4.2 La promozione automatica
4.2.3 La volontà contraria del lavoratore
Il comma 7 del “nuovo” art. 2103 c.c. prevede che “l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore”. Viene così dato espresso rilievo all’interesse che il lavoratore può avere a non assumere un’obbligazione di lavoro di diverso contenuto che potrebbe, ad esempio, comportare maggiori responsabilità nonché assunzione di maggiori rischi.
Il legislatore ha qui recepito quello che era l’orientamento che era andato affermandosi in giurisprudenza già sotto la vigenza del “vecchio” art. 2103 c.c. secondo cui, pur nel silenzio della legge, si richiedeva il consenso del lavoratore (anche implicito) per l’assegnazione definitiva a mansioni superiori, riconoscendo a questi la possibilità di impedire il perfezionamento della promozione automatica manifestando il proprio dissenso378.
Quindi “nel ‘silenzio’ del lavoratore l’assegnazione diviene definitiva poiché scatta l’effetto inderogabile previsto dalla norma” (ove ne ricorrano i presupposti); allo stesso modo “il comportamento del lavoratore che continua a svolgere le mansioni superiori è ‘concludente’ nel senso di escludere la sua volontà contraria alla promozione”379.
Rimane tuttavia da capire, in assenza di un’indicazione normativa a riguardo, che configurazione giuridica assume la manifestazione della volontà contraria del lavoratore alla promozione automatica380: la questione non è di poca rilevanza, dato che la diversa qualificazione del dissenso incide sull’individuazione del momento in cui lo stesso possa considerarsi legittimo e quindi produttivo di effetti381.
Secondo una parte della dottrina, il lavoratore può rinunciare alla
378 V. par. 4.1. Cfr. Cass. Sez. Lav. 6 giugno 1985, n. 3372, ripresa di recente da Cass. Sez. Lav., 19 luglio 2013, n. 17713, consultabili su www.iusexplorer.it.
379 C.PISANI, op. cit., p. 162.
380 R. VOZA, Autonomia privata e norma inderogabile nella nuova disciplina del
mutamento di mansioni in Working Papers C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”. IT, n.
257/2015, p. 16.
promozione ancora prima che sia maturato tale diritto382, quindi all’atto di assunzione o in costanza di rapporto: in questo caso però, come si è osservato, saremmo in presenza non di una rinunzia/transazione ma di un atto o patto individuale in deroga383. Il comma 7 deve leggersi insieme al successivo comma 9 dello stesso art. 2103 c.c. che continua a sancire la “nullità” di ogni “patto contrario”, tipizzando tra l’altro le eccezioni al divieto stesso: e poiché tra tali ipotesi non configura il comma 7, “ne consegue che per questo patto in deroga scatterebbe la regola della nullità”384.
“Anche qualora sia stata già disposta l’adibizione a mansioni superiori, la rinunzia anticipata del lavoratore alla promozione configurerebbe un patto in deroga, in quanto il diritto alla promozione matura solo dopo l’effettivo svolgimento delle mansioni superiori per il periodo predeterminato”385.
La dottrina maggioritaria, invece, ritiene che il lavoratore possa esprimere tale volontà contraria all’acquisizione del superiore inquadramento “solamente dopo che si siano perfezionati i fatti costituitivi del relativo diritto (vale a dire una volta compiuto il periodo minimo di svolgimento delle mansioni superiori stabilito dal contratto collettivo o, in mancanza, dalla legge)”386: la norma in commento (inderogabile), di fatto, consentirebbe di configurare la manifestazione di volontà del lavoratore solamente alla stregua di una rinunzia ad un diritto già maturato ed entrato nel patrimonio del lavoratore (e non anche
382 F.LISO, op.cit., p. 15, secondo il quale al lavoratore che rinuncia preventivamente al
diritto di promozione automatica, dovrebbe essere altresì riconosciuta la facoltà di rifiutare l’assegnazione a mansioni superiori.
Dobbiamo ricordare infatti che in questo caso non si tratta di rifiuto ad essere assegnato (e quindi svolgere) alle mansioni superiori, ma di mancata accettazione di uno degli effetti legali che ne conseguono (oltre al temporaneo adeguamento del trattamento economico): R.VOZA, op. cit. ibidem; F.AMENDOLA, op. cit., p. 27.
383 R.VOZA, op. cit., ibidem. “La rinuncia presuppone che il diritto alla promozione sia
già maturato”: A.GARILLI, op. cit., p. 143.
384 M.BROLLO, La disciplina delle mansioni dopo il Jobs Act in Arg. dir. lav., 6/2015, p. 1183; Così anche R.VOZA, op. cit., ibidem. U.GARGIULO, op. cit., p. 16.
385 R.VOZA, op. cit., ibidem. E’ questa, tra l’altro, la tesi sostenuta da C.PISANI, op.
cit., pp. 162-163, il quale ritiene che il lavoratore possa manifestare la sua volontà contraria alla definitiva acquisizione del superiore inquadramento sia prima che dopo lo svolgimento delle mansioni superiori.
386P.SORDI, Il nuovo art. 2103 c.c.: prime questioni interpretative in Lav. prev. oggi,
di un patto in deroga o di una rinuncia a diritto futuro)387.
Come si è rilevato, in questo caso manca però un meccanismo di protezione dell’integrità del consenso non essendo previsto alcun “filtro/controllo da parte di soggetti terzi” nelle sedi protette: “se il lavoratore dichiara di voler abdicare all’effetto legale conseguente allo svolgimento di mansioni superiori oltre il limite temporale previsto dal contratto collettivo o dalla legge, ciò basta a perfezionare la rinunzia”388.
La disposizione, tra l’altro, nulla prevede in ordine alla forma e alle caratteristiche della manifestazione della volontà contraria alla promozione, tradendo “una scarsa considerazione del rischio che la volontà del lavoratore possa subire condizionamenti”: “infatti, la reversibilità dell’adibizione a mansioni superiori, anche oltre il limite prestabilito, rappresenta un evidente vantaggio per il datore di lavoro in termini di flessibilità gestionale ed organizzativa”389.
Tuttavia, dato che la “diversa volontà del lavoratore” è riferita alla lettera soltanto all’”assegnazione definitiva” alle mansioni superiori, si ritiene che la “libera rinunciabilità” riguardi solo il diritto al superiore definitivo inquadramento390: il lavoratore quindi potrà validamente disporre del suo diritto a percepire il trattamento retributivo per le prestazioni già svolte, soltanto nelle sedi protette di cui al comma 6 dell’art. 2103 c.c.391.
Il prestatore che esprime la propria volontà contraria all’acquisizione del superiore inquadramento, ha diritto ad essere riassegnato alle precedenti inferiori mansioni o ad altre inquadrate nello stesso livello, non potendo,
387R.VOZA, op. cit., ibidem; M.BROLLO, op. cit., ibidem; A. GARILLI, op. cit., ibidem. U.GARGIULO, op. cit., ibidem; F.AMENDOLA, op. cit., p. 27; L.DE ANGELIS, op. cit., p. 10; M.L.BUCONI, op. cit., p. 53.
388R.VOZA, op. cit., ibidem; M.BROLLO, op. cit., ibidem; F.LISO, op. cit., ibidem.
E ciò in quanto il legislatore avrebbe reso disponibile tale diritto: M.L.BUCONI, op. cit., ibidem. Contra U. GARGIULO, op. cit., ibidem. secondo il quale la rinuncia potrà essere impugnata dal lavoratore qualora non sia stata resa in sede protetta. Così anche A.GARILLI, op. cit., ibidem.
389R.VOZA, op. cit., p. 17. M.BROLLO, op. cit., pp. 1183-1184 ha affermato come la
disposizione così formulata alimenti un forte “sospetto di un ritorno al passato della versione originaria della norma codicistica”.
390P. SORDI, op. cit., ibidem.
secondo l’orientamento giurisprudenziale corrente, rimanere inutilizzato392; qualora, però, nel frattempo il suo precedente inferiore posto sia stato soppresso e non vi siano altre mansioni libere nel medesimo livello (oppure ve ne siano ma richiedano l’adeguamento formativo del dipendente), il lavoratore potrà essere licenziato per giustificato motivo oggettivo393.