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5.6 La tutela risarcitoria

5.6.1 Le tipologie di danni risarcibili

Al fine di delineare un quadro il più chiaro e completo possibile sulle figure di danno risarcibile, è opportuno prendere le mosse da alcuni interventi delle Sezioni Unite e in particolare dalla Sent. n. 6572 del 24 marzo 2006, la quale ha chiarito come dall’inadempimento datoriale possano astrattamente nascere “una pluralità di conseguenze lesive per il lavoratore: danno professionale, danno all’integrità psico-fisica o danno biologico, danno all’immagine o alla vita di relazione, sintetizzati nella locuzione danno c.d. esistenziale”508, nonché dalle note sentenze gemelle del 2008509, che hanno posto in essere una sorta di sistemazione della materia, individuando un sistema bipolare fondato sul danno a contenuto patrimoniale e danno a contenuto non patrimoniale510. Cominciando dall’analisi del danno professionale, a contenuto

patrimoniale, questo può consistere sia nel pregiudizio derivante o dall’ impoverimento della capacità professionale acquisita o dalla mancata acquisizione di una diversa capacità del medesimo valore (e cioè relativa a mansioni inquadrate nel medesimo livello511); sia nella lesione derivante dalla

507 C.PISANI, op. cit., p. 130; L.FERLUGA, op. cit., p. 157.

508 Lo stesso decalogo in realtà era stato anticipato da Corte Cost., 6 aprile 2004, n. 114, la quale aveva avuto modo di precisare che “dalla violazione da parte del datore dell’obbligo di adibire il lavoratore alle mansioni cui ha diritto possono derivare a quest’ultimo danni di vario genere: danni a quel complesso di capacità e attitudini che viene definito con il termine professionalità, con conseguente compromissione delle aspettative di miglioramenti all’interno o all’esterno dell’azienda; danni alla persona ed alla sua dignità, particolarmente gravi nell’ipotesi, non di scuola, in cui la mancata adibizione del lavoratore alle mansioni cui ha diritto si concretizza nella mancanza di qualsiasi prestazione, sicché egli riceve la retribuzione senza fornire alcun corrispettivo; danni alla salute psichica e fisica”. Cfr. P.ALBI, op. cit., p. 300 ss.

509 Cass. Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972 e 26973 consultabili su

www.iusexplorer.it.

510 L.FERLUGA, op. cit., p. 157 s.

perdita di ulteriori possibilità di guadagno512 o di carriera513 (c.d. perdita di chance)514.

Per quanto riguarda il danno a contenuto non patrimoniale, la sentenza delle Sezioni Unite n. 26972/2008 ha stabilito che tale tipo di danno, identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati di rilevanza economica, costituisce una “categoria unitaria, non suscettiva di suddivisione in sottocategorie”, se non a fini meramente descrittivi.

In questo senso all’interno del danno non patrimoniale è possibile identificare il danno biologico, il danno morale ed il danno esistenziale.

Il danno biologico, subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrità psico-fisica del danneggiato medicalmente accertabile, comprende il danno da malattie nervose, da impotenza sessuale, insonnia, alterazioni mentali e il c.d. danno estetico515.

Il danno morale può essere inteso sia come patema d’animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico, sia come lesione della dignità o integrità morale “quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall’art. 2 Cost., in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel Trattato di Lisbona”516. In quest’ultima accezione, in ragione della diversità del bene protetto, esso assume “specifico e autonomo rilievo nell’ambito della composita categoria del danno non patrimoniale”, con la conseguenza che dello stesso dovrà tenersi autonomamente conto anche sul piano liquidatorio517. Per danno esistenziale (comprensivo del danno all’identità professionale518,

all’immagine o alla vita di relazione) si intende invece “ogni pregiudizio di

512 Cass. Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572.

513 Cass. Sez. Lav., 8 gennaio 2014, n. 172 in www.iusexplorer.it.

“Così è stato riconosciuto come risarcimento la retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore se per la professionalità acquisita e la sua valorizzazione, avesse acquisito la superiore qualifica lamentata”: C.PISANI, op. cit., p. 131. V. Cass. Sez. Lav., 19 aprile 2012, n. 6110 in www.iusexplorer.it.

514 Cfr. C.ALESSI, op. cit., p. 118 ss.

515 Cass. Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361 disponile su www.iusexplorer.it.

516 Cass. Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361.

517 V. Cass. Sez. III, 12 dicembre 2008, n. 29191; Cass. Sez. III, 11 giugno 2009, n. 13530; Cass. Sez. III, 10 marzo 2010, n. 5770 in www.iusexplorer.it.

518 Il danno all’immagine professionale, in particolare, può considerarsi (sempre a fini

natura non meramente emotiva ed interiore519, ma oggettivamente accertabile, provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno”520.

La risarcibilità del danno non patrimoniale, oltre che nei casi previsti dalla legge521, si ritiene debba essere ammessa “sulla base di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. per avere l’illecito leso in modo grave un diritto inviolabile della persona tutelato dalla Costituzione”. Fuori dei casi determinati dalla legge, quindi, deve essere accordata tutela risarcitoria al danno non patrimoniale solo laddove sia accertata “una ingiustizia costituzionalmente qualificata”522.

Tutela che tuttavia non è limitata ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione: in virtù dell’apertura dell’art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all’interprete individuare e valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano di rango costituzionale, attenendo a posizioni inviolabili della persona umana523. Nell’ambito del rapporto di lavoro, l’inserimento di interessi non patrimoniali del lavoratore, presidiati da diritti inviolabili della persona, è

“consiste nel pregiudizio che il lavoratore subisce, non direttamente al suo ‘saper fare’, bensì alla ‘posizione’ raggiunta nell’organizzazione, vista nei suoi aspetti di posizione gerarchica e di prestigio, per certi versi di ‘status’, maturati all’interno del luogo di lavoro ma anche nel mercato del lavoro ‘esterno’”. “Infatti può sussistere un danno all’immagine anche in assenza di un pregiudizio direttamente apprezzabile del ‘saper fare’, ovvero al bagaglio di conoscenze acquisite dal lavoratore”. Si pensi, per esempio, al caso in cui “si diffondano voci che mettono in dubbio la moralità di un dirigente o di un impiegato con funzioni direttive quale possibile causa della sua rimozione dalle mansioni”; oppure all’altro caso “in cui il dirigente venga adibito a compiti di gran lunga inferiori e magari posto alla mercé di coloro che prima erano i suoi sottoposti”: C.PISANI, op. cit., p. 135.

519 Queste, di fatto, come abbiamo visto sono le caratteristiche proprie del c.d. danno

morale.

520 Cass. Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972 e 26973. Cfr. Cass. Sez. Lav. 23 febbraio

2007 n. 4260; Cass. Sez. Lav., 23 novembre 2011, n. 24718 in www.iusexplorer.it.

521 Art. 2059 c.c. “Danni non patrimoniali: il danno non patrimoniale deve essere risarcito

solo nei casi determinati dalla legge”. 522 L.FERLUGA, op. cit., p. 159 s.

operato direttamente dalla legge tramite l’art. 2087 c.c.524, norma che impone al datore di lavoro di adottare “tutte le misure fornite dalla scienza e dalla tecnica per evitare la lesione dell’integrità fisica e psichica e della personalità morale del dipendente ed assicura il diretto accesso alla tutela di tutti i danni non patrimoniali”525.

“Non è necessario quindi per superare le limitazioni imposte dall’art. 2059 c.c., verificare se l’interesse leso dalla condotta datoriale sia meritevole di tutela in quanto protetto a livello costituzionale, perché la protezione è già chiaramente accordata da una disposizione del codice civile”526.