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DATI AMMINISTRATIVI PER LA PROVINCIA DI MILANO

5. LE PROSPETTIVE DI STABILIZZAZIONE DEI LAVORATORI INTERINALI IN PROVINCIA DI

5.4 Analisi delle prospettive di stabilizzazione

5.4.1 Metodologia e modello

Numerosi lavori empirici condotti sia a livello nazionale che internazionale hanno dimostrato che il lavoro interinale è in grado di svolgere una funzione di trampolino verso occupazioni più stabili. La stessa letteratura rileva però che in alcuni casi è elevato il rischio per i lavoratori interinali di restare intrappolati in condizioni d’instabilità e insicurezza lavorativa per lungo tempo. A incidere sugli esiti del lavoro interinale, e più in generale temporaneo, sono alcuni fattori legati alle caratteristiche dei lavoratori (età, genere, cittadinanza, livello d’istruzione), le caratteristiche delle aziende utilizzatrici (settore, dimensioni e ragioni di utilizzo), le specificità dell’esperienza lavorativa (qualifica, numero e durata delle missioni).

Per rilevare il livello di stabilità che i lavoratori interinali sono in grado di raggiungere nel corso del loro percorso lavorativo e stimare l’effetto di alcuni fattori sulle prospettive di stabilizzazione si è scelto di utilizzare la regressione multilevel. La metodologia di analisi multilivello è ampiamente diffusa nelle scienze sociali, dove le strutture dei dati oggetto di indagine sono spesso gerarchiche, nel senso che ci sono variabili che descrivono individui raggruppati all’interno di unità più grandi e variabili che descrivono queste unità più grandi. Rispetto ai dati di cui si dispone, è evidente la presenza di una loro struttura gerarchica: il primo livello è costituito dai rapporti di lavoro, mentre il secondo dai corrispettivi soggetti.

I modelli di regressione multilevel (noti anche come “random coefficient regression models” o “covariance component models”) si basano sulla presenza di una struttura gerarchica dei dati, ed è questo fatto che rende possibile incorporare variabili provenienti da livelli differenti. Essi assumono l’esistenza di un insieme gerarchico (su più livelli) di dati, con una singola variabile dipendente che è misurata al livello più basso e variabili esplicative a tutti i livelli. Concettualmente il modello può essere visto come un sistema gerarchico di equazioni di regressione: ogni livello della struttura è formalmente rappresentato dal suo sottomodello. Questi sottomodelli esprimono le relazioni tra le variabili all’interno di ogni gruppo e specificano come le variabili a un livello influenzano le relazioni che avvengono nell’altro.

La metodologia del multilevel offre in questo senso tre vantaggi: • Una migliore stima degli effetti all’interno di ogni singola unità;

• la formulazione ed il controllo di ipotesi su effetti cross - level (cioè, effetti tra un livello e l’altro)

• Una più adeguata divisione fra i livelli di varianza e covarianza.

I parametri di un modello multilevel sono stimati attraverso procedure che sono dette di “massima verosimiglianza”. Per calcolare queste stime è richiesto un procedimento iterativo, che, come primo passo, genera dei valori ragionevoli di partenza per i vari parametri (di solito basati su una semplice regressione lineare). In seguito, il programma applica un algoritmo, a partire da questi valori, che produce delle stime migliori. Questo

secondo passo è iterato diverse volte. Alla fine di ogni iterazione, il programma controlla quanto le stime sono, in effetti, cambiate rispetto allo stadio precedente. Se questi cambiamenti sono stati piccoli, il programma conclude che le procedure di stima effettivamente convergono, e termina la ricerca.

In questo modo è possibile stimare tramite il modello di livello-1 la variazione del tasso di crescita tra tutti i rapporti di lavoro e tramite i modelli di secondo livello vedere questo tasso di crescita come si differenzia tra gli individui. Il tasso di crescita indica come varia la durata dell’ultimo rapporto di lavoro all’aumentare del numero di rapporti di lavoro intrattenuti nei dodici mesi successivi all’ultima missione d’interinale del 2006. Inoltre, avendo posto pari a zero la variabile sequenziale Wave in corrispondenza dell’ultimo rapporto di lavoro, l’intercetta del modello di primo livello fornisce la durata dell’ultimo rapporto di lavoro le cui determinanti saranno analizzate tramite il modello di livello-2. La durata dell’ultimo rapporto di lavoro è qui considerata quale proxy della stabilità raggiunta nel corso del proprio percorso lavorativo.

Prima di costruire i modelli in cui sono incluse le variabili esplicative d’interesse, nell’ambito dei modelli multilevel è prassi partire con la stima di due semplici modelli:

• Il modello a medie incondizionate (Unconditional Means Model –UMM) • Il modello di crescita incondizionata (Unconditional Growth Model – UGM). Questi due modelli incondizionati, che sono descritti analiticamente nel seguito, dividono e quantificano la variazione della durata dei rapporti di lavoro tramite due vie: la prima considera la variazione tra gli individui senza considerare il tempo (UMM), la seconda invece considera sia gli individui sia il tempo (UGM). I risultati cui si giunge implementando questi due modelli consentono di stabilire quanta variabilità esiste nelle durate dei contratti successivi (e nei tassi di crescita) che può essere utile indagare e se questa variabilità è dovuta alle caratteristiche del singolo individuo oppure alle caratteristiche dell’intera popolazione (variazioni within o between). Essi inoltre costituiscono un termine di confronto tramite cui valutare il successo o meno dei modelli più completi in cui si considerano tutte le possibili variabili esplicative.

5.4.1.1 Modello a medie incondizionate

Il primo modello utilizzato è quello “a medie incondizionate” (Unconditional Means Model –UMM). Questo primo modello, anziché descrivere la variazione delle durate nel tempo, descrive e partiziona tale variazione. Il modello da stimare è il seguente:

Dove si assume che:

indica la durata del j – esimo rapporto di lavoro relativo all’i – esimo soggetto; è la media reale delle durate per il soggetto i, cioè la media specifica degli individui (person – specific mean); la media reale delle durate tra tutti i soggetti è invece , cioè la media delle medie (grand mean). Il modello a medie incondizionate suppone che il valore osservato delle durate per il soggetto i per un dato rapporto j è composto da deviazioni attorno a queste medie:

• Al rapporto j, la durata ( ) devia da attorno a : il residuo a livello-1 è quindi una deviazione “entro i soggetti” che stima la “distanza” tra

e ;

• Per l’individuo i la sua vera media devia da attorno a : il residuo a livello-2 è quindi una deviazione “ tra i soggetti” che stima la “distanza” tra e

.

è pertanto la varianza “entro i soggetti”, cioè la dispersione delle durate di ogni persona attorno alla propria media; è la varianza “tra i soggetti”, cioè la dispersione delle medie specifiche degli individui attorno alla media delle durate tra tutti i soggetti. Il motivo principale per cui si costruisce l’UMM è, infatti, stimare queste componenti della varianza, che individuano l’ammontare della variazione delle durate dei rapporti di lavoro a ogni livello: se una di queste componenti è nulla, significa che la variazione da spiegare è troppo bassa mentre se è non nulla, allora c’è una parte di variazione ad un dato livello che può essere potenzialmente spiegata.

5.4.1.2 Modello di crescita incondizionata

Il secondo modello utilizzato è quello “di crescita incondizionata” (Unconditional Growth Model – UGM). Tramite questo modello s’introduce il predittore temporale che nel nostro caso è la variabile Wave, una variabile sequenziale che si è deciso di porre pari a zero in corrispondenza dell’ultimo rapporto di lavoro per avere un’interpretazione più intuitiva delle stime.

Ci si trova quindi in un particolare contesto dei modelli multilevel, in cui il numero delle occasioni, che nel nostro caso sono istanti temporali, varia tra i soggetti.

La traiettoria di cambiamento nel tempo è ipotizzata lineare:

Dove si assume che:

Ora la durata del j – esimo rapporto di lavoro associato all’i – esimo lavoratore devia, attorno a , dalla sua reale traiettoria di cambiamento, anziché dalla sua specifica media come avveniva nel modello a medie incondizionate.

Un’altra differenza rispetto all’UMM consiste nella presenza di una seconda parte nel modello di livello-2 che rappresenta la variazione interindividuale nei tassi di crescita ( ). Non essendoci ulteriori covariate, ciascuna parte del sottomodello di livello-2 pone che un generico parametro di crescita individuale (che può essere sia come ) è la somma di un’intercetta (che può essere come ) e di un residuo di secondo livello ( o ).

Introducendo la varabile esplicativa temporale, cambia l’interpretazione delle componenti della varianza. La varianza residua di primo livello, , ora rappresenta la dispersione delle durate di ogni individuo attorno alla propria traiettoria lineare di

variazione. Le varianze residue di secondo livello, e , rappresentano la variabilità tra i soggetti, rispettivamente, nello stato finale (cioè l’ultimo rapporto di lavoro) e nei tassi di variazione. La stima di queste componenti della varianza permette di distinguere la variazione di primo livello dai due differenti tipi di variazione di secondo livello e di determinare se le differenze interindividuali nel cambiamento sono dovute a differenze interindividuali nel reale stato finale o nel reale tasso di variazione.

5.4.1.3 Modelli di crescita individuale con covariate di secondo livello

Obiettivo principale di questo capitolo è di rilevare i fattori che incidono in maniera rilevante sul miglioramento del percorso lavorativo e quantificarne l’impatto. Dopo aver stimato l’UGM e l’UMM, è pertanto necessario considerare un modello che consenta di indagare se le variazioni riguardanti la durata dell’ultimo rapporto di lavoro a dodici mesi dall’ultima missione di lavoro interinale del 2006 e il tasso di crescita di tale durata sono legate a variabili di carattere individuale e occupazionale.

Il problema che ci si ritrova ad affrontare è innanzitutto la scelta di questi predittori. Come rinvenibile nell’ampia letteratura analizzata, sono molte le variabili che entrano in gioco per la valutazione della carriera lavorativa e inserirle tutte rischia di distogliere l’attenzione dal vero scopo che si vuole raggiungere, e creare problemi a livello computazionale. In questi casi, infatti, la scelta delle covariate non deve essere affidata semplicemente al software statistico che si utilizza, ma deve essere basata sulla conoscenza dell’argomento che si sta trattando e su precedenti considerazioni sulle variabili d’interesse. In questo senso la letteratura sui percorsi lavorativi dei lavoratori temporanei suggerisce la necessità di considerare alcune variabili che sono in grado di condizionare in maniera significativa le prospettive di stabilizzazione e di miglioramento dei percorsi lavorativi. Per una disamina delle ipotesi alla base della costruzione del modello di rimanda al capitolo 1.

Date queste considerazioni e rispetto ai dati a nostra disposizione sono stati inclusi come predittori alcune variabili che descrivono le caratteristiche demografiche dei lavoratori, il tipo di esperienza nell’interinale e gli esiti individuali dei percorsi lavorativi. Poiché tutte le variabili esplicative sono di natura qualitativa, si è scelta una categoria di riferimento rispetto alla quale saranno confrontate le stime dei parametri.

• Genere:

o Maschio

o Femmina (categoria di riferimento); • Classi di età:

o 15-24 o 25-34

o Oltre 35 (categoria di riferimento); • Cittadinanza:

o Italiani

o Stranieri (categoria di riferimento); • Istruzione

o Licenza media

o Formazione e istruzione professionale o Diploma di scuola superiore

o Laurea e post-laurea (categoria di riferimento); • Esperienza di lavoro interinale:

o Non continuativo. Comprende i lavoratori occasionali e marginali: il primo ha fatto al massimo due missioni per una durata cumulata non superiore ai due mesi, il secondo oltre due missioni per una durata cumulata massima non superiore ai 4 mesi.

o Continuativo. Comprende i lavoratori temporanei e continuativi: i primi hanno compiuto al massimo due missioni per una durata cumulata superiore ai 2 mesi, i secondi oltre due missioni per una durata cumulata superiore ai 4 mesi (categoria di riferimento).

• Contratto prevalente nei 12 mesi successivi all’ultimo avviamento di lavoro interinale del 2006

o Interinale

o A tempo determinato

o A tempo indeterminato (categoria di riferimento); o Altro (lavoro a domicilio e assistenza diretta)

• Qualifica prevalente dei rapporti avuti nei 12 mesi successivi o Impiegati, professioni scientifiche e intellettuali

o Professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi o Operai specializzati e semi-qualificati (categoria di riferimento).

Il percorso di analisi ha previsto una fase preliminare attraverso la quale si è costruito un modello contenente tutti i predittori associati sia allo stato finale sia al tasso di crescita per poi eliminare di volta in volta i parametri non significativi e ricavare un modello “finale”. Con questa procedura, si è ottenuto che le variabili “età” e “livello d’istruzione” non sono associate significativamente ai tassi di crescita mentre la variabile “genere” non è legata né allo stato finale né ai tassi di crescita. La non significatività dell’età e dell’istruzione nei tassi di crescita si spiega con il basso valore dell’indice Pseudo e con il fatto che si considerano solo covariate di secondo livello che quindi sono invarianti nel tempo. Si è pertanto deciso di stimare un modello in cui le variabili “età” e “istruzione” sono predittori solo dello stato finale, mentre le variabili “cittadinanza”, “continuativi”, “qualifica prevalente a 12 mesi” e “rapporto prevalente a 12 mesi” saranno predittori sia dello stato finale sia del tasso di crescita.

Il modello è stato pertanto formulato come segue:

Modello a livello2: