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I patti individuali di deroga nelle sedi protette

La terza ed ultima ipotesi di demansionamento è disciplinata dal comma

sesto che consente al datore di lavoro e al lavoratore di stipulare accordi di modificazione delle mansioni senza i limiti di cui ai commi 2, 4 e 5: il lavoratore può così essere adibito anche a mansioni appartenenti a più livelli inferiori di inquadramento, anche superando la soglia della categoria legale, e con un abbassamento della retribuzione (che comunque dovrà essere proporzionata alle nuove mansioni inferiori, conseguendone altrimenti una violazione dell’art. 36 Cost.241).

Il legislatore tuttavia ben consapevole che “nella sostanza dei rapporti di lavoro il mutamento consensuale implica di regola la prevalenza del contraente più forte”242 (cioè del datore), ha posto due ordini di limiti all’autonomia individuale: l’accordo deve essere stipulato in una delle sedi di cui all’art. 2113 c.c.243 o innanzi alle commissioni di certificazione ex art.76 d.lgs. n. 276/2003 ed esso deve essere finalizzato a soddisfare “l’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità

240 Come ha sottolineato M.BROLLO, Disciplina delle mansioni (art 3) in F.CARINCI (a cura di) Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n.81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi, ADAPT UNIVERSITY PRESS, 2015, n. 48, p. 76, sarà la stessa contrattazione collettiva nell’autorizzare ulteriori ipotesi di assegnazione a mansioni inferiori a prevedere i casi in cui è necessario l’adempimento di tale onere formativo.

241 C. PISANI, op. cit., p. 86.

242 M.BROLLO, La disciplina delle mansioni dopo il Jobs Act, in Arg. dir. lav., 6/2015,

p. 1177. Tra l’altro, come evidenzia l’Autrice, la resistenza contrattuale del lavoratore, nell’attuale contesto in cui si sono ridotte le tutele contro i licenziamenti ingiustificati, in particolare di quelli ti tipo economico-organizzativo, risulta ulteriormente indebolita. 243 Le sedi abilitate sono dunque quelle previste dall’art. 185 c.p.c., dagli artt. 410 e 411 c.p.c e dagli artt. 412-ter e 412-quater c.p.c ovvero la sede giudiziale, le Direzioni Territoriali del Lavoro, le sedi previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative ed il collegio di conciliazione e di arbitrato irrituale.

o al miglioramento delle condizioni di vita”244. Entrambi i requisiti costituiscono presupposti di validità del patto pertanto, in assenza anche di uno solo di questi, il patto è nullo ai sensi del comma 9 dell’art. 2103 c.c.

Le finalità individuate dal legislatore sono tra di loro alternative, come dimostra l’impiego della congiunzione disgiuntiva “o”245.

Partendo dall’analisi del primo ambito di interesse del lavoratore, quello alla “conservazione dell’occupazione”, si ritiene che in questo caso il legislatore abbia recepito l’orientamento giurisprudenziale formatosi sotto la vigenza del precedente testo dell’art. 2103 c.c. sul demansionamento quale “male minore” rispetto alla perdita del lavoro246, con l’unica differenza che ora i patti devono essere stipulati nelle sedi “protette”. Il presupposto implicito di tale accordo quindi non può che essere una modifica organizzativa che comporti il venir meno del posto occupato dal lavoratore247.

Tale ipotesi tuttavia potrebbe venire a confondersi ed intrecciarsi con quella di cui al secondo comma qualora dovesse affermarsi in giurisprudenza l’interpretazione in base alla quale “la modifica degli assetti organizzativi” configuri una situazione coincidente con il giustificato motivo oggettivo248. Per quanto riguarda l’interesse del lavoratore all’ “acquisizione di una

244 La stipulazione dell’accordo in deroga è possibile quindi non a fronte di un generico interesse del lavoratore, ma solo qualora vengano in rilievo gli interessi selezionati e tipizzati dal legislatore: M.BROLLO, op. cit., ibidem.

245 R.VOZA, op. cit., p. 10; C.PISANI, op. cit., ibidem; M.BROLLO, op. cit., ibidem. 246A.GARILLI, op. cit., p. 141; R.VOZA, op. cit., ibidem; M.BROLLO, op. cit., p.

1178; C.PISANI, op. cit., p. 89.

247 Il demansionamento rappresenta quindi un’alternativa ad un (altrimenti inevitabile)

licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

248 Come abbiamo già visto (v. par. 3.5) c’è chi come PISANI sostiene che al comma 2

non si sia voluta configurare una tale situazione proprio in considerazione del fatto che l’interesse al mantenimento dell’occupazione è esplicitamente richiamato al comma 6, in riferimento allo spostamento concordato.

Qualora dovesse affermarsi la tesi contraria, si ritiene che le parti potrebbero ricorrere al patto in deroga per concordare uno spostamento a mansioni appartenenti a più livelli di inquadramento inferiori. In questo senso quindi potrebbe venire a configurarsi in capo al datore anche un dovere di offrire al lavoratore l’accordo modificativo qualora non sia possibile adibire il prestatore a mansioni collocate nel livello di inquadramento immediatamente inferiore a quello posseduto (sempre che vi sia un posto “libero”):F. LISO, Brevi osservazioni sulla

revisione della disciplina delle mansioni contenuta nel decreto legislativo n. 81/2015 e su alcune recenti tendenze di politica legislativa in materia di rapporto di lavoro in Working

diversa professionalità”249, secondo una parte della dottrina qui la disposizione recupererebbe un tentativo giurisprudenziale (rimasto tra l’altro isolato) che consentiva di adibire il lavoratore a mansioni inferiori nell’ambito di un percorso di riqualificazione on the job (c.d. demansionamento “espansivo”)250. Anche se tale interesse del lavoratore, nell’ambito della norma, “rischia di

cozzare contro la definitività dello spostamento”251 in quanto “una cosa è transitare ad altre mansioni per poi riacquistare quelle originarie, all’esito di un percorso – più o meno breve – di arricchimento professionale (…) altra cosa è permanere definitivamente nelle nuove mansioni”252. Soprattutto se a tale decrescita professionale si aggiunge un peggioramento nell’inquadramento formale e nel trattamento retributivo. Anche se non è da escludere che le parti possano stipulare accordi che limitino nel tempo l’efficacia dello spostamento. Tuttavia c’è chi sostiene che, più semplicemente, datore e lavoratore

potrebbero concludere un tale accordo a fronte del desiderio del prestatore di essere assegnato ad una posizione (inferiore ma) che abbia migliori prospettive di carriera253; oppure in caso di obsolescenza della professionalità254.

Quanto all’interesse al “miglioramento delle condizioni di vita”255, si ritiene che qui il riferimento sia a quelle ipotesi in cui il lavoratore per interessi del tutto personali (ad esempio, per dedicare più tempo alla famiglia, disporre di più tempo libero, ridurre le situazioni di stress, o magari per evitare/ottenere un trasferimento) possa rendersi disponibile ad accettare un livello di inquadramento ed una retribuzione inferiore256.

Come si può notare il legislatore utilizza formule che “presentano inevitabili

249 Come segnala M.BROLLO, op. cit., p. 1178, il legislatore per la prima volta introduce nell’art. 2103 c.c. il termine “professionalità”, anche se l’unica professionalità (diversa) qui disciplinata è “quella classificata nei gradini inferiori della scala professionale”.

250R.VOZA, op. cit., p. 11; M.BROLLO, op. cit., ibidem.

251 Si ritiene di fatto che il mutamento di mansioni di cui al comma 6 abbia carattere

definitivo. Così anche M. BROLLO, op. cit., p. 1179. 252R.VOZA, op. cit., p. 12.

253C.PISANI, op. cit., p. 91.

254 In questo caso quindi anche in funzione di salvaguardia dell’occupazione: E.

BALLETTI, op. cit., p. 34.

255 Si è perso in questo caso il richiamo alle condizioni “economiche” contenuto nella legge delega.

256U.GARGIULO, op. cit., p. 13; M.BROLLO, op. cit., p. 1178; E.BALLETTI, op.

margini di indeterminatezza” che ancora una volta “l’interpretazione dovrà sforzarsi di contenere”257.

La disposizione elenca puntualmente (solo) gli ambiti di interesse del lavoratore, ma essendo prevista la stipula di un accordo fra le parti dovranno evidentemente essere presenti anche gli interessi del datore di lavoro (essenzialmente quello all’ “utile impiego del personale”258 come recita la legge delega)259.

Dal punto di vista procedurale, come abbiamo accennato, l’accordo deve essere stipulato nelle cc. dd. “sedi protette”, ovvero nelle sedi di conciliazione previste per le controversie in materia di lavoro (art. 2113 c.c., quarto comma) o avanti alle commissioni di certificazione (di cui all’art. 76 del d. lgs. n. 276/2003).

Il lavoratore ha inoltre il diritto di essere assistito, qualora lo ritenga opportuno (quindi su sua richiesta), da un “rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro”260.

In questo modo il legislatore intende proteggere il singolo lavoratore affinché presti un consenso pienamente informato ma soprattutto libero da indebite pressioni da parte del datore di lavoro: si è voluto evitare il rischio di negozi conclusi per mera debolezza o “soggezione”.

Pertanto il soggetto innanzi al quale tale patto è concluso sarà tenuto a verificare la sussistenza dell’interesse addotto dal lavoratore “ovviamente senza poter imporre la propria volontà su quella liberamente manifestata da quest’ultimo”261.

Tuttavia la stipulazione dell’accordo nell’ambito delle suddette sedi, pur costituendo requisito di validità dello stesso, non impedisce eventuali

257 R.VOZA, op. cit., p. 10.

258 Tuttavia “non essendoci una formalizzazione di quale possa essere l’interesse datoriale al declassamento, quest’ultimo potrebbe avere qualsivoglia contenuto che non sia illecito o discriminatorio” (potrebbe essere un’esigenza di flessibilità dell’imprenditore, ma anche di risparmio dei costi): U.GARGIULO, op. cit., p. 11.

259 M.BROLLO, op. cit., ibidem.

260 Dato il puntuale elenco, l’assistenza sembra preclusa ad altri soggetti, in particolare i commercialisti: M. BROLLO, op. cit., p. 1179.

comminatorie di nullità262: il giudice di fatto, “su impugnazione del lavoratore ‘pentito’ può sempre sindacare la conformità dell’accordo ai suddetti presupposti di validità ed eventualmente comminarne la invalidità”263 anche se, come si è osservato, “una volta che il lavoratore avrà sottoscritto il patto, indicando la ricorrenza di uno degli interessi specificati dalla norma, il tutto con l’avvallo della sede protetta, sarà per lui davvero complicato impugnare l’accordo con qualche probabilità di successo”264.

Quanto ai rapporti del comma 6 con la legge delega, se da una parte il patto di demansionamento viene considerato un coerente sviluppo della legge delega265, una parte della dottrina ritiene che la disposizione sia viziata da eccesso di delega sia perché la lett. e) del comma 7, art. 1 della l. n. 183/2014 esige che il contemperamento tra le esigenze aziendali e gli interessi del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita (ed economiche) possa avvenire solo “nel caso” di processi di riorganizzazione, ristrutturazione e conversione aziendale; sia per la mancata previsione dell’intervento della contrattazione collettiva266.

Tuttavia, quanto alla “conservazione dell’occupazione”, come abbiamo visto, il comma 6 qui “sconta il mutamento dell’organizzazione, che è presupposto implicito della norma”267. Per quanto riguarda invece gli altri due

262 Il richiamo all’art. 2113 c.c. viene operato dal comma 6 solo per individuare le “sedi” ove stipulare il patto perciò l’accordo non è “coperto” anche dagli effetti che sortisce il comma 4 dell’art. 2113 c.c. quanto alla non impugnabilità delle rinunzie e transazioni; anche perché nel caso in esame non si tratta di disporre di diritti già maturati, ma di modificare per il futuro il regolamento contrattuale: R. VOZA, op. cit., ibidem; C.PISANI, op. cit., p. 87.

263C.PISANI, op. cit., p. 87.

264F.AMENDOLA, La disciplina delle mansioni nel d.lgs. n. 81 del 2015 in Working

Papers C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. IT, n. 291/2016, p. 24. Il lavoratore in un secondo momento potrebbe però, ad esempio, eccepire che l’assistenza nell’ambito delle sedi “protette” non sia stata effettiva, essendosi risolta in una mera sottoscrizione dell’accordo da parte dei soggetti garanti.

265 M.L. BUCONI, La mobilità verticale nel nuovo testo dell’art. 2103 c.c., in Labor,

2018, p. 44.

266L.DE ANGELIS, Note sulla nuova disciplina delle mansioni ed i suoi (difficilissimi)

rapporti con la delega in Working Papers C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. IT, n.

263/2015, p.9.

267 C. PISANI, op. cit., p. 88. L’interesse a salvaguardare l’occupazione sorge nel

lavoratore a fronte di un inevitabile licenziamento per giustificato motivo oggettivo “per la cui legittimità occorre imprescindibilmente che vi sia una modifica dell’organizzazione quantomeno riferita al posto occupato dal lavoratore”: C.PISANI, ibidem.

interessi, essi non suppongono necessariamente una modifica nell’organizzazione del lavoro ma, dato che l’interesse al patto è del lavoratore (e la genuinità della sua volontà e la convenienza per lui dell’accordo sono garantite dall’assistenza nelle sedi cc.dd. “protette”), si ritiene che non abbia molto senso una limitazione di tali accordi ai casi in cui l’interesse all’acquisizione di una diversa professionalità e al miglioramento delle condizioni di vita sorga in conseguenza di “processi di riorganizzazione, ristrutturazione e conversione aziendale”; “più logico sarebbe dunque valorizzare la ratio della disposizione della legge delega che ha voluto dare rilevanza [proprio] a quegli interessi del lavoratore”268.