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Risultati dei modelli UMM e UGM

DATI AMMINISTRATIVI PER LA PROVINCIA DI MILANO

5. LE PROSPETTIVE DI STABILIZZAZIONE DEI LAVORATORI INTERINALI IN PROVINCIA DI

5.4 Analisi delle prospettive di stabilizzazione

5.4.2 Risultati dei modelli UMM e UGM

In questa sezione si riportano i risultati derivanti dall’applicazione dei modelli UMM (Unconditional Means Model) e UGM (Unconditional Growth Model). L’obiettivo della nostra analisi è di stimare la durata media dell’ultimo rapporto di lavoro e del tasso di crescita; intendiamo inoltre rilevare se le differenze in termini di durata e di tasso di crescita possono essere ricondotte alle differenze (personali, demografiche e del capitale umano)

che intercorrono tra individui e se quindi è opportuno inserire dei predittori all’interno del modello.

Per fare questo si procede, in prima analisi, alla stima di due modelli incondizionati che dividono e quantificano la variazione della durata dei rapporti; il modello UMM considera la variazione tra gli individui senza considerare il tempo, il modello UGM considera invece sia gli individui sia il tempo.

Tabella 5.2: risultati della stima del modello a medie incondizionate Stime dei parametri di covarianza

Cov Parm Stima Errore standard Valore Z Pr Z

UN(1,1) ( ) 12948 127.37 101.66 <.0001

Residual ( ) 3856.68 32.8652 117.35 <.0001 Soluzione per gli effetti fissi

Effetto Stima Errore standard Valore t Pr > |t|

Intercept ( ) 170.3 0.6927 245.84 <.0001

Fonte: elaborazione dati CRISP 2006 - 2007

La Tabella 5.2 presenta i risultati concernenti la stima dell’UMM. Il modello UMM consente, innanzitutto, di stimare l’unico effetto fisso, ; esso indica che la media delle durate tra tutti i rapporti e tutti i soggetti è pari a 170 giorni per il periodo considerato, pari a 365 giorni solari (12 mesi) dalla data di cessazione dell’ultimo contratto di lavoro interinale del 2006.

Il modello stima poi i parametri della covarianza. La varianza stimata within, , è pari a 3856,68 mentre la varianza stimata between, , è pari a 12948. Entrambe le ipotesi nulle sono rifiutate (Pr Z <.0001) e, poiché ogni componente della varianza è significativamente diversa da zero, si può pensare di collegare entrambe le variazioni between e within nella durata dei rapporti ai predittori.

Il modello a medie incondizionate, infine, consente di calcolare la grandezza relativa di entrambe le componenti della varianza. Per fare questo si utilizza il coefficiente di correlazione interclasse ρ, in grado di quantificare tale grandezza, che fornisce la proporzione della variazione totale delle durate che si trova tra i soggetti.

Dato che la variazione totale delle durata è semplicemente la somma delle varianze between e within, il coefficiente di correlazione intraclasse è pari a:

La stima di ρ si ottiene sostituendo le stime delle componenti della varianza ed è quindi pari a:

Questo valore indica che circa il 77% della variazione totale delle durate è attribuibile alle differenze tra i lavoratori e sarebbe quindi opportuno inserire delle covariate a livello individuale. Tale coefficiente inoltre fornisce la misura dell’autocorrelazione residua nel

modello a medie incondizionate composto che si ottiene sostituendo il sottomodello di secondo livello nel suo sotto modello di primo livello:

In questa rappresentazione, la durata è composta da un effetto fisso, , e da un residuo composto . Ogni soggetto ha un differente residuo composto per ogni rapporto di lavoro ma bisogna notare che, mentre il residuo di livello-1, , ha due pedici (i e j), il residuo di livello-2, , ne ha solo uno (i). Ogni soggetto può avere, quindi, differenti a ogni rapporto, ma ha soltanto un unico per tutti i rapporti di lavoro. La presenza ripetuta di nel residuo composto dell’i – esimo lavoratore collega i suoi residui composti tra tutti i rapporti. Il coefficiente di autocorrelazione del termine d'errore quantifica l’entità di questo legame e, nel caso dell’UMM, coincide con il coefficiente di correlazione intraclasse. Si ottiene, pertanto, che, per ogni soggetto, la correlazione media tra ogni coppia di residui composti è pari a 0,77. Questo valore è molto lontano dall’assenza di autocorrelazione residua richiesta per una stima OLS.

Tabella 5.3: risultati della stima del modello di crescita incondizionata Stime dei parametri di covarianza

Cov Parm Stima Errore standard Valore Z Pr Z

UN(1,1) ( ) 13221 75.5978 174.88 <.0001

UN(2,1) ( ) 237.89 1.3603 174.88 <.0001

UN(2,2) ( ) 4.2713 0.02442 174.88 <.0001

Residual ( ) 3737.67 21.3728 174.88 <.0001 Soluzione per gli effetti fissi

Effetto Stima Errore standard Valore t Pr > |t|

Intercept ( ) 171.05 0.697 245.41 <.0001

Wave ( ) 3.0711 0.01335 230.12 <.0001

Fonte: elaborazione dati CRISP 2006 - 2007

La Tabella 5.3 mostra i risultati della stima del modello di crescita incondizionata (modello UGM). Gli effetti fissi, e , stimano lo “stato finale” e la “pendenza” della crescita media nella popolazione. Il fatto che entrambe le ipotesi nulle siano rifiutate (Pr>|t|<.0001) comporta che la reale traiettoria di crescita media per le durate ha una intercetta non nulla pari a 171 e una pendenza non nulla pari a 3,07. La stima indica che la durata media tra le persone dell’ultimo rapporto di lavoro, è pari a circa 171 giorni; la stima indica che il lavoratore medio ottiene tre giorni di lavoro per ogni avviamento fino ad arrivare a 171 giorni all’ultimo rapporto di lavoro.

Analizzando le stime dei parametri di covarianza, si osserva se c’è una variazione statisticamente significativa nello stato individuale finale o nel tasso di crescita. In particolare è interessante confrontare il valore di del modello di crescita incondizionata con quello del modello a medie incondizionate: nell’UMM era pari a 3856,68 mentre ora nell’UGM è pari a 3737,67.

Dati questi due valori, è possibile determinare la proporzione della variabilità within spiegata dal tempo tramite la statistica Pseudo-R2, calcolata nel seguente modo:

Si può concludere che circa il 3% della variazione entro i soggetti nelle durate è associata in modo sistematico al tempo. Dato che si rifiuta l’ipotesi nulla corrispondente a questa componente della varianza, sappiamo che rimane ancora della variazione within da spiegare a livello-1. Ciò suggerisce che potrebbe essere conveniente introdurre altre variabili esplicative nel sottomodello di primo livello in modo tale che la varianza entro i soggetti venga ridotta. Inoltre, se si moltiplica il valore di questo indice e il valore della varianza non spiegata dalle differenze individuali (il complemento a 1 del coefficiente di correlazione intraclasse), si ottiene che il tempo spiega solamente il 7% delle differenze tra i lavoratori. Tutte queste considerazioni confermano l’importanza delle covariate individuali, già evidenziata in precedenza tramite il coefficiente di correlazione intraclasse.

Le componenti della varianza di livello-2 quantificano l’ammontare di varianza non prevista nei parametri di crescita individuale. fornisce la variabilità non prevista nello stato finale, cioè la dispersione di attorno a ; fornisce la variabilità non prevista nei reali tassi di crescita, cioè la dispersione di attorno a . Dato che entrambe le ipotesi nulle ad esse associate vengono rifiutate, si può affermare che è presente variabilità non nulla sia nello stato finale che nei tassi di crescita. Ciò indica che converrebbe inserire predittori di secondo livello per spiegare l’eterogeneità in ogni parametro.