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I potenziali benefici del controllo familiare

1.4 I punti di forza e debolezza delle imprese familiari: un confronto di performance con le imprese non familiari

1.4.2 I potenziali benefici del controllo familiare

Molti degli aspetti che, secondo le teorie più tradizionali, rappresentano gli svantaggi delle imprese familiari possono trasformarsi, se si opera quel cambiamento di prospettiva cui prima si accennava, nei principali benefici associati a tale tipologia di imprese.

Un consistente gruppo di studiosi internazionali72nota innanzitutto come il primo e più importante beneficio della proprietà familiare sia rappresentato dalla concentrazione degli investitori tipica dei family business.

La presenza di investitori concentrati e tutti appartenenti alla famiglia proprietaria73consente infatti di ridurre i costi di transazione che si generano per la diversità di interessi tra azionisti e manager, e che riducono, in ottica complessiva, il valore dell’impresa74.

A tal proposito, gli studiosi di management75 concordano nell’affermare che la separazione tra proprietà e controllo riduce il valore dell’impresa proprio in seguito alla presenza dei costi di

70C.Dematté e G. Corbetta: “I processi di transizione dell’impresa familiare in senso stretto”op. Cit, pag. 174.

71Vittorio Coda e Guido Corbetta: “La valorizzazione dell’imprenditorialità familiare”, op. Cit.

72Si veda in modo particolare: Demsetz e Lehn: “The structure of corporate ownership: causes and consequences”in:

“Journal of Political Economy”, 93-1155-1177, 1985.

73Escludiamo, dunque, ancora una volta, le imprese familiari aperte.

74Per approfondimenti: A. Zattoni: “L’assetto istituzionale delle imprese italiane”op. Cit.

7575 Si tratta delle riflessioni tradizionalmente condotte nel dibattito internazionale sulla superiorità dei modelli capitalistici caratterizzati dalla concentrazione della proprietà (quali quello tedesco o giapponese), rispetto quelli caratterizzati dalla frammentazione dell’azionariato tipica del modello anglosassone. Per approfondimenti sul tema: M.

Jensen e W. Meckling: “Theory of the Firm: Managerial Behavior, Agency Costs and Capital Structure” in: “Journal of Financial Economics”, n°3, 1976.

agenzia tra azionisti e manager, che comprendono: a) il costo di controllo sostenuto dagli azionisti per limitare il comportamento opportunistico da parte dei manager; b) i costi di rassicurazione sostenuti dai manager per garantire agli azionisti che non verranno prese decisioni contrarie al loro interesse; c) la perdita residuale, ovvero la perdita di benessere da parte degli azionisti in seguito alla divergenza di interessi implicita nella relazione.

Nelle imprese familiari, dunque, la larga coincidenza tra proprietà e management riduce tali elementi di costo, e, anche quando nella gestione dell’impresa siano coinvolti eventuali manager esterni, le famiglie proprietarie avrebbero maggiori incentivi nel controllarne l’operato e sarebbero più efficaci nel controllo per la stretta dipendenza del benessere della famiglia da quello dell’impresa.

Da tale beneficio deriverebbe, secondo l’ottica di alcuni, anche la superiore performance che, in termini di crescita del fatturato,mostrano le imprese familiaristrette, caratterizzate da una proprietà maggiormente concentrata, rispetto quelle allargate76.

Altro tradizionale beneficio associato alla proprietà familiare è poi rappresentato dalla presenza di lungo termine delle famiglie77 nel governo delle loro imprese, che apporta una serie di conseguenze positive.

Innanzitutto, la tendenza a conservare il benessere dell’azienda per le generazioni a venire induce i proprietari al vertice dell’impresa ad adottare orizzonti temporali di lungo termine nelle proprie decisioni: le imprese familiari sono così più propense, rispetto alle altre, ad investire in Ricerca &

Sviluppo, in formazione del personale, a privilegiare la strategia rispetto alle tattiche78.

A tal proposito si può far riferimento a recenti ricerche79svolte sul panorama dei family business statunitensi, che hanno dimostrato le differenze più importanti tra tali imprese e i non family controlled business classificandole in tra categorie: filosofia della proprietà, filosofia di business e filosofia sociale.

Si tratta di risultati qualitativi più che quantitativi che proprio per questo possono facilmente essere applicati80anche alle imprese familiari italiane.

Dal punto di vista della filosofia proprietaria, la prima e più importante differenza riguarda la mentalità da trader tipica degli investitori dei non family controlled business, rispetto la mentalità da amministratori con cui i membri di una famiglia proprietaria gestiscono la loro impresa; così, i trader dei non family controlled business sono soddisfatti del possesso di un titolo solo fino a

76Si tratta di un’evidenza dimostrata, tra le altre, nell’ambito dello studio svolto dai ricercatori dell’Università Bocconi su un campione di 18 aziende familiari italiane nel periodo 1998-2002; i risultati della ricerca sono ampiamente trattati in : “ Capaci di crescere”, a cura di G.Corbetta, op. Cit.

77Basti pensare che in media, nei family business statunitensi, le famiglie mantengono la proprietà delle imprese per 75,9 anni. Cfr: J.L.Ward: “Unconvetional strategy”op. Cit.

78Miller e Le Breton: “Mantenere il successo”,op. Cit, pag. 12.

79 Faccio riferimento, in particolare, al campione di imprese familiari statunitensi analizzato dai coniugi Miller per giungere ai risultati ed alle riflessioni pubblicati in: “Mantenere il successo”, op. Cit.

80Come nota anche G. Corbetta: I FCB analizzati dai coniugi Miller presentano alcune caratteristiche che, secondo la mia esperienza, sono diffuse anche nelle imprese familiari italiane: una mission concreta e durevole, una leadership impegnata a realizzare un progetto ambizioso, la diffusa presenza di un Top management Team piuttosto che un leader singolo. Cfr. “Prefazione all’edizione italiana” in: “Mantenere il successo”op. Cit.

quando il suo valore continua a crescere, ma non hanno alcun interesse nella crescita duratura dell’azienda né alcun coinvolgimento nella sua mission. Gli amministratori, al contrario, pur essendo interessati a veder aumentare il valore dell’azienda, sono profondamente e personalmente coinvolti nel business e nella mission aziendale, che diventa per loro un cimelio prezioso da custodire, un’istituzione sacra81 da conservare, nel modo migliore possibile, per le generazioni future.

Il profitto di oggi, in tali imprese, non è fine a sé stesso ma è mezzo per un altro e superiore traguardo: lacrescita di domani.

Quanto alla filosofia di business, prevale nelle imprese familiari unagestione per il lungo termine opposta alla gestione di breve termine tipica di molte imprese non familiari.

Il forte coinvolgimento nei valori ispiratori del fondatore, unito al desiderio di onorare la mission aziendale come superiore impegno sociale da cui si è stati investiti, porta le imprese familiari di maggior successo a scartare tutte le alternative strategiche che, seppur in grado di fornire un’elevata visibilità personale o notevoli marginalità positive, minerebbero la crescita sostenibile dell’impresa e la sua sopravvivenza futura.

Nelle imprese non familiari, al contrario, la necessità di soddisfare le attese dei portatori di capitale esterni, tipicamente orientati ai ritorni di breve periodo, porta anche i manager a non impegnarsi in progetti di investimento che necessiterebbero di maggior tempo per dimostrare dei ritorni: e così, all’occorrenza, pratiche di downsizing permettono di recuperare buoni margini di efficienza, acquisizioni talvolta poco mirate, tenendo conto delle core competences aziendali, consentono di accrescere velocemente le dimensioni e il potere dell’azienda.

Quanto infine alla filosofia sociale, la più importante differenza riguarda il prevalere di un’ottica collettivista nelle imprese familiari, contrapposta all’ottica individualista che si nota in un buon numero di imprese non familiari; in queste ultime, infatti, gli incentivi e le punizioni orientano il comportamento dei dipendenti, che finiscono per agire più per un personale interesse che non per contribuire agli obiettivi comuni dell’azienda.

Il controllo che viene messo in atto in tal caso è tipicamente un controllo burocratico: ma la burocrazia determina la lentezza dei processi decisionali e abbassa gli incentivi dei singoli a mettere in atto comportamenti imprenditoriali che necessitano, innanzitutto, di una forte autonomia decisionale e di motivazioni intrinseche più che estrinseche.

Nei family business il controllo burocratico è sostituito dal controllo esercitato dal clan: i forti valori ispiratori ed il consenso che le famiglie imprenditoriali sanno creare intorno alla mission aziendale rendono i dipendenti spontaneamente motivati a perseguire gli obiettivi aziendali: e se la retribuzione monetaria rimane una importante componente di tale motivazione82, essa non è nulla

81Miller e Le Breton, op. Cit, pag. 9.

82Varie ricerche empiriche, oltre quella dei coniugi Miller, hanno peraltro dimostrato che i dipendenti dei FCB sono pagati di più, in media, rispetto ai colleghi di pari grado impiegati in altre tipologie di aziende, e ricevono cure e attenzioni al di fuori del normale.

al confronto della soddisfazione tutta personale per aver contribuito a realizzare qualcosa di grande83.

In secondo luogo, la presenza di lungo termine delle famiglie proprietarie al governo delle loro imprese comporta un altro fondamentale beneficio: la maggiore attrazione che tali imprese rivestono nei confronti di potenziali alleati strategici.

I family business sarebbero in tal senso più efficaci di altre tipologie di imprese nel dar luogo a partnership strategiche di successo proprio grazie alla stabilità del governo aziendale, per la maggiore garanzia che offrono agli alleati in termini di durata della relazione e riservatezza delle informazioni condivise.

Proprio tali differenze rispetto ai non family controlled business hanno portato alcuni ricercatori d’oltreoceano84 ad attribuire alle imprese familiari quattro benefici principali, che si configurano come i capisaldi del loro successo: la continuità dell’impresa, garantita dalla presenza costante della famiglia proprietaria che non è mai un puro investitore, la comunità interna di dipendenti motivati e imprenditoriali cui le famiglie in questione sanno dar luogo, i contatti solidi e duraturi non soltanto con partner commerciali ma con l’intera comunità di riferimento, il comando inteso come il coraggio delle iniziative strategiche, a sua volta reso possibile dall’indipendenza dei proprietari e dalla sapiente amministrazione dell’azienda per non incorrere in rischi eccessivi.

Passando da un’ottica qualitativa ad una più prettamente quantitativa potremmo a questo punto chiederci:tali benefici sono dimostrati in termini di performance economica?

Applicando tale domanda innanzitutto al panorama globale, possiamo presentare in una tabella sintetica le evidenze empiriche ottenute85utilizzando diversi campioni di imprese familiari e non dei principali paesi industrializzati:

Tabella 2: Un confronto di performance tra FCB e NFCB86 INDICATORE CONSIDERATO

FCB vs NFCB

CAMPIONE DI RIFERIMENTO

ROE 16,2% vs 14% Family Business Stock Index dei maggiori

FCB statunitensi, 1975-1995

ROE 76% vs 9% Maggiori 250 aziende della Borsa di Parigi,

1989-1996 ROS

RONA

8,8% vs 3,3%

27% vs 6%

4702 imprese spagnole in uno studio condotto dalla Banca di Spagna nel 1991 +∆% fatturato

47 coppie di imprese familiari e non familiari delle 1000 maggiori imprese francesi

Fonte: Elaborazione da Miller e Le Breton:Mantenere il successo, cit., pag. XXII.

83Miller e Le Breton, op. Cit, pag.16.

84Il riferimento è, ancora una volta, a Miller e Le Breton, op. Cit.

85I dati sono stati rielaborati a partire dai risultati di sintesi presentati da Miller e Le Breton in: “Le caratteristiche dei grandi family business”in: “Mantenere il successo”, op. Cit.

86Acronimi per: family controlled business e non family controlled business.

Oltre ai dati quantitativi relativi al confronto di performance tra Family controlled business e Non Family controlled business possiamo anche considerare le seguenti informazioni provenienti da diverse fonti:

 In Europa, le imprese familiari rappresentano, in media, dal 45% al 70% del PIL dei principali paesi industrializzati ed il 70% circa dell’occupazione totale del settore privato87.

 Tra le prime 1000 imprese europee per fatturato ben 200 sono a proprietà familiare88.

 Tra i primi 60 titoli a maggior rialzo dell’indice della Borsa Italiana Mibtel compaiono, regolarmente: Fiat, Benetton, Campari, Bulgari, Italcementi, Lottomatica, Marzotto, Luxottica, Mediaset: tutti gruppi controllati al vertice da famiglie proprietarie89.

 Negli ultimi 5 anni molte imprese familiari italiane hanno registrato tassi di crescita del fatturato e della redditività in misura superiore rispetto ai rispettivi concorrenti del settore90; si tratta, in particolare, di: Brembo, Sabaf, De Longhi ed SCM Group nel comparto della meccanica, Chiesi nel comparto della chimica-farmaceutica, Campari nel settore degli spirits, Tod’s nel settore del lusso.

Al di là dei dati quantitativi, la cui rappresentatività con riferimento al panorama italiano è in parte ostacolata per l’esiguo numero di Società quotate rispetto la totalità delle imprese operanti nel nostro paese, la performance superiore dei family business e i vantaggi che tale modello di capitalismo presenta sono confermati innanzitutto dagli stessi imprenditori familiari:

dall’entusiasmo con cui si dedicano alla loro mission ed alla loro azienda, dalla chiarezza con cui sanno descrivere la loro strategia, dall’etica dei loro valori ispiratori, dall’attaccamento alla comunità locale di riferimento che mai, anche nei casi di maggiore presenza internazionale, viene abbandonata.

Proprio questi aspetti, prima ancora che i risultati di performance, inducono a parlare dei family business di maggior successo come aziende che hanno un corpo ed un’anima, organizzazioni dotate di sentimento, di fibra morale, che sono lì per restare91.

1.5 Il ruolo della proprietà nelle imprese familiari: quali linee guida per salvaguardare la

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