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Le imprese del Sistema Moda: il settore tessile-abbigliamento

CAPITOLO II: IL SISTEMA MODA: UN CLUSTER AGGREGATO DI DIVERSI SETTORI

SISTEMA MODA

2.1.1. Le imprese del Sistema Moda: il settore tessile-abbigliamento

Dopo aver fornito un’immagine di sintesi del Sistema Moda, e aver illustrato i settori in esso rientranti ed i settori, invece, correlati, ci occuperemo adesso più specificamente delle tipologie di imprese con riguardo, soprattutto, al settore tessile-abbigliamento ed alla distribuzione: si tratta, infatti, degli ambiti che più interessano per affrontare gli argomenti oggetto di tale lavoro.

129Busacca, Keller, Ostilio, “La gestione del brand”, ed. Egea, Milano, 2005, pag. 222.

130 Antonio Catalani: “Il design di prodotto: verso il connubio tra antichi mestieri e managerialità”in: “Economia

&Management”, Settembre-Ottobre 2001, n°5.

131In tal senso, gli studiosi di design notano come l’eccesso di innovazione in tale settore, di fatto, non paga: stilisti molto innovativi, quali Issey Miyake o Martin Margiela, fatturano poco, proprio perché l’innovazione nel design, per essere fonte di valore economico, deve anche essere adeguatamente decodificata dal consumatore: un’innovazione radicale, in totale rotta con le tendenze istituzionalizzate, raramente incontra un successo commerciale tale da compensare gli investimenti ad essa dedicati.

Il settore dell’abbigliamento comprende due comparti: quello dell’abbigliamentoin tessuto e quello dell’abbigliamento in maglia. Le due tipologie di prodotto finito sono il risultato, in effetti, di attività diverse: i capi in tessuto vengono infatti confezionati a partire dai tessuti ( ortogonali, a maglia o non tessuti) forniti dalle imprese tessili.

I capi in maglia, invece, sono lavorati direttamente dai filati preparati nella fase di filatura delle fibre, cui si dedicano imprese del settore tessile specializzate in tale tipo di lavorazione.

Complessivamente, si tratta del settore della filiera di Moda a maggior intensità di lavoro: sia abbigliamento in tessuto che maglieria godono di scarse economie di scala dovute al basso grado di standardizzazione delle attività operative;per tali ragioni, e soprattutto in Italia, i due comparti sono stati, fin dalle origini, indipendenti anche per la diversità degli impianti necessari per le attività di trasformazione132.

Con riferimento alla sola domanda nazionale, l’abbigliamento è tradizionalmente considerato come un settore maturo che pone pesanti limiti strutturali alla crescita organica delle imprese.

Tuttavia, il crescente consumo di prodotti moda da parte di consumatori stranieri, giapponesi e cinesi in primo luogo, ha posto le imprese italiane di fronte alla possibilità di accrescere i volumi di vendita grazie a strategie di espansione internazionale, una strada su cui si concentrano gli investimenti di gran parte dei grandi Gruppi multi-business italiani, Marzotto o Burani per citare qualche esempio, ma anche delle prestigiose griffe del pret-à-porter e del lusso.

Per avere un’idea dell’importanza del settore nell’economia nazionale, occorre considerare che la filiera produttiva del tessile-abbigliamento si compone di oltre 60.000 imprese, che rappresentano il 14% delle imprese manifatturiere nonché il 13% dell’occupazione totale, con oltre 600.000 addetti, ed ha generato, nel 2006, un fatturato pari a 67,58 milioni di euro ( il 6% in più rispetto al 2005)133. Lo stesso settore, inoltre, ha contribuito nel 2005 a generare il 6% del valore aggiunto sul totale dell’industria manifatturiera, e, come mostrato dal grafico successivo, determina una posizione di assoluto rilievo dell’Italia rispetto agli altri paesi europei134:

132 A tal proposito, viene spesso ricordato che la stessa frammentazione del settore meccano-tessile rispecchia le esigenze di flessibilità richieste dalle stesse imprese specializzate in singole fasi del processo produttivo.

133Fonte: Istituto per la promozione dell’industria: “Il settore tessile e abbigliamento”su: www.ipi.it

134Fonte: Sistema Moda Italia: “Il settore” su: www.smi-ati.it

Figura 2: Percentuali di fatturato e n° imprese del settore tessile-abbigliamento tra Italia e resto d’Europa

Fonte: Elaborazione dati ISTAT 2005 su: www.smi-ati.it

Le imprese del settore abbigliamento possono essere distinte, tra loro, sulla base di tre matrici principali.

La prima si basa su due criteri: la dimensione delle imprese e la competenza distintiva che ne caratterizza la tipologia di marca135.

Tale matrice porta dunque a distinguere, in via generale, imprese più o meno grandi, e con competenze industriali, distributive o creative alla base della loro identità di marca.

Le competenze distintive influenzano largamente la struttura e i processi economici caratteristici dell’impresa, determinandone, ad esempio, la maggiore o minore focalizzazione su attività di produzione industriale ( per conto proprio o di terzi), attività di distribuzione, attività di ricerca tendenze e progettazione creativa delle collezioni.

Una figura di sintesi può aiutare a comprendere tale classificazione:

Figura 3: Le imprese del settore tessile-abbigliamento

Fonte: Elaborazione da: S. Saviolo, S. Testa:“Le imprese del Sistema Moda”

135 Il resto del paragrafo, relativo alla classificazione delle imprese operanti nel settore dell’abbigliamento, è stato elaborato sulla base dei contributi di S. Saviolo, S.Testa: “Le imprese del Sistema Moda”op. Cit.

COMPETENZE

Sulla base di tali due criteri, possiamo dunque distinguere:

 Grandi aziende industriali, talvolta integrate in gruppi tessili, che forniscono un’ampia gamma di prodotti e spesso altamente internazionalizzate. Ne sono un esempio il Gruppo Marzotto, Il Gruppo Ermenegildo Zegna, il Gruppo Benetton e il Gruppo Stefanel.

Si tratta dunque di aziende con competenze tipicamente industriali, la cui credibilità è legata innanzitutto ad un know-how distintivo di prodotto e nelle quali non opera un designer-imprenditore che lavora con il proprio nome, ma, più spesso, un pool di stilisti poco noti al consumatore finale.

Tali imprese hanno poi dato luogo, nella maggior parte dei casi, a strategie di integrazione a valle, che le hanno portate ad effettuare un presidio più diretto sulla distribuzione del prodotto e ha raggiungere grandi dimensioni.

 Medie aziende industriali, che offrono una gamma più ristretta di prodotti e sono focalizzate su specifici comparti, quali quello dell’intimo, della calzetteria, dello sport -swear. Esempi di tale categoria sono rappresentati dal Gruppo La perla, Golden Lady,Belfe o Colmar: imprese con una spiccata vocazione nazionale anche se, in taluni casi, volte ad una progressiva internazionalizzazione.

 Aziende piccole e medio-piccole, specializzate in arene competitive ben definite:

l’abbigliamento per bambino, l’abbigliamento sportivo tecnico, la maglieria fine, o gli accessori in seta. La Sportiva, operante nella nicchia delle calzature da montagna, può essere inserita in tale categoria.

 Aziende sub-fornitrici di tutte le altre tipologie di imprese: localizzate prevalentemente nei distretti industriali di Como, Biella e Prato, sono ulteriormente distinguibili in “terzisti”, in grado di realizzare gran parte delle attività della filiera fino anche al capo finito, dai “façonisti”, imprese a carattere artigianale e specializzate nelle fasi di finissaggio.

 Griffe, imprese basate sulla figura di uno stilista-imprenditore o di un designer-direttore creativo, che offrono una gamma di prodotti altamente diversificata anche in settori esterni all’abbigliamento ( accessori, profumi, calzature, arredo degli interni).

La credibilità della marca è in tal caso profondamente legata al gusto ed alla creatività dello stilista di riferimento: la più importante difficoltà che tali imprese si trovano ad affrontare è infatti rappresentata dalla successione generazionale; spesso, la scomparsa del designer fondatore determina un elevato rischio di collasso della medesima griffe.

Rientrano in tale categoria, per citare qualche esempio: Armani, Versace, Gruppo Prada, Gruppo Gucci, Valentino, Missoni, Krizia.

 Grandi Aziende Internazionali con competenze legate alla distribuzione: si tratta dei cosiddetti “marchi-insegna”, che operano sui mercati internazionali seguendo una logica dipronto moda e in grado di condurre una sempre più agguerrita concorrenza alle griffe del prét-à-porter.

Gli esempi più significativi sono rappresentati da Zara, Promod, Mango, H&M: imprese tutte posizionate nel mass market e caratterizzate da un’ampia offerta di abbigliamento e accessori.

Le imprese del settore abbigliamento possono poi essere ulteriormente classificate sulla base dell’arena competitiva in cui operano.

Il concetto dell’arena competitiva è legato allasegmentazione strutturale del settore, che porta a individuare ambiti competitivi, o segmenti, diversi, quando differenze nei prodotti, nei clienti o nelle funzioni d’uso richiedono all’impresa una strategia ad hoc per competere in quel determinato segmento136.

Posto dunque che nel settore abbigliamento operano imprese diverse per dimensione e core competences su cui si basa l’identità di marca, ciascuna impresa potrà poi scegliere di posizionarsi in uno specifico ambito competitivo, che la porterà ad assumere caratteristiche del tutto peculiari.

Questa seconda classificazione può essere meglio esplicitata servendosi della matrice proposta da Abell137, che considera congiuntamente i tre macro-criteri criteri di : tecnologia, funzioni d’uso, gruppi di clienti, a loro volta scomponibili in diversi sotto criteri.

In particolare:

1. La tecnologia è intesa in senso ampio come modalità di svolgimento dei processi economici aziendali138, ed è ulteriormente scomponibile, con specifico riferimento all’abbigliamento, in tre sotto-criteri: lamateria prima trattata, che come abbiamo visto può essere rappresentata da tessuti o da filati,o, ancora, dalla pelle, la merceologia prodotta, qualora sia riconoscibile una ben definita specializzazione merceologica ( quindi un focus nella produzione, ad esempio, di camicie, pantaloni, capispalla, e così via), o infine la tipologia di know-how incorporato nei processi caratteristici, che porta alla stessa distinzione precedentemente accennata tra marchi industriali, marchi insegna, maison o griffe.

2. La funzione d’uso indica il tipo di utilizzo per il quale un prodotto è stato concepito dal punto di vista funzionale139: nell’abbigliamento si distingue, in particolare, abbigliamento esterno, intimo, costumi da bagno. Nel tempo, tuttavia, tale criterio è stato ulteriormente affinato e affiancato da un altro elemento distintivo del prodotto abbigliamento:l’occasione d’uso; la più netta distinzione che è oggi possibile effettuare tra le singole occasioni della vita nelle quali un certo tipo di abito può essere indossato, ha portato infatti le imprese del settore a prestare un’attenzione crescente a tale criterio, che distingue: l’abbigliamento formale dall’informale, quello sportivo da quello legato al tempo libero. E ulteriori segmentazioni possono poi derivare dalla distinzione tra: formale da giorno e formale da sera, informale metropolitano o da tempo libero fuori città, e così via.

3. Il gruppo di clienti rappresenta un criterio scomponibile in due sotto-criteri; il primo fa riferimento allecaratteristiche dei clienti serviti, in termini, essenzialmente, di sesso ed età,

136M. Porter: “La strategia competitiva”, citato in: Stefania Saviolo, Salvo Testa: “Le imprese del Sistema moda”,op.

Cit, pag. 122.

137D. Abell: “Business e scelte aziendali”, ed. IPSOA, 1986.

138S. Saviolo, S.Testa: “Le imprese del Sistema Moda”op. Cit.

139S. Saviolo, S.Testa: “Le imprese del Sistema Moda”op. Cit

portando a distinguere il consumatore uomo, dalla donna e dal bambino, eventualmente classificabili al loro interno anche per fascia d’età specifica; il secondo si riferisce, invece, alla tipologia di cliente sulla base del suoposizionamento nella filiera produttiva, e distingue dunque il cliente intermedio, servito dalle imprese localizzate a monte della filiera, dal cliente finale;

Occorre chiarire che non tutti tali criteri e sotto-criteri devono necessariamente essere considerati per definire l’ambito competitivo delle imprese di abbigliamento.

L’arena competitiva di Armani o Versace sarà definita, ad esempio, innanzitutto sulla base del sotto-criterio del know-how, che è tipicamente creativo, mentre il criterio della merceologia è invece in tal caso meno rilevante, poiché si tratta di griffe tipicamente caratterizzate da un assortimento ampio e profondo, composto, dunque, da numerose classi merceologiche.

Se pensiamo, invece, ad un’impresa specializzata nella produzione di capispalla in pelliccia, quale, ad esempio, Annabella, ecco allora che il criterio della merceologia diventa maggiormente distintivo per la definizione dell’arena competitiva.

Le aziende del settore abbigliamento possono infine essere ulteriormente distinte sulla base del la fascia prezzo che caratterizza la loro offerta. Il criterio del prezzo concorre nel determinare l’arena competitiva delle imprese, identificando, in particolare, specifici segmenti caratterizzati da diversi fattori critici di successo: è molto importante, dunque, che l’impresa, una volta scelta l’arena competitiva nella quale vuole operare anche sulla base del prezzo che connoterà l’offerta aziendale, adotti specifiche strategie che le permettano di competere in maniera coerente al mercato prescelto ed al corrispondentetarget di clientela.

Nella moda si identificano, sulla base della fascia prezzo, cinque ambiti competitivi:

Fonte: Elaborazione da S. Saviolo, S. Testa:“Le imprese del Sistema Moda” ,cit.

Alta Moda

Pret-à-Porter / Designer

Diffusion

( seconde e terze linee delle Griffe)

Bridge

Mass Market

Prezzo

Componente emotiva dell’acquisto vs

Componente razionale Figura 4: La piramide della moda

Nel passaggio dal segmento di Alta Moda a quello di prét-à-porter, diminuisce, di norma, il prezzo, e aumenta la componente razionale dell’acquisto a scapito di quella emotiva.

Tali due dinamiche determinano diversi fattori critici di successo, e diverse strategie per le imprese che scelgono di competere nelle relative arene competitive.

In particolare:

 L’Alta Moda rappresenta oggi un segmento molto ridimensionato rispetto al passato; vi operano per lo più poche maison francesi, nella maggior parte dei casi integrate in Gruppi multi -business; si tratta inoltre di imprese che utilizzano l’Alta Moda più come fonte comunicativa per generare sinergie di marketing sul ben più profittevole mercato degli accessori, che non come core business di primario interesse; i fattori critici di successo sono rappresentati da: la prestigiosità del couturier, la qualità dei materiali, l’artigianalità delle lavorazioni, l’immagine di marca che nasce già come mondo di riferimento, la storia alla base dell’identità di marca.

Esempi di imprese che operano in tale segmento, seppur con entrate marginali rispetto quelle derivanti dal business degli accessori, sono Yves Saint-Laurent, Chanel, Valentino.

 Il Prét-à-porter/Designer ed il Diffusion sono segmenti caratterizzati dalla presenza di uno stilista forte, che può essere il fondatore dell’azienda o un designer/direttore creativo che lavora in esclusiva per la griffe.

Anche in questo segmento, come nell’Alta Moda, l’immagine della marca e la qualità dei prodotti rappresentano fondamentali fattori critici di successo, ma assumono una maggiore rilevanza, rispetto al caso precedente, l’innovatività del prodotto e la differenziazione rispetto ai concorrenti.

Fattori che, naturalmente, le imprese che operano in tale segmento sono tenute a tradurre in adeguate strategie di prodotto, di distribuzione e di comunicazione.

In particolare, la distribuzione esclusivista ed il canale diretto di vendita, soprattutto attraverso boutique di proprietà rappresentano le scelte più opportune di distribuzione, mentre la comunicazione viene sempre più curata non soltanto con riferimento ai tradizionali strumenti di comunicazione stagionale e istituzionale, ma anche attraverso il punto vendita, che diventa concept store espressivo, in tutti i suoi aspetti, dell’identità della marca.

Competono in tali segmenti la gran parte delle Griffe più note nel panorama italiano.

 Il Bridge è un segmento creato dai departments stores americani, e si caratterizza per includere prodotti che fungono da ponte, appunto, tra le seconde e terze linee degli stilisti ed il mass market; vi operano alcuni marchi industriali italiani quali Stefanel o Benetton, nonché marchi americani specializzati, per lo più, nello sportswear.

I fattori critici di successo sono legati al time to market, che indica la capacità di servire il mercato nei tempi più brevi possibile ( tipica caratteristica dei delle imprese di moda statunitensi), nonché il servizio nel punto vendita ed il rapporto qualità/prezzo.

Dal punto di vista distributivo, le aziende che competono in tale settore sono nella maggior parte dei casi caratterizzate da una forte specializzazione del punto vendita, che non è, dunque, un concept store, ma dedica al contrario ampio spazio al prodotto ed alle sue caratteristiche.

 Il Mass Market rappresenta un segmento che ha assunto, nei tempi più recenti, un’importanza del tutto inedita, sia in termini di numero di consumatori che di investimenti in esso concentrati;

vede competere le principali marche insegna del panorama internazionale quali Zara, H&M o Promod, e si caratterizza per fattori critici di su ccesso legati, soprattutto, al prodotto ed alla distribuzione: il contenuto moda perde rilevanza rispetto al rapporto qualità/prezzo dei prodotti, il punto vendita rappresenta il centro nevralgico della strategia, unitamente alla capacità di consegnare, con lead time brevissimi ( 2 settimane) fino a 24 micro-collezioni all’anno.

Le aziende che competono in tale settore seguono tipicamente una logica di pronto-moda: non esiste, in tali imprese, l’attività di ricerca delle tendenze e progettazione delle colle zioni; il prontista assimila le tendenze lanciate dalle griffe internazionali ed è in grado di riprodurle, adattando le caratteristiche dei prodotti ( prima fra tutte la qualità) al mercato di massa e consegnarle in tempi brevissimi.

Mentre la logica del programmato, su cui storicamente si sono basate le imprese del prét-à-porter italiano, determina i lunghissimi tempi di risposta al mercato a causa della necessità di far partire la produzione solo dopo il ricevimento dell’ordine, nella logica del pronto la produzione viene lanciata senza il ricevimento di alcun ordine: una superiore capacità di monitoraggio delle vendite e di smaltimento efficace delle rimanenze danno la possibilità di contare, periodicamente, su un elevato numero di capi venduti a costi dimezzati rispetto quelli sostenuti dalle aziende del programmato.

Tali imprese si caratterizzano, dal punto di vista distributivo, per la presenza di grandi superfici di vendita (i negozi Zara hanno una superficie media di 1050 mq), in proprietà o in franchising, in cui viene esposto l’intero assortimento secondo una logica di possibile accoppiamento dei capi, piuttosto che di specializzazione merceologica.

La capacità, da parte delle storiche aziende del programmato,di comprendere tali fattori critici di successo e adattare alle loro caratteristiche gli elementi positivi della logica del pronto (in termini, innanzitutto, di velocità di risposta e vicinanza al mercato), rappresenta un passo fondamentale per sopravvivere alla concorrenza, sempre più agguerrita, che tali imprese stanno portando avanti140. 2.1.2 Le imprese del Sistema moda: la distribuzione

La prima scelta che le aziende del settore abbigliamento compiono con riferimento alla politica distributiva riguarda il canale, che può esserediretto o indiretto.

Nel caso del canale diretto, l’impresa non si avvale di intermediari e gestisce direttamente l’attività di vendita al consumatore finale, attraverso, essenzialmente, negozi in proprietà o la vendita on-line.

140Soprattutto in considerazione del fatto che il consumatore medio, oggi come oggi, è altrettanto sensibile all’offerta di Zara quanto lo è a quella di Armani. Per approfondimenti: S. Saviolo, E. Corbellini: “La sfida del Made in Italy”,op.

Cit, pag.127.

Nel caso, invece, del canaleindiretto, l’impresa si avvale dei servizi di intermediari che gestiscono, con diversi formati distributivi, l’attività di vendita al consumatore finale.

Il negozio in proprietà, esempio tipico di canale diretto, può essere segmentato sulla base della superficie di vendita, distinguendo così:

 Flagship shop: negozi bandiera con superfici superiori ai 200 mq, che rappresentano innanzitutto uninvestimento in comunicazione; il negozio Armani in via Manzoni a Milano ne è un esempio.

 Self standing store: negozi in proprietà la cui superficie varia dai 50 ai 200 mq.

 Shop in shop e corner: rappresentano due formati distributivi al confine tra canale diretto e canale indiretto; si tratta infatti di piccole superfici ( tra i 10 e i 100 mq), allestite all’interno di insegne commerciali talvolta multimarca; il layout altamente personalizzato che richiama l’immagine della marca garantisce tuttavia al produttore una maggiore vicinanza al consumatore finale rispetto quanto non avvenga nella distribuzione multimarca generalista, dove il proprietario del negozio prende in totale autonomia le scelte relative all’assortimento dei prodotti ed all’allestimento del negozio; una modalità innovativa di gestione del corner è poi rappresentata dal cosiddetto corner in partnership, che prevede la condivisione dei costi di gestione e comunicazione tra produttore e distributore: il primo può così usufruire dei vantaggi di costo che derivano dall’utilizzo del canale indiretto, senza tuttavia rinunciare totalmente al controllo del mercato finale.

I formati distributivi che caratterizzano il canale indiretto possono essere classificati sulla base di numerosi criteri: la superficie di vendita, la specializzazione merceologica, la fascia prezzo.

La classificazione dei negozi multimarca porta in particolare a distinguere:

 Negozi specializzati tradizionali: caratterizzati da assortimento ristretto ma profondo, elevato servizio di assistenza ai clienti e specializzazione per target o per merceologia. Si tratta di una tipologia distributiva molto diffusa, ancora oggi, in Italia, dove la piccola dimensione tipica delle

 Negozi specializzati tradizionali: caratterizzati da assortimento ristretto ma profondo, elevato servizio di assistenza ai clienti e specializzazione per target o per merceologia. Si tratta di una tipologia distributiva molto diffusa, ancora oggi, in Italia, dove la piccola dimensione tipica delle

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