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Prospettive di stabilizzazione: i fattori determinanti

1.4 Lavoro temporaneo, interinale e percorsi di carriera

1.4.5 Prospettive di stabilizzazione: i fattori determinanti

Gli studi sopra analizzati non permettono di giungere a conclusioni univoche sulla relazione tra lavoro temporaneo e percorsi lavorativi. Da una parte, infatti, le nuove forme di lavoro atipico sembrano rappresentare un utile canale d’ingresso nel mercato del lavoro e una scelta preferibile alla disoccupazione. Dall’altra, la funzione di trampolino all’occupazione stabile non è sempre verificata. In alcuni casi le probabilità di transitare a un contratto di lavoro a tempo indeterminato sono elevate, soprattutto se confrontate con quelle di persone disoccupate. In altri casi è elevato il rischio di restare intrappolati in occupazioni temporanee o di transitare nella disoccupazione.

Per quanto riguarda specificatamente il lavoro interinale, le evidenze mostrano, innanzitutto, che i lavoratori spesso riescono a migliorare la propria condizione transitando nel tempo ad occupazioni più stabili. Il lavoro interinale è poi in molti casi preferibile alla disoccupazione e i risultati occupazionali (uscita da un programma di welfare, transizione a un’occupazione permanente) sono migliori tra chi ha accettato un’offerta di lavoro tramite agenzia rispetto a quelli che non l’hanno fatto.

L’effetto positivo dell’interinale sui percorsi lavorativi svanisce, però, qualora si metta a confronto con altre forme di lavoro temporaneo. L’intermediazione di un’agenzia per il lavoro non rappresenta, in questo senso, un elemento in grado di supportare il lavoratore e garantirgli un livello di sicurezza maggiore rispetto a chi si “arrangia” autonomamente sul mercato.

A fronte di risultati così eterogenei, è utile descrivere sinteticamente, in quest’ultima parte del capitolo, i fattori che si dimostrano importanti rispetto alle probabilità di stabilizzazione dei lavoratori temporanei, e in particolare degli interinali. Le probabilità di migliorare il proprio percorso lavorativo dipendono, infatti, oltre che dal contesto istituzionale analizzato e dal periodo preso in esame (breve-medio-lungo periodo), anche da alcuni elementi che hanno a che fare con le caratteristiche della domanda e dell’offerta di lavoro e dell’occupazione, e in particolare:

1. Le caratteristiche dell’offerta di lavoro; a. Il capitale umano,

b. Le caratteristiche personali e demografiche, c. Le scelte individuali.

2. Le caratteristiche della domanda di lavoro; a. Le caratteristiche delle aziende,

b. Le ragioni di utilizzo del lavoro temporaneo.

3. Le caratteristiche dell’occupazione e del percorso lavorativo; a. Il numero e la durata dei contratti temporanei, b. Il tipo di professione svolta,

c. Eventuali periodi di disoccupazione.

1. Le probabilità di sperimentare un percorso lavorativo di successo dipendono in larga parte dalle caratteristiche dell’offerta di lavoro. Alcune categorie di soggetti svantaggiati hanno maggiori probabilità restare intrappolati in occupazioni temporanee o scivolare nella disoccupazione. La teoria del capitale umano sostiene che ai soggetti in possesso di un maggiore livello d’istruzione ed esperienza professionale sono associati migliori outcomes occupazionali. In questo senso il livello d’istruzione acquisito e le precedenti esperienze lavorative sono elementi discriminanti circa le probabilità di trovare un’occupazione stabile e uscire dal lavoro temporaneo (Blank, 1994; Gaston e Timcke, 1999; Chalmers e Kalb, 2001). Casquel e Cuniat (2004) dimostrano che il passaggio dal lavoro temporaneo al lavoro permanente dipende quasi esclusivamente dalle caratteristiche personali e del capitale umano dei lavoratori. Per soggetti con istruzione elevata il lavoro temporaneo può costituire un “trampolino” verso un’occupazione stabile mentre gli individui meno istruiti, hanno maggiori probabilità di restare intrappolati per lungo tempo in forme di lavoro temporaneo. Risultati simili emergono dal lavoro di Gieseck e Groß (2003); gli autori rilevano che le persone con un livello di scolarità elevato hanno probabilità maggiori di trovare un lavoro stabile dopo un periodo passato con contratti di natura temporanea. D’Addio e Rosholm (2004) trovano che per gli individui con livelli di capitale umano bassi (poco istruiti ed esperienze precedenti di disoccupazione) l’esperienza di lavoro temporaneo non comporta l’accesso a occupazioni più stabili; inoltre i lavoratori meno qualificati sono

quelli cui si associano i rischi maggiori di esclusione dal mercato del lavoro dopo un’esperienza di lavoro temporaneo.

Il ruolo del lavoro temporaneo sui percorsi di carriera dipende poi dalle caratteristiche personali, demografiche e famigliari degli individui e dalle ragioni personali che li spingono ad accettare un lavoro temporaneo o a rivolgersi a un’agenzia di lavoro temporaneo.

Ai giovani sono associate maggiori probabilità di trovare un’occupazione stabile nel corso del tempo e per loro il lavoro temporaneo rappresenta un valido canale di primo accesso al mercato del lavoro. I soggetti più anziani (over 45) hanno invece maggiori probabilità di disoccupazione dopo l’esperienza di lavoro temporaneo. D’Addio e Rosholm (2004) mostrano che le donne hanno maggiori probabilità degli uomini di ottenere un contratto permanente dopo alcune esperienze di lavoro temporaneo; al contrario le donne con figli rischiano maggiormente di transitare nella disoccupazione. Gli uomini a loro volta hanno minori probabilità di accesso a occupazioni stabili e maggiori probabilità di restare intrappolati nel lavoro temporaneo. Nel contributo di Zijl et al. (2002) emerge che i giovani, gli uomini sposati e le donne senza figli hanno maggiori probabilità di transitare dal lavoro interinale a un’occupazione permanente rispetto alla loro controparte. Micheli (2006), infine, pone l’accento sull’importanza di considerare condizioni complesse piuttosto che caratteristiche unidimensionali; l’autore rileva che le probabilità di essere inviato in missione e di intraprendere un percorso lavorativo di “successo” piuttosto che sperimentare l’intrappolamento o l’esclusione si lega a condizioni personali e socio economiche complesse (“mix” di variabili) piuttosto che a singole caratteristiche personali.

Vale la pena sottolineare che il fatto di aver scelto volontariamente un lavoro temporaneo per ragioni di flessibilità piuttosto che averlo accettato con la speranza di trovare un’occupazione permanente in futuro può avere un forte impatto sugli esiti occupazionali successivi (Origo, Samek e Lodovici, 2004).

2) Le probabilità che i lavoratori temporanei raggiungano un’occupazione stabile dipendono anche dalle caratteristiche della domanda e dalle ragioni di utilizzo del lavoro temporaneo da parte delle aziende.

Innanzitutto incidono le dimensioni delle aziende in cui i lavoratori sono stati impiegati, il tipo di settore economico e il grado di sindacalizzazione. Le aziende più grandi sono più propense a creare un mercato del lavoro interno, investire in capitale umano firm-specific e incentivare i dipendenti perché restino in azienda e i lavoratori impiegati nelle grandi aziende hanno maggiori probabilità di essere assunti a tempo indeterminato rispetto a quelli delle piccole aziende (Bentolila e Dolado, 1993).

In secondo luogo, alcuni settori sembrano garantire tassi di transizione dal lavoro temporaneo a quello permanente maggiori rispetto ad altri. Ad esempio, il settore agricolo e quello del turismo utilizzano molto lavoro stagionale e offrono minori opportunità di occupazione permanente rispetto al settore industriale (Booth et al, 2002a; Malo e Munoz-Bullon, 2008).

Infine, l’effetto del livello di sindacalizzazione in azienda non appare univoco: se in alcuni casi i sindacati promuovono iniziative di assunzione a tempo indeterminato presso le aziende, in altri s’impegnano al fine di ottenere condizioni di lavoro migliori per i lavoratori flessibili disincentivando, di fatto, le transizioni all’occupazione permanente (Gaston e Timcke, 1999).

Sempre dal lato della domanda sono le ragioni di utilizzo del lavoro temporaneo delle aziende a incidere fortemente sulle probabilità di uscita dal lavoro temporaneo. Samek, Lodovici e Origo (2004) rilevano che le ragioni di utilizzo delle imprese hanno un

impatto maggiore sulle probabilità di uscita dall’interinale rispetto alle motivazioni personali31. In particolare, il fatto che le aziende lo utilizzino unicamente come strumento di flessibilità, oppure anche come strumento per valutare i lavoratori da assumere stabilmente può avere un impatto diverso sulle probabilità di assistere a un miglioramento dei percorsi lavorativi all’interno dell’impresa utilizzatrice. Come suggerito da Montanino e Sestito (2003), la probabilità che l’azienda utilizzatrice trasformi un contratto di lavoro interinale in contratti a tempo indeterminato dipendono dalla durata della missione. Gli autori dimostrano come tale probabilità è massima quando la durata del contratto interinale è “intermedia”, cioè sufficiente per provare il lavoratore, ma non eccessivamente lunga da essere troppo onerosa rispetto ad altri strumenti contrattuali.

3) Le prospettive di carriera dei lavoratori temporanei dipendono poi dalle caratteristiche dell’occupazione e dalle modalità con cui si sviluppano i loro percorsi lavorativi.

Innanzitutto, le probabilità di trovare un’occupazione permanente differiscono in maniera significativa da contratto a contratto. I contratti temporanei di natura dipendente (fixed-term contract e temporary agency work) assicurano maggiori prospettive di stabilizzazione mentre altri (job-on-call e seasonal work) si associano a un rischio maggiore di intrappolamento o esclusione dal mercato del lavoro. Anche il tipo di professione per la quale il soggetto è stato impiegato assume un ruolo importante; laddove è difficile prevedere la produttività individuale (tipicamente le professioni di alto profilo) il lavoro temporaneo viene utilizzato maggiormente quale strumento di valutazione delle performance e garantisce quindi tassi maggiori di transizione al lavoro permanente (Fang e MacPhail, 2007).

In accordo con la teoria del deprezzamento del capitale umano e dell’effetto di segnalazione, hanno maggiori probabilità di transitare all’occupazione permanente quei soggetti che non hanno alle spalle periodi lunghi di disoccupazione (tra un’occupazione e un’altra), che hanno lavorato full-time e che non hanno accumulato un numero troppo elevato di esperienze di lavoro temporaneo (Russo et al., 1997; Contini et al., 1999; OECD, 2002; Blanchard e Landier, 2002). Gagliarducci (2004) sottolinea, in particolare, che la probabilità di transizione dal lavoro atipico a quello permanente aumenta all’aumentare della durata del contratto temporaneo ma si riduce all’aumentare del numero di contratti stipulati: inoltre, hanno minori probabilità di trovare un’occupazione stabile, i soggetti che hanno sperimentato percorsi lavorativi caratterizzati da alternanza tra lavoro e disoccupazione o da una continua serie di lavori temporanei.

Vale la pena sottolineare che, come si approfondirà nel capitolo 2, una parte della letteratura di matrice U.S.A ha messo in evidenza che a fronte della sempre più diffusa interposizione di un soggetto intermediario nel processo di matching tra domanda e offerta di lavoro, a incidere sulle prospettive di carriera dei lavoratori temporanei sono anche le caratteristiche degli intermediari del lavoro e in particolare la loro natura e le strategie messe in atto nei confronti del mercato del lavoro. Benner, Leete e Pastor (2007) dimostrano che la natura giuridica ed economica dei diversi intermediari preposti a svolgere attività di matching tra domanda e offerta di lavoro (si distinguono soggetti pubblici, privati e del no-profit) e i rispettivi modelli di business sono elementi in grado di condizionare le opportunità di carriera e di stabilizzazione dei lavoratori. In

31 Da questo studio emerge in particolare che le probabilità di essere assunti a tempo indeterminato per i lavoratori interinali crescono se le imprese utilizzatrici dichiarano di ricorrere alle agenzie per lo screening della forza lavoro.

particolare, hanno un impatto decisivo sulle prospettive di carriera i comportamenti strategici adottati dalle diverse tipologie d’intermediari nei confronti del mercato del lavoro e la tipologia/varietà di servizi offerti ai lavoratori.

2. IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI NEL