DATI AMMINISTRATIVI PER LA PROVINCIA DI MILANO
5. LE PROSPETTIVE DI STABILIZZAZIONE DEI LAVORATORI INTERINALI IN PROVINCIA DI
5.4 Analisi delle prospettive di stabilizzazione
5.4.3 I fattori determinanti sulle prospettive di stabilizzazione
In questo paragrafo si riportano le stime relative all’effetto di alcuni fattori sulle prospettive di stabilizzazione dei percorsi lavorativi dei lavoratori interinali calcolate utilizzando la metodologia descritta nel paragrafo precedente.
Nella tabella 5.4 sono riportate le stime relative alla durata dell’ultimo rapporto di lavoro mentre nella tabella 5.5 le stime relative al tasso di crescita di tale durata. Poiché nelle soluzioni per gli effetti fissi viene considerata la significatività, per ogni variabile, di una data categoria rispetto a quella di riferimento si è realizzato il test di Tipo III per gli effetti fissi che consente di rilevare quali variabili sono significative globalmente e in quale misura (tabella 5.6).
La stabilità lavorativa degli interinali, a dodici mesi di distanza, è influenzata in maniera consistente dal tipo di contratto prevalente intrattenuto dal lavoratore. Le durate maggiori dell’ultimo rapporto di lavoro sono associate a coloro che hanno svolto attività lavorative con uno o più contratti a tempo indeterminato: per questi ultimi la durata dell’ultimo rapporto di lavoro ha infatti una durata superiore di 80 gironi rispetto a chi ha svolto prevalentemente contratti a tempo determinato e di 135 giorni rispetto a coloro che hanno continuato a lavorare in maniera prevalente nell’interinale. Il contratto a tempo indeterminato comporta poi dei tassi di crescita superiori di circa 9 giorni rispetto al contratto a tempo determinato e di 11 giorni rispetto al contratto interinale tabella 4.5). Sussiste una differenza piuttosto consistente anche tra gli stessi lavoratori “atipici”: i lavoratori occupati a tempo determinato, infatti, hanno delle durate dell’ultimo rapporto superiori di circa 55 giorni rispetto a coloro che svolgono prevalentemente lavoro interinale nei dodici mesi successivi. Anche guardando alle
soluzioni per gli effetti fissi (tabella 5.6) la variabile rapporto successivo assume un valore elevato della statistica F il che sottolinea la sua rilevanza anche a livello globale94. La forte significatività del contratto successivo prevalente sul livello di stabilità (durata dell’ultimo contratto) è un risultato che non sorprende dal momento che come ampiamente dimostrato in letteratura le durate del tempo indeterminato sono mediamente superiori a quelle dei contrati di natura temporanea.
Sempre con riferimento alla tipologia di rapporto successivo prevalente, incide, anche se in misura meno rilevante rispetto alla tipologia contrattuale, la qualifica prevalente. Chi ha svolto attività di tipo impiegatizio o professioni intellettuali e scientifiche ha durate dell’ultimo rapporto di lavoro superiori di circa 18 giorni rispetto a chi ricopre prevalentemente professioni poco qualificate ed operaie. Percorsi di lavoro meno stabili sono poi associati a coloro che sono stati occupati in professioni qualificate nei settori del commercio e dei servizi; la durata del loro ultimo rapporto di lavoro è infatti inferiore di circa 23 giorni rispetto alla categoria di riferimento (gli operai). Le durate dei rapporti di lavoro successivi all’interinale aumentano di quasi 2 giorni all’aumentare dei rapporti per i lavoratori che hanno avuto qualifiche prevalentemente impiegatizie rispetto agli operai
Al di la della condizione occupazionale successiva, un fattore che ha un impatto significativo sulle probabilità di stabilizzazione del percorso lavorativo è la modalità con cui si è sviluppata l’esperienza lavorativa nell’interinale nel corso del 2006 (numero di missioni e durata complessivamente cumulata). La variabile che risulta maggiormente significativa, anche rispetto alla statistica F delle soluzioni per gli effetti fissi, è proprio la variabile “continuativi” (a cui è associato l’F-value più elevato - tabella 5.6). In particolare sembra che l’aver accumulato un periodo di lavoro consistente nell’interinale migliori sensibilmente le probabilità di stabilizzazione nei dodici mesi successivi sia in termini di durate dell’ultimo rapporto di lavoro che di tassi di crescita. Le durate maggiori dell’ultimo rapporto di lavoro sono infatti associate ai lavoratori interinali appartenenti alle categorie dei “temporanei” e dei “continuativi” con un tempo di lavoro complessivo superiore a quattro mesi nel corso del 2006 (questi ultimi hanno delle durate dell’ultimo rapporto di lavoro superiori di circa due mesi rispetto a quelle degli interinali “occasionali” e “marginali”). Agli interinali “continuativi”, rispetto ai “non continuativi”, sono associati poi dei tassi di crescita più alti di quasi 4 giorni. Vale la pena osservare che, come si è avuto modo di osservare nel capitolo 4 i temporanei hanno probabilità superiori rispetto ai continuativi di transitare ad occupazioni più stabili; è probabile pertanto che le prospettive stabilizzazione dipendano positivamente dal tempo di lavoro cumulato nell’interinale e negativamente dal numero di missioni intrattenute nel corso della propria carriera.
Alcune caratteristiche personali e del capitale umano (età, cittadinanza e livello di istruzione) sembrano favorire o al contrario limitare le prospettive di stabilizzazione del percorso lavorativo. I giovani tra i 25 e i 34 anni di età hanno durate dell’ultimo rapporto di lavoro superiori di 10 giorni rispetto ai soggetti più adulti (>34 anni); al contrario per i “giovanissimi” (<25 anni) le durate risultano inferiori di circa cinque giorni rispetto alla categoria di riferimento. Le probabilità di stabilizzazione sono poi maggiori per gli italiani rispetto agli stranieri; ai primi sono infatti associate durate dell’ultimo rapporto di lavoro superiori di circa 15 giorni rispetto a questi ultimi.
94 La statistica F consiste nel rapporto tra la variabilità presente tra gli individui e la variabilità negli individui. Pertanto un valore elevato di questa statistica indica che la covariata individuale ad essa associata spiega significativamente le differenze che intercorrono tra gli individui.
A differenza di quello che si poteva immaginare, il livello d’istruzione (quale proxy del capitale umano accumulato) incide soltanto in misura limitata e sotto a una certa soglia sulle prospettive di stabilizzazione dei lavoratori. I soggetti meno istruiti, cioè quelli in possesso solo di licenza media o titolo di formazione professionale, hanno delle durate dell’ultimo rapporto di lavoro inferiori rispetto ai laureati (pari rispettivamente 6 e 8 giorni in meno); non si osservano però differenze rilevanti tra coloro che sono in possesso del solo diploma di scuola superiore e quelli che hanno conseguito un titolo universitario (Pr > |t| = 0.5734).
In conclusione, a distanza di 12 mesi dall’ultimo rapporto di lavoro interinale avviato nel 2006, l’ultima posizione lavorativa è più duratura per lavoratori giovani ma non troppo (tra i 25 e i 34 anni), di cittadinanza italiana, con livelli di istruzione medio alti. Sono soggetti che hanno cumulato un tempo di lavoro complessivamente apprezzabile nell’interinale, che nel corso dei dodici mesi successivi hanno lavorato prevalentemente con contratti a tempo indeterminato e hanno ricoperto posizioni di tipo impiegatizio. I livelli di stabilità occupazionale aumentano maggiormente con il passare del tempo e all’aumentare delle esperienze lavorative tra i soggetti italiani, tra chi ha avuto esperienze prolungate nell’interinale e che hanno avuto prevalentemente qualifiche impiegatizie con contratti a tempo indeterminato nei dodici mesi successivi.
Tabella 5.4: stima degli effetti fissi del modello con covariate di secondo livello (stato finale)
Effetto Età Cittad. Istruz. Cont. Qual. Rapp. Stima
Pr > |t| Intercept 232.96 <.0001 Età 15-24 -5.5407 0.0007 25-34 10.0293 <.0001 Oltre 34 0 . Cittadinanza Italiana 15.2337 <.0001 Straniera 0 .
Livello di Istruzione Licenza media -6.6856 0.0043
Formazione -8.6533 0.0044
Diploma -1.2754 0.5734
Laurea 0 .
Interinali Continuativi 0 -59.8652 <.0001
1 0 .
Qualifica prevalente Impiegati 17.9023 <.0001
Prof. Comm. -23.2109 <.0001
Operai 0 .
Rapporto di lavoro prevalente Altro -98.7866 <.0001
Int. -134.9 <.0001 Determ. -79.8981 <.0001
Indeterm. 0 .
Fonte: elaborazione dati CRISP 2006 – 2007
Tabella 5.5: stima degli effetti fissi del modello con covariate di secondo livello (tassi di crescita)
Effetto Cittad. Cont Qual12 Rapp12 Stima Pr > |t| Wave 15.1357 <.0001 Cittad Italiana 0.4348 0.0004 Straniera 0 . Cont 0 -3.8106 <.0001 1 0 . Qual12 Impiegati 1.8422 <.0001 Prof. Comm. -0.8848 <.0001 Operai 0 . Rapp12 Altro -8.697 <.0001 Int. -11.444 <.0001 Determ. -9.6318 <.0001 Indeterm. 0 .
Fonte: elaborazione dati Crisp 2006 - 2007 Tabella 5.6: test di tipo III per gli effetti fissi
Effetto Valore F Pr > F Wave 889.72 <.0001 Classi DiEta 58.91 <.0001 Cittadinanza 62.44 <.0001 Istruzione 6.6 0.0002 Continuativi 2299.31 <.0001 QualificaPrev12 258.66 <.0001 RapportoPrev12 1820.9 <.0001 Wave*Cittadinanza 12.58 0.0004 Wave*Continuativi 281.8 <.0001 Wave*QualificaPrev12 97.71 <.0001 Wave*RapportoPrev12 151.85 <.0001
Fonte: elaborazione dati CRISP 2006 - 2007
Per un confronto con il modello di crescita individuale, si esaminano ora le componenti della varianza, mostrate nella Tabella 4.7.
Tabella 5.7: stima dei parametri di covarianza del modello con covariate di secondo livello
Cov Parm Stima Errore standard Valore Z Pr Z
UN(1,1) ( ) 2757.89 65.9877 41.79 <.0001
UN(2,1) ( ) 36.3873 1.6932 21.49 <.0001
UN(2,2) ( ) 0.5444 0.04642 11.73 <.0001
Residual ( ) 7139.68 74.8101 95.44 <.0001
Si può ricorrere allo stesso approccio usato per confrontare l’UMM e l’UGM tramite la statistica Pseudo-R2. In questo modo si quantifica la riduzione proporzionale della varianza residua di livello-2 in seguito all’aggiunta di predittori di secondo livello. Ogni componente di questa varianza ha un proprio indice Pseudo-R2.
La stima di questa statistica per è pari a:
diminuisce del 79,14% rispetto al modello di crescita incondizionata e, data la significatività di questa componente, ciò significa che la variabilità non prevista relativa allo stato finale è stata spiegata per una buona parte ma in ogni caso rimane ancora una parte potenzialmente spiegabile.
La stima per è pari a:
Anche se la significatività statistica suggerisce l’inserimento di ulteriori covariate di livello-2, i predittori spiegano circa l’87% della variabilità legata ai tassi di crescita. Si può concludere che i predittori selezionati per il modello finale spieghino in maniera più che sufficiente la variabilità esistente nelle durate dell’ultimo rapporto e nei tassi di crescita.
Oltre ad un confronto impostato sulle stime delle componenti della varianza è possibile farne un altro basato sugli indici che misurano la bontà di adattamento dei modelli cioè la differenza tra i valori osservati e i valori stimati dai modelli in questione. Nell’ambito dei modelli multilevel vengono utilizzati due criteri, entrambi basati sulla log-verosimiglianza: l’Akaike Information Criterion (AIC) e il Bayesian Information Criterion (BIC). L’AIC e il BIC possono essere confrontati per qualsiasi coppia di modelli, purché entrambi siano stimati sullo stesso insieme di dati. Il modello con il valore più basso dell’AIC o del BIC fornisce un miglior adattamento ai dati osservati.
Il modello di crescita individuale coinvolge sei parametri (due effetti fissi e quattro componenti della varianza) mentre il modello con le covariate ne coinvolge sedici (dieci effetti fissi in più rispetto all’UGM). L’UGM ha un valore della statistica AIC pari a 735.831,3 e un valore della statistica BIC pari a 735.848,2; il modello con le covariate ha un valore della statistica AIC pari a 486.507,5 e un valore della statistica BIC pari a 486.674,5. Dato che i valori del modello con le covariate associate a entrambi i criteri sono largamente inferiori rispetto a quelli del modello di crescita individuale, si può concludere che l’inserimento dei predittori fornisce un miglior adattamento alla realtà rispetto a un modello in cui si considera solo un predittore temporale.