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Abbiamo visto come sotto la vigenza del “vecchio” art. 2103 c.c. la giurisprudenza era arrivata a ritenere legittimo il patto di demansionamento al fine di evitare il licenziamento282; restava però aperta una questione essenziale: se l’adibizione a mansioni inferiori fosse una mera possibilità cui le parti potevano liberamente accedere nell’esercizio della libertà negoziale riconosciutagli per via giurisprudenziale al fine di “salvare” il posto di lavoro; oppure se le mansioni inferiori rientrassero nell’alveo dell’obbligo di repêchage, imponendo così al datore di verificare l’impossibilità di adibire il prestatore non solo a mansioni equivalenti ma anche a mansioni inferiori283.

278 M. BROLLO, op. cit., ibidem. Come sottolinea l’Autrice è vero che la dignità

professionale anche prima della riforma era considerata un valore/diritto relativo, oggetto di bilanciamenti per via legale e giudiziale con altri diritti della persona (salute, occupazione) ma era comunque un valore/diritto “forte” nella trama normativa, interpretativa e negoziale, mentre ora è divenuto debole (almeno nella nuova trama legale).

279P.ALBI, op. cit., p. 79.

280 G. FONTANA, Inderogabilità, derogabilità, e crisi dell’uguaglianza in Working

Papers C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. IT, n. 276/2015, p. 2. 281P.ALBI, op. cit., p. 56.

282 V. par. 3.3.

283E.GRAMANO, Dal patto all’obbligo di demansionamento in Labor, maggio-giugno

Secondo l’orientamento prevalente, la facoltà riconosciuta alle parti di stipulare un patto di demansionamento quale alternativa al licenziamento non comportava anche l’estensione dei confini dell’obbligo di repêchage, che continuava a riferirsi alle sole mansioni equivalenti 284 .

Una parte della giurisprudenza aveva ritenuto invece che il datore, ove possibile, fosse tenuto a formulare al lavoratore passibile di licenziamento una proposta di demansionamento, ritenendo così il recesso legittimo solo a fronte del rifiuto opposto dal prestatore285; talvolta si richiedeva che le mansioni inferiori cui doveva essere adibito il lavoratore (previo consenso) fossero compatibili con il suo bagaglio professionale286.

Alcune pronunce, di recente, sono arrivate addirittura a ritenere irrilevante il consenso del prestatore, sostenendo che il demansionamento quale unica alternativa al licenziamento debba essere disposto dal datore in esercizio dello jus variandi287; in questo modo si è affermata l’illegittimità del licenziamento per mancato assolvimento dell’obbligo di repêchage laddove il datore di lavoro avesse potuto adibire il lavoratore a mansioni inferiori288. Il demansionamento così unilateralmente imposto è stato tuttavia ritenuto ammissibile “solo” in riferimento a mansioni (inferiori) che siano riconducibili alle capacità professionali del lavoratore289.

Tali sentenze290 sono state criticate dalla dottrina in quanto “nell’estendere

284 V. Cass. Sez. Lav., 11 marzo 2013, n. 5963; Cass. Sez. Lav., 12 giugno 2015, n. 12253 disponibili su www.iusexplorer.it.

285 Il datore doveva cioè attivarsi al fine di ricercare possibili soluzioni alternative al

licenziamento, dovendo così prospettare, ove possibile, il demansionamento al lavoratore. V. Cass. Sez. Lav., 13 agosto 2008, n. 21579; Cass. Sez. Lav. 1 luglio 2011, n. 14517; Cass. Sez. Lav., 23 ottobre 2013, n. 24037 su www.iusexplorer.it.

Tale orientamento tra l’altro è stato ribadito anche di recente da Cass. Sez. Lav., 16 maggio 2016, n. 10018 che ha dato applicazione ratione temporis al “vecchio” art. 2103 c.c. 286 Cass. Sez. Lav., 19 novembre 2015, n. 23698; Cass. Sez. Lav., 8 marzo 2016, n. 4509 leggibili su www.iusexplorer.it.

287 V. Cass. Sez. Lav., 19 ottobre 2012, n. 18025; Cass. Sez. Lav., 26 aprile 2012, n. 6501;

Cass. Sez. Lav., 2 gennaio 2013, n. 6 disponibili su www.iusexplorer.it.

288 V. Cass. Sez. Lav., 23 ottobre 2013, n. 24037 leggibile su www.iusexplorer.it. 289 Cass. Sez. Lav., 10 maggio 2016, n. 9467 su www.iusexplorer.it: “Il

demansionamento, a prescindere dall'accettazione o meno da parte del lavoratore e dunque dall'esistenza di un patto di demansionamento, è ammissibile sempre che ci sia una certa omogeneità con i compiti originariamente svolti dal lavoratore”. Non sarebbe dunque configurabile un obbligo del datore id offrire al lavoratore anche mansioni del tutto incompatibili con quelle svolte in precedenza.

290 Dobbiamo sottolineare che si tratta di una giurisprudenza minoritaria: non sono infatti

il repêchage alle mansioni inferiori o nel richiedere un comportamento attivo al datore di lavoro nel domandare il consenso del lavoratore al demansionamento prima del licenziamento, peccano di un comune vizio di fondo: determinano, infatti, l’estensione di un obbligo, quello del repêchage, che se poteva, non senza qualche forzatura, trovare la propria ragion d’essere nell’art. 2103 c.c. quanto alle mansioni equivalenti, e cioè esigibili, è stato nondimeno esteso anche a mansioni inferiori, in realtà niente affatto esigibili e anzi, espunte per disposizione di legge dall’area dell’obbligazione del lavoratore”291.

L’entrata in vigore del nuovo art. 2103 c.c. ha imposto una nuova riflessione circa i confini dell’obbligo di repêchage.

Abbiamo visto come l’art. 3 del d. lgs. n. 81/2015 abbia ampliato i confini della prestazione esigibile da parte del datore di lavoro, il cui jus variandi può estendersi non solo a tutte le mansioni comprese nel medesimo livello di inquadramento del lavoratore (comma 1, art. 2103 c.c.), ma anche alle mansioni inquadrate nel livello inferiore (ex commi 2 e 4).

In particolare abbiamo visto come una parte della dottrina abbia sostenuto che l’adibizione a mansioni inferiori ai sensi del comma 2 (“modifica degli assetti organizzativi”) sia possibile in presenza di quelle stesse ragioni aziendali che alla luce della precedente giurisprudenza consentivano (o prescrivevano) al datore di proporre al lavoratore un consensuale mutamento delle mansioni al fine di evitare il licenziamento.

Proprio il fatto che oggi (in presenza di tali ragioni) sia esercitabile lo jus variandi in relazione alle mansioni ricomprese nell’inquadramento inferiore, comporterebbe la conseguente estensione dei confini dell’obbligo di repêchage in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che potrà ritenersi

cui l’obbligo di repêchagedeve essere limitato alle mansioni equivalenti libere: V. Cass. Sez. Lav., 1 agosto 2013, n. 18416 consultabile su www.iusexplorer.it.

291 E.GRAMANO, Natura e limiti dell’obbligo di repêchage: lo stato dell’arte alla luce

delle più recenti pronunce giurisprudenziali in Arg. dir. lav., 6/2016, pp. 1322-1323. Inoltre,

come mette in evidenza l’Autrice, la giurisprudenza consapevole dell’aggravamento della posizione del datore, aveva cercato di temperarla con l’affermazione che l’obbligo di

repêchage benché esteso a mansioni inferiori, non poteva estendersi a mansioni che esulassero

legittimo solo qualora il datore di lavoro fornirà prova dell’impossibilità di adibire il dipendente non solo a mansioni previste dal suo livello di inquadramento ma anche da quello inferiore292.

Secondo

C.

P

ISANI invece il repêchage non è estendibile alle mansioni inferiori nemmeno alla luce del nuovo art. 2103 c.c.293. L’Autore ritiene che

non si possa pretendere di applicare la fattispecie di cui al comma 2 in alternativa al licenziamento in quanto ciò significherebbe imporre al datore di continuare a corrispondere al lavoratore la retribuzione superiore precedente (come imposto dal comma 5) con seri dubbi di costituzionalità di una siffatta operazione per contrasto con l’art. 41 Cost.

Il comma 2 non potrebbe essere richiamato nemmeno a sostegno di quella “non condivisibile giurisprudenza che sostiene l’ampliamento del repêchage anche alle mansioni inferiori” in quanto “quelle del comma 2 non sono affatto mansioni esigibili in via ordinaria dal datore di lavoro, come quelle di cui al comma 1, trattandosi di una vera e propria eccezione e deroga al divieto di assegnare mansioni inferiori al lavoratore, ammissibile solo alla presenza di ben precisi presupposti”. Per cui anche dopo la riforma dell’art. 2103 c.c. permangono “le critiche [mosse] nei confronti di quell’orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto di estendere il repêchage anche a tutte le mansioni inferiori”294.

Inoltre – continua l’Autore – ulteriore motivo di perplessità nei confronti della tesi che ammette l’estensione dell’obbligo di repêchage alle mansioni inferiori è dato dalla gravosità dell’onere della prova che verrebbe ad incombere sul datore di lavoro: quest’ultimo dovrebbe infatti dimostrare “di non aver effettuato e di non aver in programma di effettuare, dopo il licenziamento, nuove assunzioni, non solo per le stesse mansioni o in mansioni equivalenti a quelle svolte dal dipendente licenziato, ma anche per tutte le altre mansioni inferiori che siano astrattamente riconducibili alla sua capacità

292F.AMENDOLA, La disciplina delle mansioni nel d.lgs. n. 81 del 2015 in Working

Papers C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. IT, n. 291/2016, p. 23.

293C.PISANI, L’ambito del repêchage alla luce del nuovo art. 2103 cod. civ. in Arg. dir.

lav., 3/2016, p. 537 ss.

professionale”295. Si amplificherebbero in questo modo “i margini di soggettivismo giudiziario con i connessi rischi di incertezza nel caso concreto, giacché sarebbe rimesso alla discrezionalità del singolo giudice il giudizio su tale compatibilità professionale verso il basso”296.

La giurisprudenza tuttavia sembra orientarsi verso una estensione dell’obbligo di repêchage alle mansioni inferiori: si è espresso in questo senso il Tribunale di Torino che con ordinanza del 5 aprile 2016 ha affermato come alla luce del nuovo art. 2103 c.c. la possibilità di reimpiegare il lavoratore debba essere valutata anche in relazione ai commi 2 e 3 (art. 2103 c.c.)297.

Secondo una parte della dottrina anche la sentenza n. 22798 del 9 novembre 2016298 (pur pronunciandosi su un caso cui è applicabile il “vecchio” art. 2103

c.c.) “sembra presagire quella che sarà la scelta interpretativa dei giudici con riferimento alla nuova disposizione”299: la Corte di Cassazione, richiamando

un proprio precedente (Cass. n. 23968 del 2015), afferma come l’art. 2013 c.c. debba essere interpretato nel senso del bilanciamento del diritto del datore di lavoro a perseguire un’organizzazione aziendale produttiva ed efficiente e quello del lavoratore al mantenimento del posto, in coerenza con la ratio di numerosi interventi normativi; ne consegue quindi che “ove il demansionamento rappresenti l’unica alterativa al recesso datoriale, non è necessario un patto di demansionamento o una richiesta del lavoratore in tal senso anteriore o contemporanea al licenziamento, ma è onere del datore di lavoro, in attuazione del principio di correttezza e buona fede, prospettare al dipendente la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori compatibili con

295 C.PISANI, op. cit., p. 545.

296 C.PISANI, La nuova disciplina del mutamento delle mansioni, Giappichelli, Torino,

2015, p. 154.

Tali incertezze in ordine ad una disposizione cruciale per la gestione delle imprese tra l’altro potrebbero costituire un fattore disincentivante per le assunzioni a tempo indeterminato in netta contrapposizione con le finalità del Jobs Act che, tra l’altro, si pone l’obiettivo di “rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro”: tant’è che in questa direzione è stata radicalmente abolita la reintegrazione per il licenziamento per motivo oggettivo ritenuto ingiustificato e sostituita con un’indennità di “importo certo, crescente in base all’anzianità del lavoratore” (art. 3, comma 1. d. lgs. n. 23/2015): C.PISANI, L’ambito del repêchage alla luce

del nuovo art. 2103 cod. civ. in Arg. dir. lav., 3/2016, pp. 545-546.

297 Leggibile in Arg. dir. lav., 2016, 4-5, p. 888 ss. con nota di G.GAUDIO.

298 Disponibile in Labor, maggio-giugno 2017, p. 315 ss. con nota di E.GRAMANO.

il suo bagaglio professionale”. La Corte giunge così alla conclusione di estendere l’obbligo di repêchage anche alle mansioni inferiori300.

Dato che il nuovo art. 2013 cc. prevede diverse ipotesi di legittima adibizione a mansioni inferiori “è probabile che la nuova disciplina delle mansioni consentirà alla giurisprudenza di estendere l’area di verifica del repêchage a tutte le mansioni appartenenti tanto al medesimo livello di inquadramento, quanto al livello di inquadramento inferiore, e anzi imporrà anche la ricerca del consenso del lavoratore al fine della stipulazione di un accordo in sede protetta ai sensi dell’art. 2103, comma 6, Cod. Civ.”301.