizzazione della coscienza sociale intorno alle aspettative di tutela espresse dalla norma penale. D’altronde, entrambi gli aspetti positivi della prevenzione speciale e generale sono finalizzati all’obiettivo primario della protezione dei beni giuridici533.

Tra l’altro, l’opzione di escludere, in queste ipotesi, la punibilità, in ragione della funzione di «tutela del bene fin dove possibile» ricondotta in generale – lo abbiamo sopra accennato – ai meccanismi post factum534, risulta pienamente conforme al fondamentale principio di sussidiarietà dell’intervento punitivo come strumento di controllo sociale.

Chiara, dunque, la contraddizione, sul piano della coerenza agli scopi e alle dinamiche della tutela del bene giuridico, nel riconoscere e valorizzare, attraverso la previsione di un sistema estintivo della contravvenzione (che per di più risulta particolarmente incisivo), le ragioni di non punibilità sottese al ravvedimento operoso, salvo poi sconfessarle in presenza di un accadimento eventuale, peraltro fortuito, e del tutto estraneo agli obiettivi di penalizzazione della norma violata.

3.2.2. I modelli di organizzazione

A completamento del discorso illustrativo delle cause che escludono la punibilità nel settore dell’impresa, va annoverata l’adozione dei modelli di controllo e gestione prevista dal d.lgs. n.

                                                                                                               

530 Ivi, p. 318.

531 Parla, a riguardo, di «premialità meritata» A. ABBAGNANO TRIONE, I confini mobili della discrezionalità penale, Napoli,

Esi, 2008, p. 179 ss.

532 Sul punto, C. RUGA RIVA, Il premio, cit., p. 373.

533 A riguardo, S. FIORE, La condotta susseguente al reato: spunti sistematici e politico-criminali, in Arch. pen., 1989, p. 24

ss.

231/2001, in materia di responsabilità da reato delle persone giuridiche, ricollegabile – anch’essa – ad una logica selettiva del fatto punibile, ed in particolare di tipo premiale535.

In realtà, in questo caso, la riparazione delle conseguenze del reato comporta non una totale esclusione della responsabilità, ma una riduzione della sanzione, o meglio un cambiamento della sua tipologia, nel senso che rimane applicabile solo la sanzione pecuniaria ed esclusa la più temibile sanzione interdittiva.

Nello specifico, affinché operi il meccanismo premiale di selezione del carico sanzionatorio, l’ente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, oltre a risarcire integralmente il danno e a eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato, o comunque ad adoperarsi efficacemente in tal senso, e a mettere a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca, deve eliminare le carenze organizzative che hanno determinato il reato. Ciò mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (art. 17).

È generalmente positivo il giudizio espresso, sul piano delle funzioni di prevenzione speciale e generale, in merito a tali profili postfattuali della disciplina di responsabilizzazione degli enti536.

Peraltro, è importante sottolineare che le condotte post factum incidono anche sulle misure interdittive in sede cautelare; si prevede, infatti, la sospensione dell’applicazione (art. 49) ove l’ente chieda di realizzare le attività riparatorie stabilite. Il compiuto adempimento ne comporta la revoca.

E proprio sotto questo aspetto, vi è chi537 correttamente pone in rilievo come la peculiare soluzione adottata sul piano processuale, a completamento dello statuto penale-amministrativo delle persone giuridiche (e che contribuisce a renderlo a tutti gli effetti un micro-sistema538), sia

ancora poco equilibrata rispetto all’estensione del sequestro preventivo ordinario (art. 321 c.p.), che la giurisprudenza ritiene applicabile anche alle aziende539 e che di fatto ridimensiona le garanzie e le cautele stabilite dalla legge sulla responsabilità degli enti.

Nel documento Cause di non punibilità e reati economici (pagine 162-164)