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I sostegni alla disabilità: una lettura integrata

Soddisfazione e qualità della vita: determinanti a confronto tra le persone con limitazioni gravi e quelle senza limitazioni

6. IL SISTEMA DI WELFARE : POLITICHE, STRUMENTI E SOGGETTI 1

6.9 I sostegni alla disabilità: una lettura integrata

Come si è già detto, il sistema del welfare in Italia è caratterizzato da un peso dei trasfe-rimenti monetari superiore rispetto alle spese destinate ai servizi, assorbite prevalentemen-te dalla sanità, mentre la componenprevalentemen-te dei servizi sociali ricopre un ruolo residuale. Nei pa-ragrafi precedenti sono state presentate, seguendo differenti declinazioni, analisi che hanno evidenziato le peculiarità delle varie questioni trattate. L’obiettivo di questo contributo è fornire una lettura integrata delle informazioni ad oggi disponibili, al fine di rappresentare su base provinciale30 i livelli di offerta, in termini sia di servizi sia di trasferimenti monetari, destinati alla disabilità. In particolare saranno osservate cinque specifiche variabili: il nume-ro di dipendenti delle unità locali delle istituzioni pubbliche e delle imprese classificati nei servizi di Assistenza sociale residenziale e non residenziale31; sempre all’interno delle stes-se classi è stato poi rilevato il numero di Istituzioni stes-senza scopo di lucro32; la spesa sociale dei comuni per la disabilità ed infine l’importo medio lordo annuale dei redditi pensionistici per le persone con disabilità33.

Nel biennio 2015-2016, in Italia per ogni 100 persone con disabilità34 sono disponibili mediamente 1,9 dipendenti pubblici nelle strutture di Assistenza sociale residenziale e non. Sono Bolzano e Trento (rispettivamente 22,1 e 18,3%) le Province in cui si registrano i va-lori più elevati, mentre in quelle di Matera, Reggio Calabria e Vibo Valentia non risulta alcun operatore prevalentemente impiegato in quelle attività (Grafico 6.19).

30 Sulla base della disponibilità delle informazioni il quadro amministrativo di riferimento è quello del 2015 in cui erano presenti 110 province.

31 I dipendenti si riferiscono a quelli presenti nelle branche 87 (servizi di assistenza sociale residenziale) e 88 (servizi di assistenza sociale non residenziale) della classificazione Ateco. Le grandezze rilevate potrebbero non essere impiegate in via esclusiva all’assistenza con persone con disabilità.

32 Per questa variabile pur disponendo del numero di dipendenti sono state utilizzate le istituzioni non profit poiché vi è la possibilità di avere istituzioni non profit senza dipendenti ma composte da volontari.

33 Per questa variabile il dato è riferito al 2016.

34 Come base di riferimento, ad eccezione della spesa dei comuni per la disabilità, sono stati considerati il numero di beneficiari di pensioni legate alla condizione di disabilità.

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Censimento permanente istituzioni pubbliche 2015; Registro statistico delle istituzioni non profit 2016, Registro statistico delle unità locali delle imprese 2015

Grafico 6.19 - Dipendenti delle istituzioni pubbliche e delle imprese, istituzioni senza scopo di lucro. Anni 2015-2016 (valori per ogni 100 persone con disabilità)

22,1 31,7 3,2 0,0 0,6 0,5 1,9 6,6 1,0

Pubblico Privato Non profit

L’assenza di offerta pubblica in alcune delle province del Sud è solo parzialmente com-pensata dalla presenza di strutture private. Nel caso di Vibo Valentia, che presenta il valore minimo tra le province osservate, sono presenti 0,6 dipendenti privati ogni 100 persone con disabilità, preceduta da Reggio Calabria con l’1,3%. Di contro, la Provincia di Biella fa registrare l’incidenza più elevata (31,7%) seguita da quella di Trento (20,6%).

Nella rete di sostegno delle persone con disabilità, come già evidenziato in precedenza, è rilevante il ruolo delle istituzioni non profit. Nel 2015-2016, erano presenti sul territorio italiano 44.723 istituzioni non profit operanti nei settori dell’Assistenza residenziale e non, di cui circa tre quarti senza dipendenti (73,9%). Mediamente si ha una istituzione non profit ogni 100 persone con disabilità e la variabilità provinciale è piuttosto contenuta: si va dal massimo del 3,2 nella Provincia di Bolzano al minimo dello 0,5 di Crotone, che è preceduta con valori solo marginalmente superiori da Lecce, Napoli, Taranto e Vibo Valentia.

Gli ultimi due indicatori presi in esame riguardano la spesa sociale dei comuni per l’area della persone con disabilità e l’importo medio lordo annuale dei redditi pensionistici per le persone con disabilità.

Il primo indicatore presenta una forte divario tra le province del Nord e quelle del Sud, con l’eccezione della Sardegna. Sono, infatti, Bolzano e Gorizia le province in cui si registra-no i valori più elevati, poco più di 15 mila euro nella prima e circa 12 mila nella seconda. Una spesa media superiore a 10 mila euro si rileva anche in tre province sarde (Nuoro, Carbonia-Iglesias, Ogliastra) di contro è Vibo Valentia a destinare le minori risorse alle persone con disabilità (77 euro procapite).

Il secondo indicatore, le prestazioni pensionistiche, variano in un range compreso tra i poco più di 19 mila euro della provincia di La Spezia e i poco meno di 12mila euro della provincia di Agrigento (Grafico 6.20).

L’analisi fin qui effettuata delinea il ben noto divario tra Nord e Sud. Osservando in modo integrato su base provinciale le diverse variabili in esame, emergono significative differenze. Questi divari sono presenti all’interno sia della stessa regione sia del territorio nazionale, dove a fronte di pochi territori che presentano delle eccellenze emergono realtà in cui performance ne-gative in uno specifico settore sono compensate da migliori risultati negli altri ambiti analizzati.

Fonte: Elaborazione su dati Istat Indagine su interventi e servizi sociali dei comuni singoli e associati e Statistiche della previdenza e dell’assistenza sociale. I beneficiari delle prestazioni pensionistiche

Grafico 6.20 - Classificazione delle province per spesa sociale dei comuni e prestazioni pensionistiche medie. Anni 2015-2016 (valori in euro) 15141 19248 77 11613 2852 15035

Spesa comuni Pensioni

In particolare per rappresentare in modo sintetico le forme di sostegno osservate in

precedenza, le province sono state raggruppate, per ogni singolo indicatore, in terzili35

(Grafico 6.21).

Sono solo sei, poco più del 5 %, le province italiane che si collocano sempre nel terzile più alto (il terzo). Cinque di esse sono al Nord (Torino, Novara, Milano, Gorizia e Pordeno-ne) ed una al Centro (Firenze). I territori che presentano forti criticità, collocandosi sempre nella parte più bassa della distribuzione (primo terzile), sono tredici, più del doppio rispetto alle eccellenze, e tutti nel Mezzogiorno. Da notare che la Calabria è presente con tutte le sue province.

35 La distribuzione provinciale dei valori di ciascun indicatore è stata ordinata in maniera tale da ottenere 3 gruppi con lo stesso numero di unità, da quelli che ricadono nel 33% più basso fino a quelli nell’ultimo gruppo, 33% di valori più elevati.

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento permanente istituzioni pubbliche 2015; Registro statistico delle istituzioni non profit 2016; Registro statistico delle unità locali delle imprese 2015; Indagine su interventi e servizi sociali dei comuni singoli e associati; Statistiche della previdenza e dell’assistenza sociale. I beneficiari delle prestazioni pensionistiche

Grafico 6.21 - Numero di dipendenti delle istituzioni pubbliche e delle imprese e numero di Istituzioni senza scopo di lucro che erogano servizi di assistenza sociale residenziale e non; spesa sociale dei comuni per la disabilità; importo medio lordo annuale dei redditi pensionistici. Anni 2015-2016 (valori percentuali in terzili)

Istituzioni pubbliche Imprese Istituzioni non profi t

Tra i due estremi della distribuzione troviamo tutte le altre province nelle quali, secondo combinazioni variabili, il sostegno alla persone con disabilità è garantito sia dall’integrazio-ne pubblico-privato sia da adeguati servizi offerti dai comuni sia da trasferimenti modall’integrazio-netari.

Un offerta elevata si rileva in dodici province italiane - tutte del Nord ad eccezione di Ancona - nelle quali 4 dei cinque indicatori osservati si collocano sempre nel terzile più elevato, mentre l’ultimo ricade nel terzile centrale (il secondo). In quasi la metà dei casi è la spesa dei comuni per le persone con disabilità a non raggiungere i livelli più elevati.

Il 15% delle province presenta poi una situazione lievemente più articolata poiché of-ferte a livello di eccellenza coesistono con ofof-ferte molto ridotte. È questo, ad esempio, il caso della Provincia Autonoma di Bolzano, dove, come già evidenziato, si registra il valore massimo nazionale per gli indicatori relativi ai dipendenti pubblici, istituzioni non profit e spesa sociale dei comuni, mentre l’offerta privata e gli importi pensionistici sono compara-tivamente molto minori e determinano la sua collocazione nel terzile centrale. In questa re-altà la ridotta offerta privata è largamente compensata dall’intervento pubblico affiancato da quello delle istituzioni non profit. A Como e Cremona la situazione, pur con livelli differenti, è analoga a quello di Bolzano. Di contro, la Valle d’Aosta e Modena si collocano in quattro casi nel terzile più elevato ed in uno in quello più basso, rappresentato, rispettivamente, dalla spesa sociale dei comuni e dalla presenza delle istituzioni non profit.

Ad Imperia, Pesaro Urbino e Pistoia tutti e cinque gli indicatori si collocano nel terzile centrale, dunque queste province possono essere considerate rappresentative della media nazionale sotto tutti gli aspetti. Roma è vicina a questa media, se ne discosta soltanto per l’erogazione monetaria che la pone nel terzile più alto.

Le situazioni di maggiore criticità si rilevano prevalentemente nelle province del Sud e delle Isole. Fa eccezione la Sardegna, che malgrado le difficoltà in alcuni settori, presenta eccellenze per quanto riguarda la spesa dei comuni. La scarsa presenza delle Istituzioni pubbliche è in parte compensata dalle imprese e dal non profit, particolarmente attivo nella provincia di Cagliari.

In una posizione di relativo vantaggio rispetto alle tredici province richiamate in prece-denza con le maggiori difficolta, troviamo realtà dove il sostegno alle persone con disabilità è caratterizzato da un’offerta medio bassa. In questo segmento della distribuzione osser-viamo i territori del Centro e del Mezzogiorno, più in particolare tutte le province del Lazio (con l’eccezione di Roma), dell’Abruzzo, del Molise e della Basilicata nonché la quasi totalità di quelle siciliane. In queste realtà l’interazione tra settore pubblico, privato e istituzioni non profit non riesce sempre a garantire un sostegno adeguato.

Quest’analisi comparata restituisce un quadro che, pur avendo come sfondo il divario Nord-Sud, ha portato in primo piano molte peculiarità territoriali. Per ogni realtà è stato possibile delineare i punti di forza e di debolezza delle diverse modalità di sostegno alla disabilità. I differenti modelli emersi possono essere tra loro comparati fornendo le indica-zioni necessarie per l’adozione di politiche capaci di rispondere con maggior aderenza ai bisogni delle persone con disabilità.

6.10 Conclusioni

Nel nostro paese, il sistema di welfare per le disabilità poggia principalmente sui trasfe-rimenti monetari e sull’offerta di assistenza di tipo residenziale e domiciliare. I trasfetrasfe-rimenti costituiscono uno strumento di sostegno e rispondono, sostanzialmente, a un principio

risarcitorio per una menomazione fisica o un danno causato dall’attività lavorativa. L’assi-stenza di tipo residenziale è rivolta alle persone con problemi molto gravi, mentre quella domiciliare consente alle persone con disabilità di continuare a vivere in famiglia o nella propria abitazione. I dati analizzati mettono in luce che i trasferimenti monetari assorbono la maggior parte della spesa a favore delle persone con disabilità. Essi hanno, da un lato, ridotto il rischio di povertà delle famiglie ma, dall’altro, non hanno risolto il problema della deprivazione materiale di cui esse soffrono. Infatti, un elevato numero di famiglie, malgrado i trasferimenti, non dispone di beni strettamente necessari o non è in grado di condurre una vita autonoma. È questo il caso di quei 2 milioni circa di beneficiari di pensioni di disabilità che vivono con meno di mille euro lordi al mese e che, per vivere in modo autonomo, ne-cessitano dell’assistenza da parte dei Comuni o dell’aiuto economico della famiglia.

Le risorse che il welfare italiano destina agli interventi di assistenza alla persona sono molto minori, soprattutto perché a determinarle sono i vincoli di bilancio degli Enti Locali piuttosto che i reali bisogni delle persone. Si spiega così anche la forte disomogeneità ter-ritoriale dell’offerta di servizi e strutture che vede in significativo svantaggio le regioni del Mezzogiorno.

Il welfare locale gioca, comunque, un ruolo centrale nell’assistenza alle persone con disabilità e sembra seguire strategie di intervento più mirate a migliorare la loro qualità della vita. Si può, infatti, interpretare in questo modo l’aumento sia della quota di spesa sociale dei Comuni per l’assistenza domiciliare, che è passata dal 14% del 2004 al 19% del 2016 sia della spesa dei Comuni finalizzata alla “formazione e inserimento lavorativo”, che è cresciuta fino a un terzo della spesa complessiva e che testimonia la maggiore attenzione degli Enti locali per le strategie di inclusione sociale.

Una considerazione finale, suggerita anche dai risultati di questa nostra analisi, riguar-da poi le ulteriori informazioni di cui sarebbe utile disporre per una valutazione più completa dell’impatto del welfare sulla vita delle persone con disabilità. Oggi, infatti, sappiamo poco di un insieme di attività che invece possono ridurre significativamente la disuguaglianza di opportunità. Ad esempio, sarebbe utile conoscere quante barriere architettoniche sono state abbattute in un anno da un comune o in un aeroporto e, in generale, quali e quanti servizi vengono offerti sul territorio, la percentuale di persone che li utilizzano, misurando eventualmente anche il livello di disomogeneità territoriale. I Censimenti economici, non più decennali ma permanenti, potrebbero assolvere a questa funzione da un punto di vi-sta strutturale, attraverso una revisione delle attività economiche e un catalogo dei servizi più mirato al problema. Ciò consentirebbe di progettare sezioni specifiche del censimento rivolte alle scuole, università, comuni, regioni, enti strumentali etc. A oggi i censimenti economici sono già in grado di rilevare sul territorio le unità locali che erogano i servizi so-cio assistenziali (distinti in residenziali e soso-cio residenziali) per forma giuridica (istituzioni pubbliche e private). Inoltre, per le sole istituzioni non profit è possibile indicare anche quali attività vengono dedicate prevalentemente o esclusivamente alle persone che presentano una qualche menomazione. Alcuni di questi indicatori potrebbero essere inseriti anche in alcuni domini del BES - Indicatori sul livello di benessere equo e sostenibile in Italia- che sono stati introdotti come parte integrante del DEF, il Documento di economia e finanza con cui il governo definisce le politiche pubbliche.