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Mercato del lavoro e somministrazione in Italia

3.1.1 I principali cambiamenti a livello istituzionale

3.2 Mercato del lavoro e somministrazione in Italia

Un secondo elemento che caratterizza l’ambiente in cui operano le agenzie per il lavoro è il mercato del lavoro. Nel seguito si sintetizzano alcune delle principali caratteristiche del mercato del lavoro in Italia, con particolare riferimento alle performance generali, alla struttura e caratteristiche dell’occupazione, alla diffusione del

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E in particolare: 1) la possibilità per l’utente di scegliere liberamente tra i servizi offerti dalla rete regionale 2) il rispetto degli standard nazionali per quel che riguarda le funzioni di accertamento dello stato di disoccupazione 3) la costituzione negoziale di reti di servizio 4) la connessione con Borsa Lavoro 5) il raccordo con il sistema regionale di accreditamento degli organismi di formazione.

lavoro interinale e alle modalità di ricerca di lavoro e di personale utilizzate da lavoratori ed imprese.

3.2.1 Performance generali del mercato del lavoro

Dalla seconda metà degli anni Novanta ad oggi le condizioni del mercato italiano sono migliorate in maniera considerevole come mostrano i dati forniti dall’Istat (CNEL, 2009).

Il tasso di attività della popolazione tra i 15-64 anni è passato dal 58,5% del 1995 al 63,3% nel 2008 (a questa considerevole crescita hanno contribuito, in particolare, l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, quella dei giovani tra i 25 e i 28 anni e quella degli over 60 nonché un ingresso continuo di forza lavoro straniera ed extra-comunitaria in Italia). Solo nel 2008 si è interrotta la quasi decennale tendenza declinante della disoccupazione. Era, infatti, dal 1999 che il tasso di disoccupazione italiano è andato riducendosi, diminuendo di oltre cinque punti percentuali (dall’11,3 per cento osservato nel 1998 al 6.1 registrato nel 2007). Il numero di persone in cerca di un’occupazione nello stesso periodo si è ridotto di oltre 1,1 milioni, un risultato considerevole se si considera che per tutta la seconda metà degli anni novanta il numero di disoccupati era rimasto sostanzialmente stabile attorno ai 2,5 milioni.

Il lungo e ininterrotto periodo di sviluppo economico, l’andamento moderato delle retribuzioni, la progressiva flessibilizzazione dei contratti di lavoro, la crescita delle attività del terziario e la maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, sono tutti elementi che hanno contribuito negli anni alla crescita continua del tasso di occupazione, che nel 2008 ha raggiunto in Italia il suo valore massimo pari al 58,7%, di sette punti percentuali più elevato di quello del 1995. Nonostante la situazione occupazionale sia significativamente migliorata, le performance del mercato del lavoro italiano sono ancora distanti dagli obiettivi di Lisbona fissati per il 2010 e in particolare per quanto riguarda l’occupazione complessiva (70% contro il 59% dell’Italia), il tasso di occupazione femminile (il 60% contro il 46,3% dell’Italia) e il tasso di occupazione degli over 55 (il 50% contro il 32,5% dell’Italia).

Figura 3.1: il tasso di occupazione in Italia (1995-2008)

Fonte: Rapporto CNEL, 2009

3.2.2 Struttura e caratteristiche dell’occupazione

La struttura dell’occupazione in Italia presenta differenze settoriali, dimensionali e territoriali piuttosto significative.

Negli ultimi anni è il settore dei servizi ad aver raggiunto i livelli di sviluppo maggiori, così come accade in molti altri paesi sviluppati; oggi la struttura dell’occupazione italiana è quella tipica dei paesi post-industriali con un 66,4% dei lavoratori impiegati nei servizi, il 29,7% nell’Industria, l’8,4% nelle costruzioni e solo il 3,8% in agricoltura. All’aumento del peso dei servizi ha fatto seguito anche una crescita in corrispondenza dei titoli di studio elevati (il 54% nel 2008); incrementi inferiori ma comunque positivi si sonoavuti per gli occupati in possesso di diploma, mentre evidenti contrazioni si sono osservate per gli occupati unskilled: conseguentemente si sta osservando una “ricomposizione” della struttura occupazionale in Italia a favore di una maggiore qualificazione.

La struttura dimensionale dell’economia italiana è poi, come noto, sbilanciata verso le imprese di ridotte dimensioni il che influisce sulla composizione dell’occupazione per dimensione di impresa. Nel 2008 oltre metà degli occupati, il 56,1%, è impiegata in imprese fino a 19 addetti, solo l’11% sono occupati presso imprese di grandi dimensioni (con almeno 250 addetti) e il 14,7% dell’occupazione è assorbita dalle imprese con un solo addetto, il titolare (rispetto al 2004 si è ridotto il peso degli autonomi senza dipendenti e degli occupati in imprese con meno di 10 dipendenti ma in generale la struttura dell’occupazione per dimensione d’impresa è rimasta sostanzialmente invariata).

In termini territoriali sussiste da sempre un divario tra regioni del Centro-Nord e regioni del Sud che si è andato acuendo ulteriormente negli corso degli anni. Nel 2008 quest’ultimo è misurato da una differenza di quasi 21 punti percentuali per quanto riguarda il tasso di occupazione (46,1% contro il 66,9% e la media in Italia è del 58,7%) e da un tasso di disoccupazione che e pari al 4% al Nord, al 6,1% al Centro e al 12% nel Mezzogiorno.

Infine, vale la pena sottolineare come negli ultimi 15 anni, anche a fronte della deregolamentazione del lavoro, è cresciuto il numero di lavoratori impiegati con forme contrattuali atipiche (diverse dal lavoro standard a tempo indeterminato) e temporanee68. In anni di espansione dell’occupazione totale, la componente occupazionale indipendente, che da sempre riveste un ruolo rilevante nel contesto italiano, è andata riducendosi lasciando il campo alla crescita dell’occupazione dipendente; quest’ultima, oltre alle occupazioni standard, comprende oggi una quantità di occupazioni “parzialmente standard” (tempo parziale e con durata non predeterminata) ed “atipiche” (dipendenti a termine e collaboratori); se nel 2008 i lavori “standard” sono circa 18 milioni e rappresentano il 77% del totale degli occupati, i lavoratori “parzialmente standard” sono 2,6 milioni e gli atipici quasi 2,8 milioni (ISTAT, 2009).

3.2.3 Il lavoro interinale

L’interinale in Italia ha raggiunto la sua massima diffusione nel 2007, nel corso del quale sono state registrate 1.263.700 missioni associate a 594.744 che hanno svolto mediamente 2,12 missioni nell’arco di un anno, per un numero complessivo di giorni lavorati pari a 53.782.944 e una durata media delle missioni pari a 42,5 giorni69.

68 La quantificazione del fenomeno del lavoro atipico dipende dalla definizione che si sceglie per lo stesso.

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A fronte della crisi finanziaria, i primi dati per l’anno 2008 mostrano un deciso rallentamento nei tassi di crescita dell’interinale, non solo riguardo al 2007, ma anche in relazione ai risultati conseguiti negli anni precedenti (Osservatorio Ebitemp, 2009). Rallenta, in particolare, la crescita nel numero di missioni di lavoro interinale, il numero degli occupati con contratto di lavoro interinale e le giornate retribuite: tali tendenze sono confermate anche dai dati sui primi mesi del 2009 anche se nella seconda metà dell’anno evidenziano un miglioramento tendenziale di tutti gli indicatori del lavoro interinale.

A fronte di una crescita dell’occupazione complessiva è cresciuta anche l’incidenza dell’occupazione interinale sull’occupazione dipendente (che comprende, oltre all’interinale, il tempo indeterminato, il tempo determinato, l’apprendistato e gli stagionali) passando dall’1,1% nel 2004 all’1,6 del 2007 così come l’incidenza dell’interinale sull’occupazione a termine che passa dal 9,4% nel 2004 al 12,2% nel 2007.

Tabella 3.1: il lavoro in somministrazione in Italia: dati di sintesi 2007

Dati si sintesi 2007

Numero di missioni 1.263.697

Numero giorni complessivi 53.782.944

Durata media delle missioni (in giorni) 42,5

Numero di lavoratori 594.744

Incidenza sull’occupazione dipendente 1,6% Incidenza sull’occupazione a termine 12,2%

Fonte: Assolavoro

Alcune indagini condotte a livello nazionale e regionale consentono di delineare le principali caratteristiche dell’interinale in Italia per quanto riguarda sia la domanda che l’offerta (un’analisi dettagliata delle caratteristiche del lavoro interinale in Italia è riportata nel capitolo 4). In sintesi, fin dalla sua introduzione il lavoro interinale si è diffuso prevalentemente nelle regioni del Nord, dove veniva utilizzato in prevalenza dalle “grandi aziende” nel settore industriale (in particolare in quello metalmeccanico) per reclutare quasi esclusivamente professionalità di basso profilo (soprattutto operai) da inserire in maniera temporanea in organico. Negli ultimi anni si assiste ad un forte processo evolutivo all’interno del comparto (Altieri, Oteri e Pedaci, 2005). Il lavoro interinale è ormai diffuso su tutto il territorio nazionale, viene utilizzato anche in settori diversi da quello industriale, soprattutto nel settore terziario e in particolare nel commercio, e le aziende lo utilizzano per reclutare anche professionalità di medio - alto livello. Per quanto riguarda l’offerta, il lavoro interinale oggi coinvolge in egual misura sia gli uomini che le donne, i giovani e coloro che sono in possesso di titoli di studio medio - bassi, anche se negli utlimi anni si assiste ad un aumento nel livello complessivo di scolarizzazione. Infine, l’interinale in Italia è una forma contrattuale ampiamente utilizzata dalla forza lavoro straniera ed extracomunitaria nelle fasi di ricerca di una prima occupazione.

3.2.4 I canali di ricerca utilizzati da lavoratori e imprese

Prima di analizzare in dettaglio il mercato dell’intermediazione in Italia, si riporta una breve sintesi sulle modalità utilizzate da lavoratori e imprese per trovare lavoro e personale. Per quanto riguarda le persone chi cerca un’occupazione per la prima volta ma anche in seguito, si muove solitamente sulla base di abitudini consolidate che privilegiano oggi, come in passato, i canali “informali”, quali la conoscenza diretta, la segnalazione di amici e l’auto candidatura, rispetto ad un iter più strutturato e professionale. In modo speculare anche le aziende alla ricerca di lavoratori privilegiano la conoscenza personale, diretta o indiretta, rispetto al contributo specialistico offerto dagli operatori privati, pubblici ed istituzionali attivi nel matching tra domanda ed offerta (tabella 3.2).

Tabella 3.2: modalità principali di selezione utilizzate dalle imprese (in %) per la ricerca di personale nel 2008, per classi dimensionali e macrosettore di attività economica

Dipendenti Settori Totale 1-9 10-49 50-249 250-499 500 e oltre Industria Servizi CONOSCENZA DIRETTA 41,2 35,4 19,1 11,0 9,2 43,7 35,3 38,7 SEGNALAZIONE CONOSCENTI/FORNITORI 16,6 12,7 3,8 2,0 0,6 17,5 13,4 15,1

QUOTIDIANI E STAMPA SPECIALIZZATA

5,1 4,9 4,7 5,2 4,0 3,7 5,9 5,0

AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE

3,4 6,9 10,8 9,6 8,7 5,8 3,5 4,4

SOCIETA’ DI SELEZIONE E ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA

1,9 2,9 6,9 12,7 10,0 1,9 2,8 2,5

INTERNET E BANCHE DATI AZIENDALI

23,3 29,4 29,5 51,6 56,7 20,2 30,1 26,1

CENTRI PER L’IMPIEGO

4,5 4,5 2,2 1,9 1,2 4,6 4,2 4,4

ALTRE MODALITA’

4,0 3,3 3,0 6,0 9,6 2,6 4,8 3,8

Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2009

La struttura produttiva che contraddistingue il mercato italiano (prevalenza di piccole-medie imprese) non contribuisce di fatto allo sviluppo dei canali formali per la ricerca di personale; sono proprio le società di piccola-media dimensione a preferire meccanismi di ricerca diretta ed informale (conoscenza diretta, segnalazione di conoscenti e fornitori). Quando utilizzano canali di ricerca esterni prediligono i meccanismi più tradizionali, quali gli annunci sui quotidiani e la stampa e il servizio pubblico (Centri per l’Impiego). Le aziende di più grandi dimensioni, al contrario, se in molti casi internalizzano la funzione di ricerca e selezione di personale predisponendo anche dei siti internet dedicati alla raccolta delle candidature, quando si rivolgano ad intermediari del lavoro specializzati si orientano verso le agenzie private, e in particolare le società di ricerca e selezione, le agenzie di somministrazione e le associazioni di categoria.